Poteva essere un giorno come tanti altri, eccetto il fatto che non lo
era. Yuri sospirò, alzandosi dal letto e andando a
prepararsi la colazione. Il silenzio era quasi opprimente nella cucina
deserta. Mentre finiva di mangiare, Takao entrò in
cucina, salutandolo allegramente. Cominciò a fare colazione,
ignorando l'umore nero di Yuri, che stava fissando fuori dalla finestra.
- Oggi è il giorno del processo a Vorkov! Finalmente
avrà quello che si merita! - Se Takao avesse voluto
scegliere un argomento peggiore per rompere il ghiaccio, non avrebbe
potuto fare di meglio.
Yuri sospirò, chiedendosi quanto potesse apparire triste
agli altri. Ovviamente era per quello che lui e la sua squadra si
trovavano in Giappone: testimoniare contro Vorkov, che finalmente era
stato individuato e catturato dalla polizia grazie ad una soffiata.
Quando Takao era venuto a conoscienza del fatto, aveva assolutamente
voluto che abitassero con lui al Dojo e loro, dopo tutto quello che gli
avevano fatto passare, non se l'erano sentita di rifiutare. Se non
altro, almeno lui era contento.
Nel frattempo, anche il resto della squadra di Takao e della sua si
erano svegliati, ed erano andati in cucina. Era strano come, nonostante
avessero tutti smesso di gareggiare a Beyblade e non fossero
più una squadra, ma un gruppo di liceali ormai, gli piacesse
definirli ancora a quel modo,
Stavano mettendo a posto quando Rei, esitando, chiese:
- Notizie... Notizie di Kei? -
La stanza calò immediatamente nel silenzio, al suono di quel
nome. Tutti guardarono incerti Yuri, ora che finalmente era stata
espressa la domanda che, lo sapeva, avrebbero voluto fargli da quando
Kei non si era presentato con loro. Il problema era che anche lui si
chiedeva la stessa cosa.
- Nessuna notizia. - La risposta fu fredda e lapidaria, e per un attimo
sembrò riaffiorare il vecchio Yuri, quello indurito dalle
crudeltà subite al monastero. L'atmosfera era tesa e
imbarazzata, finché non notò un movimento con la
coda dell'occhio. Boris si sedette lentamente vicino a lui, aggrottando
la fronte con un'espressione preoccupata.
- Yuri, non ti sembra un po' strano? Voglio dire, ormai è
passato quasi un anno e mezzo, non è mai rimasto
così tanto tempo senza darci sue notizie... -
- Cosa?! Non avete sue notizie da così tanto tempo? E se gli
fosse successo qualcosa? - Hilary sembrava arrabbiata, Yuri riusciva a
sentire l'intensità del suo sguardo sulla nuca. Aveva
intuito fin da subito che quella ragazza dovesse avere un debole per
Kei.
- Purtroppo non c'è modo di sapere niente. Tutte le volte
che Kei sparisce, lo fa talmente bene che è impossibile
ritrovarlo... - Cercò di spiegare con calma. Ed era vero.
Fin da quando l'aveva conosciuto, era sempre stato lui a tornare, quando
ne avesse avuto voglia. Così capitava che un giorno, aprendo
la porta, se lo ritrovasse davanti, con gli occhi ametista
scintillanti, come chi è felice di essere tornato, ma troppo
orgoglioso per dirlo ad alta voce.
Guardando le facce preoccupate intorno a lui, capì che Boris
aveva ragione. Anche lui cominciava a sentirsi in ansia. Ciononostante,
senza dire altro a riguardo, andò a cambiarsi per andare in
tribunale, e gli altri, esitando, lo imitarono.
Eccetto i Russi, erano tutti molto entusiasti per il processo. Quando
finalmente Takao si decise a chiedere il perché, il morale
generale si abbassò nell'udire la risposta.
- Conosco Vorkov da quando ero piccolo, e fidati, quell'uomo
è un esperto in sotterfugi, senza contare che
avrà arruolato un esercito di avvocati per difedersi. - fece
tetramente Yuri.
In qualche modo, andò proprio come il ragazzo aveva
predetto. I componenti della squadra russa non avevano prove
schiaccianti, soltanto ricordi, e gli avvocati non ci misero molto a
convincere la giuria che essendo molto piccoli al tempo, erano anche
facilmente influenzabili e quindi non attendibili.
Durante la pausa, i ragazzi si sedettero in corridoio, demoralizzati.
All'improvviso videro il presidente Daitenji chiamarli dalla porta di
una sala riunioni libera. Entrarono e si sedettero.
- Allora... Immagino vi siate accorti che il processo non sta andando
bene... -
- Certo che no! - si indignò Takao, - non posso credere che
la farà di nuovo franca! -
- Va bene, Takao, calmati. Sfortunatamente, dicevo, le testimonianze di
Yuri e gli altri non sono verificabili, ma grazie al cielo abbiamo un
asso nella manica. - Il presidente sorrise con fare enigmatico.
- Signore... - Yuri, che non era stato ancora abbandonato
dall'inquietudine della mattina, non poté trattenersi, - ha
per caso notizie di Kei? -
- In realtà... sì. - Yuri sentì Hilary
trattenere il fiato. - Immagino non vi abbia informato della morte di
suo nonno, vero? -
- Cosa? No... - Yuri era disorientato.
- Già. Sono quasi quattro mesi ormai. A quanto pare, nel
testamento ha nominato Kei come suo unico erede. -
- Beh, è una stupidaggine! Kei non accetterebbe mai di
prendere il suo posto a capo dell'azienda di famiglia. Senza contare
che ha a malapena diciotto anni, non sarebbe stato meglio se Hito
avesse nominato suo figlio? Ha senz'altro più esperienza. -
Lo stesso Kei aveva detto una volta a Yuri che avrebbe odiato rimanere
chiuso a lavorare in un ufficio.
- A quanto pare, questo è quello che Hito ha deciso, e non
c'è modo di cambiare la sua volontà. Kei potrebbe
anche rifiutare l'incarico, ma suo nonno gliel'ha reso impossibile. -
- E come, sentiamo? Lo minaccia dall'aldilà? - Rise Boris
beffardo. Rei e Hilary gli lanciarono un'occhiataccia.
- No, ha trovato un metodo più efficace. Sembra che nel
testamento abbia dato disposizione che tutti i dipendenti venissero
licenziati e l'azienda smantellata qualora Kei non avesse accettato,
piuttosto che affidarla in mani estranee alla famiglia. Kei ovviamente
non voleva gettare in mezzo ad una strada le famiglie degli impiegati,
e si è ritrovato con le mani legate. -
- In pratica è riuscito a trovare il modo di rovinargli la
vita anche da morto! - Soffiò Takao indignato. La rabbia di
Yuri, invece, era talmente grande da non essere esprimibile a parole.
- Ma non è solo questo il problema. Kei è molto
diverso da suo nonno, e quindi ha deciso di riparare a tutte le cose
che può avere organizzato. Facendo questo, si è
scontrato con gente non proprio rispettabile, con la quale Hito aveva
stretto patti. Al momento quindi la sua vita è costantemente
sotto minaccia, ed è costretto a non uscire di casa per
amministrare gli affari, e a farlo sotto scorta in caso di emergenza.
Non so nemmeno io dove si trovi in questo momento, immagino che gli
abbiano vietato di avere contatti con il mondo esterno a meno che non
fosserò pienamente controllati. -
Yuri si sentiva come se gli avessero tolto la terra da sotto i piedi. -
Non può aver fatto questo. Non lo avrebbe mai voluto. -
- Purtroppo certe volte si è costretti a guardare al bene di
tutti, trascurando il nostro. Quello che Kei ha fatto è
molto nobile. Mi dispiace di avervi detto tutto in questo modo brutale,
ma è necessario che capiate. -
- Ma perché proprio ora? - In quel momento venne annunciata
la ripresa del processo, e il presidente li spinse fuori. Disperato,
Yuri si guardò intorno, e vide lo stesso suo sbigottimento
sulle facce degli altri. Hilary piangeva.
In tribunale, gli avvocati di Vorkov sembravano ancora più
agguerriti, certi della vittoria. Ad un certo punto, il legale
dell'accusa si alzò, e annunciò un nuovo
testimone.
- Abbiamo un'altra persona che deve testimoniare. Recentemente
è venuta in possesso di alcuni documenti che riguardano
l'accusato. Nonostante il pericolo che questa dichiarazione potrebbe
costargli, ha deciso di presentarsi lo stesso. -
Yuri e gli altri si guardarono, confusi. Era il famoso asso nella
manica? A tutti quanti loro venne quasi un colpo, quando il legale
pronunciò il nome della persona. "Kei Hiwatari"
Con loro grandissima sorpresa, videro il loro amico apparire in fondo
al corridoio, e percorrerlo per arrivare alla sbarra. Yuri
studiò la figura dell'amico che non vedeva da quasi due
anni. I suoi capelli erano un po' più lunghi, gli coprivano
l'occhio sinistro. Era pallido come al solito, ma in qualche modo
questo sembrava dargli un'aria surreale, con la faccia finalmente
libera dai suoi segni blu. L'occhio destro splendeva, sembrava
illuminare il viso altrimenti accigliato. Yuri notò come
sembrasse molto dimagrito, e si rese conto, quando gli passò
accanto, di quanto fosse diventato più alto. Kei
indirizzò a tutti loro un minuscolo cenno del capo, per
salutarli, e non poté fare a meno di pensare che almeno
qualcosa non era cambiato. Mentre il ragazzo si sedeva, Yuri si accorse
come il resto delle persone fossero rimaste a bocca aperta, stupite.
Probabilmente la stessa cosa doveva essere successa a lui.
L'avvocato fece qualche domanda generale a Kei, e poi gli chiese della
sua esperienza al monastero. Disse più o meno le stesse cose
di Yuri e gli altri, e i ragazzi pensarono che non sarebbero mai
riuscite a vincere così. Potevano facilmente smontare tutto
come prima.
La parte interessante arrivò verso la fine. Si
scoprì che, attraverso l'eredità di suo nonno,
Kei aveva ottenuto le prove riguardanti le malefatte di Vorkov, e aveva
subito deciso di portarle alla polizia. Yuri sobbalzò nel
capire che era stato lui a fare la soffiata. L'avvocato
continuò con il dire che, ovviamente, questo aveva recato
molti guai a Kei, fino ad arrivare ad un'aggressione personale da parte
di un alleato di Vorkov. I ragazzi si sentirono male quando Kei si
scostò i capelli dall'occhio sinistro per mostrare un occhio
di colore azzurro, assolutamente discordante da quello color ametista.
Si spiegò che era l'effetto del tipo di acido che gli era
stato gettato addosso durante l'aggressione. Per fortuna la vista era
stata recuperata grazie ad un trapianto di cornea. Ma per la sua
sicurezza, ora Kei era costretto a vivere sotto
sorveglianza notte e giorno. In più gli erano stati
vietati contatti con fonti esterne non sicure. Terminate le domande
personali, si passò all'esaminare i documenti consegnati dal
ragazzo all'avvocato più diversi video compromettenti. Yuri
era sconvolto. Kei non avrebbe mai voluto quella vita. Kei avrebbe
voluto vivere alla giornata, dimenticare il passato, spendere tutto il
suo tempo all'aperto, non rinchiuso tra quattro mura. Non riconosceva
quasi più niente del suo amico in quella variante
più grande, seria, ben vestita, matura, di chi ha
già tanti pesi sulle spalle. Per il bene di qualcun altro
Kei avevo deciso di autoimporsi quella tortura. Ma aveva pensato alla
sua infelicità? Sarebbe mai riuscito a convivere
pacificamente con quella decisione?
Ovviamente, dopo le dichiarazioni di Kei e le sue prove, il processo
filò liscio come l'olio, e Vorkov fu condannato alla
prigionia. Ma a convincere i giurati, più che quei pezzi di
carta, fu il modo chiaro, adulto, con cui il ragazzo guardava il suo
vecchio aguzzino in faccia, accusandolo con calma di tutti i suoi
passati misfatti, con un briciolo di disgusto e di pietà
negli occhi che sembravano voler incenerire.
Alla fine del processo, Kei alzò leggermente gli angoli
delle labbra in un attento di sorriso verso tutti loro, mentre
ripercorreva il corridoio verso l'entrata, e veniva accerchiato da
quattro robuste guardie del corpo con il compito di scortarlo all'auto
e poi a casa.
Senza pensarci due volte, senza nemmeno far caso alla sentenza verso
Vorkov, senza curarsi di Hilary che piangeva silenziosa seduta sulla
panca dietro la sua, Yuri si alzò e cercò di
raggiungerlo. Arrivato all'esterno, gli gridò di fermarsi.
Le guardie del corpo si strinsero attorno al suo amico oscurandone
quasi la figura. Yuri lo sentì tranquillizzarle. Appena
poté guardarlo dritto in viso, si fermò ansante
davanti a lui.
- Ecco... Io... Volevo dirti...- E si rese conto che, nonostante non
sapesse tra quanto tempo lo avrebbe visto di nuovo, non riusciva a dire
niente. Che si può dire a qualcuno che ha appena perso
tutto, persino la libertà, nell'ultima mezz'ora?
Ma Kei sorrise, sinceramente questa volta, e si limitò a
dire: - Beh, allora ci si rivede... - Per poi voltarsi e allontanarsi.
E Yuri capì che il suo amico non voleva un addio, non voleva
rinunciare alla speranza di una vita normale, in un futuro che non
sperava troppo lontano.
All'improvviso gli tornò in mente il ricordo di prima, ma
più nitido. Due ragazzi in canottiera, in una calda giornata
d'estate, non molto tempo prima. Uno che chiedeva all'altro se avrebbe
voluto prendere il posto del nonno a capo dell'azienda di famiglia.
Quello con i capelli argentati rideva, scuotendo la testa, ma non
sembrava divertito, mentre rispondeva che no, neanche per sogno. Yuri
rivide tutto meglio, ora che Kei era lontano mille miglia da lui, ma a
distanza di pochi passi. Il modo in cui gliel'aveva detto, con il
sorriso un po' amaro, gli occhi inespressivi, come di qualcosa che
andasse nascosto.
E in quel momento, dopo tutto quel tempo, Yuri percepì
quello che, senza parlare, Kei aveva cercato di dirgli quel giorno, ma
che era stato troppo disattento per cogliere.
Kei non avrebbe mai voluto prendere quel posto, ma già
allora sapeva che un giorno avrebbe dovuto farlo. E ora che si stava
allontanando, per sempre forse, rinunciando a tutto, agli amici, alla
felicità stessa, proprio in quel momento Yuri
capì quello che doveva aver passato, e quello che doveva
ancora sopportare. E cosa avrebbe potuto fare lui? Fermarlo?
Kei era sempre stato irraggiungibile per loro, fin dal principio.
Nessuno era mai riuscito a scavalcare il muro di silenzio che si era
costruito attorno. Proprio così, irraggiungibile.
Irraggiungibile nei modi di fare, a scuola, e ora perfino nel vestire.
Irraggiungibile nell'esprimere i suoi sentimenti perchè,
nonostante fossero proprio davanti al naso di tutti, nei suoi occhi
così profondi e comunicativi, nessuno era mai riuscito a
coglierli.
Irraggiungibile come suo nonno, come suo padre, come il resto della sua
famiglia. Troppo in alto rispetto a Yuri, che non poteva aiutarlo. Non
poteva, anche se Kei con lui lo aveva fatto tante volte.
Irraggiungibile, fin dall'inizio, fin da quando erano bambini.
Solo che Yuri non lo aveva mai capito.
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