My secret friend
My secret friend
Avvertimenti: la storia tratta argomenti come
l'omosessualità, tratta oltretutto argomenti delicati ed
è presente linguaggio scurrile, se non vi piace non leggete. La
storia non è reale, non ho preso spunto da nessuna storia
realmente accaduta. Ogni riferimento a fatti e/o persone è
puramente casuale.
I personaggi di 'Katekyo hitman Reborn' non mi appartengono e la storia non è assolutamente a scopo di lucro.
"Squalo deve solo essere compreso"
Tante volte il ragazzo sopracitato aveva sentito uscire quelle parole
dalla bocca dei suoi professori e dalla bocca di qualsiasi altra
persona pretendesse di conoscerlo. Invece Squalo non aveva bisogno di
essere compreso, lui era ciò che mostrava. Eppure nessuno aveva
mai cercato di andare più a fondo della normale apparenza.
Perché Squalo è un ragazzo ribelle.
Perché Squalo vorrebbe essere più libero.
Perché Squalo ha delle strane passioni.
Perché Squalo è solo un ragazzo.
"Passerà" dicevano "è solo un momento passeggero, capita
a tutti i ragazzi della sua età"; cercavano di giustificare quei
suoi comportamenti con delle parole semplici, ripetute fino allo stremo
a tutti quei genitori stremati dai comportamenti un po' troppo attivi
dei figli. Le persone volevano sfornare perle di saggezza, eppure
Squalo sentiva trapelare dalle loro labbra solo squallore; lo squallore
che si può intuire dalla voce bassa e timorosa, come se quelle
stesse persone che facevano da psicologhe improvvisate, potessero
essere sentite dal soggetto dei loro bisbigli sconclusionati. Squalo
invece sapeva e sentiva tutto quanto, non andava di certo ad origliare
le conversazioni tra la madre e le sue amiche pettegole, ma quei
bisbigli erano tanto rumorosi da dargli ai nervi. Non voleva sapere,
non voleva sentire, perché erano solo discorsi irrazionali, eppure sembrava proprio che la sua genitrice
pesasse molto quelle parole. Le pesava secondo un criterio di falsa
fiducia, perché credeva che quelle sue amiche pettegole
conoscevano meglio di lei suo figlio.
Squalo non capiva perché la madre si comportasse con lui a quel
modo, sembrava quasi avesse paura di lui, nemmeno fosse un pazzo
psicopatico fuggito da una casa di cura minacciandola di
non avvertire nessuno della sua presenza in quella casa. Sembrava
perfino avesse paura di dire che Squalo fosse suo figlio. Quando Squalo
tornava da scuola, se alzava lo sguardo verso la finestra della cucina,
poteva intuire che dietro le tende ci fosse la donna ad osservarlo, ad
attenderlo come se una minaccia stesse per entrare dalla porta di casa
sua.
Squalo non era per niente felice di sapere che quella donna lo
guardasse
con quel cipiglio quasi terrorizzato, non gli piaceva quando aggrottava
la fronte, mostrando le rughe più profonde dell'età
dicendogli "stai sempre rinchiuso in camera tua, perché
non
vai a farti un giro? Perché non chiami il tuo amico?" la sua
voce melliflua, che celava l'incertezza, man mano gli stava riempendo
la testa facendolo sentire ancora più fuori posto.
Quando poi il padre tornava a casa era anche peggio: la donna diventava
frenetica, preparava di fretta a furia la cena guardando verso
l'orlogio a muro sopra la porta con fare morboso e con le dita che
schizzavano verso uno sportello e l'altro, verso una pentola e l'altra,
verso un fornello e l'altro; poi correva verso la sala, preparava la
poltrona, sbatteva il cuscino, lo gonfiava e lo appoggiava con cura
sullo schienale. Sul piccolo tavolo accanto alla poltrona metteva il
giornale piegato con cura, doveva essere intatto. Infine, se era
inverno accendeva il camino e sitemava il poggiapiedi che doveva essere
messo ad un metro e dieci centimetri esatti davanti la poltrona; se
era estate apriva la finestra, sistemava il ventilatore davanti
il camino e lo accendeva al minimo, lasciando che ruotasse, in modo da
ventilare l'aria pregna della calura estiva. Per ultima cosa poi
accendeva la tv, sempre allo stesso canale, dove, quando l'uomo si
sarebbe accomodato sulla poltrona, avrebbe potuto seguire il
telegiornale e la donna poi avrebbe rizzato le orecchie in attesa della fine
del tg per poter arrivare silenziosa a portare il bicchiere di grappa
fatta in casa e poggiarlo con cautela sul tavolino.
Squalo era ormai abituato a quella routine e si era anche abituato a
guardare tutta la scena dalla cucina. Aveva preso il vizio di mangiare
con lentezza esasperante appunto per godersi tutta la scena: guardava
fugacemente il padre che metteva il peperoncino nella pasta, l'aceto
nell'insalata e mangiava con voracità, ma senza mai sporcarsi.
Poi Squalo guardava la madre che mangiava piccoli bocconi come se
avesse paura che da un momento all'altro l'uomo avrebbe potuto urlare
che la cena faceva schifo. E ancora poi ruotava lo sguardo verso suo
fratello minore, che lo guardava a sua volta con un sorriso divertito
in volto. Perché secondo il ragazzo più piccolo tutto
ciò che accadeva in quella casa dal ritorno di suo padre fino a
quando andavano a coricarsi, era alquanto comico.
Il fratello di Squalo, Federico, era nato con un cromosoma 21 in
più: era affetto dalla sindrome di down. Federico era un ragazzo
solare, Squalo lo amava con tutto se stesso, lo proteggeva, lo curava e
gli stava accanto quando ne aveva bisogno. La madre però non
sembrava accettare le attenzioni di Squalo verso il fratello,
perché Squalo era un ragazzo irresponsabile e volgare, a scuola
si comportava male e faceva quasi esaurire i suoi professori, sembrava
quasi ci avesse preso gusto ad andare a fare visita alla preside, che
ormai aveva perso le speranze con lui: "Squalo, cosa devo fare con te?"
lo guardava da dietro gli occhiali che gli facevano sembrare gli occhi
piccoli come quelli di una talpa.
Squalo aveva la strana passione
per la spada e la madre aveva paura sopratutto per quello,
perché gli occhi di Squalo si illuminavano appena vedevano una
spada. La donna cercava di allontanare Squalo dal fratello con qualche
stupida scusa "Squalo, potresti portare questo alla signora Cassio?"
oppure "Squalo, aiutami a spostare il mobile, mi è caduta una
cosa" e il ragazzo sapeva che si inventava tutto sul momento. Era
dispiaciuto ed abbattuto, perché poteva vedere il fratello
solo il fine settimana, quando tornava da quella maledettissima clinica
dove l'avevano rinchiuso insieme "ai suoi simili". Non poteva accettare
questa cosa, non era giusto, era un ragazzo come gli altri si ripeteva
sempre, anche se alla fine non poteva fare null'altro
che guardare la macchina che si allontanava da casa sua, mentre
Federico dai posti dietro guardava verso la finestra della sua camera
sorridendo e salutandolo affettuosamente con la mano.
Squalo per un certo periodo di tempo aveva creduto che fosse stato
colpito da una maledizione, un altro periodo invece aveva creduto che
quelli non erano i suoi veri genitori e poi alla fine si era convinto
che comunque andassero le cose lui era solo se stesso e non doveva
giustificare con nessuno i suoi comportamenti.
Probabilmente, anzi quasi sicuramente, la madre credulona e fragile,
aveva attribuito parte del comportamento di Squalo al fatto che avesse
Federico come fratello. In verità però non era affatto
quello il motivo. "Squalo, so che è difficile per te, ma ti
prego, cerca di comportarti bene a scuola", Squalo non credeva
possibile che la madre non capisse che una parte del suo comportamento
non era dovuto al fratello ma proprio a lei: una donna fragile, che lo
allontanava il più possibile se ne avesse avuto la
possibilità. Il futuro spadaccino non si faceva problemi ad
ammettere che il problema reale era lei e quando una volta glielo disse
con quanta più asprità e freddezza aveva in corpo, lei lo
guardò spavenatata e poi uscì di casa dicendo che si era
dimenticata di aver promesso a Mara che sarebbe andata a prendere il
tè a casa sua. Eppure Squalo, nonostante si fosse tolto, almeno
apparentemente, un peso dalla mente, si sentiva sempre più
oppresso dal disagio e dal rimorso. Il ragazzo sentiva di aver
sbagliato, ma avendo eretto una corazza d'orgoglio, che in futuro si
sarebbe trasformato in superbia, non voleva ammettere, o rifiutava
proprio di pensare che si stesse corrodendo da un senso di rimorso
provocato addirittura dalla solitudine.
La casa in cui viveva era troppo silenziosa, si poteva solo sentire il
parlottare delle pattegole in cucina di tanto in tanto. Il tintinnare
delle posate irritava sempre di più Squalo, lo rendevano
irrequieto e quando vedeva il volto burbero, freddo e distante del
padre, quasi si sentiva distruggere dentro. Non provava sentimento
per quell'uomo, non lo poteva definire padre. Gli unici contatti che
poteva avere con lui erano quando di tanto in tanto lo chiamava per
farsi portare un altro bicchiere di grappa e gli chiedeva se andava a
bene a scuola. Non era per vero interesse che lo chiedeva, sembrava
più un dovere e ciò disturbava ancora di più il
ragazzo, che dopo aver detto il solito "bene" spariva dallo sguardo
serio del padre per tornarsene in camera, come lui tacitamente gli
obbligava. La donna poi, quelle volte, se ne stava sul lavello a pulire
i piatti, facendo finta di non ascoltare e con tutti i muscoli
irrigiditi. Squalo quasi poteva sentire la tensione che gli pungeva la
schiena ogni volta che la donna apriva il rubinetto quasi a
costringersi a non ascoltare quelle bugie che fuscivano dalla bocca
del figlio. Posava i piatti accanto al lavello con un suono secco,
quasi avesse paura che il ragazzo gli raccontasse la
verità; ogni minimo rumore proveniente dalla cucina quando
stava davanti suo padre, sembravano messaggi, i soliti messaggi:
"dì che va tutto bene" e quelle volte Squalo le dava ascolto.
Di tanto in tanto poi suonava il campanello e si sentiva la voce
squillante della donna che civettava emozionata: Squalo sapeva che Dino
era venuto a fargli visita. Ogni volta la donna arrivava in camera sua
e gli diceva "c'è il tuo amico". Quegli occhi lucidi di
felicità lo colpivano duramente al petto.
«Squalo!» Urlava Dino entrando come un ciclone dentro la sua camera, inciampando su tappeti invisibili.
«Che cazzo vuoi?» Quello era il suo modo di salutare il
suo migliore amico e Dino sorrideva, sempre e comunque, anche quando
gli diceva che le sue visite non erano per nulla gradite e che aveva di
meglio da fare che dare ascolto ad un idiota come lui. Squalo
però gli voleva bene, gli voleva veramente bene, perché
Dino era capace di fargli dimenticare la vita che viveva, lo faceva
sentire un ragazzo normale che parlava assieme al suo amico.
Però a distruggere quei momenti sospesi, era sempre
l'arrivo della madre, con quel suo sorriso da buona genitrice, che chiedeva
se volevano qualcosa da mangiare o da bere, come se fosse una normale madre che
vuole bene a suo figlio e che gli da attenzioni. Squalo si sentiva
travolgere dalla falsità di quella donna e se non fosse stato
per Dino che con un sorriso l'accontentava dicendole che sì,
magari avrebbe gradito un succo di frutta, allora Squalo si sarebbe
alzato dal letto e sarebbe andato a strozzare la donna.
Dino sapeva che il suo migliore amico non era affatto felice, ma non
chiedeva nulla, piuttosto era speranzoso che un giorno Squalo si
sarebbe confidato con lui. Il Cavallone aveva una strana tendenza
verso il futuro spadaccino, eppure sembrava che nemmeno lui capisse
cosa realmente fosse tutto quell'affetto che si sentiva di donargli.
«Oggi quella megera della Fasto mi ha messo una nota
perché sono inciampato ed ho disturbato la lezione» si
grattava la nuca in modo tanto innocente e sbadato da far venire
voglia a Squalo di ridergli in faccia e di strigerselo forte.
Però Squalo non era di certo il tipo da fare certe cose e si
limitava a scuotere la testa.
«Tu e la legge di gravità non siete compatibili»
Diceva a volte in modo distratto, guardando a terra per distogliere lo
sguardo da quei grandi occhi castani e felici.
E quelle volte in cui Dino andava a trovarlo nel fine settimana, allora
era anche più felice, perché solo in quei momenti sua
madre non sarebbe andata da lui per allontanarlo da suo fratello.
Federico e Dino se ne stavano delle ore a parlare di tutto e di
più e Squalo osservava e ascoltava, ogni tanto rideva della
sbadataggine di Dino e delle battute di Federico, rispondeva alle loro
domande e lucidava la sua spada.
La spada di Squalo era ben nascosta
dentro un cassetto dell'armadio, sotto i libri di scuola e quant'altro
avesse potuto metterci per nascondere il panno in cui era avvolta come
se fosse un prezioso gioiello. Dino ogni tanto si perdeva ad osservare
il movimento delicato delle mani del suo migliore amico, che lucidavano
e si prendevano cura dell'oggetto. Poi Federico diceva "Ehy" ed era in
quei momenti che si spezzava la magia di quel rituale: di fretta a
furia, Squalo avvolgeva la spada nel panno e la nascondeva
sotto il letto. Dopo pochi secondi sarebbe entrata la madre a chiedere
se avevano bisogno di qualcosa.
La donna guardava Dino come una
sottospecie di angelo salvatore, lui era sempre stato il prototipo di
figlio ideale, almeno secondo i suoi gusti: Squalo trovava ciò
alquanto disgustoso, perché avere dei gusti in quanto a figli
sembra una cosa tanto squallida da diventare quasi oscena. Eppure
l'albino continuava a tacere, continuava a starsene in quel suo piccolo
angolo del suo mondo, senza la possibilità di potersi
allontanare. Si sentiva soffocare ogni giorno di più: se una
volta gli bastava sapere che suo fratello era nell'altra stanza, ora
gli sembrava quasi che gli si stringesse il cuore a non poter andare da
lui, abbracciarlo e dirgli che gli voleva bene, gli voleva tanto bene
che avrebbe ucciso pur di renderlo il ragazzo più felice del
mondo. Perché Federico era buono, Federico era il suo piccolo
angelo, la sua speranza, la sua voglia di vivere. Si sentiva male
quando veniva strappato via da lui in modi subdoli che violentavano la
sua anima; gli strappavano via un pezzo della sua vita e del suo cuore e
venivano portati via assieme a quella macchina diretta in campagna, in
clinica.
Squalo aveva smesso di piangere anni addietro, dopo che suo fratello se
l'era cullato fra le braccia per ore e dopodiché se l'era
guardato con un sorriso tanto dolce da fargli perdere la voglia di
stare male: quel suo sorriso dolce e velato di tristezza, era tanto
bello e genuino da avergli fatto sciogliere il cuore. Squalo da quel
giorno non riuscì più a piangere perché portava
nella memoria la fotografia di quel sorriso, il sorriso più
bello del mondo.
Poi era entrato nel suo mondo anche Dino, con i suoi sorrisi ingenui,
con la sua stupida intelligenza, con allegria ed energia tali da
travolgere completamente ogni emozione di Squalo. Aveva cercato di
allontanarlo, eppure sembrava che avessero delle calamite che li
facevano avvicinare sempre di più. Ogni occasione, per quanto
casuale, sembrava dettata dal destino, ma sia Dino che Squalo non
avrebbero mai pensato ad un segno del destino o roba del genere,
entrambi erano, chi più chi meno, razionalisti. Dino però
coltivava speranza ed ottimismo, Squalo era inflessibile a qualsiasi
altra cosa che non fosse stata la razionalità: credeva solo in
quello che vedeva e non voleva farsi illusioni di alcun tipo, non
voleva quell'ottimismo allegro di Dino, figurarsi poi la speranza.
Però il giorno in cui i due ragazzi si erano
incontrati, un segno era stato inciso nelle loro vite, un
segno che avrebbe cambiato completamente la vita di Squalo e che
avrebbe fatto perdere le speranze a Dino.
Questo è solo il prologo. Ho cercato di mantenere i personaggi
più IC possibile, l'avvertimento OOC l'ho messo ugalmente nel
caso il carattere dei personaggi non corrisponda.
Ovviamente è la mia visione di un ipotetico passato di Squalo,
non è assolutamente prevista l'happy ending. Cercherò
essere quanto più possibile fedele alla storia originale.
Sono ben accette le critiche costruttive, se non vi piace la storia,
ovviamente potete anche non continuare a leggerla, anche perché
questo, essendo solo un prologo, avvia alla storia, ma non la racconta
del tutto.
Avverto fin da subito che non sarà una storia leggera e appunto
per riuscire ad essere fedele alla storia sarò costretta (non
è proprio costrizione, in fondo l'ho voluta scrivere io) a far
accadere fatti spiacevoli.
Ho già scritto il secondo capitolo, parlarà del primo incontro tra Dino e Squalo.
Il terzo capitolo è 'under construction' e non posso garantire
la puntualità nell'aggiornamento, purtroppo ho solo la notte da
dedicare alla scrittura.
Spero comunque di riuscire a postare un capitolo ogni due settimane.
Detto questo, se volete potete lasciare una recensione, ripeto che le critiche costruttive sono ben accette.
Alla prossima **
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