Caleidoscopio divino
Venne il giorno in cui l'ultimo dio
scese sulla terra per sostituire il dio precedente e prendere
possesso del suo regno. Grande fu il suo stupore quando emerse dal
mare! Mirabili cose vide intorno a se: le onde che lo avevano
partorito si estendevano infinite fino a lambire le coste del cielo,
e lì il blu e l'azzurro si toccavano per delimitare il mondo.
La terra era calda sotto i suoi piedi, e lui stesso era scaldato dal
magnifico sole,, lucente orologio del mondo. Davanti a lui la chiara
sabbia cedeva al verde e lui, preso dal desiderio di immergervisi,
avanzò a passi sicuri. Davvero un bel regno gli toccava, in
cui la natura era stata così generosa: nella boscaglia trovava
ogni sorta di colore, il rosso dei fiori e dei frutti, il viola il
giallo e il verde delle bestie del cielo, i colori scuri e profondi
delle bestie di terra.
Scorreva l'acqua, tra il fogliame, e
il dio decise di fare del letto del torrente il suo nuovo itinerario.
Risalì il rivoletto per un tratto meravigliandosi del suo
regno quando – oh, meraviglia ancora maggiore – scorse
nell'acqua un colore nuovo, come non ne aveva ancora visti: rosso, ma
un rosso molto più acceso di quello dei fiori e dei frutti, e
il sole sembrava specchiarvisi dentro, e nulla che aveva già
visto lo aveva stupito così tanto. Eppure non era una pietra,
nemmeno una pianta o un frutto, tanto meno una bestia i cielo o di
terra. Salendo ancora trovava altre cose magnifiche: cose trasparenti
come l'acqua e l'aria, ma solide come la pietra; cose d'aspetto
rigido come i fusti degli alberi ma flessibili e gentili al tatto;
cose bizzarre di ogni colore e ognuna doveva collocarsi da qualche
parte nell'ordine cosmico, ma il dio proprio non lo capiva.
Semplicemente andava salendo il pendio camminando nell'acqua,
raccogliendo quelle meraviglie e, dopo averle osservate e dopo averne
saggiato ogni caratteristica, le riponeva ammirato al loro posto, per
non turbare quell'ordine che non capiva.
Finalmente arrivò ad uno
stagno circondato da frondose colline. La vegetazione era intricata
in quelle cose, che ora erano dovunque: sul fondo, sulla superficie,
incastrate nei rami. Nell'ambiente paludoso quei colori risaltavano
ancora di più, sembrava che non fossero originari di quel
luogo.
-Sei arrivato, alla fine-.
Una voce l'aveva sorpreso dalla
sponda opposta dello stagno: il vecchio dio, quello che aveva regnato
sul mondo fino a quel momento, era venuto ad accoglierlo.
-Si, sono arrivato. Spero che mi
istruirai su ogni cosa-.
-Lo farò, come il dio prima di
me fece con me e il dio prima di lui fece con lui. Così da
molto tempo-.
-Così già mi insegni
una cosa: che il mondo ha molti anni e che molti furono gli dei
passati. Ma io ho una domanda. Cosa sono queste meraviglie di cui non
intuisco il senso, ma che sono dovunque?-
-Sappi- rispose il vecchio dio -che
questo tuo regno un tempo aveva dei sudditi, ma parliamo di molte ere
indietro nel tempo. Quelli che vedi sono i loro manufatti e venendo
con me, quando ti farò vedere il mondo, apprenderai e capirai
ogni cosa di quello che rimane di loro-.
-Mi stupisco davvero, sapendo che vi
furono popoli capaci di superare la natura nella foggia di cose
mirabili-.
-Mi stupii anche io all'inizio e
dubitai. Quello che sappiamo lo abbiamo appreso solo dai nostri avi
né abbiamo altre possibilità, poiché l'ultimo
dio che abbia avuto degli adoratori è ormai lontano nel
ricordo. Eppure col tempo mi sono reso conto che non ha senso
dubitare della parola di chi è venuto prima, perché
essa dà modo di spiegare ogni cosa di questo mondo-.
-Dunque io verrò con te, e tu
insegnami. Cercherò di non dubitare-.
Fu così che andarono per il
mondo, e l'ultimo dio ebbe grande stupore nello scoprire che ciò
che aveva visto fin'ora del vecchio popolo erano soltanto i rifiuti e
che meraviglie e cose mirabili ancora maggiori lo attendevano.
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