7. Prima del buio, la luce
Ogni passo meno convinta. Ogni passo la schiena più curva.
'Ma che sto facendo?' - andava chiedendosi Aria, mentre, più
si avvicinava all'entrata del campus, più realizzava che
tutto il suo piano era privo di senso.
“Meno pare, più fatti.”
Aria non sembrò calcolare il dire di Hera, e
continuò ad avanzare sembrando farsi ad ogni metro
più piccola – neanche volesse sprofondare
direttamente nel terreno.
“Dovevi fermarmi prima, Hera.” mormorò,
sempre rinchiusa nella sua tana immaginaria per cui un ragazzo
dall'aspetto più che notevole le camminava al fianco, le
mani dietro la nuca.
“Perché? Eri convinta.”
“E' un'idea idiota.”
“Io ti ho solo detto che non eri pronta, non che
l'idea era idiota.”
“Non mi interessa cosa hai detto! Lo sai – lo sai
perfettamente che è un'idea idiota, scema, insensata e
sovrastimata!” sbottò lei, fermandosi a serrare i
pugni lungo i fianchi.
Dovette ricollegare a forza il cervello con il mondo reale, per poter
assicurarsi che in verità stava ancora camminando con ritmo
invariato.
Sbuffò.
“E allora cosa vuoi fare?” domandò Hera,
retorico.
“Niente!”
Lui roteò gli occhi, schioccando la lingua sul palato.
“Torna indietro, allora – chi se ne frega. Basta
che ti decidi e fai qualcosa, piccola.”
“Non è quello il punto!”
“E qual'è il punto?”
“Il punto è che è una cosa stupida! Non
la cosa in sé, ma come la sto prendendo – dio,
neanche avessi tredici anni! Quando imparerò a pesare i
consigli di Manuel, diamine? E' così ovvio che non hanno
senso!”
“Seh, seh – tu intanto stai continuando a camminare
verso il college di Lucas, ti faccio notare.”
Aria si fermò.
Per davvero, questa volta.
Guardando in basso, prese un paio di respiri.
Sei infantile, Aria. Sei infantile. Non sai valutare le situazioni. Non
sai comportarti in modo furbo. Non sai comportarti e basta –
sembri una di quelle diciassettenni tette e culo dei telefilm, che
vivono per andare a uomini e non hanno un briciolo di testa, ne' etica,
ne' tanto meno valori di qualsiasi tipo. Aspettano il principe azzurro,
vogliono una villa e tanti bei bambini.
Ecco a cosa ti sei ridotta.
Una figura vuota. Un niente. Anche una puttana ha più
sostanza di te. Anzi, ne ha bidonate di più. Anche una
soubrette, ecco, anche una soubrette ha più carattere di te.
Insulti puttane e soubrette, adesso.
E dire che alcune di loro sono studentesse universitarie – ti
dimentichi sempre di Pretty Woman, Aria?
Stupida Aria. Stupida.
“Quando hai finito col monologo, fai un fischio.”
La ragazza portò lo sguardo, concentrato nell'insultarsi ed
odiarsi, su Hera – che sembrava osservarla con un certo astio.
“Bhe? Ti sei incazzato? Di nuovo?”
domandò, scocciata. “Che ho fatto,
adesso?”
Il ragazzo non rispose. Dopo qualche istante di immobilità,
sbuffò, portando lo sguardo al celo grigiastro. Aria lo vide
avvicinarsi a lei, e per un attimo ebbe l'impulso di indietreggiare.
“Ora mi eviti?”
Lei corrugò ancora di più le sopracciglia:
“No – che stai facendo?”
domandò, quando quello infilò la mano nella tasca
della giacca. Aria lo scrutò perplessa mentre estraeva il
lettore mp3 e le metteva le cuffie nelle orecchie.
“Bhe?”
Hera trafficò un po', per poi darle l'oggetto in mano e
premere Play.
Enorme punto di domanda.
You're so bad you're so bad
you're so
Sopracciglia che convergono verso l'alto.
You're so bad you're
so bad
“EH?” domandò, stranita.
You think you're in love
Like it's a real sure
thing
“Mi prendi in giro, Hera?”
But every time you fall
You get your ass in a
sling
Aria osservava sgomenta ed incredula Hera in una (strepitosamente ben
riuscita) coreografia da palcoscenico, intento a cantare –
roba da far invidiare Steven Tyler, sì, il vero proprietario
della voce che sentiva Aria.
“Ok – Senti, oh, cazzo, Hera, PIANTALA!”
You used to be strong
But now it's ooh baby
please
'Cause falling in love
is so hard on the knees
“Perché? Non ti bastava essere il mio amichetto
immaginario – no, dovevi anche CANTARE! Hera! Smettila! Non
è divertente, sono già fuori di testa di mio,
questo è eccessivo!”
Che bello essere ignorati.
You're so bad you're
so bad you're so
You're so bad you're so
bad
Lei quella canzone la conosceva un po' troppo bene – e se
Hera avesse continuato, avrebbe davvero finito per fare violenza sul
suo personaggio.
Hera attaccò, uscendo dal ritornello, rivolgendosi ad Aria
mentre mimava o cantava o chissàdiocosafaceva: “We was making love when you told
me that you loved me – I thought ol' cupid he was taking aim
– I was believer when you told me that you loved me
– And then you called me someone else's name – YEHA”
Alla ragazza sembrava seriamente che stesse parlando con
lei, tanto che gli saltò su, adirata:
“Oddio! Piantala! Non è vero!”
“Non è vero?” Chiese quello, mentre
l'mp3 ripeteva il ritornello “E tu che ne sai?”
“Tu sei fuori, Hera! Fuori come un balcone!”
“No, bimba, tu
sei fuori, ti ricordo –
Chip off the old block –Man you're so much like your
sister –My fantasize it must be out of
luck – My old libido has been blowing a
transistor –I feel like I have been hit by a fuck
– YEAH ”
Aria, isterica, non sapeva nemmeno più se ridere o piangere.
La scena era troppo surreale. OK, era surreale a rigor di fatto, ma
c'era modo e maniera di trascendere la realtà:
così, davvero, si esagerava. Hera camminava all'indietro,
costringendola ad avanzare tirandola per il braccio – non che
lei opponesse resistenza.
Perché aveva messo quella canzone?
Che poi aveva messo su lei
– di nuovo, perché?
A caso?
E Hera faceva il pagliaccio a caso? O c'era un motivo?
E che ne sapeva, lei? Mica era psicologa. Forse è giunto il
momento di andare in analisi – pensò Aria,
osservando Hera maltrattare una chitarra talmente finta che nemmeno la
sua immaginazione si era degnata di raffigurargliela in mano.
“E sorridi, diamine!”
Aria corrugò per l'ennesima volta la fronte: le sue
sopracciglia stavano assumendo via via tutte le configurazioni
possibili: fastidio, sorpresa, sconcerto, rabbia,
perplessità – e via dicendo. Al momento era
più che perplessa, e scrutava il ragazzo senza capire nulla.
“Mi fai questa pantomima per farmi sorridere?”
domandò, basita.
“What are you
looking for – It's got to be hard core – Must be
some kind of nouveau riche –Is this your only chance
– Or some hypnotic trance –Let's get you
on a tighter leash! Own it, own it, own it!”
“Basta!”
“Ma sei ancora a cercare significati profondi in quello che
faccio? Vai dallo strizzacervelli, no?”
“Ci stavo giusto pensando!”
“Lo so – pessima idea, comunque. Sometimes I'm good but when I'm
bad –I'm even better – Don't give me no
lip – I've got enough of my own – There
ain't gonna be no more beggin' you please ”
“Hera, ti prego, smettila!”
“–
I'm major in love –But in all minor keys –'Cause
falling in love is so hard on the knees! Ha! Ti ho vista,
stavi ridendo!”
“No!” negò l'evidenza Aria. Che stava
ringraziando dèi casuali per il fatto che la canzone fosse
finita: si tolse le cuffie e spense il lettore con una foga quasi
furiosa.
Anche perché Aria odiava quando cercavano di farla ridere
senza che lei ne avesse la più lontana voglia. Si sentiva
violentata – come aveva spiegato da sempre a Manuel.
“Sei una persona curiosa, piccola, eh. Potevi togliertele
prima, le cuffie.”
“Ti odio.”
“Dai, che ti sei divertita.” fece lui, sorridendo
beota. “Tanto lo so – e poi io che canto sono
la cosa più Fiqa che esista al mondo, quindi non
è pensabile che la performance ti sia stata
sgradita.”
Aria sfiatò, arresa.
“Come vuoi, Hera.”
“Che carina – fa l'assertiva, adesso.”
“Mph.”
E fra una scena assurda e l'altra, era finita dentro al campus senza
rendersene conto. Storse le labbra, guardandosi attorno per ambientarsi.
Alla fine aveva deciso di andare fino in fondo.
Forse.
O forse no.
“Piantala di cercare i significati, Aria. Stai cercando nel
posto sbagliato.”
“Grrrrazie.”
“Sul serio, sprechi neuroni e basta. E non è che
ne hai molti, uh.”
“Sempre dolcissimo, lui.”
“Niente auto-psicanalisi, piccola. Promettere.”
“Promettere?”
“Sì – ci stai provando da ieri
pomeriggio. Se fossi capace di farlo, credo che non sarei
qui.”
“Promesso...” rispose, affatto convinta delle
parole dell'altro.
***
Se ne stava seduta su di una panchina, le mani avvolte sul bicchiere di
cartone fumante, lo sguardo basso, ma non troppo. In grembo, libretti e
librettini, opuscoli e volantini vari che presentavano le varie
facoltà.
Che alibi.
'Non cercarlo', aveva detto Manuel.
Che idea Stupida.
Come diavolo fai a trovare una matricola fra migliaia e migliaia di
studenti se non ti metti nemmeno
a cercarla? Preghi la divina provvidenza?
Stupido Manuel.
Non ha un filo di senso pratico.
“Palle.”
“Ma è vero, dai: guarda. Come faccio a trovare
Lucas?”
Hera, stravaccato accanto a lei con i gomiti sullo schienale metallico,
sputò fumo verso l'alto.
“Penso che 'non cercarlo' non significasse 'aspetta che
compaia dal nulla', ma 'non farti sgamare in modo evidente'. ”
Aria sbuffò, andando a bere qualche sorso di
caffè.
“Tanto non so nemmeno da dove iniziare. Non so, a volte mi
sembra che Manuel davvero non abbia la concezione della
realtà: era evidente che dovevamo venire qui assieme
– così non ha senso.”
“Potevi pensarci prima e dirglielo.
Tanto lo sai che è anche colpa tua se il piano fa
schifo.”
Aria sbuffò.
Che giornata delirante. Passata a saltellare da una segreteria
all'altra – fra alloggi e biblioteche, laboratori e via
dicendo – con lo sguardo perennemente vigile e attento: ma,
ovviamente, di Lucas nessuna traccia.
“Lascio perdere, che è meglio.”
“Continui a raccontarti palle e non mantenere uno straccio di
promessa. Sei di un'incoerenza sconcertante.”
“Grazie.”
“Sai da dove iniziare: fa ingegneria –
facoltà di ingegneria: easy, baby.”
“Questo significherebbe cercarlo.”
“Sì, Donna Ovvietà. Cercalo. E' quello
che ti sto dicendo da due ore.”
“Ah, sì?”
“Eh,
sì.”
“Tramite quale assurda metafora, di grazia?”
Hera storse le labbra, sullo scocciato andante.
“Sono io quello sarcastico, ti ricordo.”
“Scusa se ti ho usurpato il trono, piccolo.”
concluse, tagliente, alzandosi in piedi: in una mano il
caffè, nell'altra i depliant. “Si ricomincia a
litigare?”
“Come preferisci, piccola.”
“Va bene. Ingegneria. Andiamo ad ingegneria.”
Dichiarò così la resa, incamminandosi.
Il campus era carino, doveva ammetterlo. Molto pittoresco –
ma anche la sua accademia era pittoresca, quindi la cosa non la stupiva
troppo. L'aria che si respirava, nonostante il tempo, era frizzante.
Viva, quasi eccessivamente per essere un'università
– e sì che era risaputo che certi posti, fra
confraternite e stupidate varie, erano più un luogo di
cazzeggio per digli di papà che posti in cui si studia. Si
strinse nelle spalle, scuotendo il capo in lontano segno di
disapprovazione.
Forza, Aria.
Resisti.
E vai fino in fondo.
Ma fino in fondo dove?
“Ohi.”
Ohi?
“Ciao!”
'Ciao', aveva detto.
Ciao.
Chiamiamola divina
provvidenza. Karma. Equilibrio universale.
Sfiga.
Culo?
O puro caso.
Aria si volse come un gatto verso quella voce che ricordava sin troppo
bene. Scrutò la figura possente, dai capelli scuri e
sorprendentemente corti: sul volto albergava sorpresa. Viva sorpresa.
Allegra sorpresa.
Allegra sorpresa?
Aria inclinò il capo, concedendosi mezzo secondo per
studiare il ragazzo che non vedeva da tempo.
Lucas non era cambiato.
Però era diverso.
In cosa?
“Ciao.” rispose, senza pensare.
“Cosa fai qui?”
E non era un tono inquisitore, no.
Aria rispose con una naturalezza che sorprese lei per prima:
levò i depliant all'altezza del volto, di modo da farli
vedere all'altro: “Sorella che progetta fughe ad ovest. E il
college è un'ottima scusa – almeno per le
madri.”
Uno stiletto al posto della lingua. Sottilissima provocazione.
Non voluta, si rese conto.
E non colta: Lucas parve ignorare qualsiasi significato recondito.
“Ah.” Si limitò a dire, con un
vaghissimo sorriso spurgante idiozia.
Aria non si ricordava che quando Lucas sorrideva in quel modo le sue labbra
fossero così fastidiosamente appiattite sui denti.
Il ragazzo rimase ad osservarla, cercando di nascondere il disagio che la
situazione di circostanza doveva provocare in tutti e due.
“Bhe, mi aspettano in sala studio.” fece infine il
ragazzo, non troppo convinto. “... Ciao.”
“Ciao.”
E quello le voltò le spalle.
Aria non sfiatò: non aveva niente da sfiatare. Non era tesa.
No. Nemmeno a disagio. Anzi. Era piuttosto apatica. Del tutto
indifferente.
Era di nuovo stata colta talmente di sorpresa da non rendersi nemmeno
conto della situazione?
No, no. Più cercava di focalizzare, più
continuava a sentirsi indifferente.
Che cosa meravigliosa, l'indifferenza.
Oh, merda.
“Lucas!” lo chiamò, prima che quello
potesse girare definitivamente l'angolo.
Lucas si volse verso di lei – in un movimento strano. Aria
sentì il suo sguardo addosso, le sopracciglia alte:
“Sì?”
Oh.
Aria la vide. Laggiù: una lontana speranza. Che senso aveva?
“Oh, di sensi ne ha molti,
piccola. Li vedi tutti subito: come si è girato, come ti sta
scrutando. Persino il passo con cui si è allontanato: era
lento. Quasi troppo, non trovi?”
“E' fortemente incasinato
anche lui, eh?”
“Direi.”
“Manuel ti manda questa.” fece la ragazza, cercando
nella tasca la microSD per poi porgergliela. “Ovviamente
è troppo pigro e deneuronato per portartela da
sé.”
Le sopracciglia di Lucas scesero lievemente, grevi.
“Guardala. Delusione. Cazzo,
poi ti lamenti di Manuel: è stato un genio. Il trucco della
schedina da tornare è geniale.”
“Mio dio. Si aspettava davvero
qualcosa da me.”
“Già.”
“Grazie.”
Lucas prese la schedina, soppesandola – neanche fosse una
cosa di valore. Ma, evidentemente, qualcosa significava. Forse, per
quel momento, per quella situazione, fosse un sasso o una schedina o un
lingotto d'oro, non era affatto importante: importava che Aria glielo
avesse dato.
Ops.
“Forse, fuori dal bar, mesi
fa... Non è stato facile, per lui.”
Lucas levò lo sguardo, mettendo a fuoco in lontananza.
“Vabè. Ciao.” tagliò la ragaza.
“Aria...”
“Ss, ciao. Ciao.” Lucas sorrise – ma
non era, chiaramente, un sorriso rivolto a lei.
“Voltati.”
Aria si voltò.
Hera intento a cantare 'Falling in love is so hard on the knees' lungo
la strada sembrò improvvisamente una scena molto meno
surreale di quanto Aria avesse giudicato all'inizio.
E sì che questa – questa qui, che si concretizzava
in questo preciso momento – se l'era aspettata.
Però Aria continuava a reagire nel modo che non aveva
previsto.
“Ciao!” Aria salutò, serena –
troppo serena –, la ragazza di Lucas.
Quella la osservò prima perplessa, poi mimando un sorriso
che cercava di censurare un fortissimo astio.
Aria la scrutò senza cambiare espressione, mentre nella sua
testa i pensieri frullavano, insorgendole rapidi come saette e
iniziando a demolire, nanosecondo dopo nanosecondo, il mondo di
vittimismo che si era costruita addosso negli ultimi mesi.
E se.
Iniziò a pensare Aria.
E se.
E se.
E se.
Hera le prese la mano.
Non erano quei due, là fuori, quelli da affrontare.
Non ancora.
Il problema era dentro.
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NDA
Bhe, lo sappiamo che la mia produttività funziona a
pacchetti – sono quantizzata, io.
OK, sto delirando.
Bene, bene, pronti a entrare nel trip vero?
Perchè se sino ad ora vi sembrava delirio, non avete visto
niente.
Aria è una persona contorta. Mostruosamente contorta.
Spero apprezzerete. Il caos inizia adesso.
E spero che Non capirete dove voglio andare a parare. Occhio che
potrebbe essere deludente X°D che non lo capiate non significa
che sia figo xD
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