Note: il seguente scritto contiene
riferimenti slash.
Eccomi di ritorno, con una terza storia. ^^
(Ve lo confesso, ci sto prendendo gusto e le bozze crescono!
*O* ma quei due sono ammmorehhh!)
Vorrei dedicare la fic alle persone che hanno recensito la precedente‘Hands’.
E’ l’unico modo che conosco per
ringraziarvi dei commenti fatti.
Ancora una volta, sono rimasta
commossa dal vostro entusiasmo e spero di non deludervi con questa.
A Little Fanny, Tao, Orchidea Rosa, Slayer87, Lyla_sly, miticabenny, Faust_Lee_Gahan, Yuki Eiri Sensei,
Will91, Madame Butterfly, Arwen Woodbane,
zoisite e Miyu Orwell.
Grazie.
A.A.A. (Freudian Chip)
by elyxyz
John rientrò a casa con le buste traboccanti di spesa.
Arrancò, lentamente, fino al secondo piano dove Sherlock, che stava scrutando qualcosa di vitale nel microscopio, non
si deconcentrò, neppure per salutarlo.
“Buonasera!” esclamò allora lui.
“Mi serve urgentemente un donatore di seme.” Gli rispose
Holmes, borbottando tra sé.
Dopo un istante di lecita sorpresa, il dottor Watson sorrise ironico.
“Mi sento lusingato che tu abbia pensato a me, ma dubito che
sarò mai il padre dei tuoi figli, Sherlock, o tu la madre dei miei!” scherzò. “Perciò metti a tacere il tuo orologio
biologico e ceniamo.”
“No. Mi serve un donatore di sperma. Ora.”
“Co-cosa?!” balbettò l’ex militare sconcertato.
“Sperma, John. Adesso.”
Ripeté Holmes, seccato. “Hai per caso problemi d’udito?”
“Ma-ma...”
“Mi correggo. E’ quasi certamente un problema di balbuzie...” considerò, incrociando il suo sguardo, facendolo
avvampare. “Ma mi serve un tuo campione.”
“Oh, Gesù! Sei forse impazzito?!”
“Questa domanda è sciocca e superflua, amico mio. La pazzia
condivide un confine troppo labile con la genialità: chi può dire cosa sia
l’una o l’altra?”
Watson lo scrutò, allucinato.
“Forza, su.” Lo incitò l’altro, impaziente ed euforico.
“Devo portare a termine il mio esperimento… e tu sei il soggetto più prossimo.”
“Ma vai… vai a chiederlo alla Banca
del Seme!” si inalberò, gesticolando imbarazzato. “O… oppure a qualcun altro!”
In quel mentre, la loro affittuaria accese l’aspirapolvere
al piano di sotto, canticchiando.
“Dubito che Mrs. Hudson possa contribuire.” Gli rese noto il
consulente investigativo. Cosa per lui
ovvia, ma a quanto pareva non per John.
“No! Io non- usa il tuo!”
Sherlock roteò gli occhi, annoiato.
“Già fatto. Mi serve un campione diverso.”
E fu allora che John lasciò cadere, per disperazione, lo
sguardo sulla tavola: su una tazza di the intonsa e irrimediabilmente fredda,
sul bricchetto di latte immacolato lì accanto, su un piattino con dei biscotti mangiucchiati,
e su mezza dozzina di recipienti sterili da laboratorio. E inorridì.
Ma la verità era una, e una sola: non sarebbe mai riuscito a
dire di no, un vero no, a (una qualsiasi
delle pazzie di) Sherlock Holmes.
In quel preciso istante, l’oggetto dei suoi pensieri aveva
indossato un paio di guanti in lattice e, facendoli schioccare rumorosamente, stava
avanzando verso di lui.
“N-no…” indietreggiò Watson, per
sfuggirgli.
“Oh, avanti, John… tu sei un medico… il tuo codice
deontologico ti impone di immolarti in nome dalla scienza!”
“Veramente non lo dice…” lo contraddisse. Ma ricevette solo
uno sbuffo dal naso in risposta. “Senti… potrei almeno… arrangiarmi?” si ritrovò a supplicare.
“Non è contemplato. Rischieresti di
compromettere i risultati. Devo provvedere personalmente.”
Chiarì, come se fosse una verità assoluta. Un dogma noto solo a lui.
Il sorriso incoraggiante, che Sherlock gli fece subito dopo,
a lui parve il ghigno ferino del lupo cattivo che incastra l’agnellino
smarrito.
“Parliamone…” pigolò, tentando di sembrare ragionevole – ma quando mai si era ragionevoli,
con Sherlock Holmes? –, arretrando alla cieca.
Si accorse troppo tardi di essere finito con le gambe contro
il bordo del divano, e un secondo dopo Sherlock lo aveva già spinto a sedere e
stava armeggiando sulla patta dei suoi pantaloni, mentre lui rimaneva
paralizzato con le palpebre serrate.
“Rilassati, John.” Si sentì consigliare, ma dalla voce di
Holmes traspariva tutta la smania di poter ottenere ciò che gli serviva per
completare il suo esperimento, così vicino alla conclusione, così a portata di mano. “Non è un
processo doloroso o irreversibile. Non ti priverò della tua
virilità.”
L’ex militare rilasciò un sospiro tremulo, cercando di
calmarsi. In fondo, ottenuto ciò che voleva, Sherlock lo avrebbe lasciato in
pace, fintanto che fosse stato impegnato in ~
Si raccapricciò, mentre l’immagine vivida e vagamente
umiliante – no, sicuramente invasiva
e pienamente mortificante – di Holmes
che spiava i suoi girini – tanti piccoli potenziali John – al
microscopio, si faceva largo nella sua mente.
Che diamine avrebbe
visto, e quindi dedotto, da loro?
Egli deglutì a vuoto.
Oh, Gesù. Non era
sicuro di volerlo sapere, e di certo non era pronto per deciderlo in quel
momento.
Di questo passo, però, non
sarebbe arrivato a niente, in nessun senso.
Perciò doveva imporsi
di distrarsi. Doveva imporsi di eccitarsi. Doveva...
…Fu il respiro caldo del suo inquilino ad accarezzargli il
viso, in un sussurro rassicurante.
“Fingi che io sia Sarah, se
preferisci.”
Un istante dopo, le labbra morbide di Sherlock erano sulle
sue.
***
John si svegliò di soprassalto, facendo cigolare per
protesta le molle del divano dell’appartamento di Sarah.
Con gli occhi sbarrati nel buio, si obbligò a smettere di
ansimare, ma era più forte di lui.
Era venuto nei
pantaloni, come un adolescente sfigato.
Si passò una mano sul viso, per scacciare quel sogno, quel
ricordo così vivido. Ma se chiudeva gli occhi…
Le labbra morbide di
Sherlock sulle sue.
Egli sospirò affranto.
Decisamente, doveva
smettere di fare da cavia a Sherlock.
Fine
Disclaimer: I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Note: Ed ecco la
mia terza fic su Sherlock. *__*
La prossima sarà più lunga, se riesco a trovare il tempo di finirla!
XD
Il titolo: A.A.A. è una sigla
utilizzata normalmente per richiamare l’attenzione negli annunci; poiché essi
sono inseriti in ordine alfabetico, la sua è una funzione puramente pratica.
Alla fine, forse resterà il dubbio se sia solo un sogno o un
ricordo. O forse no?
A voi la scelta. Sono curiosa di sapere la vostra interpretazione!
Ah!... se Sherl
vi pare un po’ più strano del solito,
date la colpa all’inconscio di John! XD
‘Freudian Chip’ si traduce in ‘Scheggia, frammento freudiano’.
PS. Per chi fosse interessato/a, stamattina ho postato anche
un nuovo capitolo di ‘The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)’ sul fandom di Merlin.^^
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Grazie (_ _)
elyxyz