fino alla fine
Spazio autore:
Avete
mai immaginato un incontro tra J.K. Rowling e Harry?
Io
sì.
One
shot scritta di getto, completata proprio due minuti fa. Spero vi
piaccia.
Fino alla fine
La
città di Edimburgo era sommersa da una cascata d’acqua.
Pioveva.
Pioveva da giorni e giorni, senza sosta. Il cielo
era illuminato di lampi e scosso da tuoni. Le strade erano vuote.
Per
la prima volta da giorni, allo scoccare della
mezzanotte, la pioggia cessò di colpo. Il silenzio piombò sui quartieri
che
sembrarono improvvisamente più bui.
E
in quel silenzio penetrante, l’unico rumore che si
riusciva a distinguere era un tac-tac-tac
leggero e discontinuo. Proveniva da una finestra. La finestra di una
lussuosa
casa in centro, l’unica luce accesa a quell’ora.
Joanne
era davanti al computer, fonte di quel tremolio e
scriveva. Batteva le dita sulla tastiera per alcuni istanti, poi si
fermava,
rileggeva, cancellava e riscriveva. Andava avanti così da giorni.
I
suoi occhi erano stanchi, ma la sua mente lavorava
frenetica.
Mancava
poco.
«Non avrai problemi»
mormorò Ginny.
Harry la guardò e
distrattamente abbassò la mano a sfiorare la cicatrice a forma di
saetta.
La
donna tirò un respiro profondo. Il momento era arrivato.
L’aveva
previsto da mesi, da anni. Aveva aspettato quel
momento, avrebbe immaginato cosa sarebbe successo dopo. Il cuore iniziò
a
martellarle in petto e la stanza iniziò a vorticare.
Ristabilita
la calma, Joanne si concentrò. E ancora una
volta, le parole le vennero dal cuore.
«Lo so»
La cicatrice non gli
faceva male da diciannove anni. Andava tutto bene.
Pensò
milioni di volte di cambiare quella frase, la
riscrisse, poi la cancellò, poi la riscrisse ancora. Ma niente le
sembrava
tanto perfetto, tanto commovente, per dire addio a Harry Potter.
Distolse
gli occhi dallo schermo e si passò le dita sugli
occhi. Le scoppiava la testa, non riusciva a pensare ad altro che È finita, è finita, è finita. Quelle
parole rimbombavano nella sua testa e riecheggiavano come all’interno
di una
cattedrale.
«Gran
finale, eh?»
Joanne
sussultò violentemente. La voce che proveniva dalle
sue spalle fece una risatina. Spaventata a morte, lentamente si voltò,
pronta
ad urlare.
Quello
che vide la lasciò senza fiato.
Un
ragazzo alto, magro, con i capelli neri e gli occhi
verdi. Indossava un paio di occhiali rotondi, attaccati con dello
scotch. I
suoi occhi erano verde smeraldo e lì, nascosta tra la frangetta nera
ribelle,
c’era una piccola cicatrice a forma di saetta.
Harry
Potter era lì, davanti a lei, e sorrideva.
«Oh
mio Dio» disse Joanne con un filo di voce «Ma che
scherzo è questo? Tu… tu non puoi esistere.»
«Io?»
fece Harry. Ancora una volta Joanne sussultò. Era
terrorizzata.
«Oh,
andiamo, J.K. Dopo tutto quello che mi hai fatto
passare, credi davvero che non sarei venuto a farti visita?»
«C-come?»
Harry
si avvicinò al computer e prese posto accanto a
Joanne.
Sono stanca, scrivo
senza interruzioni da tre mesi, è normale che io abbia le allucinazioni
si
disse la scrittrice cercando di trovare un senso a tutto quello che
stava
succedendo.
«No,
Jay, non hai le allucinazioni.»
«Tu..tu
leggi nel pensiero?»
Harry
rise di nuovo. Rideva proprio come Joanne aveva sempre
immaginato.
«Io
vivo nei tuoi
pensieri, Joanne. È lì che sono nato, cresciuto, ed è lì che vivrò per
sempre.»
Joanne
lo guardò meglio, davanti alla luce emanata dal
computer. E si stupì di quanto Harry fosse straordinariamente uguale a
come lei
l’aveva creato. I lineamenti, il fisico, il modo di muoversi, tutto
come aveva
immaginato lei. La perfezione era tale che quell’allucinazione, o
qualsiasi
altra cosa fosse, non poteva che provenire dalla sua testa.
Harry
si guardò alle spalle. C’era un poster del film di
Harry Potter e L’Ordine della Fenice.
«L’ho
sempre pensato che quel tipo non mi somigliasse per
niente.»
«Anche
io»
Joanne
lo guardò ancora. Avrebbe voluto toccarlo, per
sentire se era reale.
«Harry…
cosa ci fai qui?» chiese balbettando.
«Mi
sembra ovvio. È arrivato il momento di salutarci per
sempre.»
Lo
sguardo di Harry si posò sulle ultime righe scritte al
pc. Joanne annuì.
«Ne
è passato di tempo da quando ci siamo conosciuti»
continuò lui. Lei era ancora paralizzata, incredula e spaventata. Poi
di colpo,
decise di assecondare quella situazione surreale.
«Tu
mi hai salvato. Grazie a te, la mia vita è cambiata.»
«Non
è vero, Jay. Sono io che devo ringraziarti. Senza di te
non sarei neanche esistito, in un certo senso sei stata tu la mia vera
madre.»
«Forse
dovrei… scusarmi…per avertene fatte passare così tante.»
«Oh,
non devi. In fondo mi sono divertito, in tutti questi
anni. Anche se…»
«Se…?»
«Beh…
quel Basilisco mi ha traumatizzato. È stata la cosa
più spaventosa che io abbia mai visto, forse anche più di Voldemort
stesso.»
«Dici?
Uhm, forse hai ragione… farti affrontare un Basilisco
a 12 anni è stato un po’ esagerato.»
«Anche
con il Torneo Tremaghi ci sei andata pesante, però.»
Harry rise.
«Volevo
qualcosa di epico. E poi al terzo anno eri stato fin
troppo tranquillo, avevi bisogno di qualche altro problema… e quale
problema
migliore se non il ritorno di Voldemort?»
«Però
Joanne, ascoltami… devo proprio dirtelo…»
Ci
fu una pausa.
«Sirius
potevi anche risparmiarlo. Come anche Fred… Mio Dio,
hai idea di come stia Ron adesso? E Ginny? E tutta la sua famiglia?»
Una
lacrima solcò il viso di Harry Potter.
«Mi…
mi dispiace» disse Joanne con un groppo in gola «Le
guerre portano delle grandi perdite. Grandi ed importanti. È per questo
che la
gente dovrebbe smettere di combattere, è per questo che non dovrebbero
esserci
mai più membri dell’Ordine contro Mangiamorte. Buoni contro cattivi.»
«Mi
mancherà. Mi mancheranno, tutti loro.»
«Anche
a me. Non è stato facile scrivere quelle parti, te
l’assicuro.»
«Oh,
non preoccuparti, lo so. Io c’ero.»
«Come
sarebbe a dire “c’eri”?»
«Questo.
Io sono sempre stato con te, da quando hai scritto
per la prima volta il mio nome su quel pezzo di carta in quella
caffetteria. Ti
seguo da allora. Quando tu scrivevi io mi mettevo in un angolino,
nascosto, e
in silenzio vivevo tutte le avventure e assaporavo tutte le emozioni
che avevi
deciso di donarmi.»
«Adesso
dovrai continuare senza di me.»
Harry
annuì.
«È
finita, Harry. Ho smesso di raccontare le tue storie, da
stasera. Domani il libro entrerà in stampa, e sarà la tua ultima
occasione per
entrare nel cuore dei miei lettori.»
«Lo
so. Sarà dura senza di te, J.»
«Anche
senza di te sarà difficile. Non me la ricordo neanche
la mia vita di prima. È come se tu fossi nato insieme a me.»
«Forse
è così. Chi può dirlo? In fondo ho sempre vissuto nella
tua testa.»
Ci
fu un lungo momento di silenzio. Joanne e Harry non
sapevano esattamente come dirsi addio, come porre fine alla loro
grandissima
avventura insieme. Nessuno dei due.
«Puoi…
puoi farmi un favore?» disse Joanne timidamente.
Harry annuì.
«Vai
a trovarli… tutti quanti… mostrati a tutti loro, permettigli
di vederti. Ringraziali, fagli capire che, se loro non ti
dimenticheranno, la
storia di Harry Potter non avrà mai fine.»
«Non
posso» disse Harry e improvvisamente sembrò molto più
piccolo dell’età che dimostrava.
«Ognuno
di loro ha un Harry nel cuore. Ognuno di loro mi ha
immaginato e disegnato in modo diverso. Io sono stato un pezzo della
loro
infanzia, della loro vita. Sono arrivati al punto di sentirsi
personalmente
coinvolti nella Battaglia di Hogwarts, anche se fisicamente non erano
lì. Hanno
pianto, riso, urlato di gioia e di dolore, avuto voglia di strappare
quelle
pagine, avuto voglia di urlare Avada
Kedavra a qualcuno. E ora tutto questo è finito, tra qualche
mese sarà
tutto finito. E i tuoi lettori soffriranno.»
«Me
ne rammarico. E ancora di più, mi rammarico del fatto di
non poter fare nulla per fermare tutto questo. Non posso scrivere della
tua
vita per sempre, tu lo sai.»
«Forse
qualcosa la puoi fare.»
Joanne
aprì un documento vuoto.
Poi
accadde qualcosa di magico. Harry posò le sue mani su
quelle della scrittrice, le loro quattro mani si fusero fino a
diventare
soltanto due. E le mani, insieme, iniziarono lentamente a scrivere.
E a te, se sei rimasto
con Harry
Proprio fino alla
fine.
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