That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Storm in Heaven - III.010
- Gilbert Williamson
Orion Black
Herrengton Hill, Highlands - 21/22 dicembre 1971
“Chi è
là? Alzate le mani lentamente e tenete la bacchetta bene in
vista, milord!”
Immobile, paralizzato dalla voce imperiosa e dalla luce, puntate
entrambe contro di me, mi voltai lentamente verso gli Aurors, accorsi
alle mie spalle.
“Orion Black?”
Annuii, le mani e la bacchetta in vista, cercando di recuperare un
contegno e assumere un'espressione indifferente anzi, sprezzante e
infastidita, che celasse il tumulto di angoscia, rabbia, frustrazione
che sentivo ormai travolgermi.
Che ne è di Meissa? Lestrange mi ha ingannato? Ha lasciato
lì solo un mantello?
Devo fare in modo di ritornare subito da lui e pretendere la
verità! Devo liberarmi di questi dannati Aurors prima che...
I passi si avvicinarono rapidi e pesanti, ma la luce della bacchetta,
puntata diritta contro i miei occhi, m’impediva di vedere in
faccia l'uomo che avevo di fronte: pur giunto ormai vicino, riuscivo
appena a distinguere, di là della luce, una sagoma scura,
alta e robusta; solo quando, dopo avermi studiato a fondo, il Mago
abbassò la bacchetta, riuscii a riconoscere in lui il
famigerato Alastor Moody, uno degli Auror più temuti e
implacabili su cui potesse contare il Ministero: benché
avesse all'incirca la mia età, si diceva che avesse
già maturato un'esperienza tale da potersi considerare il
più formidabile cacciatore di Maghi Oscuri dei nostri tempi,
secondo per fama e abilità soltanto al vecchio Albus
Dumbledore. Per colpa di Moody, nel giro di pochi anni, numerose celle
di Azkaban si erano riempite di personaggi considerati pericolosi per
il Mondo Magico, ovvero di quanti si erano dimostrati ostili alla
politica filobabbana del Ministero; e ora molti lo ritenevano l'unico
Mago, insieme al vecchio preside di Hogwarts, capace di mettere un
freno all’avanzata dei seguaci del Signore Oscuro. Lo
osservai, aveva una fluente chioma rossiccia che mascherava in parte il
volto segnato da numerose cicatrici, su cui si accendevano dei pungenti
occhi neri: mi guardava con un sorriso strano sulle labbra sottili,
inclinate in un ghigno a metà tra l'irridente e il
sospettoso, innervosendomi subito perché nessuno, nemmeno
tra i familiari e gli amici più stretti, aveva mai avuto la
sfacciataggine di fissarmi con quell'insistente ostinazione. Nonostante
il disagio dovuto alla sua fama e ai miei ingombranti segreti, non mi
lasciai intimorire, anzi mi barricai dietro il tipico disprezzo con cui
i membri della mia famiglia trattavano il resto del mondo, impostando
la mia voce e la mia figura come si conviene e ci si aspetta in ogni
circostanza da un vero Black.
“Siete forse sordo?Vi ho
già detto chi sono, abbassate quella bacchetta e lasciatemi
passare!”
“Non prendo ordini da voi,
Black: anche ammesso voi siate chi dite di essere, e dovete ancora
darmene prova, ai miei occhi siete soltanto un sospettato, come tutti
gli altri invitati...”
“Che cosa? Un sospettato? Io! Orion
Arcturus Black! Come vi permettete? Questa è un'offesa
inaccettabile! Un oltraggio inaudito! Pretendo immediatamente le vostre
scuse! O, per Salazar, vi assicuro che la vostra carriera al Ministero
termina in questo preciso istante!”
L'Auror stava per rispondermi a tono, in volto l'espressione
irrispettosa tipica della feccia (1)
che non sa stare al proprio posto, abituata a non tenere in alcun conto
i privilegi delle Antiche Famiglie, le Tradizioni millenarie, i Diritti
derivanti dalla Purezza del Sangue, tutti i Valori più sacri
e fondamentali del nostro mondo, quando arrivarono di corsa dalle scale
due Maghi che parlarono concitatamente con il suo compare, rimasto
finora in silenzio, nell'ombra, a pochi passi da noi. Appena si
avvicinò a noi, riconobbi quest’ultimo, Gilbert
Williamson, un Corvonero di alto lignaggio che aveva frequentato
Hogwarts con mio padre, e aveva in seguito sprecato i suoi anni
migliori intraprendendo la carriera di Auror, prima di ritirarsi e
diventare membro anziano e benemerito del Wizengamot:
conferì sottovoce con Moody, negli occhi e nei gesti
l’angoscia di chi porta notizie di morte, compresi
all'istante che dovevano aver trovato i cadaveri dei loro compagni,
perciò le possibilità di svignarmela si
riducevano ancora di più, mentre aumentava pericolosamente
il rischio che Moody cercasse di perquisirmi.
Ed
io non ho ancora avuto modo di liberarmi delle bacchette di quei due
disgraziati!
Iniziai di nuovo a sudare freddo, il respiro corto e il cuore che
sembrava volesse scapparmi fuori dal petto, per fuggire a nascondersi,
almeno lui, da qualche altra parte, serrai convulsamente le dita
attorno alla bacchetta, come fosse l'ancora cui stringersi nel pieno
della burrasca, la gola secca, l'adrenalina che mi alterava il
cervello, spronandomi verso gesti inutili e parole folli.
Devi
recuperare la calma, Orion, devi recuperare la calma!
“Di questi tempi, Black,
nemmeno con un nome impegnativo come il vostro è possibile
far minacce da una cella di... Azkaban... Soprattutto se, da un caso di
rapimento, si passa all'omicidio!”
“Omicidio? Non starete dicendo
che la bambina... ”
Non dovetti nemmeno fingere, il mio era un timore reale e angosciante:
confuso, spaventato, preoccupato, non temevo solo per me, per la mia
posizione difficile, per le bacchette dei Lestrange che avevo nascosto,
stoltamente, nel mantello, ma soprattutto per Meissa, perché
non potevo avere la certezza che quel maiale non le avesse infine fatto
del male, che non l'avesse davvero uccisa. E se anche fosse
stata in vita, non avevo idea di dove Rodolphus l'avesse nascosta o in
che condizioni fosse; per colpa mia, anzi, per la mia determinazione
nel voler evitare lo scandalo, quel vigliacco presto si sarebbe
liberato e, se fosse scappato, c'era il rischio che nessuno la trovasse
più. Di solito, con le mie capacità
persuasive, a parte mia moglie, riuscivo a convincere chiunque delle
mie argomentazioni, avrei rassicurato chiunque che io non c'entravo
niente e non sapevo niente, ma Moody non ragionava come
“chiunque” altro e probabilmente, con l'acume
affinato dall'esperienza, sentiva la paura che provavo, percepiva i
segreti che cercavo disperatamente di nascondere; forse intuiva persino
quella specie di rimorso che mi turbava l'anima.
“Alastor, lascia fare a me,
finisco io qui. Tu controlla di sopra, sei infallibile con le
tracce!”
“Non lasciartelo sfuggire,
Gilbert! Scommetto ciò che vuoi che è
coinvolto!”
“Lascia fare a me, Alastor...
Ci sono metodi adatti a ogni situazione, come ben sai... ”
Guardai ansioso il vecchio Auror ormai in pensione e il sorriso
complice che lanciò a Moody, quest'ultimo si
allontanò poco convinto, fissandomi con l'espressione
minacciosa di chi ti giura “non è finita
qui!”, io cercai di sostenere quello sguardo e intanto mi
chiedevo che cosa dovessi aspettarmi da quel Mago dai modi
più accomodanti e cortesi, ma sicuramente più
subdoli: l'anziano Gilbert Williamson mi allontanò
lentamente dagli altri con il garbo di chi è abituato a
trattare con famiglie come la mia, perché cresciuto in un
ambiente di antica tradizione Purosangue, che riconosceva ancora
l'importanza di certi valori e di certe cortesie. Compresi
subito che la sua tecnica era ottenere le informazioni che cercava,
dandomene a sua volta altre, un “Do ut Des” che,
con gli Slytherin, di solito funzionava molto più delle
minacce. Io finsi di rilassarmi, di lasciarmi guidare dalla
sua compiacenza, in realtà m’imposi di pesare con
molta attenzione qualsiasi parola mi fosse uscita dalla bocca: da bravo
Corvonero sapevo che avrebbe cercato di giocarmi con l'intelligenza,
io, da brava Serpe, mi sarei difeso con l'astuzia.
“Due Aurors sono stati
ritrovati morti poco lontano da qui, Black, e di un altro non si hanno
notizie. Mi scuso per i modi spicci del mio giovane collega, ma capite
bene che avervi trovato qui... Che cosa ci fate qui, Black?”
“Mi pare evidente, Williamson!
Sto facendo quello che non fanno i vostri colleghi del Ministero: cerco
Meissa Sherton, ma finora ho trovato solo il suo mantello, qui, su
questo divano.”
“Spinnet, Stimpson, esplorate
per bene il piano! Ogni possibile nascondiglio! E ditemi,
perché siete venuto proprio qui a cercare la bambina? Tra
tanti luoghi possibili nella tenuta...”
Guardai il vecchio, mi chiesi se Moody avesse davvero la
capacità di rilevare qualsiasi genere di traccia, se si
sarebbe accorto della mia presenza, lassù, mi chiesi se
fosse il caso di mentire, ed eventualmente quanto, o piuttosto
mostrarmi ingenuo, ammettendo subito di...
“Che cosa cercate di
insinuare, Williamson? Sono un Black, la mia è una delle
famiglie più in vista del Mondo Magico, non sono un
simpatizzante della politica del Ministero, vero, non l'ho mai
nascosto, ma non potete seriamente credere che una persona come me vada
in giro ad ammazzare Aurors come passatempo, per di più
durante la festa di nozze del proprio figlioccio! Non siate ridicolo,
per Salazar! Provenite dal mio stesso ambiente, non siete uno
sprovveduto, sapete bene che i gentiluomini fanno i propri interessi
esercitando la propria influenza nei centri del potere, non si sporcano
le mani per imporre i propri diritti! È sempre stato
così e sempre sarà così!”
“Non tutti la pensano come
voi, Black, soprattutto di questi tempi! E, ridicolo o meno, voi non
avete ancora risposto alle mie domande!”
“Non rispondo
perché per me sono offese, non domande, Williamson,
perché mi fate perdere tempo qui, m’impedite di
cercare la figlia dei miei amici, ed è questo l'unico
aspetto che...”
“Vi propongo un patto, Black:
voi rispondetemi ed io non solo vi lascerò andare, ma vi
farò assegnare un paio di uomini per aiutarvi nella ricerca!
Voglio le risposte, però, e le voglio sincere!”
“Voi volete farmi perdere
tempo a ripetere l'ovvio! D'accordo, però, se in cambio
avrò l'aiuto di due dei vostri, mi sta bene. Mio figlio
è arrivato di corsa annunciando la scomparsa della bambina e
di aver visto qualcuno duellare sulla torre, io mi sono aggregato al
primo gruppo diretto ai corridoi, lì abbiamo trovato tracce
e ci siamo divisi, con Fear sono arrivato al braciere, dove abbiamo
trovato Rigel Sherton ferito. Non ho conoscenze mediche, né
di rituali del Nord, perciò ho chiesto al vecchio di restare
con lui. Venendo dal cortile ho sentito degli scoppi provenire dalla
torre, ho temuto che la bambina fosse lassù: da solo non
sarei riuscito a fare molto, ma… sono salito e...”
“Dunque ammettete di essere
salito in cima alla torre!”
“È stata la prima
cosa che ho fatto, certo! Perché mentire? Posso anche dirvi
dove troverete le mie tracce, più o meno tutto intorno alla
porta d'ingresso; mi sono affacciato e... ho visto che era veramente in
corso un combattimento!”
“E che cos'altro avete visto?
Avete riconosciuto qualcuno?”
Mi fissò con insistenza, compresi dal tono della voce che mi
credeva, probabilmente, fin dall'inizio, non mi considerava
responsabile di qualcosa di grave, ma sospettava la verità,
che sapessi qualcosa sull'identità degli aggressori: dovevo
metterci tutta la mia abilità per proteggere quegli
sciagurati, mantenendomi calmo e misurato, non potevo fare passi falsi
proprio a quel punto.
“Ho guardato intorno a me,
c'erano Fatture e Maledizioni che volavano in tutte le direzioni, mi
è sembrato che ci fossero almeno due o tre coppie di
duellanti, ma erano lontani dalla porta sulle scale, dove mi trovavo
io. Ho cercato lì, intorno, ma non c'era modo di trovare la
bambina senza restare coinvolti, ed io... me ne vergogno,
sì, me ne vergogno, ma... Ho avuto timore per la mia
incolumità e me ne sono andato, mi sono ripetuto che... ho
immaginato che… non lo so... è stata una
speranza, sì, ho voluto sperare che l'avessero nascosta da
qualche altra parte, che non volessero rischiare di perdere il
prigioniero. Dovevano tenere a lei se erano arrivati a tanto per
rapirla!”
“Capisco. E se volessi
verificare il vostro racconto? Se volessi perquisirvi o analizzare la
vostra bacchetta? Se volessi sapere qual è stato l'ultimo
incantesimo che avete pronunciato, Black?”
Mi sentii mancare, ma strinsi i denti, mi dissi che non era ancora
finita, con le mie conoscenze, il mio denaro, il peso della mia
famiglia, davanti al Wizengamot sarei riuscito a cavarmela in un modo o
nell'altro: in fondo cercavano un assassino, io ero un bugiardo, mi ero
difeso, e si doveva tornare indietro di molti anni per trovare un Avada
uscito dalla mia bacchetta! E se proprio si fosse messa
male... Avrei provato a fuggire, avevo ancora l'anello di Fear!
Sì, mi sarei dato alla clandestinità! Fissai il
vecchio, senza dire una parola ruotai la bacchetta nella mano
così che l'impugnatura fosse dalla sua parte, ostentai una
falsa sicurezza e un'irridente teatralità nel porgergliela,
mimando un “A voi, milord...” che sapeva tanto di
presa in giro. Williamson guardò la bacchetta, poi
guardò me, a lungo, negli occhi. Non la prese. Sentii il
sangue fluirmi di nuovo nel corpo, era solo una prova, un tentativo di
sondare le mie reazioni: sperai di averla superata, che non progettasse
un nuovo, letale agguato appena avessi abbassato la guardia,
così rimasi impassibile e controllai ancora di
più me stesso, le mie parole, i miei gesti, i miei sguardi.
“Avete fatto bene a non
restare, Black, avreste corso un rischio inutile, non c'è
traccia della bambina di sopra. Poi che cosa avete fatto? Siete tornato
indietro? Avete esplorato la torre piano per piano? Dall'alto o dal
basso? Quanto tempo fa è accaduto? Avete visto qualcuno
fuggire o...?”
“No, non ho visto nessuno, ho
lasciato la sommità quando era ancora in corso il duello e
sono sceso a cercare di sotto; ho iniziato dal basso, dalle scale:
esistono vari nascondigli. Se non sono ancora nascosti di sopra, temo
mi siano passati alle spalle, mentre io... Ho sbagliato a iniziare dal
basso: se avessi iniziato da qui, magari l'avrei trovata prima che
scappassero di nuovo con lei. Salazar! Mi sono passati alle spalle! E
ora Meissa...”
“Come fate a dirlo?”
“Che cosa?”
“Che vi sono passati alle
spalle! Li avete sentiti? Avete percepito qualcosa?”
“No, penso solo che... se non
li ho incrociati, allora possono solo aver usato la scala che scende ai
depositi, quella che si ricollega anche al dedalo in cui è
scomparsa Meissa: vedete quella porta? Ha un punto d'accesso anche
dalla cima della torre.”
“Stimpson, vai, controlla se
ci sono tracce di Magia, lì! Spinnet, nulla su questo
piano?”
“No, le porte sono tutte
chiuse con la Magia del Nord, e le tracce risalgono almeno a venti ore
fa. Non riesco a capire però se sono stati eseguiti altri
incantesimi nel corridoio.”
“Molto bene, cercate lungo la
scala! Come ne siete a conoscenza, Black?”
“Della scala? Frequento questo
castello da quando ero un ragazzo, Williamson: avrò avuto
quindici anni quando Alshain Sherton me la mostrò la prima
volta!”
“Avete forse detto qualcosa
della scala a qualcuno, magari senza volerlo?”
“In tutti questi anni? Forse,
sì... Come può averlo fatto chiunque tra gli
altri amici di Alshain o tra gli amici dei suoi figli: quella scala non
è un segreto per chi frequenta questa dimora. Sentite,
Williamson, io sono stato ai patti, vi ho detto tutto quello che so, e
lo sapete bene anche voi, non fatemi perdere altro tempo con queste
chiacchiere, devo cercare la bambina.”
“Non è
più solo un rapimento, Black, sono stati uccisi dei
colleghi, scoprire i colpevoli per noi viene prima di tutto!”
“Per voi, certo, ma a me preme
di più la sorte della bambina! E fossi in voi, farei di
tutto per ritrovarla: avreste anche le risposte che cercate, ne sono
convinto! Quindi, Williamson o avete motivi validi per trattenermi, e
per validi intendo talmente gravi da non rischiare un allontanamento
forzato con disonore dalle vostre auguste cariche, quando mi
lamenterò di voi, domani stesso, con Longbottom e il
Consiglio, o questa chiacchierata finisce qui!”
Lo scansai senza tante cerimonie, pronto ad avviarmi verso le scale ma
Oliver Spinnet e Jeremy Stimpson mi bloccarono la strada, le bacchette
in pugno e l'aria strana, io mi voltai alterato contro Williamson, ma
questi mi aveva già raggiunto, tranquillo, poggiandomi la
mano sulle spalle.
“Voi non avete nemmeno
l'autorità di farmi queste domande, Williamson, se non mi
togliete immediatamente le mani di dosso e non la finite con questa
pagliacciata, io vi giuro, per Salazar...”
“Nella vostra storia, Black ci
sono molte cose che non tornano e se non saprete darmi delle risposte
convincenti, non solo io non rischierò alcuna conseguenza,
ma sarete voi a fare uno spiacevole soggiorno in un luogo davvero
inadatto al vostro nome e al vostro rango! E vi avverto,
dipenderà solo da voi quanto sarà lungo!
Perciò… non credete sia meglio chiarire ora
questi dubbi?”
“Questo è un abuso,
Williamson! Un abuso che non resterà impunito,
sappiatelo!”
“Non ci pensate, adesso, e
ditemi... Se la torre si è riempita di Maghi poco dopo che
vi siete allontanato da Fear, perché nessuno vi ha
incontrato sulle scale? Se siete sceso fino a piano terra e poi siete
risalito, perché vi abbiamo visto solo ora? Che cosa ci
state nascondendo, Black? Non vorrete farmi credere che siete stato voi
a usare e a mostrare ai ricercati la scala di servizio?”
“Questo è un
oltraggio! Io non ho fatto nulla di tutto questo! Ci sono molti
nascondigli, li ho sfruttati per celarmi alla vostra vista ed evitare
queste domande e queste perdite di tempo!”
“No, state dicendo il falso!
C’erano troppi uomini, Black, a meno che non vi siate mosso
con un mantello dell'invisibilità, o abbiate usato qualche
altro trucco, o appunto qualche altra strada...”
Lo fissai, eravamo dunque alla resa dei conti: se avessi ammesso che
ero sceso per le scale secondarie, dove avrebbero trovato solo le
tracce di Rodolphus e il sangue di Meissa, mi avrebbero accusato di
omicidio e, una volta perquisito, trovata la bacchetta di Lestrange,
per me sarebbe finita. Mi guardai, furtivo, le mani, vidi l'anello di
Fear brillare invitante, avevo addosso una soluzione semplice, pulita,
sicura: la verità, o almeno parte di essa; questo
significava, però, anche tradire il mio migliore amico, di
nuovo, rivelando uno dei segreti della Confraternita al Ministero.
Fallo per Meissa, Orion! Devi riprendere le ricerche! Se ti
arrestassero, non potresti fare niente per lei e, come vedi, solo a te
interessa qualcosa!
Non potresti più rimediare ai tuoi errori, Orion... Alshain
capirà…per Meissa... Alshain ti
perdonerà…
O forse potrei...
Fissai Williamson, aveva un'aria strana e compiaciuta, sapeva di avermi
messo in trappola, io misi da parte tutta la mia alterigia e sorrisi,
con un'aria innocente, un po' folle, la follia che le malelingue
dicevano tipica dei Black, il lato oscuro della nostra purezza.
“E va bene, avete vinto,
Williamson, anche se non capisco che cosa otterrete da tutto questo, a
parte la mia umiliazione! Saprete anche voi qual è il mio
soprannome: Orion “Cuor di coniglio” Black!
C'è un motivo se mi chiamano così, sapete? Io ci
tengo alla mia pelle, cerco sempre il modo di cavarmela: l'ho fatto
anche stavolta! Me ne vergogno? Ora sì, certo che me ne
vergogno, ma non prima: per quanto fosse importante salvare la bambina,
non lo era quanto salvare me stesso, e quando ho visto uno di quegli
uomini mascherati uscire dall'ombra, pronto a colpirmi, io... ho avuto
timore di morire. Fear mi ha chiesto di trovare Meissa e portarla al
riparo, io invece sono fuggito, all'istante, e mi sono nascosto fin
quando non vi ho sentiti arrivare: mi sono fatto vedere solo allora,
perché con voi in giro non avrei più rischiato la
pelle. È questa la verità, Williamson, ma non
vedo a cosa serva che si sappia tutto questo! Né potete
arrestarmi per vigliaccheria!”
“Per vigliaccheria no, per
complicità sì! Per quanto ne so, Black, per
celarsi in una stanza chiusa con la Magia del Nord, occorre uno dei
loro anelli: voglio vedere quello che avete voi...”
“Non ho detto che mi sono
chiuso in una stanza protetta con la Magia del Nord... ero...”
“Non mentite, avete sentito
Spinnet: tutte le porte sono chiuse con la Magia del Nord!”
“Io non ho alcun anello,
Williamson! Mi sono nascosto dietro quelle tende,
laggiù...”
“Quanto tardivo coraggio
Black! Ve lo ripeto: voglio l'anello che portate all'indice sinistro!
Subito! O vi accuserò di complicità nell'omicidio
di tre Aurors e di aver favorito la fuga dei Mangiamorte con l'anello
che tenete in mano! Ho visto bene che non l'avevate prima!”
Lo fissai, smarrito: perché di colpo aveva tutta
quell'insistenza? Perché un uomo di solito tanto moderato si
comportava così, da pazzo? Perché stringeva
così forte il mio braccio? Perché non rispettava
il mio nome e l'etichetta? Che cosa gli importava di uno stupido
anello, quando c'era una bambina da cercare e degli assassini liberi di
girare per il castello? Non capivo.
“L'anello non è
affare vostro! Anche se voi foste il Ministro in persona, Williamson,
non sarebbe affare vostro! Avevamo un patto, io vi ho risposto e voi
ora dovete lasciarmi cercare la bambina! Voi non avete prove contro di
me, perché non esistono prove contro di me! Lasciatemi
andare o saranno i miei avvocati a mettere fine a questa follia e ai
vostri soprusi, statene certo!”
“Datemi l'anello con le buone,
Black, e vi porterò dalla bambina, è al sicuro,
si sta occupando di lei chi sa farlo! Se però volete
disubbidire… nessuno di voi due arriverà vivo
all'alba!”
“Che cosa? Che cosa avete
detto della bambina? Come fate a sapere… Ditemi che cosa le
avete fatto, maledetto! Che cosa vuole il Ministero da lei?
Dov'è? Che cosa volete da tutti noi?”
Williamson mi sorrideva inquietante, una spiacevole sensazione
s’insinuò come un tarlo nel cervello, espandendo,
in tutte le terminazioni del corpo, un senso di gelo e spavento...
Tutto questo non c'entra niente con la faccenda degli Aurors morti...
tutto questo... Il Ministero non c'entra niente, lui... Williamson...
lui... lui...
Oh Salazar... no… Salazar... no…
Guardai meglio Spinnet e Stimpson, i loro occhi erano vacui, sembravano
due marionette prive di volontà, e non c'erano
più altre persone con noi, eravamo rimasti soli,
completamente soli. All'improvviso quella che era una folle
intuizione divenne atroce certezza: di scatto gli puntai la bacchetta
addosso e lanciai lo “Stupeficium”, pochi istanti
prima che il vecchio facesse altrettanto o addirittura di peggio,
compensando la mia minore abilità con i miei migliori
riflessi; Spinnet e Stimpson caddero a terra, storditi, doveva essere
stato lo stesso Williamson a “confonderli” e ora
che il vecchio era privo di sensi, il maleficio su di loro era venuto
meno e si riprendevano lentamente dal torpore che l’ex Auror
aveva instillato in loro.
“Presto, aiutatemi! Williamson
deve essere stato posto sotto “Imperius”!”
Spinnet all'inizio non comprese, non mi credeva e voleva colpirmi,
ritenendomi il solo responsabile di quanto stava accadendo, poi,
però, Stimpson, corso ad aiutare il vecchio riverso a terra,
lanciò un grido, invocando, sconvolto e impaurito, il nome
di Godric Grifondoro.
“No... io... io non ci
credo... non è... non è possibile... lui... no...
non può essere... non può essere stato lui a...
No, non ci credo... non ci credo...”
Con i nervi scossi dalla tensione e dalla fatica, scoppiò in
lacrime come un ragazzino, io mi avvicinai, guardingo, Spinnet
continuava a tenermi sotto tiro: mi chinai sul corpo di Williamson,
turbato, incredulo, sconvolto, esattamente come i due Aurors presenti
accanto a me. Senza parole, osservammo per alcuni minuti,
impietriti, incapaci di reagire, il Marchio Nero che pulsava rosso come
l'inferno, ghignando malefico e trionfante sull'avambraccio
dell’ex Auror
(2).
***
Deidra Sherton
Herrengton Hill, Highlands - 21/22 dicembre 1971
Non mi rendevo ancora conto di quello che mi stava accadendo attorno,
non mi rendevo conto delle mani che si protendevano verso me e mia
figlia, come mute benedizioni, delle lacrime di gioia di molti, delle
parole di conforto e di speranza: non potevo crederci, Meissa era
ritornata da me, sembrava non avesse nulla, che si stesse solo
svegliando a fatica da un sonno profondo. Con lei era ritornata la
speranza anche per Rigel e per Alshain, i Medimaghi e i vecchi del Nord
si prodigavano in cure tradizionali e rimedi della Confraternita. Dopo
tutto il terrore che avevo provato, sentivo un calore palpabile in
fondo all'anima, non era tutto perduto, quella notte presto sarebbe
finita e un nuovo giorno, carico di promesse e di speranza, stava per
sorgere su tutti noi. Sentivo quasi la voglia e la forza di sorridere,
dopo un’intera notte di paura e angoscia. Vedevo ancora,
vedevamo tutti, ancora, le sinistre scie di fuoco che solcavano il
cielo sopra di noi, ma la loro tetra danza era sempre più
lenta, sempre più svogliata, presto si sarebbero ritirati,
non era rimasto più nulla, lì, a Herrengton, che
giustificasse quello scellerato attacco: non avevo idea di cosa
volessero ottenere, né se fossero davvero gli uomini di
Milord come sostenevano alcuni, sapevo soltanto che il Ministro era
vivo, al sicuro, nella sua casa, che nulla di male era accaduto ad
alcun membro della Confraternita e la mia famiglia se l'era cavata
ancora una volta. Senza perdere tempo, Fear si era avvicinato, aveva
preso uno dei pugnali rituali e aveva inciso il palmo di Meissa, aveva
fatto scivolare alcune gocce di sangue rubino in due ampolle, una delle
quali fu affidata ad Alphard Black, perché la portasse
velocemente ad Alshain e restasse lì con Sirius; Fear le
aveva cauterizzato la ferita, scaldando il metallo sulla Fiamma del
braciere: l'avevo vista elevarsi verso l’alto, ancora
più famelica, appena aveva sentito il sangue di mia figlia,
e ancora una volta avevo provato speranza mista a paura, consapevole
ormai che la promessa di protezione, che quella Fiamma rappresentava,
richiedesse un prezzo alto, tanto, troppo alto. Il sangue nell'ampolla
era stato mischiato con erbe magiche potenti, in grado di rinsaldare le
energie vitali e di riequilibrare l'essenza più profonda di
mio figlio, la pozione era stata scaldata sulla Fiamma,
finché non aveva iniziato a ribollire, erano stati poi
aggiunti biancospino e ginestra per il cuore, frassino e artiglio di
diavolo contro le infezioni, astragalo e ligustro per la forza, melissa
e valeriana per attenuare il dolore. Parte di quel composto era stata
versata su delle bende pulite che presero il posto di quelle poste
dall’inizio sulle ferite di mio figlio, il resto era stato
mischiato all'avena e fatto inalare per aiutare la ripresa immediata
della sua mente. Guardavo mio figlio steso a terra, Maghi
anziani e Medimaghi agli ordini di Murchadh Mackendrick si occupavano
di lui, mi avevano detto di aspettare, di non avvicinarmi, di stare
tranquilla, perché non c'era più pericolo: era
ancora molto pallido, ma aveva perso quell'espressione sofferente che
mi aveva sconvolta, il senso di paura che avevo provato immaginando il
peggio per Meissa si era trasferito centuplicato su Rigel, forse
perché non me l'aspettavo, forse perché, di tutti
loro, così simile a Alshain, era sempre stato il figlio
più forte, quello che non si ammalava mai, quello che aveva
sempre un sorriso stampato in faccia, quello che riusciva a superare
qualsiasi prova con strafottenza, come se niente potesse toccarlo.
Vederlo fragile, vedere la sua espressione scanzonata stravolta dal
dolore e dalla paura, aveva trasformato lentamente la mia ansia in una
rabbia sorda, prima vaga, poi via via più concreta.
Quanto costa la tua protezione, Herrengton? Questa notte ci hai
protetti, ma quanto ci stava costando la tua protezione?
Eri davvero pronta a privarmi di mio figlio, a cibarti di lui? Non
è forse uno Sherton lui? Non fa forse parte anche lui del
patto che ho stretto con te?
C'era una moltitudine attorno a me, avevo Meissa tra le braccia, eppure
mi sentivo sola, ora che la tempesta sembrava placarsi, ora che timida
nasceva la speranza, sentivo che nulla sarebbe stato più
come prima, che qualcosa si era rotto in me e non sarebbe
più tornato: la mia Fede. Avevo passato gli ultimi
venti anni della mia vita ad abbracciare e amare un Credo che non era
il mio, affascinata da storie e leggende, sicura che privarsi della
libertà fosse un prezzo congruo di fronte a una protezione
così potente, ma in quel momento mi sentivo tradita, delusa,
sfiduciata. La certezza che quella vita fosse giusta, che le
mie scelte fossero giuste, mi stava abbandonando, mi chiedevo se non
sarebbe stato meglio per tutti se non avessi insistito con Alshain
perché si riavvicinasse a suo padre, se non avessi temuto di
non riuscire, da sola, a compensare il vuoto nella sua vita, quello che
si era creato quando aveva lasciato tutto per stare con
me. L’avevo fatto per amore, volevo che fosse felice
e non dovesse rinunciare a nulla a causa mia, ma ora mi chiedevo se non
avessi commesso un errore, se l'amore che potevo offrirgli non fosse
molto più grande e profondo di quanto immaginassi allora, se
quella semplicità e quella libertà che avevamo
perduto non fossero più importanti del potere e dei precetti
delle Terre del Nord. Mi sentivo un'ingrata, a dubitare
così, ad avere quegli strani ripensamenti, eppure una parte
di me non poteva fare a meno di ritenere giusto odiare la Fiamma che
aveva quasi ucciso mio figlio: io le avevo offerto tutta la mia vita e
lei era arrivata quasi a privarmi di un pezzo della mia anima! Una voce
in me mi diceva che sarebbe stato meglio fuggire lontano dalle Terre
del Nord, nasconderci là dove le leggende millenarie non
contavano niente, dove essere Serpeverde non contava niente, dove il
Signore Oscuro non era ancora arrivato; spezzando catene e promesse,
smettendo di essere ciò che rappresentavamo per gli altri,
saremmo stati solo noi, una famiglia semplice e felice, senza
responsabilità se non verso noi stessi e i nostri figli,
senza impegni che non fossero esprimerci l'un l'altro, giorno per
giorno, la profondità e l'interezza del nostro amore.
Ti manca Alshain, Deidra, sei preoccupata per lui, per tutti
loro... È per questo che sragioni...
Sai bene che non è così semplice, anche se
rinunciassi a Herrengton... Lontano da qui, divisi, separati,
sareste ancora più fragili e in pericolo...
Quando saranno tutti al sicuro, appena riabbraccerai Alshain, questi
pensieri spariranno. Tutto tornerà a essere limpido,
semplice, normale...
Tutto tornerà ad avere un senso... E Habarcat
sarà di nuovo un'alleata, non una matrigna.
Accarezzai sfinita, la fronte di Meissa, i suoi capelli corvini: in lei
sonno e veglia si alternavano ancora velocemente, sentivo che non era
solo opera della stanchezza, anche lei, pur fisicamente incolume,
doveva aver patito qualcosa, ma non riuscivo a capire che cosa
avesse. Senza che me ne rendessi conto subito, Jarvis
Warrington si era avvicinato, mi riscossi dai miei pensieri foschi e
turbinosi e lo ascoltai: con i suoi modi gentili mi chiese come stesse
Meissa e capii che non era solo cortesia, la sua, era seriamente
preoccupato, anche se non capivo appieno le sue motivazioni, poi
guardai interrogativa il giovane alto e bruno al suo fianco, aveva i
baffi e una barba leggera, l'avevo visto durante la festa tra gli
invitati dei Kelly, ma ora mi sfuggiva il suo nome.
“Ti presento Augustus Pye,
Deidra, immagino vi sarete già presentati, ma con tutto
quello che è accaduto oggi... è un
collega di Sile, Sheena ed io abbiamo già avuto modo di
sperimentare in varie occasioni le sue abilità con i
bambini... io mi chiedevo... mi sono permesso di chiamartelo, nel caso
tu, per sicurezza, volessi un parere diverso sulle condizioni di
Meissa, perché... ”
Guardai il giovane Medimago, il suo nome, come il mio, non era quello
celebre di qualche antica famiglia Serpeverde, probabilmente non era
nemmeno uno Slytherin, ma mi piacquero i suoi modi garbati, i suoi
sguardi che sembravano carezze sul volto di mia figlia, così
non aspettai il parere degli anziani, non mi curai degli altrui
consigli né delle sicure obiezioni dei vecchi più
tradizionalisti, gli feci cenno di avvicinarsi, e l’uomo,
senza esitazioni, puntò la bacchetta verso Meissa e
iniziò a muoverla lentamente sopra la testa, il cuore e il
ventre di mia figlia. L'osservai con attenzione: aveva
un'espressione ferma, sottili rughe di espressione si tendevano
increspandogli appena la fronte, gli occhi vividi sondavano la pelle
delle mani di Meissa, soffermandosi a guardare le Rune, e dalla
sicurezza con cui evitava deliberatamente certi gesti, capii che non
era la prima volta che aveva a che fare con una Strega della nostra
gente. Infine, mi puntò addosso occhi seri e
partecipi, ed io sentii un vago timore risalirmi dallo stomaco, il suo
silenzio mi fece piombare di nuovo nel terrore che le avessero fatto
del male.
“La bambina è
caduta, ha varie escoriazioni leggere e ha subito una frattura al setto
nasale, che è stata aggiustata alla meglio: esteriormente
è a posto, ma potrebbe avere problemi nella respirazione
perciò consiglio di farla trattare da un vero Medimago.
Ferendosi ha inoltre perso un po' troppo sangue, per questo ora
è così debole; per il resto, non rilevo traumi
fisici di alcun genere.”
“Quindi a parte il naso... sta
bene... il sangue, il torpore... sono normali... ”
“Fisicamente sì, ma
il suo torpore non è completamente naturale: la giornata
è stata lunga e pesante, si è ferita, certo,
ma... Temo sia stata sottoposta anche a un Legilimens o a un Oblivion,
con questo esame superficiale non posso dirlo con certezza, so solo che
i suoi ricordi sembrano in qualche modo manipolati... ”
“Che cosa vuol... ”
“La sua memoria è
stata manipolata?”
Non riuscii a formulare la domanda che avevo in mente, la voce
allarmata di Jarvis, che aveva ascoltato con attenzione tutto il
responso di Pye, sovrastò la mia e risuonò nel
cortile, nonostante il forte brusio di tutta la gente ammassata,
attirando l'attenzione di molti: Fear, che finora aveva seguito con
attenzioni i gesti e le parole dei Medimaghi che curavano le ferite di
Rigel in attesa di poterlo smaterializzare nell'ospedale di Doire, si
avvicinò agitato chiedendo di sentire di nuovo tutta la
spiegazione, lentamente e dall'inizio. Lo osservai
attentamente, non era semplice preoccupazione la sua, era inquietudine,
terrore quasi, c'era qualcosa di strano nelle sue reazioni, strano
quanto il fatto che qualcuno avesse cercato di sondare la mente di una
ragazzina di appena undici anni.
Che cosa diavolo hanno cercato di sapere da lei? Io non
capisco...
Infine, vidi Fear chinarsi, prendere le mani di Meissa senza indugiare
in tante cerimonie, scrutarle e assumere un'espressione veramente
strana, il volto di marmo, impenetrabile, gli occhi che non tradivano
alcuna emozione, poi, con un'agilità insolita, in un uomo
tanto anziano, si avventò come una belva sul giovane
Lestrange il quale, dopo aver chiesto notizie su Rigel, era rimasto
sempre in disparte e ora parlava tranquillamente con suo padre.
“Tu! Che cosa hai fatto alla
ragazzina? Maledetto! Dov'è il suo anello?”
Rabastan, colto alla sprovvista, perse l'equilibrio e
rischiò di rovinare a terra, suo padre, Roland, rimase per
un attimo interdetto poi, si frappose per difendere suo figlio e si
avventò a sua volta sul vecchio che, bacchetta sguainata,
minacciava di morte il suo secondogenito e cercava di mettergli le mani
addosso per frugare tra le vesti del giovane; alcune Streghe si
spaventarono e iniziarono a urlare ritraendosi, molti Maghi del Nord,
che fino a pochi istanti prima avevano eletto Rabastan a eroe, senza
nemmeno avere ben chiara la situazione, si schierarono, per imitazione,
in circolo attorno ai Lestrange, minacciosi, pronti a vendicarsi appena
avessero avuto l'ordine di agire; gli Aurors, confusi dal rapido mutare
degli eventi, si avventarono infine su Roland e Fear per separarli,
tenendo entrambi sotto la minaccia di numerose bacchette.
“Che cosa sta succedendo?
Siete forse impazziti?”
“Pazzo è questo
vecchio malefico che ha aggredito mio figlio! Se non ci pensate voi, lo
uccido io con le mie mani! Maledetto serpente rabbioso!”
“Perché la
ragazzina era con te? Perché sta male? Che cosa le hai
fatto? Dov'è l'anello?”
Il brusio percorse tutto il cortile, vidi gli Aurors spintonati dai
Maghi del Nord che alle parole di Fear s’infiammarono
più di prima, cercarono di scagliarsi contro i Lestrange,
ricoprendoli d’insulti e di maledizioni; io strinsi Meissa a
me, ero spaventata a morte, guardai Jarvis, che era rimasto al mio
fianco, e seguiva attento la scena: mi sembrava preso tra la
necessità di restare lì per difenderci, come se
il suo ruolo di Testimone di nozze e Portatore della sposa includesse
ora anche questo nuovo compito, e il desiderio di correre in mezzo agli
altri, e magari essere il primo a saltare alla gola di Rabastan
Lestrange e fargliela pagare. All'improvviso, Kenneth Emerson si fece
largo e cercò di riportare tutti alla ragione, forte del suo
ruolo di uomo di legge e di esponente di rilievo della Confraternita.
“Calmatevi! Calmatevi tutti e
riflettete! È stato Lestrange a riportarci la ragazzina, se
avesse avuto qualcosa da nascondere, non si sarebbe esposto in questo
modo, non credete? Nessuno di noi gli ha fatto domande, nessuno di noi
finora gli ha chiesto come sono andate le cose, non è lui a
negarci la verità, siamo noi a non aver chiesto la sua
versione dei fatti! Lasciamo da parte le insinuazioni e facciamo luce
su questa storia. Merita almeno il beneficio del dubbio...
Rabastan...”
“Mio figlio non ha nulla da
dire, Emerson, non resteremo qui un minuto di più, e
sappiate tutti che domani stesso vi denuncerò al Wizengamot!
Siete solo dei barbari senza cervello!”
La risposta irosa di Roland scatenò altri insulti, un
vecchio di Inverness cercò di centrarlo con una fattura in
piena faccia, Emerson tentò invano di riportare la calma,
finché Rabastan, pur spaventato e con voce stentata, fece un
passo avanti, sfuggendo alla difesa strenua di suo padre e offrendosi
in pasto ai suoi assalitori.
“Padre, scusatemi, ma... hanno
ragione loro: se fossi sparito io, e qualcuno mi avesse riportato
indietro, voi vorreste sapere qualcosa di più, soprattutto
se fossi ferito o malato... Sono pronto a rispondere a qualsiasi
domanda, anche se c'è ben poco da dire, vi ho già
riferito tutto: ho trovato Meissa su un divanetto al penultimo piano...
l'ho presa in braccio e sono sceso giù...”
“E perché nessuno
ti ha visto? Sono già salite due schiere di Maghi e tu salti
fuori solo ora!”
“Ho usato la scala di
servizio, quella che porta ai magazzini e alle cucine...”
“In pratica la scala che porta
nel luogo da cui è scomparsa Meissa! È come ho
detto io: questo bastardo prima l'ha rapita, Merlino solo sa che cosa
le ha fatto e ora vuol farci credere di essere l'eroe che l'ha
salvata!”
Fear ripartì all'attacco ma stavolta Emerson lo
fermò in tempo, Rabastan si nascose dietro suo padre,
impaurito, ma riprese a parlare, fermo e deciso, voleva chiarire, e
questo oltre alla sicurezza con cui continuava a fissarmi mi convinse
che lui, davvero, non c'entrasse niente.
“Non è andata
così! Io a Meissa nemmeno ci pensavo, non ci ho mai pensato!
Io... so che non dovevo salire sulla torre... so che… non
dovevo nemmeno gironzolare attorno al braciere, ma...”
Divenne rosso come un peperone, fino ad allora aveva sostenuto il mio
sguardo, come se di tutti gli altri non gli importasse, come se fossimo
solo lui ed io, come se quella confessione spettasse di diritto solo a
me, ma a quel punto abbassò gli occhi, pentito e pieno di
vergogna. Aprì leggermente il mantello, due Maghi del Nord
puntarono la bacchetta pronti a colpirlo, aspettandosi di vedere uscire
chissà quale micidiale maleficio da sotto quel mantello, ma
il giovane estrasse solo un piccolo contenitore trasparente,
apparentemente vuoto.
“È da stupidi, lo
so... lo ammetto... io... io sono salito per fare uno scherzo a
Rigel... ultimamente mi ha fatto una serie di scherzi pesanti a
Hogwarts ed io... volevo che non si scordasse tanto facilmente di
queste vacanze!”
Un Auror prese il contenitore e lo analizzò con cura
puntandoci contro la bacchetta, sul viso si stampò subito
un'espressione severa, simile alla mia quando dovevo riprendere i miei
figli per una ragazzata i cui effetti possono sfuggire di mano e
diventare improvvisamente seri.
“Cosa diavolo... Dove ti sei
procurato un Billywig? (3)”
“Che cosa? Di nuovo? Salazar!
A casa facciamo i conti, Rabastan!”
Lestrange diede uno scappellotto a suo figlio e molti iniziarono a
ghignare, l'atmosfera si distese di colpo, tutti ritrassero le
bacchette facendo “no” con la testa, un gruppetto
dietro di me sbuffò sul fatto che, a quindici anni, il
secondogenito di Lestrange si comportasse come un bambino stupido; solo
Fear continuava a puntarlo come un cane da caccia pronto ad azzannarlo
alla gola. Affidai Meissa a mia sorella Rebecca, che era rimasta sempre
al mio fianco, una presenza silenziosa e partecipe: appena i Medimaghi
avessero concesso il permesso di spostare Rigel, avrei affidato a lei i
miei figli più piccoli perché li portasse a Doire
mentre io avrei accompagnato Meissa, Rigel e Alshain in ospedale; Fear
e alcuni Anziani avrebbero eseguito la “Chiusura di
Herrengton”. Mi alzai, mi avvicinai ai Lestrange, Roland
prese il figlio per la collottola e lo spinse avanti, gli occhi
spiritati, preda dell'ira, per concedermi la soddisfazione di
schiaffeggiarlo davanti a tutti
“È stato uno
scherzo stupido, lo so, volevo che Rigel fosse punto una volta tornato
in camera, che lo trovaste a testa in giù, o che urlasse
chiedendo aiuto, come una femmina, ma... giunto nella torre mi sono
perso, non ho capito più quale fosse la sua stanza,
benché all’inizio lo sapessi...”
“Sarebbe stato uno scherzo
stupido, vero, inadatto all'austero nome della tua famiglia, ma
ringrazio Merlino e tutti i Fondatori, perché questa tua
idea folle, questa tua mancanza all'etichetta, ti ha messo nelle
condizioni di riportarmi mia figlia e salvare Rigel! La mia famiglia
è in debito con te, Rabastan, accetta da parte mia le scuse
da parte di tutti i presenti. Quanto a voi, vorrei recuperaste la
calma, non è prendersela con un ragazzo ciò che
serve ad Alshain o a Rigel...”
“Era giusto chiedere,
Deidra...”
“Era giusto chiedere, Fear,
non accusare e aggredire! Tutto questo non è opera di un
ragazzo di quindici anni, c'è qualcuno, signori, qui, tra
noi, nascosto dietro una maschera di amicizia, che ha approfittato
della nostra fiducia e della nostra disponibilità, per farci
del male... Solo il coraggio di mio figlio gli ha impedito di portare a
termine i suoi propositi, ma intanto ha avuto il tempo e il modo di
mascherarsi di nuovo, di confondere le sue tracce... Un giorno
pagherà, lo prenderemo e ci affideremo al giudizio del
Wizengamot per ottenere giustizia... È la seconda volta che
rischio di perdere un figlio per oscure trame, non lascerò
che ce ne sia una terza!”
Kenneth annuì, Donovan si avvicinò e mi strinse
la mano, mi bastò guardarlo per capire che non era solo il
legame dei nostri figli a portarlo dalla mia parte, la sua era
convinzione; anche Jarvis mi sorrise e uno dopo l'altro, chi
più persuaso, chi meno, quasi tutti apprezzarono le mie
parole, a parte le solite poche famiglie che andavano contro qualsiasi
decisione di mio marito, e che ancor meno potevano accettare le parole
di una semplice Strega, nata per giunta senza Rune. Fear,
pensieroso, non disse nulla, mi lanciò però uno
sguardo eloquente: dovevamo parlare, sentivo che c'era qualcosa di
strano, avevo la forte sensazione che la sua fosse una recita, che le
sue reazioni così alterate fossero forzate, ma di nuovo, non
riuscivo a capirne i motivi. C’era qualcosa di preoccupante e
di concreto dietro le sue esagerazioni e solo in quel momento mi resi
conto che aveva ripetuto due volte la stessa richiesta, la richiesta
che ancora era sospesa lì, nell'aria, quella che non aveva
ottenuto risposta da Rabastan: aveva parlato di un anello. Mi
chinai a guardare Meissa, le presi le mani, vidi anch’io che
non aveva più il piccolo anello che suo padre le aveva
donato durante l'estate, raccomandandosi che non se ne separasse mai.
“Hai guardato le mani di mia
figlia, Rabastan? Hai visto se portava un anello?”
“Aveva le mani sotto il
mantello, lo teneva appoggiato sopra come fosse una coperta, quando
l'ho presa in braccio non ci ho fatto caso...”
“Chiedigli di svuotarsi le
tasche: non è la prima volta che i Lestrange saccheggiano
Herrengton!”
Roland si slanciò di nuovo contro Fear, ma suo figlio, per
evitare altri momenti di tensione, si avvicinò a Emerson e
gli disse che era disposto a farsi perquisire, per buona pace di tutti.
“No, non ce n'è
bisogno, Rabastan... Ora ho capito perché qualcuno si
è dato tanto da fare per prenderla e l'ha poi lasciata qui:
la solita fissazione per un anello che non esiste... Mi spiace e mi
scuso con tutti voi, questa bella giornata di festa è stata
rovinata in modo indegno... Vi ringrazio per tutto l'aiuto che mi avete
dato in queste ore difficili, e...”
“Aiuto! Mia moglie ha bisogno
di aiuto!”
Rimasi a metà con il mio discorso: come tutti, mi voltai
spaventata verso la voce incerta che proveniva dalle nostre spalle;
dalla porta che immetteva nell'ala destinata agli ospiti, simile a un
naufrago, le vesti strappate, il volto ferito, Rodolphus Lestrange fece
il suo ingresso nel cortile, reggendosi a piedi a stento, tra le
braccia sua moglie, Bellatrix, pallida come fosse morta.
***
Orion Black
Herrengton Hill, Highlands - 21/22 dicembre 1971
Sconvolti per quanto avevamo scoperto, personalmente spaventato
all’idea che addirittura personaggi irreprensibili come
Williamson fossero passati dalla parte del Signore Oscuro, e timoroso
al pensiero di Meissa in mano ai Mangiamorte, avevamo atteso increduli
il ritorno di Alastor Moody e degli altri saliti in cima alla torre,
alla disperata e vana ricerca del terzo Auror. Probabilmente
anche Moody rimase colpito dal voltafaccia di Williamson, ma non fece
nulla che palesasse i suoi pensieri e la sua delusione,
ordinò di condurre di sotto il prigioniero e affidarlo a
Bartemius Crouch: l’unica stranezza, che rivelò il
suo turbamento, fu che non si curò in alcun modo di me,
sembrava avesse rimosso il nostro precedente scontro e volle andare a
esplorare da solo la scala di servizio da cui, ormai ero riuscito a
convincerli tutti, erano fuggiti i Mangiamorte. Spinnet e Stimpson,
taciturni e nervosi, mi scortarono di sotto, ma anche loro sembravano
aver dimenticato tutti i sospetti che avevano nutrito su di me; io,
incredulo, mi ritrovai a scendere nel cortile ringraziando a ogni passo
Salazar Slytherin per la fortuna e la protezione concessami, visto che
mi muovevo in mezzo a tutti quegli Auror con addosso le bacchette dei
Lestrange. Speravo che anche Meissa potesse contare sulla
protezione di Salazar, ma avevo molti dubbi. Avrei voluto
correre come un folle, riprendere le ricerche, rivoltare il castello da
cima a fondo, ma l’improvvisa vicenda dell’ex Auror
e la fortuna che sembrava baciarmi, mi avevano talmente stranito,
avevano così fortemente scosso le mie certezze, che temevo
di non poter osare ancora, temevo che se avessi di nuovo giocato col
destino, sarei stato punito in modo esemplare, avrei potuto trovato la
bambina, certo, ma morta o scoperto chissà quale altro
orrore, così la mia natura pavida riprese il sopravvento,
rese i miei passi lenti e pesanti, volevo ritardare il più
possibile il momento in cui sarei arrivato di fronte a Deidra, lei mi
avrebbe informato del destino orribile dei suoi familiari ed io avrei
dovuto ammettere di aver fallito, di non essere riuscito ad
aiutarla. Per questo quando, infine, uscii nel cortile,
rischiai di sentire il cuore esplodermi nel petto, appena gli occhi
misero a fuoco e il cervello comprese ciò che avevo di
fronte: Fear, con Kelly ed Emerson e un gruppo di Medimaghi, faceva
levitare la lettiga con sopra un sofferente Rigel, Deidra era accanto a
lui e mi sembrò che gli tenesse la mano; dietro di lei,
Jarvis Warrington camminava tenendo in braccio una bambina dai capelli
corvini, che sembrava profondamente addormentata. Spinsi
Stimpson e non mi curai delle proteste di altri Maghi che arrivai quasi
a travolgere, stupidi intralci sulla mia traiettoria, non
m’importava quello che stavano pensando di me: raggiunsi di
gran carriera Warrington, trattenendomi a stento dal strappargli la
bambina dalle braccia, riflettendo solo all’ultimo che,
così facendo, rischiassi di farle del male, e infine mi
piantai lì, con gli occhi un po’ umidi, muto e
ottuso, davanti a Deidra, all’improvviso indeciso se
abbracciare lei, o assicurarmi che Rigel fosse davvero vivo o
accarezzare i capelli e il volto di Meissa. Rimasi
lì, per un tempo che mi parve eterno, semplicemente,
impalato come uno stupido, senza vedere e sentire nulla di quanto mi
circondava, se non le persone che erano importanti per me; ero preda
della commozione, quel sentimento orrendo cui mai un Black dovrebbe
sottostare, e non me ne importava niente, ascoltavo la solita voce
molesta nella testa, sì proprio quella irridente di Alshain,
che rideva di me, mi dava dello stupido, e infine mi ripeteva di
prendere coraggio e fare quello che desideravo con tutto il cuore:
informarmi su Deidra, dirle quanto volessi bene a lei e ai ragazzi e
abbracciarla e consolarla mentre piangeva insieme con me.
“Dei... ”
Non dissi altro, non ci fu bisogno di altro: mi si aprì il
cuore quando vidi che la sua figura sottile riluceva di gioia; anche
lei era commossa e, benché la convenienza e
l’etichetta, anche in certi momenti, imponessero un cortese
distacco, alla fine non riuscii a restare impassibile, l'abbracciai, la
sentii abbandonarsi appena, fragile, nel mio abbraccio, e subito mi
ritrovai sbalzato con la memoria indietro di anni, ad altre lacrime, ad
altri motivi di felicità e commozione, a quegli infiniti
istanti in cui eravamo stati l’uno per l'altra un porto
sicuro in mezzo alla tempesta.
“Salazar,ti ringrazio! Sei
sano e salvo, Orion! Quando ho saputo cos’era accaduto di
sopra…”
“È finita Dei,
è finita... È andato tutto bene, andrà
tutto bene, vedrai... ”
Rapida e pudica, si asciugò una lacrima e mi accolse con un
altro dei suoi sorrisi più belli.
“Ti ringrazio, Orion, ti
ringrazio tanto, per tutto quello che tu e la tua famiglia avete fatto
per me, per i ragazzi, per Alshain... ”
“Non ho fatto niente, Dei, non
sono nemmeno riuscito a trovarti Meissa: quando ho visto il suo
mantello e lei non c'era... io... ”
“Fear me l’ha detto
che sei stato tu a dirgli di restare con Rigel, sei stato tu a dare ad
Alshain il Bezoar… tu hai fatto ruotare l’anello
per chiamarci tutti… sei stato tu, Orion, mi hai ridato tu
la mia famiglia… E tuo figlio… tuo figlio ha
impedito che…”
“È tutto passato,
Dei… Ora portiamoli in ospedale e dimentichiamoci tutte
queste brutte storie… La giornata è stata
bellissima, ricordiamo solo questo: pensa a Mirzam, pensa a quanto
erano belli gli sposi... pensa solo a questo Dei… pensa solo
a questo…”
Deidra annuì, io, commosso, cercai di recuperare un minimo
di controllo, impostai la voce e la figura nella mia solita distaccata
compostezza e m’informai con i Medimaghi sulle condizioni del
ragazzo: lo osservai, non aveva più quell’orribile
colorito rossastro anzi era pallido ed emaciato, non aveva
più nemmeno quell’espressione sofferente, che mi
aveva fatto scatenare contro Lestrange. Sembrava solo che dormisse, la
pelle appena umida di sottile stille di sudore freddo, il braccio
sinistro tutto avvolto nelle bende, dalla punta delle dita fino al
collo: sbirciai, vidi ancora nitidi e perfetti i margini della Runa
degli Sherton; non sapevo se avrebbe avuto conseguenze, né,
nel caso, di che genere: il Medimago mi parlava solo della maledizione
che produceva emorragie interne e mi rassicurava che avevano
stabilizzato le sue condizioni. In realtà, nessuno
poteva sapere quale tributo Habarcat avrebbe chiesto a quel ragazzo.
“È possibile
prenderla in braccio?”
La domanda, lanciata al giovane Medimago che aveva in cura la bambina,
per ottenere informazioni sulla salute di Meissa, in realtà
ne sottintendeva un’altra, rivolta a Deidra e a Jarvis,
rivelando il mio desiderio e la mia ferma intenzione di portarla di
persona da Alshain. Sorrisi, osservandola, con la mano scostai i suoi
capelli corvini dal volto: sembrava una bambola, con le lentiggini che
punteggiavano le guance appena rosate, le labbra schiuse in una smorfia
buffa, la stessa che aveva da piccola, quando fingevo di ascoltare
Alshain che blaterava delle sue solite stronzate, perso invece a
osservare quella sua piccola meraviglia. Passavo ore
così, in attesa che aprisse gli occhi… col tempo
avevo preso a fargli le facce buffe… e lei… lei
cresceva e iniziava a indicarmi con il ditino, che immancabilmente
m’infilava, proprio come Sirius, nel naso… poi,
tutta imbronciata, mi guardava fisso e biascicava: “Tio
Oio!”
“Salazar quanta polvere ci sta
tirando addosso questo maledetto vento del Nord…”
Mi voltai, per asciugarmi furtivo quell’assurda lacrima che
premeva per uscire, dandomi ancora più la sensazione di
essermi rincitrullito come una donnetta sciocca; vidi Deidra sollevare
appena l’angolo della sua bocca, mentre mi osservava di
sottecchi ed io rapido mi ricomposi, come se nulla fosse: lei era
l’unica a sapere quanto spesso diventassi
“allergico alla polvere e al vento” e non era
proprio il caso che se ne accorgessero anche altri.
“Io non ho capito
Dei… come ha fatto a … è scesa da sola
dalla torre? Io… mi ha preso un colpo quando ho trovato il
mantello e non c’era traccia di lei…
Salazar… povera piccola…”
“Era dove tu hai trovato il
mantello, Orion: ce l'ha riportata Rabastan, l'ha trovata poco prima
che arrivassi tu... ”
“Come? Rabastan? Rabastan chi?
Non vorrai dire quel Rabastan? Il figlio di Lestrange?”
“Sì, capisco la tua
faccia, Orion, quel ragazzo si caccia continuamente nei guai,
ma… Stavolta ha fatto una cosa buona ed io non lo
ringrazierò mai abbastanza... Guarda, è ancora
qui, è rimasto con noi, non credevo fosse così
amico di Rigel... Invece ha detto che vuol restare con lui,
raggiungerà Rod e Bella più tardi... Tu hai
saputo cos’è successo a tua nipote, vero
Orion?”
Non me ne può importare di meno di quella disgraziata!
Deidra, tu non capisci, non è come credi!
“Quando quel
poveretto di Rodolphus ci ha raccontato che… Salazar! Quei
due sono sempre così fuori le righe, ma… Essere
aggrediti a quel modo da quei pazzi sanguinari! Tremava ancora
tutto… ho sentito dire da un Medimago che non aveva mai
visto delle Cruciatus assestate con tanto odio e tanta
violenza…”
Puoi scommetterci che lo odiavo… Puoi scommetterci che lo
volevo morto, quel maledetto!
“Deidra…
ascolta...”
La fissai risoluto, non m’importava di Rod e Bella, non
m’importava quanto fossero conciati male, ero sconvolto
all’idea di cosa Rabastan potesse aver fatto a Meissa, non
sapevo cosa fosse realmente successo, quale scusa il ragazzo si fosse
inventato, ma sapevo che le coincidenze non esistono: non era possibile
che i due fratelli Lestrange si fossero trovati, casualmente, a breve
distanza di tempo, nello stesso luogo all’insaputa
l’uno delle intenzioni dell’altro. No,
c’era un piano, li conoscevo, conoscevo Rodolphus e conoscevo
suo padre: sapevo quanto puntasse sul suo secondogenito per innalzare
il nome e il lustro della sua decadente famiglia. Come pure conoscevo
Deidra, la sua innata fiducia nel prossimo, quella sua innocenza che a
volte la rendeva così poco Slytherin: mi sarei potuto
approfittare, a suo tempo, come mio solito, anche di lei, di quella sua
ingenuità, se lei non fosse stata tanto importante per il
mio migliore amico. Avevo deciso di salvaguardare il buon nome della
mia famiglia, e non potevo consegnare Bella e Rod alla giustizia, ma
dopo i miei figli, gli Sherton erano le persone che più
avevano importanza per me, perciò dovevo proteggerli da una
minaccia di cui non avevano consapevolezza, e sulla quale io non avevo
più alcun dubbio. Avvicinai il volto al suo, le mie labbra
al suo orecchio, non volevo che sentisse nessun altro. Odorai il suo
profumo di fiori, mi rividi di nuovo, tanti anni prima, preda di quel
sentimento strano, di quell’incantesimo strano, che col tempo
aveva trasformato il desiderio fisico che nutrivo per lei nel
sentimento più puro, casto, profondo che avessi mai provato
per una donna.
“Tu ti fidi di me, Deidra,
vero? Sai che... Sai quanto amo te, e Alshain e i ragazzi,
vero?”
Lei annuì appena, muta, sentivo il suo respiro sospendersi:
aveva capito anche lei che si trattava di qualcosa
d’importante, di vitale, qualcosa di fondamentale per me e
per lei.
“Voglio che tu mi faccia una
promessa, Deidra... ”
Per tutto ciò in cui crediamo… Per tutto
ciò che amiamo...
“…Qualunque cosa
accada, qualsiasi cosa Alshain o Mirzam decidano, devi promettermi che
farai sempre attenzione con i Lestrange, hai capito? A qualunque
costo... ”
“Di cosa stai parlando, Orion?
Di quale... ”
“Fidati di me... Qualunque
cosa accada... che tuo marito si leghi a loro per amicizia, per affari,
o per qualche follia... Ti prego, fai di tutto per tenere i tuoi figli
lontano dai Lestrange... ”
Sapevo di averla turbata, ma non potevo dirle molto di più,
mi vergognavo troppo per quello che avevo fatto: avevo lasciato che due
pazzi assassini restassero liberi di uccidere ancora, solo
perché l’ennesimo scandalo non colpisse tutta la
mia famiglia. Avrei dovuto mentire per tutta la vita,
perché nessuno doveva sapere cosa avevo fatto, soprattutto
non dovevano saperlo loro, gli Sherton, loro che mi avevano accolto e
tirato fuori dai guai infinite volte: non potevo permettere che
sapessero la verità. Al tempo stesso, però,
dovevo proteggerli: non potevo permettere che i Lestrange
approfittassero, traessero beneficio dai loro crimini. Mi
allontanai da Deidra senza aggiungere altro, feci capire a Warrington
che volevo prendere in braccio Meissa per portarla ad Alshain, al suo
posto, Jarvis me la consegnò, ma mi restò accanto
come fosse la mia scorta, mi raccontò tutti quei particolari
che non conoscevo ancora, come le ultime novità sulle
condizioni di Alshain, lo strano spegnersi di Habarcat che aveva
permesso a Fear di liberare Rigel e, infine, mi raccontò di
mia moglie, di come Walburga fosse partita in tutta fretta con Roland
Lestrange per il Norfolk, per assicurarsi delle condizioni di Bellatrix
e di Rodolphus in attesa che arrivassero i miei cognati…
senza curarsi di nostro figlio o della mia sorte! Feci finta di saperlo
già, ma lo vidi, nei suoi occhi, quanto fosse sorpreso dei
miei comportamenti e delle mie reazioni: ero rimasto troppo disgustato
nel sapere che Walburga aveva abbandonato Sirius così,
trattandolo come fosse un estraneo…
Sperai che almeno Alphard…Tutta la tensione di quella lunga
giornata stava montando in me in un sentimento nuovo.
Diverso… Sconosciuto… Una rabbia che non
avevo provato mai… Una rabbia che non riuscivo
più a contenere… Guardai Fear, si era avvicinato
a Deidra, che seguiva assorta il corteo, cercava di dirle qualcosa,
tutto agitato, mi chiesi quale nuova diavoleria stesse preparando. La
Strega, però, sembrava non curarsi della sua presenza, della
sua agitazione, delle sue follie, anzi, nemmeno lo ascoltava: la
conoscevo, stava riflettendo su quello che le avevo sussurrato. Deidra
si era isolata dal resto del mondo, per seguire secondo logica la linea
dei pensieri nati dalle mie parole: glielo lessi negli occhi verdi,
interrogativi, preoccupati. Occhi fissi su di me.
***
Sirius Black
Herrengton Hill, Highlands - 21/22 dicembre 1971
Appena si accorsero che Alshain aveva parzialmente ripreso conoscenza,
i vecchi del Nord si erano accalcati attorno a lui come api operose e
Abraxas Malfoy, con i suoi soliti modi sbrigativi e odiosi, mi aveva
imposto di allontanarmi, sostenendo che quello non era posto adatto ai
mocciosi. A dire il vero, mentre Abraxas tuonava contro di me,
col poco fiato che aveva, Alshain aveva cercato di opporsi,
bisbigliando qualcosa che mi parve suonare simile a “Malfoy…
Lascia in pace il ragazzo… è il mio
figlioccio…” (4), ma nemmeno la
sua volontà valse a qualcosa. Uno degli Anziani si
occupò di me, mi spiegò dove potevo restare, per
non essere d’intralcio ai Guaritori, pur mantenendomi in
prossimità del giaciglio di Sherton, io gli sorrisi grato,
perché da lì potevo controllare quello che ognuno
di loro faceva. Mio padre diceva sempre che Malfoy faceva continue,
cospicue, donazioni al San Mungo e in questo modo, oltre a pulirsi la
coscienza, che era “nera come la pece”, si era
anche pagato il titolo di Guaritore, benché non avesse mai
seguito alcun corso regolare e legittimo: Abraxas non era dunque un
vero Taumaturgo, ma abitualmente si spacciava come tale e grazie al
nome, all'intuito e alla generosità che sfoggiava, molti
Medimaghi avevano preso l'abitudine di “lasciarlo
fare”. Era questo che temevo
più di ogni altra cosa: che lo lasciassero avvicinare ad
Alshain e gli permettessero di “curarlo” dando
così a Malfoy l’opportunità di mettere
in atto i suoi malefici piani. Io dovevo tenerlo
d’occhio! Purtroppo presto mi allontanarono pure da
lì, perché era di nuovo successo qualcosa che i
Medimaghi non si aspettavano e non si spiegavano: come mi ero
allontanato da lui, come la mia mano aveva lasciato la sua, sulla
coperta, Alshain aveva misteriosamente perso di nuovo conoscenza,
tornando preda del torpore, meno profondo del precedente, certo, ma
tale da impedirgli comunque di rispondere agli stimoli
esterni. Arrivai a sospettare che me lo fossi solo sognato,
che in realtà non si fosse mai ripreso: in fondo che cosa
poteva averlo risvegliato? Se fossi stato un Mago potente, se
avessi avuto dei poteri eccezionali, avrei potuto aiutarlo toccandolo,
ma io ero solo un maghetto di appena undici anni, e non avevo nemmeno
le Rune. No, qualsiasi cosa gli fosse successa, se era davvero
successa, di sicuro non era dipesa da me. Triste e spaventato,
mi arroccai presto nel mio mutismo, preda dell’angoscia per
le notizie che aspettavo dal braciere e non arrivavano mai, incerto
sulle condizioni di Alshain e persino stanco, visto che erano passate
ormai diverse ore dalla fine degli effetti della pozione ritemprante di
papà. Cercai di oppormi al sonno, la mente che
correva a Meissa e ritornava ad Alshain, gli occhi sempre fissi sulle
mani e le labbra di Abraxas, temendo potesse fargli un fatale
maleficio. In più di un’occasione sentii la testa
ciondolarmi in avanti, immagini reali si confusero con i sogni, Meissa
più volte tornò da me, dicendomi che ero uno
stupido, che ero io a essermi perso, e che lei, mentre aspettava che io
tornassi indietro, si era mangiata pure la mia parte di dolce. Subito
dopo mi ritrovavo a correre per i corridoi, andando a caccia di un uomo
mascherato, di cui riconoscevo solo i lunghi capelli biondi che
sbucavano da sotto il cappuccio, o stavo fermo davanti a Alshain che,
in piedi, recitava una cantilena in una lingua astrusa, gli occhi
tristi che sembravano non vedermi; infine i sogni mi mostravano Fear
che mi metteva di nuovo al dito un anello del Nord e con i suoi modi
spicci mi ripeteva che dovevo “difenderla” fino
alla morte. Rendendomi conto che non riuscivo a tenermi
sveglio, mi alzai e ripresi a bighellonare in prossimità del
caminetto, non avendo molto da fare, né qualcuno con cui
parlare, mi colse la curiosità di sapere cosa avessi trovato
dietro al mattone, benché non potessi distrarmi: spesso
Malfoy si allontanava per parlare con suo figlio, e allora Alshain era
al sicuro, ma dovevo osservare pure Crouch, che mi lanciava occhiatacce
che non promettevano nulla di buono, forse perché era
l’unica espressione che gli si stampava sul volto, o forse
perché prima si era accorto di qualcosa. Fu
così che, per passare il tempo, iniziai a fissare con
insistenza il padre di James, mi soffermavo sulla sua figura, esaminavo
i suoi tratti, cercando di riconoscere quelli del mio amico, giungendo
alla conclusione, però, che a parte i medesimi occhialini
tondi e i pochi capelli ingrigiti che tendevano al ribelle, in
quell'uomo serio e tanto triste non c’era molto della
vivacità di James. Sembrava sulle spine, pronto a
scattare per un nonnulla, era persino più agitato di Crouch,
e mi sembrava strano per un uomo che da anni si era dato a una carriera
tanto impegnativa e difficile. Quando Avery rientrò
nella stanza dal giardino e confabulò con Malfoy per poi
uscire con lui, sicuro che potessi smontare per un po’ la
guardia che facevo ad Alshain, mi avvicinai di soppiatto agli Aurors,
aguzzando le orecchie per capire di cosa parlassero: sembravano presi
da una discussione importante che fece passare subito in secondo piano
il misterioso pacchetto trovato vicino a Habarcat, almeno nella mia
testa. Una conversazione che mi lasciò a dir poco
sconvolto e spaventato.
“Se fosse un vero attacco dei
Mangiamorte ci sarebbe un Marchio in cielo, Charlus... ”
“Finora l'hanno lanciato solo
quando hanno ucciso... magari Moody e gli altri sono riusciti a
fermarli in tempo e... lo so, Bartemious, lo so... Questa storia
è strana e non piace nemmeno a me, c'è qualcosa
che non mi convince, forse il Lord ha creato questa messinscena per
distrarci, riunirci qui, e intanto essere libero di colpire
altrove…. O forse non può entrare qui e...
”
“Non è detto che
sia come pensi tu, Charlus... di solito le soluzioni più
semplici sono anche le più giuste; io ho un'idea diversa...
Che prove reali ci sono che c'entri il Lord stavolta? Forse abbiamo
già chi stiamo cercando... forse è steso
lì, su quella lettiga, vittima dei suoi stessi inganni...
dobbiamo solo trovare le prove... Scommetto che basta
cercare… Sono qui, vicino a noi, lo sento... ”
Che cosa? Credono che Alshain… Salazar, ma non…
“Ma… Non ha senso!
E la bambina? E il duello sulla torre? E perché Sherton si
sarebbe avvelenato da solo? No, Bartemius, no... Non credo
nemmeno… sai bene perché mi sono offerto di
seguirti oggi… avevo un sospetto, ma… mi
sbagliavo, non era Sherton l’uomo che ho visto la notte in
cui è morto Podmore... era appena un ragazzo...
”
“Le ghiande non cadono mai
troppo lontane dalla quercia, Potter... se era più giovane,
Sherton avrà mandato in missione suo figlio! Stai
tranquillo, prenderemo anche lui: troveremo le prove anche di questo,
dimostreremo che Mirzam Sherton è l'assassino di Alfred
Podmore, come suo padre è l'assassino di chissà
quanti altri... se lavoreremo bene, li schiafferò ad Azkaban
tutti quanti, insieme a tutti questi altri maledetti
scozzesi…”
Crouch si allontanò con passo imperioso, io mi ritrassi,
letteralmente sconvolto. Come potevano gli uomini del Ministero credere
a un'assurdità simile? Come potevano pensare che
Alshain avesse ucciso qualcuno? L'avevo visto, avevo visto con
quale delicatezza era arrivato a prelevare solo poche stille di sangue
dalla zampa di un cervo! E Mirzam poi? No, non era possibile,
aveva ragione mio padre quando sosteneva che quel Crouch era un pazzo,
un uomo che per sete di potere sarebbe stato capace di vendersi persino
la madre! Non potevo credere che qualcuno ce l'avesse con gli Sherton
con quell’ostinazione e quell’ottusità,
che qualcuno fosse così folle da credere ad
assurdità simili. E soprattutto non potevo credere
che invece di impegnarsi a trovare Meissa, quei vigliacchi si fossero
intrufolati là solo per colpire
Alshain. D’altra parte, Rigel me l’aveva
detto, durante l’estate ed anche poche ore prima, vicino allo
strapiombo: la loro famiglia, nel corso dei secoli, era stata attaccata
persino da quelle persone e quelle istituzioni il cui compito era
mantenere la pace e la legalità, solo per fame di potere.
Non sapevo che cosa pensare, e soprattutto come potessi aiutarli,
quando arrivò con passo rapido e deciso zio Alphard,
reggendo una piccola ampolla come fosse una reliquia sacra: lo vidi
parlare con i vecchi del Nord, i quali estrassero dalle cintole un
po’ di erbe strane e le sciolsero nell’ampolla, poi
la misero sulla Fiamma finché l’intruglio non
iniziò a ribollire. Una volta consegnata la fiala, lo zio si
affrettò a raggiungermi, mi abbracciò, mi
accarezzò la faccia come faceva ogni volta che veniva a
trovarci, sotto gli occhi disgustati di mia madre che lo riprendeva
sempre, dicendo che era un bene che non fosse sposato e non avesse
figli, perché con tutte quelle smancerie di sicuro sarebbero
cresciuti rammolliti come lui. Mio zio non si curava dei
discorsi di mia madre, non si curava dei discorsi di nessuno di loro, e
pur non dicendo o facendo mai nulla di apertamente in contrasto con le
leggi di famiglia, per non incorrere in violente reazioni, riusciva a
tenersi fuori dalla cappa oscura e pesante che circondava Grimmauld
Place e tutto l’austero mondo dei Black. Io lo
ammiravo tanto anche per questo, era per me una specie di eroe,
qualcuno da prendere ad esempio; lo zio Alphard inoltre era una delle
poche persone capaci di far sorridere Regulus e farsi adorare da lui,
forse perché arrivava sempre carico di doni straordinari: di
certo l’affetto e la stima per lui erano tra i pochi punti in
comune tra mio fratello e me, e uno dei più profondi.
“Va tutto bene Sirius? Sei
stanco? Hai fame?”
“No, sto bene, ma…
Che cosa c’era nell’ampolla che hai portato? Che
cosa sta succedendo al braciere? E Meissa? E il duello? E mio
padre?”
“Calma, calma… Una
cosa per volta… I vecchi del Nord stanno preparando una
pozione con il sangue di Meissa e le erbe magiche… possono
rigenerare il sangue di Alshain Sherton…”
Mi voltai a fissarlo, stupito.
“Meissa? È stata
ritrovata, allora… Come sta? Non è ferita,
vero?”
Zio mi sorrise, gli occhi furbi e burberi fissi sull’ampolla.
Immaginai cosa pensasse in quel momento e mi sentii le orecchie
accendersi come fiamme: durante le feste di famiglia, quando ci
raccoglievamo tutti insieme, lo zio, di solito con la
complicità di Andromeda, quando non c’era mia
madre nei paraggi, prendeva spesso in giro me e Regulus facendo delle
battute e chiedendoci divertito che cosa ne pensassimo delle varie
figlie degli amici dei nostri genitori ed io avevo sempre risposto con
aria annoiata e infastidita, ma con Meissa…
“Non so cosa stia accadendo
sulla torre, né ho notizie di tuo padre, so solo che il
figlio minore di Lestrange ha trovato Meissa, Fear le ha preso un
po’ di sangue per curare Alshain e Rigel… ed io
sono venuto di corsa qui… per portare la fialetta e
prendermi cura di te!”
“Rigel sta male? E
Meissa?”
“Rigel mi pare stia ancora
piuttosto male, ma dicono non sia più in
pericolo… sarà ricoverato nell’ospedale
di Doire non appena potranno smaterializzarlo… Meissa,
invece… ”
“Invece?”
“Mi pare stia quasi
bene… controlleranno anche lei, non
temere…”
“E la mamma?”
“L’ho lasciata al
braciere con la signora Sherton… Sirius, ascolta: non
c’è più motivo che tu resti qui,
faresti meglio a venire a casa con me… è tardi,
tu sei stanco e qui siamo solo d’intralcio… tra
poco se ne andranno tutti… ora mando un Patronus a tua madre
e le dico che ti porto via…”
“NO!”
“Sirius… Volevi
restare per sapere di Meissa… Meissa sta bene, è
ora di tornare a casa…”
Lo fissai supplice, non volevo andarmene, dovevo vedere Meissa con i
miei occhi, era colpa mia se si era persa, era per colpa mia se era
uscita su quella terrazza, io non potevo andarmene senza conoscere con
sicurezza le sue condizioni e quelle Alshain e… E dovevo
impedire che Malfoy facesse qualcosa di brutto o che Crouch…
“Zio, per favore, voglio
restare … Ormai è tardi, tanto vale restare
ancora un po’…”
Lo guardai, vidi dal lampo di comprensione nei suoi occhi che, pur a
malincuore, come al solito, mi avrebbe accontentato, si mise seduto
accanto a me, poco lontano dai Guaritori, entrambi con gli occhi fissi
sulla lettiga e le orecchie ben tese per carpire dai Medimaghi qualche
novità. Presto però, la sicurezza che Meissa
fosse stata trovata, la stanchezza, il tepore del corpo di mio zio
accanto a me, la protezione del suo braccio attorno alle mie spalle,
l’assenza di Malfoy, mi fecero rilassare tanto da perdere di
nuovo i sensi.
*
Quando mi risvegliai, c’era molto trambusto accanto a noi,
passi affrettati, voci sussurrate miste a ordini secchi, persone che
andavano e venivano: con gli occhi ancora offuscati dal sonno, mi parve
di vedere un gruppetto di Aurors avanzare con passo marziale fino a
Crouch e parlare concitati, disposti a quadrato intorno a un vecchio
Mago dai capelli scarmigliati e un ghigno da folle stampato in faccia,
stava urlando qualcosa, sibilava come un serpente. Bartemius Crouch si
sfilò i guanti che portava sempre e lo
schiaffeggiò davanti a tutti, con occhi iniettati di sangue,
rosso di rabbia e di odio. Poi, aiutato dal padre di James, si mise a
capo del manipolo e, usando una Passaporta che il Ministero aveva fatto
recapitare appositamente via camino, si smaterializzarono tutti insieme.
“Che cosa è
successo? Chi era quell’uomo, zio?”
“Hanno catturato un seguace
del Signore Oscuro, Sirius…”
“Un Mangiamorte? Quello era un
vero Mangiamorte? Ma era solo un vecchio!”
“No, Sirius, quello era un
vero Mangiamorte, infiltrato al Ministero della Magia, un ex Auror e
membro del Wizengamot! Non fidarti mai delle apparenze, Sirius, non
fidarti mai nemmeno di chi pensi di conoscere… I Maghi
Oscuri sono astuti, sono pericolosi, e purtroppo sono tra
noi…”
Sentii un brivido percorrermi la schiena, non avevo mai visto zio
Alphard così preoccupato, rimasi per un po’ muto e
assorto, riflettendo sulle sue parole finché, alcuni minuti
più tardi, quando il suo volto severo si aprì in
un’espressione sollevata, recuperai il sorriso
anch’io, vedendo emergere dal buio del corridoio molte
persone, dall’aria festosa. Mi alzai, erano
finalmente tornati, tra i primi ad apparire riconobbi Fear, Kelly,
Emerson che reggevano la lettiga di Rigel, gli altri venivano via via
tutti dietro di loro, io cercavo Meissa e i miei. Deidra, che
avanzava accanto a Fear, non esitò, non guardò
nessuno dei presenti, non prestò attenzione a nessuno, corse
al capezzale di Alshain e chiese preoccupata al Medimago più
vicino come stesse: quello non ebbe il tempo di risponderle,
perché Sherton, pur ancora sdraiato sul suo giaciglio,
sollevò la mano, accarezzò il volto di sua moglie
che si chinò subito su di lui, poi senza curarsi di essere
in pubblico la attirò a sé con delicatezza, e le
stampò un bacio appassionato sulle labbra. Come
molti, preda della stanchezza e della confusione, non mi ero accorto
che Alshain si era leggermente ripreso negli ultimi minuti grazie
sicuramente alla pozione che gli era stata
somministrata. Molti applaudirono, io vidi Deidra con gli
occhi pieni di lacrime di felicità, quando si
staccò appena un po’ da lui, e mi accorsi, come
molti altri tra i presenti, che Alshain le aveva detto qualcosa
all’orecchio: Fear si fece largo, chiedendo alla Strega quali
fossero le parole di Sherton, credendo che i primi pensieri del Signore
di Herrengton dovessero riguardare la Confraternita, ma Deidra,
asciugandosi con le dita una lacrima, commossa, i lunghi capelli rossi
che ormai fluttuavano liberi sulle spalle, sorrise un po’
impacciata e spiegò con voce stentata:
“Nulla d’importante,
Fear, ha solo voglia di scherzare… come sempre…
Mi ha chiesto scusa… mi ha chiesto di perdonarlo…
Certo che ti perdono… ma non farmi più spaventare
così!”
Lei rimase lì, seduta accanto a lui, tenendogli stretta la
mano, in molti ci affollammo attorno al capezzale, mentre i due
cercavano di parlarsi, di rassicurarsi a vicenda, benché i
Medimaghi reclamassero perché Alshain aveva bisogno di pace
e tranquillità. Murchadh Mackendrick, il Medimago
di Alshain, cercò invano di visitarlo di nuovo per
assicurarsi di poterlo finalmente smaterializzare a Doire con il
figlio, così, alla fine, esasperato, ci impose di
allontanarci per svolgere il suo lavoro e non perdere altro
tempo. Mentre tutti indietreggiavamo, Alshain si
schiarì un poco la voce e alzò la mano.
“Tu no, Sirius, e nemmeno tu,
amico mio… ”
Mi voltai e il mio cuore si mise a fare all’istante le
capriole: c’era mio padre poco lontano da me, in mezzo alla
folla che festeggiava la ripresa di Alshain, e teneva tra le braccia
proprio lei, Meissa, la mia Meissa, un po’ stranita e
sofferente, vero, ma sana e salva. Feci per correre loro
incontro, ma papà si era già avvicinato, Meissa
sorrideva a suo padre, e lui le rispondeva con un’aria
commossa, Alshain sembrò recuperare all’istante un
po’ più di energia, soprattutto quando
papà gliela depose vicino, sul “letto” a
portata di mano: Sherton accarezzò il volto di sua figlia,
incredulo, Meissa gli si gettò al collo, in un abbraccio
fatto di lacrime di gioia. Rimasero per un po’
così, muti e stretti l’uno all’altro,
sotto gli sguardi commossi di molti, solo Murchadh Mackendrick sembrava
notevolmente spazientito e voleva metter fine il prima possibile a
quella scenetta, tanto che alla fine, con il suo tossicchiare
indispettito, li fece staccare l’uno dall’altra.
“Che Salazar ti protegga
sempre, Orion Arcturus Black… protegga te e la tua famiglia!
Tu e tuo figlio mi avete reso i figli e con essi la mia
vita…”
“In verità io non
ho…”
Alshain non sembrò nemmeno ascoltare le obiezioni impacciate
di mio padre, allungò la mano verso di me e mi
accarezzò la faccia, gli sorrisi, guardai Meissa, lei
guardò me, intensamente, mi trattenni a stento dal cercare
di baciarli entrambi, anzi mi ritrassi mosso dal pudore. Guardai mio
padre, aspettandomi che almeno in quel momento si avvicinasse a me, mi
mettesse una mano sulla spalla e mi facesse sentire che gli
appartenevo, com’era già successo in altri momenti
quel giorno. Mio padre, però, rimaneva irrigidito
lì, infondo al letto del suo amico, incapace di dire una
parola, di muovere un altro passo, benché fosse chiaro,
almeno per me, che non era chiuso nella sua solita freddezza,
c’era qualcos’altro che non gli riconoscevo: lo
guardai a lungo, mai avevo visto i suoi occhi vividi come in quel
momento, preda di gioia e di una folle, misteriosa disperazione.
*continua*
NdA:
Ringrazio
al solito chi ha letto, seguito, aggiunto, preferito, recensito, ecc
ecc... ringrazio inoltre coloro che hanno votato la ff all’Harry
Potter Final Contest, That Love ha festeggiato i suoi due
anni di vita
con questa bella carrellata di premi
- Miglior FF del 1^ turno
dedicato all’Amore dell’HP Final Contest per la
giuria dello staff;
- Miglior Wip per la
giuria dei lettori;
- Miglior FF Old
Generation;
- Miglior personaggio
originale: Mirzam Sherton;
- Miglior cattivo:
Bellatrix Lestrange;
- Miglior antagonista:
Rodolphus Lestrange;
- Miglior PoV;
- Miglior
scena relativa al tema proposto "Amore": Il Velo e la Rosa
- Miglior
scena romantica: Un tempo per vivere
E ora le note lasciate in giro
(1) "Feccia" inteso come filobabbano, Herrengton non può
essere frequentata da Mezzosangue, ma il fatto che Alastor faccia parte
della scorta di un Ministro Grifondoro e filobabbano lo rende agli
occhi di Orion Traditore del Sangue, e come lui tutti gli altri Aurors
presenti.
(2) Se ricordate, Voldemort parla a Bellatrix della presenza di un
insospettabile nel commando che parteciperà
all’assalto di Herrengton, chi più insospettabile
di un autorevole Auror in pensione?
(3) da "Creature Magiche, dove trovarle:
classificazione Ministeriale XXX. E' un piccolissimo insetto, color blu
brillante, originario dell'Australia. Vola velocissimo agitando
vorticosamente le ali che ha poste sulla testa. Per la sua
rapiditá è molto difficile da individuare e si
nota solo quando infilza con il pungiglione, che provoca vertigini e
levitazione. I Billywig sono molto ricercati perché i loro
pungiglioni essiccati vengono usati in parecchie pozioni e si dice che,
polverizzati, siano un ingrediente delle Api Frizzole.
(4) Mi piaceva l’idea di una specie di corso e ricorso
storico: i Malfoy cercano sempre di imporsi con le minacce e la
violenza, a Sirius viene mostrata (e mostrerà a sua volta in
futuro) la forza dei sentimenti sinceri.
A presto.
Valeria
Scheda
Immagine
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