It's All About Practise
"Would you destroy
something perfect in order to make it beautiful?" (Gerard Way)
Otani Atsushi era un ragazzo
di vent'anni con diversi problemi d'affrontare. Primo tra tutti, la sua altezza.
Troppo basso, troppo. O per lo meno, troppo basso nei confronti di un altro
problema, ovvero, la sua ragazza, Risa Koizumi. Stavano assieme da molto tempo –
dal liceo, precisamente – fatto che non lo portava a dubitare dell'amore di lei,
ma che poneva di fronte a lui un terzo problema, il sesso. Se all'inizio gli
sembrava totalmente ridicola la scena di un bacio tra loro, negli ultimi tempi
il pensiero si era ingigantito, facendolo pensare a ben altre situazioni.
Secondo i suoi ragionamenti mentali il loro dislivello era un problema
insormontabile che rendeva qualsiasi approccio un completo disastro. E la paura
di non essere all'altezza – in ogni senso – era un fatto che lo portava a
sfuggirle; se Risa si avvicinava a lui, varcando la così detta linea di
resistenza, smetteva di fare qualsiasi
cosa, pur di farne un'altra a distanza maggiore. Se le richieste di Risa
andavano oltre un semplice bacio, cercava di soddisfarla con altri metodi. Si
trattava di una cantilena che andava avanti da molto tempo, fino al giorno
fatidico in cui lei glielo aveva chiesto chiaramente. “Facciamo l'amore.” Non era stata
una domanda, ma molto più un'affermazione, di quelle che non ammettevano
repliche. Solo fatti. E lui si era bloccato, perplesso, guardandola con sguardo
stupito. Da parte sua, lei era rimasta a fissarlo, come a volerlo sfidare in
silenzio. E alla fine, si era sciolta dal suo abbraccio, era uscita
silenziosamente di camera e non l'aveva più sentita.
“Stai
scherzando.” Nobu osservava Otani con uno sguardo colmo di disapprovazione,
scuotendo la testa e sospirando continuamente quanto fosse dispiaciuta per Risa.
Otani, al contrario, fissava Nakao in cagnesco perché quando aveva espresso il
desiderio di parlare con lui, voleva farlo solo.
“Adesso
capisco perché Risa mi appariva così abbattuta, recentemente.” Sospirò la
ragazza. “Ma certo non potevo pensare che la causa fossi proprio tu.”
“Però
Nobu-chan,” Iniziò a dire Nakao, giocherrallando con una ciocca di capelli della
fidanzata. “Il problema di Otani è serio. Pensaci.”
La ragazza fissò Otani, che sembrò evaporare
dalla vergogna. “Un problema diventa tale solo se lo rendi un problema.”
Nakao la guardò con dolcezza. “E' vero, ma
immaginati la scena.” Il ragazzo si portò una mano alla base del collo. “Secondo
i miei calcoli, assumendo una posizione supina, Otani potrebbe arrivare giusto a
quest'altezza.” I due risero, ma il giovane interessato schiumò di rabbia.
“Voi
due non capite. E' un'umiliazione anche solo avervene parlato.”
“Avanti,
Otani.” Sospirò Nobu. “Possibile che tu abbia così scarsa fiducia nei confronti
di Risa? Hai parlato del tuo problema con lei? Dopotutto, l'amore si fa in due.
A meno che tu non faccia altri tipi di esercitazioni.”
Otani boccheggiò di fronte alla malizia della
ragazza.
“Conoscendolo
non ne ha fatto parola, Nobu-chan.” Intervenne Nakao.
“Come
minimo Risa avrà pensato che non l'ami più. Dev'essere tremendo essere respinte
dal proprio ragazzo.” Singhiozzò, asciugandosi una lacrima inesistente. Nakao le
fu subito accanto per darle conforto.
“Voi
due siete disgustosamente appiccicosi.” Sbottò Otani, facendo apparire una
smorfia sul proprio volto. Nakao e Nobu aggrottarono la fronte, guardandosi
reciprocamente.
“E
tu sei dannatamente ridicolo, Otani.” Asserì Nobu.
“E
per lo meno, io non ho problemi nel rendere felice
la mia fidanzata.”
Otani sbuffò, finendo l'ultimo sorso di caffé
che aveva ordinato. “Torno a casa.” Disse, lasciando qualche yen sul tavolo. “E
se riuscirò a fare pace con lei non sarà certo per merito vostro.”
Quando la figura di Otani sparì oltre le porte
a vetro del locale, Nobu iniziò a ridere. “Povero Otani, se solo sapesse.”
La figura slanciata di Risa Koizumi apparve a
fianco del loro tavolo, con l'espressione di chi non era riuscita a credere ad
una singola parola sentita.
“Ho come la sensazione,” Disse
Nakao. “Di aver tradito un amico.”
“Affatto!” Esclamò Nobu. “Direi
piuttosto che l'hai aiutato. Non lo credevo complessato fino a questo punto... a
meno che.”
“Cosa?” Domandò Risa, sentendo
gli occhi dell'amica su di lei.
“A meno che qualcuna non abbia
fatto battute sciocche a suo tempo.”
Risa soppesò le parole
dell'amica. “Può darsi, ma non lo ricordo.”
“L'ego degli uomini è molto
sensibile su certe questioni, Risa. Vero tesoro?” Domandò rivolta a Nakao, che
si limitò ad annuire.
“Vedi di porvi rimedio!”
Sbraitò la ragazza, calciando l'amica contro una gamba.
“A volte sai essere così
comprensiva.” Sospirò Nakao, afferrando una mano della fidanzata con sguardo
ammirato.
“Oh, tesoro.”
Risa rivolse loro una smorfia,
identica in tutto e per tutto a quella di Otani pochi attimi prima. Nobu sbuffò,
contrariata.
**
Quando tornò a casa, Otani notò un paio di
scarpe nell'atrio. Non impiegò molto tempo ad intuire a chi appartenessero, dal
momento che solo una donna possedeva le chiavi del suo appartamento.
“Risa?”
Per quanto detestasse ammetterlo, Nobu aveva ragione. Non aveva parlato del suo
problema con la diretta interessata, forse per paura di essere deriso o chissà
che altro. Era deciso a dirle tutto, lei avrebbe capito. O così sperava.
Quando la ragazza apparve nel mezzo del
corridoio, con le mani disposte sui fianchi ed uno sguardo accusatorio, Otani si
sentì mancare un battito. Tutti i buoni propositi che aveva rimuginato lungo la
strada verso casa vacillarono pericolosamente. Non voleva deluderla, forse
quello era il problema principale.
“Acchan.”
Cantilenò Risa, sapendo quando il ragazzo odiasse tale appellativo. “Sei davvero
ridicolo.”
Sorpreso da tale affermazione, Otani la guardò
contrariato, avanzando lungo il corridoio, deciso a voltare nella cucina. “Oggi
siete in diversi a dirmelo,” Sbottò. “E' un mio diritto esserlo.”
Risa gli afferrò un braccio, sorridendo.
Sorpreso, Otani le rivolse uno sguardo interrogativo e si lasciò trascinare in
fondo al corridoio. Quando la ragazza aprì la porta, scaraventandolo nella
stanza, i punti interrogativi si moltiplicarono a dismisura. Senza abbandonare
il sorriso a fior di labbra, Risa iniziò a sbottonare i primi bottoni della
camicetta bianca. Colto alla sprovvista, Otani indietreggiò, colpì il bordo del
proprio letto e finì supino su di esso. “Cosa-?”
Senza proferir parola, la ragazza girò la
chiave nella serratura e la lanciò alle proprie spalle. Quando la camicetta
scivolò ai piedi di Risa, Otani ne seguì il movimento, senza avere il coraggio
di sollevare lo sguardo. Il tentativo di sedersi andò completamente fallito
poiché si ritrovò sdraiato con il volto sorridente di Risa a pochi centimetri
dal suo. “Sei davvero, davvero
ridicolo Acchan.”
“Risa.
Do-dobbiamo parlare.” Borbottò, combattendo contro i capelli della ragazza che,
scendendo, avevano preso a solleticargli una guancia.
Koizumi ridacchiò. “Non penso sia questo il
momento, non credi?” Domandò, lasciando scivolare una mano verso il basso e
strattonando la camicia del ragazzo fuori dalla presa dei pantaloni. Imbarazzato
come non mai, Otani tentò di divincolarsi senza successo.
“Ho
sentito tutto.” Sospirò Risa, sfiorando l'incavo del collo di Otani con le
labbra. “E non mi interessa.”
“Tu-
tu eri lì?” Constatò Otani, sentendo la ragazza sorridere contro la sua pelle.
“Aha.
E ti dirò di più.” Disse lei, sollevandosi quel poco che bastava per fissarlo
negli occhi. “Ci sono molti metodi alternativi al semplice io sotto, te sopra.
E' solo questione di pratica.”
Otani inghiottì pesantemente; fino ad allora
non si era reso conto di quanto potere Risa fosse in grado di esercitare su di
lui. Non voleva deluderla, voleva andare oltre la perfezione con lei. Voleva renderla
felice, ma non aveva creduto di essere all'altezza di tale compito. Sollevò una mano per accarezzarle una guancia, pensò a quanto fosse
bello averla così vicino, sentirla così calda. Risa sospirò contro la sua pelle,
chiudendo gli occhi, chiedendo per qualcosa che solo lui e nessun'altro poteva
darle. Era stato sciocco, da parte sua, non riversare in lei quella fiducia che
le spettava. Le sfiorò le labbra, sorridendo a sua volta. “Si
accettano proposte.”
Perché distruggere qualcosa di dannatamente
perfetto, solo per renderlo ancora più bello?
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Note a fondo
pagina: Questa storia è stata scritta in occasione della Maritombola
indetta dalla community
Maridichallenge.
Il prompt utilizzato è il numero 74 "Would you destroy something
perfect in order to make it beautiful?" (Gerard Way) (quotes). Per maggiori
informazioni potete visitare la
community
o la pagina delle
iniziative sul mio archivio personale.
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