Light in the Dark
Aprì pigramente un occhio. La penombra dell’ufficio
rivelò sempre il solito spettacolo: un cartone della pizza,vuoto,abbandonato
sulla scrivania,qualche batuffolo di povere che girovaga solitario sul
pavimento,la giacca sulla sedia…la spada attaccata al
muro.
Tutto fermo,immobile,statico.
Silenzio. Un silenzio così saturo da render quasi
insopportabile la permanenza in quel luogo.
Solitudine,ecco il termine giusto.
Sarebbe ora di
mettere un po’ in ordine
Si alzò sbuffando; di mala voglia tirò le tende facendo
entrare la luce del mattino; spalancò le finestre inondando la stanza di una
fresca aria mattutina.
C’era profumo di primavera. Era Maggio. Quanti ricordi
che affiorarono in lui ma scosse la testa e li ricacciò da dove erano venuti.
Prese la scopa e cominciò a spazzare.
Si… fa proprio schifo quest’ufficio…aveva
proprio ragione lei quando mi diceva che non sono un bravo padrone di casa…
Trish
…La mia Trish….chissà
dov’è in questo momento…
Il suo pensiero cadde su di lei,la donna che aveva rapito
il suo cuore,la donna che era stata in grado di farlo piangere per amore.
Una donna dal carisma unico.
Dalla bellezza semplice ma divina.
Una donna dalla forza sconvolgente.
Una demone come lui…
Magari sarà in giro
a concludere qualche lavoro,a far fuori qualche demone,come sempre del resto pensò
Dante appoggiandosi al manico della scopa,fermo,in mezzo all’ufficio.
La sua mancanza la sentiva,ma non l’avrebbe mai ammesso
neanche con se stesso; era troppo orgoglioso per ammettere questa verità.
Un tempo,quando le parlava, spesso non riusciva neanche a
guardarla negli occhi per più di qualche istante; i suoi occhi azzurro
cielo,così limpidi,cristallini,sembravano scrutargli fin dentro
l’anima,leggendo tutti i suoi più intimi segreti e le sue,ancor più
nascoste,paure.
Lei sembrava conoscerlo alla perfezione,persino più di
quanto lui stesso si conosceva.
Lo anticipava sempre,su qualsiasi cosa.
Le bastava guardarlo un attimo e riusciva a scovare il
suo più nascosto desiderio.
Niente le sfuggiva; poteva tentare di nasconderle un
pensiero,una voglia nascosta,un dubbio ma lei l’avrebbe scoperto nell’arco di
pochi attimi o l’avrebbe indotto a confessare con i suoi sporchi trucchi
femminili.
Con lei si sentiva libero,non
doveva nascondersi; si sentiva completo.
Il vuoto che da sempre lo accompagnava,quella strana
sensazione di incompletezza,quando era con lei svaniva,misteriosamente.
Si sentiva capito,compreso,quando si distendeva con la
testa sulle sue gambe e lei gli accarezzava i capelli dolcemente.
Tutti ricordi meravigliosi e piacevoli che ora,a distanza
di un anno,avevano un sapore amarognolo e nostalgico.
Da quando se ne era andata,così,inspiegabilmente,sentiva
come se,una parte di lui,se ne fosse andata con lei.
Non era più lo stesso,lei l’aveva cambiato…in
meglio,ed ora era ritornato in quell’abisso di fredda solitudine che ora
appariva ancora più nero e soffocante.
Quando sei abituato a vivere nel buio e non sai cosa sia
la luce,diventi parte di quell’oscurità,te ne compiaci,ne diventi amico,ci convivi
senza problemi,perché conosci solo quella realtà; ma,nel momento in cui la luce
rischiara l’oscuro luogo che ti avvolge,inizialmente ne rimani accecato,ne sei
quasi impaurito,vorresti cacciarla via. Lentamente però ti abitui e vedi il
mondo con nuovi occhi,capisci che non sei solo,che forse,c’è qualcosa di buono
in questo posto.
A quel punto ti aggrappi a quella luce,ne capisci la sua
vitale importanza.
Ma se questa luce,senza spiegazione alcuna,ti viene
brutalmente tolta,si apre in te una dolorosa ferita,ricadi nel baratro in cui
pensavi di non tornare più…e ora,tutto ti diventa
insopportabile,pesante,gravoso e tu soffri senza aver la forza d’animo di
lottare per uscire dall’oscurità che,poco alla volta,si avvicina a
te,cingendoti con le sue numerose braccia vellutate e opportuniste.
Così si sentiva Dante in quel momento,mentre i ricordi lo
invadevano,solo,in quell’ufficio che,ora,appariva così grande e spoglio senza
di lei.
Quella donna l’aveva stregato con un solo batter di
ciglia,gli aveva rapito il cuore senza restituirglielo prima di fuggire.
Prima di incontrarla,non era neanche certo di avere un
cuore.
Ma forse,era comprensibile quella sua fuga,lei era un po’
come lui,uno spirito libero,solitaria…la vita di
coppia probabilmente le stava stretta…eppure,lui era
convinto che tutto ciò non fosse possibile; il modo in cui rideva,sorrideva,il
modo in cui lo trattava,lo guardava,quei suoi occhi che brillavano ad ogni
sguardo,quei suoi dolci gesti,non poteva essere solo una recita.
Finì di spazzare il pavimento con movimenti meccanici,
senza neanche rendersene conto,per la prima volta dopo tanto tempo riuscì a
vedere di che colore fosse effettivamente il pavimento di quello schifo
d’ufficio,si aveva ragione proprio lei era
negato per tener in ordine.
Mi chiedo perché
quella donna avesse sempre ragione….
Fu tentando di andarsi a rigettare sul divano,però si
sedette alla scrivania;la scrutò con sguardo torvo,era un enorme bordello senza
ne capo ne coda.
Eliminò lentamente i cartoni di pizza ed escì a buttarli nella spazzatura.
La mia pigrizia non
ha veramente limiti…
Prima di rientrare si soffermò a guardare il cielo,quel
giorno era proprio meraviglioso.
La natura sembrava si stesse lentamente risvegliando; un
tripudio di colori invadeva il paesaggio
rendendolo allegro e milioni di profumi inondavano la zona.
Ѐ tutto così
splendido,eppure senza di lei,questo paesaggio appare così grigio…
Tutto era dipinto dei colori della felicità,tutto tranne
il suo cuore…freddo e insensibile da troppo tempo ormai…
Calciò una pietra con rabbia mista a tristezza e
rassegnazione,una rabbia che non capiva da dove provenisse, o forse lo sapeva,
e non voleva ammettere che la causa era proprio la sua mancanza, ma soprattutto
la sensazione d’abbandono che provò scoprendo che se n’era andata,senza dirgli
una parola; rientrò a capo chino in ufficio,scuro in viso.
Sedette appoggiando le gambe alla scrivania,dondolandosi
sulla sedia, ora tutto appariva più ordinato e pulito,era strano vedere
l’ufficio così; cominciò a spulciare svogliatamente le carte che ancora
ricoprivano la scrivania: non vi era altro che fatture,indirizzi, annotazioni
inutili e numeri di telefono di scarsa importanza; Dante si rese conto solo in
quell’istante che la maggior parte di quei numeri apparteneva a donne.
Al momento mi
interessano veramente poco…
Buttò tutto ciò che non serviva nel cestino e i pochi
biglietti importanti li racchiuse nel primo cassetto.
Qualcosa però attirò la sua attenzione: una busta da
lettere bianca.
Stranamente,non ne ricordava l’esistenza.
La rigirò tra le mani incuriosito; era anonima,non aveva
niente che potesse far capire a chi
appartenesse: niente timbro postale,niente destinatario,niente mittente…nulla.
La aprì; un profumo dolce,fragolino,arrivò fino a lui.
Un ricordo lo seguì di conseguenza,indissolubilmente
legati.
Sorrise,socchiuse gli occhi e si abbandonò al piacere di
quel ricordo.
Si morse il labbro inferiore mentre reclinò la testa
all’indietro.
La vide distesa accanto a lui,i lunghi capelli biondi
sparsi sulla sua schiena,il corpo coperto da un leggero lenzuolo,il suo respiro
calmo,rilassato,la testa appoggiata sul petto di lui; una scena così perfetta
non l’aveva mai vissuta,solo con lei,che riusciva a rendere tutto così unico e
speciale,così dolce e sensuale.
Il suo viso rilassato,la sua pelle liscia,profumata…come avrebbe mai potuto scordarli? Il piacere del
suo tocco,le sue unghie lunghe che scorrevano lentamente sulla sua pelle,le sue
roventi labbra che lasciavano segni rossi sul suo collo…come
sarebbe mai riuscito a dimenticarle?
Gli sembrò quasi di fare un salto indietro nel passato…un passato che risaliva solo ad un anno prima ma
che appariva lontano secoli.
Scosse la testa per sciogliere quel ricordo e tirò fuori
quella lettera.
La sua elegante scrittura gli apparì
in tutta la sua delicata bellezza.
“Caro
Dante,
Ti sembrerà
strano che io ti scriva,ma non avevo ne il coraggio ne la forza di poterti
parlare di persona.
Lo so
sono una vigliacca e hai tutto il diritto per odiarmi.
Non
potrò mai ringraziarti per gli splendidi momenti passati insieme,hai aperto il
mio cuore a nuove emozioni e te ne sono
grata. Mai in vita mia sono stata così bene e in pace, Grazie mio adorato
Dante.
Ma ora
sono costretta ad andarmene,ma credimi…non è per
volere mio.
Ti
prego,non portarmi rancore,un giorno capirai il perché del mio gesto…
Forse ti
viene difficile credere alle mie parole ma ti giuro che questo gesto mi sta
costando molta fatica.
Probabilmente
dopo ciò scomparirò dal tuo cuore e dai tuoi pensieri ed è più che
comprensibile,ma non ho altra scelta che andar via…
Forse strapperai questa lettera prima di esser
giunto alla fine…ma non mi importa,sentivo l’estremo
bisogno di scriverti almeno queste poche
righe.
Dante,ora
tutto ciò che sto dicendo ti apparirà vuoto e falso ma ti giuro…presto
tornerò da te.
Mentre
ti scrivo ti osservo dormire placidamente sul divano e già sento la mancanza
delle tue forti braccia e delle tue dolci labbra.
E’
meglio che vada,prima che le lacrime cadano su questo foglio…
Ti Amo,
Trish”
Continuò a fissare quel foglio con insistenza,quasi come
se,con quel gesto,lei potesse ritornare. Si era completamente dimenticato
dell’esistenza di quella lettera,probabilmente il dolore e la rabbia avevano
rimosso quel ricordo.
La vista prese ad appannarsi,gli occhi gli bruciavano ma
non poteva certo permettersi di lasciarsi andare ad inutili sentimentalismi;
non era più il tempo delle lacrime.
Alzò la testa; i suoi occhi argentei si persero a
guardare il vuoto,il suo sguardo,così malinconico,così triste,lo rendeva
un’altra persona.
Un dolore simile non l’aveva mai provato,neanche il
dolore fisico poteva essergli pari; era qualcosa che proveniva da dentro,
dall’angolo più recondito e nascosto del suo animo.
Lo logorava lentamente,lo divorava da dentro istante dopo
istante, rendendo il tutto ancor più tremendo e doloroso; un dolore
fisso,sempre presente che stava, ormai, diventando un malevolo compagno di
vita.
Non riusciva a scacciarlo, niente lo leniva, neanche il
buttarsi tra le braccia delle tante donne che lo desideravano; i loro baci,le
loro carezze, lo lasciavano indifferente anzi,spesso, non facevano altro che
aumentare quel suo penoso stato d’animo.
Gli sembrava di tradirla
andando con altre donne.
Si perse a guardare nel vuoto.
Quegl’attimi di vita con lei gli scorsero davanti come un
film,colorati di quel suo profumo che non poteva scordare,che sarebbe stato in
grado di riconoscere tra mille.
Un profumo di rose e di fragole,solo suo.
Vagando con lo sguardo per l’ufficio gli sembrò di
rivederla muoversi sinuosa e sensuale come un felino.
Ricordare gli faceva male e più stava in quell’ufficio e
più il dolore aumentava.
Indossò con rabbia la giacca e uscì sbattendo al porta
dietro di se: era primo pomeriggio.
Non aveva una meta precisa,l’importante in quel momento
era non incontrare gente.
Non so cosa mi
prenda oggi…non sembro neanche più io…Esattamente un anno fa lei se ne andò,non dovrei neanche
più pensarci,dovrei dimenticarla…eppure non ci riesco…pensò con
rabbia.
Il tempo quel giorno gli sembrò infinito,vagò a lungo per
la città finchè non si inoltrò nella tranquilla
periferia che la circondava; un silenzio quasi irreale vi regnava,una pace
splendida che,per pochi attimi gli fece scordare tutto.
Si distese sotto
il primo albero; la campagna era una buona compagna per un sonnellino.
Chiuse gli occhi,cedendo ad un improvvisa stanchezza che
sembrava averlo colto senza alcuna motivazione valida.
Per ore non si mosse da quella posizione; era sprofondato
in un sogno splendido che fece nascere in lui un sorriso,un sogno piacevole che
lo avvolgeva come un caldo manto vellutato.
Pace,assoluto silenzio,finchè
un colpo di pistola non lo fece destare di soprassalto.
Si trovò di fronte ad uno spettacolo al limite della
normalità per un cacciatore come lui: un branco di demoni dalle intenzioni poco
pacifiche l’aveva accerchiato.
Stranamente non se ne era accorto.
Il più grosso cadde stecchito di fronte a lui da quel
colpo ben piazzato in mezzo alla fronte; in lontananza vide una moto
fuggire,sembrava guidata da una donna.
Che potesse esser stata lei l’artefice di quel colpo?
Difficile a credersi.
Si alzò con calma sbuffando mentre i demoni lentamente si
avvicinavano.
“Odio esser
svegliato senza una valida motivazione…” disse
estraendo le pistole.
Pochi colpi e ben presto quegl’esseri furono a terra
senza vita; non aveva neanche faticato.
Si guardò intorno malinconicamente e a capo chino si
avviò verso la rumorosa città.
Un’anima in pena era la sua; ne uomo ne demone; un essere
dal cuore spezzato.
Ben presto la pioggia prese a cadere su di lui fredda e
indolente ma continuò per la sua strada,incurante di tutto e di tutti,senza
guardare in faccia nessuno,facendosi largo tra la folla che cercava rifugio nei
bar; come potevano le fredde gocce scalfire un corpo senza calore? Un corpo
ormai freddo, privo di scopo alcuno che percorreva la sua strada senza meta.
Un temporale improvviso,come lo sfogo di un amante
addolorato.
Proprio ciò che lui non poteva permettersi.
Il cielo piangeva,addolorato,chissà per cosa,chissà per
chi.
Dante avrebbe tanto desiderato unirsi a lui ma il suo
orgoglio lo tratteneva.
Bagnato,fradicio, giunse in ufficio; gettò via i vestiti
e si concesse una doccia bollente.
Le gocce scorrevano lente sul suo
corpo,calde,caldissime;segnando il fisico perfetto,gli addominali scolpiti.
Si abbandonò a quel calore che però sembrò non scaldarlo
minimamente.
Dopo circa un’ora uscì dalla doccia; fuori aveva smesso
di piovere,il sole stava tramontando e tingeva tutto il paesaggio delle
tonalità del rosso,calde tonalità,un abbraccio dolce e confortante.
Vestito solo di un asciugamano stretto in vita si
appoggiò al muro osservando l’ufficio così calmo,pacato,ora tinto di queste
splendide tonalità; si girò per ritirarsi in camera da letto quando qualcuno
bussò alla porta dell’ufficio.
Siamo chiusi mi spiace….oggi non è giornata…disse asciugandosi i capelli con un
altro asciugamano.
Voltando le spalle
alla porta se ne andò in camera,si gettò sul letto e vi si abbandonò con un
profondo respiro.
La porta d’ingresso si aprì; il rumore di un paio di
tacchi femminili spezzò il saturo silenzio di quel luogo.
Dante non vi fece caso,troppo preso dai suoi cupi
pensieri.
Cambiò posizione mettendosi a pancia in giù,sospirando.
I passi si fecero più vicini. Eccola li,lo osservò da
vicino la porta.
Si avvicinò,ora senza fare il minimo rumore.
Dante respirava pesantemente,sembrava addormentato.
Gli si distese accanto,gli accarezzò una guancia
dolcemente.
Lui aprì gli occhi e per un istante pensò di star vivendo
un sogno.
La vide di fronte a se,i capelli biondi ad incorniciargli
il viso,gli occhi azzurro cielo,la luce del sole ormai tramontante a baciarle
il viso.
Una dea.
Un angelo.
Un sogno.
Non riuscì a pronunciare verbo.
Non mi saluti
neanche,Dante? Disse Trish alzandosi e togliendosi il cappotto.
Lui l’abbracciò da dietro sorridendo. Sperò che quell’attimo
durasse in eterno,che il tempo si fermasse e che rimanessero solo lui e lei.
Perché te ne sei
andata? le chiese.
Spiegartelo non è semplice…è meglio che tu
lo veda di persona… rispose guardandolo
negli occhi.
La guardò alquanto perplesso mentre si scioglieva dal suo
abbraccio e con passi sinuosi abbandonava la stanza.
Vieni Dante…
Indossò rapidamente i suoi soliti pantaloni e la
raggiunse.
La trovò seduta sul divano…con
in braccio…una bambina addormentata.
Le si sedette accanto,turbato,incuriosito.
Un misto di stranissime sensazioni e di domande lo
invadeva.
Trish…cosa significa? le chiese osservando la
bimba tra le sue braccia.
Era piccola,non poteva avere più di un anno. Aveva i
capelli biondi ma un ciuffetto era molto più chiaro….quasi
bianco.
La pelle bianca,liscia.
Ispirava dolcezza,fragilità.
Dormiva beata,incosciente di tutto e di tutti.
Dante…lei…è nostra figlia…
disse Trish accarezzando i capelli della piccola.
Un attimo di silenzio.
Un pizzico di imbarazzo.
Parole che non si riuscivano ad esprimere.
Quindi…sei…andata via…per questo?
….Si….Non sapevo come avresti reagito…e
ho preferito affrontare tutto ciò da sola…
Abbassò lo sguardo Avevo paura che ti
saresti arrabbiato,che mi avesti cacciata… Aveva
le lacrime agli occhi.
Lui le abbracciò entrambe con dolcezza.
Stupida,avresti
dovuto parlarmene, non è giusto che ti sia presa ogni responsabilità, sarebbe
stato più semplice se fossi rimasta qui con me…Avremmo
affrontato tutto insieme.
Parlarono a lungo,restando abbracciati.
Rimasero li, tutti e tre insieme.
Ben presto si addormentarono,vicini,finalmente
sorridenti,finalmente felici.
Dante non era neanche in grado di spiegare cosa provava:
una famiglia.
Che cosa strana per lui.
Quando l’alba illuminò i loro volti,la piccola fu la
prima a svegliarsi.
Si guardò intorno,curiosa.
Non capiva dove si trovasse,non capiva chi fosse la
persona che stava abbracciando la sua mamma.
Lo scrutò a lungo poi prese una ciocca di capelli che
aveva a portata di mano e glieli tirò con forza,per attirare la sua attenzione.
Il risveglio per il demone non fu per niente dolce;
trattenne qualche imprecazione tra i denti e,quando aprò
gli occhi, si trovò di fronte alla piccola che lo osservava meravigliata.
I loro occhi si incrociarono e, per Dante, fu come
guardarsi allo specchio…la bambina aveva i suoi
stessi occhi,quell’azzurro così chiaro,particolare,unico.
Si guardarono in silenzio, fin quando la bimba non
protese le mani verso di lei.
Trish ancora
dormiva,beata,rilassata,sorridente. Bella come sempre.
Attento a non svegliare la sua dolce metà prese la
bambina tra le braccia.
Che strana sensazione gli diede quel gesto; temeva di
farle male,era così piccola ed indifesa.
La bambina invece sembrava di tutt’altra opinione,lo
studiava attentamente, accarezzandolo piano,tirandogli i capelli, passandogli
le mani sul viso e sorrideva,radiosa,splendente come un raggio di sole.
Si divertiva,era allegra,rideva.
Dante le fece segno di fare silenzio,indicando Trish che dormiva beatamente.
Lasciamo riposare
la mamma…ha il viso molto stanco…
La bambina portò un dito davanti alle labbra mimando il
suo gesto e ridendo.
Che bella che era.
Continuarono a giocare,da soli.
Finchè Dante non si accorse che
Trish,ormai sveglia,distesa sul divano,li osservava.
Vedo che avete
preso confidenza…
Dante abbassò lo sguardo Si,abbiamo…diciamo…fatto amicizia…
Ah,quindi tu con
tua figlia….fai amicizia? rispose lei trattenendo
le risate.
Lui sbuffò e voltò il viso dall’altra parte,facendo il
finto offeso Non mi hai ancora detto come
si chiama…
Lei gli si avvicinò,lo baciò sulla guancia e appoggiò la
testa sulla sua spalla Si chiama Eva…
I tre formavano un magnifico quadro,tre splendidi angeli.
Tre demoni dal cuore puro.
Una famiglia singolare.
Finalmente felici,finalmente completi.
Finalmente ho
capito,cosa vuol dire esser felice…pensò Dante guardando sua figlia ridere felice.
Ti proteggerò a
costo della mia stessa vita…tu e tua madre mi avete
fatto rinascere,mi avete ridato un cuore…e non
permetterò a nessuno di sottrarvi nuovamente a me,o di causarvi dolore….Lo giuro…