Morte

di Diana924
(/viewuser.php?uid=93724)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Sto per morire, ora che potevo essere felice, ma sembra che la vera felicità sia negata a una regina, almeno a una regina come me. Io, Maria Leszczynska, non sono stata una regina felice, e nemmeno una moglie felice, solo una madre felice.

Sono nata in Polonia, nel 1703, quindi sessantacinque anni fa. Figlia di Stanislao Leszczynsky, due volte re di Polonia, e della contessa Maria Opalinska. Avevo anche una sorella, Anna, ma lei era morta tanto tempo fa, quando io avevo quindici anni, nel 1718.

Nel frattempo mio padre aveva perso il trono, che era tornato ad Augusto di Sassonia, e vivevano in esilio, prima in Svezia, poi in Lorena, quando re Carlo XII Vasa morì, lo stesso anno di Anna.

Io avevo una modesta educazione, ma ero abbastanza graziosa.

Poi ci pensò la fortuna.

Re Luigi XV cercava una moglie, considerato che il duca d’Orleans era morto e il duca di Borbone aveva rimandato in Spagna l’Infanta Mariana Vittoria.

Su 96 candidate scelsero me, me. Scartarono la granduchessa, la figlia del re d’Inghilterra, l’Infanta del Portogallo e le sorelle del duca d’Orleans e la sorelle del duca di Borbone, per me.

Quando mio padre lo seppe entrò nella stanza dove io e mia madre ricamavamo e ci disse di ringraziare Iddio. Io chiesi se per caso lo avessero richiamato sul trono di Polonia, ma lui rispose che sarei stata regina di Francia.

Avevo sette anni di più del mio futuro marito, ma questo non era un problema, mi dissero.

Raggiunsi la frontiera, e lo vidi, un adolescente bellissimo, di cui mi innamorai all’istante. E’ ancora bello, anche ora che a cinquantotto anni, è bello, anche se è anziano, ma non credo di amarlo ancora, no, non lo credo affatto.

Io feci per inginocchiarmi, ma lui mi rialzò subito e mi baciò sulle guancia, in seguito, in carrozza conversammo a lungo.

La sera delle nozze, dopo la Messa, lui venne da me, e fu la notte più bella della mia vita, l’unica in cui mi sentì veramente amata. Sette volte, per sette volte ebbi la prova che lui mi amava.

Io non ero pronta al ruolo di regina di Francia, ma mi applicai con zelo, eternamente grata al duca di Borbone e alla sua amante, la marchesa di Prie.

Ma il vescovo, poi cardinale, di Fleury, non era d’accordo con me. S’intrometteva sempre, e non voleva che mio marito s’interessasse ala politica, com’era giusto che fosse.

E quando il duca e la marchesa cercarono di cacciarlo io detti la mia approvazione. Per nostra sfortuna mio marito non lo cacciò, anzi, esiliò i due amanti, lui a Chantilly, dov’è morto ventotto anni fa, e lei in quello di Courbépine, dov’è morta l’anno dopo, forse di suicidio.

Mio marito mi scrisse una lettera, in cui mi ordinava di non occuparmi più di politica, cosa che ho fatto, solo per lui.

L’anno dopo diedi alla luce Luisa Elisabetta e Enrichetta Anna, due gemelle, dette Madame Première e Madame Seconde. Ora sono morte, entrambe a Versailles, una nel 1759 e l’altra nel 1752.

Ho avuto dieci in dieci anni, otto femmine e due maschi.

Troppi, forse. Una volta ho detto: << Sempre far l’amore, sempre incinta, sempre partorire >>.

E poi, nel 1737, dopo dodici anni di matrimonio, quando gli chiesero che nome volesse dare alla nostra ultima figlia lui rispose Madame la Dernière. E così fu. Una volta che si era presentato da me ubriaco e pretendendo di esercitai i suoi diritti coniugali irata lo respinsi, e lui non m'importunò più.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=605622