dr
DESOLATION
ROW
Desolation
Row
Oh
Cinderella, she
seems so easy
“Well, it takes one to know one,” she smiles
And she puts her hands in her back pockets
Oh Bette Davis style
And now but here comes Romeo, moaning
“You Belong to Me I Believe”
And then someone says,”You’re in the wrong place,
my friend
You better leave”
And then the only sound that’s left
After the ambulances go
Is Cinderella sweeping up
On Desolation Row
“Desolation Row”
My Chemical Romance
“Watchmen soundtrack”
Chiunque
si fosse trovato a passare da quei corridoi l’avrebbe
reputata una scena assurdamente comica. Ed in effetti, quelli che si
trovavano davvero nei corridoi in
quel momento –
ma anche quelli che erano nelle aule attorno e sentendo il casino erano
usciti
di corsa a godersi lo spettacolo – stavano ridendo. Sotto i
baffi o
apertamente, tanto i due protagonisti della sceneggiata ed i tre
comprimari che
li seguivano a distanza sembravano troppo presi da se stessi per
badarci
davvero.
-Sei
una gran testa di cazzo!- urlava il più basso dei
cinque al tizio bruno, alto e grosso, che li precedeva a passi pesanti,
distanziato di un paio di metri scarsi.- Porca puttana Eva, Gerard!- lo
apostrofò senza ottenere nulla.- Ti fermi e ne discutiamo
civilmente?! È tutta
la cazzo di notte che ci ignori!
La
donna – l’unica del gruppo e che con gli altri non
c’entrava
assolutamente nulla tanto era diversa nel tuo tailleur formale e con la
sua
aria di distinta professionista quarantenne –
sospirò voltandosi al ragazzo
tatuato che le camminava di fianco scrutando con un misto di odio e
rassegnazione il nano ed il bruno più avanti.
-Brian,
ti prego.- sibilò la donna.- Fa qualcosa! Tutto
questo è mortalmente imbarazzante!
-Credi
che se avessi avuto un minimo di autorità su quei
due, Stacy, saremmo qui oggi?- ringhiò in risposta lui.
La
donna sospirò nuovamente, continuando a seguire i due in questione mentre loro si
allontanavano sempre di più; immaginava che sarebbe stato
totalmente inutile
tentare di far notare loro che erano in Tribunale e bastavano
già il loro
abbigliamento ed i loro modi tutt’altro che eleganti a
richiamare l’attenzione
di chiunque fosse presente per cui si rassegnò a seguirli
nello stesso silenzio
sconfitto dell’uomo che le procedeva di fianco ed in quello
imbarazzato del
gigante biondo che camminava immediatamente dietro.
Il
bruno uscì, superando le porte a vetri in fondo al
corridoio come se la sola idea di restare lì dentro dovesse
ucciderlo, e l’altro
gli andò dietro con la stessa foga. La luce del sole di un
fine marzo
infuocato, l’odore dell’asfalto bruciato, il rumore
del traffico di New York ed
una pioggia di flash li investirono appena misero la testa
all’aperto. Non
badarono a niente di tutto questo. Domande e voci
s’incrociavano sulle loro
teste, ma il bruno guadò la ressa di giornalisti armati di
macchine
fotografiche e registratori facendo forza sulla propria mole e
l’altro gli andò
dietro abbastanza rapidamente da riuscire ad afferrarlo per la manica
del
giubbotto prima che s’infilasse in una delle due auto scure
che li aspettavano
accanto al marciapiede.
-Cosa
cazzo vuoi, Frank?!- reagì il bruno votandosi con
tanta ferocia da creare una bolla di vuoto attorno a loro, mentre i
giornalisti,
per quanto affamati delle loro pelli, si facevano istintivamente
indietro di
qualche passo.
Il
tappetto, però, no. Lui non si mosse affatto e
continuò a sfidare l’altro faccia a faccia,
tenendolo per la manica del
giubbotto così forte da costringerlo a liberarsi con uno
strattone.
-Parlare…!-
provò a dire.
L’altro
neppure lo ascoltò.
-Ma
si può sapere cosa ti aspettavi, eh?!- continuò,
invece, con la stessa rabbia.- Se se qui per sentirti dire
“grazie”, beh,
allora vaffanculo! Nessuno ha chiesto a te o a Bob di mettervi in
mezzo! Anzi!
a dirtela tutta non mi dispiacerebbe affatto se vi faceste un pacco e
mezzo di
cazzi vostri e mi lasciaste un po’ in pace! Ne ho le palle
piene di sentirmi il
vostro fiato sul collo!
-Arrogante,
figlio di puttana!- fu la reazione del più
basso, inferocito.
Il
bruno gli mise le mani addosso praticamente d’istinto,
senza pensarci. I flash scattarono di nuovo ma nessuno dei due ci
badò, il più
grosso spintonò indietro il più piccolo, ma anche
se era quasi il doppio l’altro
resisteva a muso duro ed i due si fronteggiavano in una selva fatta di
commenti
e domande scomode che non ascoltavano affatto.
-Cosa
cazzo credi! Che tutto ti sia dovuto? eh, Gerard?!-
stava accusando il piccoletto.- Se io e Bob siamo intervenuti
è perché siamo
tuoi amici! Credi che fossimo felici quando lei è morta?
Pensi che ci siamo
sentiti bene nel leggere quel fottuto striscione?!
-NON
PARLARNE!- fu il ruggito che il bruno gli scagliò
addosso.
Ed
il mondo intero si zittì come nella scena di un film.
Il
più piccolo si fece indietro. In una resa silenziosa
di cui il bruno approfittò immediatamente,
s’infilò attraverso la portiera
aperta dell’auto ed ordinò all’autista
di muoversi ancor prima di chiudere
fuori tutti gli altri.
Il
tizio tatuato afferrò il piccoletto mentre la macchina
si allontanava e la folla ricominciava a rumoreggiare in una catena
discordante
di domande confuse; lo prese per una spalla, di malagrazia, spingendolo
a forza
dentro la seconda auto su cui salì assieme al gigante biondo
ed alla donna.
Nella
quiete ovattata e dai vetri oscurati della
limousine, Frank si lasciò andare all’indietro
contro il sedile di pelle e
chiuse gli occhi, come se avesse esaurito tutto in colpo le energie.
Adesso
sì che sentiva addosso il peso delle botte, date e
ricevute la sera prima, ed anche quello della notte in cella a
camminare avanti
ed indietro come un animale in gabbia – e
quei cazzo di occhi ostinatamente fissi su qualsiasi cosa non fossero
loro!
– gli pesavano perfino le parole di quel Giudice idiota, che
di loro tre non
sapeva un cazzo ma si era preso comunque il disturbo di fargli la
paternale,
perché la gente come loro
i valori
veri della vita vera non sapeva manco cosa fossero “e
bell’esempio che davano,
poi, ai ragazzi di oggi!”.
Intanto
allo Stato di New York non gliene fregava un
cazzo se loro avevano o meno dei valori, i soldi della cauzione dalla
Universal
li aveva presi lo stesso e tanti saluti!
Che
poi se ne parlava al processo, certo, ma comunque
sapevano tutti e tre che un bel po’ di ore di servizi sociali
non gliele
avrebbe tolte nessuno. E tour sospeso dopo appena due date, visto che
nessuno
di loro poteva lasciare lo Stato.
Muovendosi
impacciato per i muscoli indolenziti, il
chitarrista si sistemò sul sedile dell’auto.
Accanto a lui Brian si stava
lamentando: contro i fan, contro il Giudice, contro Bob e Frank
stesso...ma
sopra ogni cosa si stava lamentando di Gerard. Istintivamente tese
l’orecchio
ascoltando quello che diceva.
-È
completamente partito!- esclamò il manager
spazientito. Stacy provò a rabbonirlo, anche lei
l’avrebbe presa male al posto
di Gerard, ma Brian ormai era partito in quarta e gli altri due ragazzi
sapevano bene che era inutile tentare di fermarlo. E comunque erano
oggettivamente
nella merda, con tutti i soldi che la Universal aveva già
speso per quel tour e
tutti quelli che avrebbe dovuto spendere per spostare tutto a data da
destinarsi. Non l’avrebbero passata liscia.- Completamente
fuori di testa!
Vorrei capire che cazzo gli è passato in quel cervello
bacato! scendere a
picchiare un fan!
-Un
cazzone che gli stava insultando la moglie morta.-
precisò piatto Frank senza muoversi e senza aprire gli occhi.
-Quello che sia,
Frank! – strillò l’altro esasperato.- E
voi due!- aggiunse indicando sia il
chitarrista che il batterista seduto dal lato opposto
dell’auto, accanto alla
donna.- Come diavolo è saltato per testa a
voi di andargli dietro!
Bob
borbottò qualcosa, Frank non lo ascoltò.
Un’urgenza
nuova e pressante si era fatta strada nella testa del più
giovane, scattò in
avanti tanto rapidamente che Brian finì appiccicato alla
portiera mentre lui si
precipitava sull’altro sedile, piombando tra Stacy e Bob e
picchiando contro il
vetro che separava l’abitacolo del guidatore.
-Ha
bisogno di qualcosa, Sig. Iero?- s’informò
l’autista
vagamente sorpreso abbassando il finestrino per potergli parlare.
-Sì.
Portami da Gerard.- ordinò secco.
-Cosa?!-
gridò Brian, mentre anche Bob gli chiedeva se
fosse serio.- Quello ti ammazza se ti rivede davanti a lui prima del
prossimo
secolo, Frank!
-Ah,
ma sta zitto, Brian! - lo apostrofò malamente il
chitarrista, voltandosi a scoccargli un’occhiataccia- Tu non
capisci un cazzo!-
asserì cattedratico, ribadendo poi la propria richiesta
all’uomo che ancora
attendeva di capire dove puntare l’auto.- Casa di Gerard Way,
adesso!
-Frank…-
provò ancora Bob, ma l’autista aveva
già
richiuso il vetro ed invertito il senso di marcia.
Stacy
si spostò vicino a Brian, mormorando qualcosa di
incomprensibile sul fatto che “era troppo vecchia per certe
cose”, lui si scusò
e poi guardò i due musicisti uno accanto all’altro
sul sedile. Frank si era
sistemato di fianco a Bob, piantando lo sguardo fuori dal finestrino
come se lo
scorrere lento del traffico newyorkese fosse lo spettacolo
più interessante del
mondo, sembrava così risoluto che Brian si chiese se per
caso non fosse vero
che non aveva capito un cazzo. Decise di lasciarlo fare a modo suo.
-Devo
andare da lui.- ci tenne comunque a ribadire il
chitarrista.
Bob
sospirò ed annuì, guardando poi il proprio
manager
con un’espressione che lo implorava di chiuderla
lì.
***
Ci
sarebbero stati almeno due ottimi motivi per non
farlo.
Gerard
se li era ripetuti entrambi prima di scendere dal
palco, superare le bodyguard, scavalcare le transenne ed affondare in
una folla
urlante di ragazzini idioti solo per raggiungere lui
e riempirlo dei pugni che si sentiva già sulle nocche delle
mani.
Uno
di quei motivi era il fatto che sarebbe successo un
casino.
Il
casino poi era successo davvero: Frank lo aveva
seguito – perché cazzo
non si decideva ad
uscire dalla sua vita una volta per tutte?! – Bob,
inspiegabilmente, era
andato dietro al più piccolo ed, in definitiva, lo aveva
seguito anche lui. Si
era scatenata una rissa, si erano fatti male in parecchi, e loro tre -
e lui - erano finiti a passare la
notte al
fresco.
I
giornali scandalistici ci avrebbero ricamato su per
mesi: i “My Chemical Romance” come dei veri
teppisti di Belleville! Con lo
spettacolino che lui e Frank avevano offerto davanti al Tribunale ci
sarebbe
stato di che parlare per i secoli a venire. Erano fottuti. La Universal
se li
sarebbe sbranati, tutti e cinque – pure quei due poveracci di
suo fratello e
Ray che, come al solito, con le loro beghe del cazzo non
c’entravano nulla -
alla fine lui e Frank c’erano riusciti davvero a distruggere
la band.
Di
tutta quella storia gli dispiaceva che fossero stati
attenti a mettere lui in una cella
diversa dalla loro. Gli sarebbe piaciuto riprendere il discorso da dove
lo
avevano interrotto quando la polizia li aveva separati.
L’altro
buon motivo era che non ne valeva la pena.
Faceva
un male fottuto dirselo, ma era davvero così. Non
ne valeva la pena proprio per un cazzo.
Gerard
si strofinò gli occhi, tra le mani la tazza di
caffè stava diventando fredda in fretta, lui era stanco
– erano più di
ventiquattro ore che stava sveglio – eppure non aveva voglia
di dormire, né di
farsi una doccia, togliersi quegli abiti puzzolenti di dosso e trovarsi
qualcosa da fare, che fosse pure chiamare suo fratello e rassicurarlo
che era
vivo. Brian ci avrebbe pensato, Brian pensava sempre a tutto e sapeva
bene che
Mikey e Ray non avrebbero perdonato di essere stati costretti a
rimanere senza
notizie dopo che lui aveva preteso restassero fuori da quella storia:
bastavano
tre componenti su cinque nella merda fino al collo, non c’era
bisogno che i due
“puliti” dimostrassero la propria simpatia per i
delinquenti.
E
pensare che quel concerto lo aveva aspettato
spasmodicamente. Cazzo! due sere prima, a Newark, era stato quasi meno
di un “assaggio”,
non gli era bastato! era servito solo ad aumentare la sua fame! Lui voleva
tornare
a cantare, voleva tornare su un palco ad urlare, a gridare, a strillare
tutto
quel dolore che sentiva dentro e che non poteva esprimere in nessun
modo!
Da
lì sotto nessuno gli chiedeva perché urlasse, da
lì
sotto non venivano domande perché era come se lui e quella
marea di teste che
si agitavano avessero le stesse identiche domande da fare e le stesse
risposte
da darsi!
Era
quello ciò di cui aveva bisogno.
Lo
avevano capito anche Mikey, Ray e Bob quando avevano
detto a Brian che erano a posto, che potevano – dovevano – ricominciare. E
‘fanculo se lì per lì Gerard urlava e
sbatteva le porte in faccia alla gente e Frank lo mandava al diavolo
nei
corridoi degli Studi! Loro tre sapevano che ce l’avrebbero
fatta, anche perché dovevano
farcela. Lui non poteva
continuare a tenersi tutto dentro e se quello era l’unico
modo che avevano per
aiutarlo, lo avrebbero usato.
Beh,
quella sera Gerard si sentiva da dio su quel palco.
New York! ai loro piedi. New York che li aveva aspettati e voluti ed
ora li
osannava. Come diamine avrebbe potuto sentirsi se non da dio? Le note
di “Desolation
Row” erano appena partite in un crescendo lento che lui
amava: quella canzone
era stata l’inizio, per lui. Il cambiamento era partito da
lì e quello stile arrabbiato e
cattivo, che era stata una
scelta presa quasi per gioco quando avevano arrangiato
“Desolation”, era
diventata un’esigenza nuova che aveva finito per influenzare
tutto il disco.
Loro ci avevano messo dentro tanto, tutti quanti: lui la sua rabbia per
il
tradimento di Lindsay e poi per la sua morte; Frank l’odio
che covava contro di
lui perché era l’unico mezzo che aveva per
difendersi; Mikey, Ray e Bob la
rabbia che provavano nel vedere il loro sogno, realizzato, spaccarsi
sotto i
colpi che lui e Frank assestavano con metodo e precisione, litigandosi
una
leadership che formalmente Gerard deteneva, ma nei fatti era
sicuramente del
più giovane dei due. Con quello spirito i ragazzi suonavano
“Desolation” e con
lo stesso spirito lui la cantava, recitava i versi sul palco ad uso e
consumo
di un pubblico di cui in realtà si accorgeva solo di sbieco.
Ognuno di loro,
singolarmente, al partire del proprio “ruolo” aveva
dimenticato quello degli
altri, suonavano e cantavano per se stessi ed i My Chemical Romance
smettevano
di essere una band di cinque elementi e diventavano cinque
unità distinte,
chiuse in un assolo disperato.
Ma
non importava. Perlomeno a Gerard non interessava
davvero chiedersi il perché fosse lassù
– una
volta era una risposta che sarebbe stato in grado di dare ad occhi
chiusi,
svegliato nel cuore della notte – tutto quello che
gli serviva erano le
note nelle vene ed il dolore alla gola se sforzava la voce sentendo
quel groppo
fastidioso che sapeva troppo di rabbia trattenuta.
Poi,
però, aveva abbassato gli occhi e nella marea
indistinta delle teste che si muovevano a tempo con la sua aveva visto
quel
sorriso. Il sorriso prima dello striscione. Il sorriso
perché era malato e
sbagliato e lui ancora non ne capiva la ragione, aveva dovuto per forza
accorgersi dello striscione per capirla.
“Ora
che la
puttana è morta, i My Chemical Romance possono risorgere
dalle sue ceneri!”
Gerard
si era detto che c’erano almeno due ottimi motivi
per ignorare quella provocazione.
Se
li era ripetuti entrambi: la Universal avrebbe
sbranato ciò che restava di loro dopo il casino che ne
sarebbe venuto su. E
poi, comunque, non ne valeva affatto la pena.
Nonostante
questo, Gerard era sceso dal palco, aveva
superato le bodyguard che provavano a fermarlo ed aveva scavalcato le
transenne.
In
quel momento tutto ciò che voleva era scaricarli in
faccia all’idiota, quei dannatissimi pugni che si sentiva
sulle nocche!
All’indomani
del ritrovamento del cadavere di Lindsay – si
era ammazzata nel bagno di casa loro.
Overdose. Era morta nella vasca, l’acqua era fredda quanto il
cadavere quando
Gerard l’aveva trovata – Brian gli aveva
suggerito una soluzione semplice e
rapida per fugare qualsiasi dubbio: un test di paternità sul
feto che Linz
aveva ammazzato insieme a se stessa. Gerard gli aveva risposto che non
ne
vedeva l’utilità, di chiunque fosse quel figlio,
ora come ora lui era l’unico
ad essersela presa a quel posto e tanto bastava.
Era
sufficientemente sincero, quantomeno nel non voler
dare una risposta ai propri dubbi.
Quando
Lindsay gli aveva annunciato di essere rimasta
incinta, Gerard aveva già scoperto della relazione tra lei e
Jimmy da un po’,
ed era un po’ anche che programmava di piantarla, rinviando
per i motivi più
stupidi. Il suo dirgli del bambino, con quell’aria felice e
serena di mammina
già fatta e finita, gli aveva fatto saltare i nervi ed
insieme gli aveva reso
chiaro che no, non poteva davvero lasciarla.
Del
resto sapeva che, se la storia tra loro aveva smesso
di funzionare già un mese dopo il matrimonio, la colpa era
principalmente sua.
Aveva sposato Lin-z per i motivi più sbagliati del mondo,
non se li era nemmeno
raccontati e, di sicuro, non li aveva mai detti a lei. Ma Lynz non era
una
cretina e non le ci era voluto molto per accorgersi che il loro
rapporto era
tutto sbagliato, nato sbagliato e tenuto in vita per
un’ostinazione infantile
di Gerard. Lui non riusciva ad ammettere con se stesso il proprio
errore e,
quindi, non era disposto nemmeno a mettere una pietra su quella farsa
che era
diventata il loro matrimonio.
Che
poi, “diventata”…Ad essere onesti era
stata una farsa
già nel suo nascere! se ci ripensava Gerard scoppiava a
ridere da solo.
In
ogni caso, che il bambino fosse suo o di Jimmy, Gerard
aveva preferito tenersi l’uno e l’altra - la madre
- e fingere che fosse tutto
perfettamente in ordine anche se non lo era affatto.
I
problemi veri all’interno della band erano nati allora;
anche perché la scoperta del tradimento e
l’annuncio della gravidanza di
Lindsay avevano coinciso con l’inizio delle registrazioni per
l’album nuovo.
Gerard si era ritrovato a dover dividere nuovamente gli stessi spazi
vitali con
Frank dopo che per mesi l’unico passatempo di
quest’ultimo era stato buttare
merda su di lui e su tutti i My Chemical Romance, nascondendo dietro
quell’odio
feroce la verità della loro amicizia bruciata. Nessuno di
loro due era davvero
disposto a concedere niente all’altro, Gerard
perché sentiva di non potersi
fidare di nessuno dopo aver perso in un colpo le due persone che
reputava più
importanti nella propria vita, Frank perché se avesse
concesso un solo metro
sarebbe morto e, se doveva uccidere per sopravvivere, lo avrebbe fatto
senza rimpianti.
Gli altri tre avevano sopportato in un silenzio preoccupato,
parteggiando per
Gerard in modo più o meno velato solo perché lo
consideravano – a ragione – l’elemento
più debole tra loro. Frank non glielo perdonava.
Poi
Lynz era morta.
Per
la precisione si era ammazzata. Non nel senso di
suicidata, no, ma per Gerard – che per quella merda ci era
passato e ne era
uscito – farsi equivaleva
ad un
suicidio e se solo lo avesse saputo che lei si bucava, avrebbe cercato
in tutti
i modi di tirarla fuori da quello schifo. Anche perché
così aveva ammazzato
pure il bambino ed anche se non fosse stato suo – cazzo, Brian, non m’interessa saperlo!
– quella povera creatura non
se lo meritava proprio di morire a quel modo.
Beh,
comunque Lynz era morta. Alla vigilia dell’uscita
dell’album, per giunta. Le ultime tre canzoni da definire, le
date del tour già
studiate a tavolino, il lancio promozionale, le serate ad MTV, il
concerto di
presentazione… Brian aveva guardato la faccia di Gerard
mentre sedeva nella
sala d’aspetto dell’ospedale, poi quelle di Bob,
Ray e Mikey tutti attorno a
lui, ed aveva capito che poteva dire addio a questo disco. Almeno per
il
momento.
Il
campanello di casa doveva stare suonando già da un
po’.
In
realtà Gerard lo aveva anche sentito, solo che aveva
sperato che, chiunque fosse, si sarebbe arreso nel vedere che lui non
andava ad
aprire. Alla fine sospirò, lo scampanellio si era fatto
più insistente invece
di diminuire ed il qualcuno sulla soglia batteva pugni contro la porta
nemmeno
intendesse buttarla giù. Si alzò, lasciando
lì la tazza e camminando lento e
stanco lungo il corridoio buio: non apriva le finestre di casa da
settimane,
ormai, quando venivano a fare le pulizie si raccomandava di richiuderle
tutte
appena finito. Allungò una mano verso la serratura interna
facendola scattare,
ruotò il pomello ed aprì.
-Sei
una testa di cazzo.- lo accolse Frank, aria truce e
sguardo fosco.
Ma
Gerard lo conosceva comunque troppo
bene per non accorgersi di quanto fosse
preoccupato.
Nota
di fine capitolo
della Nai:
In
questo caso sono
doverose un certo numero di “spiegazioni”.
Ho
iniziato a
scrivere questa storia moltissimo tempo fa, per la precisazione
nell’estate del
2009 ed all’indomani dei “fattacci” che
tutti i fan dei MyChem conoscono.
Allora
provai ad
ipotizzare l’evolversi della situazione a seguito del
matrimonio di Gerard,
dell’annuncio della gravidanza di Lin-z ecc. ecc. Se ci fosse
stato un nuovo
album - mi dicevo - niente sarebbe potuto essere più come
prima.
Adesso
un nuovo album
c’è. Confesso di non essere riuscita, ancora, da
inquadrare esattamente “il
cambiamento” del gruppo - anche se è evidente che
anche quello ci sia stato -
ma sono quasi certa che, nell’attuale assetto di cose,
“Desolation Row” si
configuri come un AU fortemente OOC.
Per
motivi
sentimentali intendo comunque portarla avanti, premettendo che, ad
oggi, non è
ancora conclusa ma è un lavoro che mi piace abbastanza da
volerlo terminare.
Spero
che potrà
incontrare anche il vostro positivo giudizio, nonostante sia una libera
interpretazione di “quello che sarebbe potuto essere, ma non
è stato”.
Grazie
in anticipo a
coloro che, sulla semplice “fiducia”, mi hanno
confermato il proprio affetto
^_^
MEM
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