Le luci di Manhattan.
[Jason -
Nathaniel]
Quella birra -bevuta su una panchina sotto casa di Nate- non era andata
come entrambi avevano previsto.
Avevano passato delle
ore semplicemente a parlare, a chiedersi le cose più
imbarazzanti, a ridere. Avevano incominciato a conoscersi, andando
all'indietro, partendo dal sesso e poi arrivando all'anima, lentamente,
senza avere troppa fretta.
"Coming Out?" Nate
bevve un sorso dalla birra, accarezzando con la lingua il bordo di
vetro della bottiglia, mentre alzò il sopracciglio.
"Domanda spigolosa, cazzo. Quando ero più piccolo, i miei
portavano me e mia sorella, Cleo, in questo enorme residence al di
fuori della città. Era bellissimo tanto che sembrava di
essere in un panorama paradisiaco, poi un giorno, scoprì con
Cleo questo piccolo rockmusic club. C'era un piccolo palco e tantissimi
libri, tutti legati ai grandi cantautori rock. Al residence poi, c'era
una famiglia enormemente snob che aveva questo figlio, Theodore, il
quale era sradicato, eccentrico e bellissimo. Ogni sera scappava da
casa e andava in quel club. Dopo una delle tante nottate passate a
guardarci gli diedi il mio primo bacio sotto le notte di Love Me Two Times dei Doors,
cantata da un gruppo di adolescenti. Fu la serata più
eccitante di tutta la mia vita, anche perchè nella saletta
invernale, posta proprio dietro il locale, feci l'amore con lui per la
prima volta: tutto in quella maledetta notte."
Nate bevve ancora, lasciando scendere per la gola un lunghissimo e
quasi bruciante sorso. Probabilmente doveva evitare di dire quel
particolare, ma infondo si erano promessi di dire la verità,
anche se era del tutto scomoda e vergognosa. "Theodore aveva sedici
anni, io tredici."
Gli occhi di Jason si
aprirono totalmente, perplessi e spaventati, come se quell'informazione
equivalesse a un enorme bugia, anche se non gli occhi del ragazzo
poteva notare l'assoluta serietà. "Tredici?"
"Già."
"Beh, sei prematuro. Io
a tredici non sapevo neanche come funzionasse il mio cazzo, oltre alla
pipì intendo."
Nate sorrise, liberando la tensione del suo corpo che lo caratterizzava
ogni volta che scopriva quel piccola particolare della sua vita
sessuale. Jason l'aveva presa sul ridere. Era la prima persona ad
averlo fatto. "Beh Jason, pressoche neanche io. Theodore me l'ha
insegnato."
Jason
scoppiò a ridere, imbarazzatissimo. "La tua frase aveva un
non so che di profondamente erotico." disse, formulando un sorriso
malizioso e incredibilmente affascinante. "Quindi, non sei mai stato
con una ragazza?"
"Mai. Tu si?" Jason si
raddrizzò un attimo. Quei discorsi avevano provocato in lui
un piccolo movimento nelle sue parti bassi, e la cosa lo faceva
vergognare enormente anche perchè erano solo discorsi. "Oh
si, tante, veramente tante!"
"Da come l'hai detto
sembra che ti sia scopato tutta la generazione femminale!"
"..Più o
meno." Nate scoppiò a ridere, non riuscendo più a
distogliere lo sguardo dagli occhi azzurrissimi di Jason. Infondo non
poteva biasimare quelle ragazze, dato che Jason riusciva a brillare
nella notte con quel suo fascino sorprendente e delicato.
"Cioè, aspetta, non intendevo dire che.. insomma.." Le
parole di Jason si fermarono: Nate gli aveva poggiato un dito sulle
labbra, zittendolo. Avvicinò il suo viso accanto a quello di
Jason, lentamente, finchè non toccò le sue
piccole rosee labbra, accarezzandole, assaporandole, facendo di quel
loro bacio pura magia.
La lingua di Jason
s'intrufulò nella bocca di Nate, vivace e pronta a giocare
con quella del ragazzo, felice di assaporare la sua dolce saliva.
Velocemente le mani di
Nate si appoggiarono sulla vita di Jason, fino a scendere poco
più in basso,provocandogli ancora più eccitazione
mentre i loro baci si facevano sempre più insistenti e
passionali, come se l'uno avesse bisogno delle labbra dell'altro.
"..Vieni."
"Non dovevamo andare
lentamente?"
"Possiamo fermarci e
vederci domani per un altra birra, se vuoi." Lo sguardo di Nate era
serio: per quanto fosse eccitato e desideroso di averlo dentro di
sè, sapeva benissimo aspettare perchè come la
stessa mattina, Nate voleva lui, voleva conoscerlo ed imparare a
volergli bene, ad amarlo, ad ascoltarlo, a vivere un giorno con lui,
sfruttandone ogni possibilità. Jason, però,
sapeva che anche se quella sera era stata molto bella e Nate gli
piaceva veramente, lui non era interamente lì. La
sua indifferenza era coperta solo dall'eccitazione forte, dal desiderio
del sesso e di vita, di quella che lui non aveva da moltissimo tempo.
Si passo velocemente
una mano tra i capelli biondi, pensando alle varie
possibilità ma soprattutto a quella giornata stramba, a come
era iniziata e a come stava per finire. Non gli capitava da tempo di
iniziarla e finirla accanto alla stessa persona, una tra l'altro per
cui provava un notevole interesse. Perchè buttare tutto
quello? Perchè permettere a se stesso di rovinare ancora
tutto? Fece un lungo respiro prima di pronunciare quel maledetto nome.
"Alec."
"Cosa?"
"Nate, prima devo
parlarti di una persona. Ho bisogno che tu capisca che dopo non potrai
più tornare indietro, che non è tutto semplice
come pensi, che io assomiglio più alla persona di stamattina
che a quella di stasera. Ok?"
Lo sguardo di Nate
divenne cupo. Non era un ragazzo impressionabile, ma conosceva
perfettamente la distinzione tra serietà e divertimento, tra
l'essere gay e l'essere uomo. Nathaniel conosceva la paura e il viso di
Jason ne era coperto. "Racconta."
"Era l'ultimo anno di
specializzazione. Il mio lavoro era tutto ciò per cui vivevo
ed ero sereno dalla mattina alla sera perchè salvare vite
era sempre stato il mio scopo, tutto ciò che avevo sempre
desiderato fare. Ero parte dell'ospedale, ero vita e poi a completare
il mio quadro di serenità c'era Maraj. Era una ragazza
inglese di origini russe, bellissima. Non era solo la donna
più bella che avessi mai visto, ma era un oncologa
affermata, intelligente, furba, leale. Vivevamo insieme già
da qualche anno e il nostro futuro era perfettamente delineato fin
quando lui non si presentò sotto le sue mani: Alec Furbey.
Alec era un militare,
congedato perchè aveva il linfoma di Hodgkin. Ricordo la
prima volta in cui l'ho visto, accanto a Maraj. Sembravano il paradiso
unito, un insieme sublime di intelligenza e fascino. Ricordo che li
avevo visti ridere e in quell'istante, m'innamorai subito. Quel singolo
secondo fu la sensazione più emozionante di sempre.
Desideravo quel momento, quella passione. Desideravo prenderlo e farlo
mio, completamente, anche se la mia compagna rimaneva il mio mondo, la
mia pace, la mia amata quotidianeità.
Io ed Alec cominciammo
a ridere insieme, a diventare l'uno parte dell'altro, fino a quando,
facemmo l'amore nella sua stanza, durante il mio turno notturno. Quel
piacere, quell'intensità, quell'amore fu la cosa
più sorprendente della mia vita, più vera. Avevo
sempre creduto di essere etoressessuale, mal dal momento in cui lo
incontraì tutto nella mia vita cambiò, persino il
mio stesso io. M'innamorai per la prima volta nella mia vita,
perchè anche se avevo amato Maraj non mi ero mai innamorato
di lei, mai."
Il viso di Jason si
ricoprì di lacrime veloci e silenziose. Raccontare quella
storia era come scavare all'interno della sua anima bruciata, dilaniata
e distruggerla ancora di più, riportando quei ricordi nella
sua mente da tanto tempo completamente apatica.
"Io ed Alec stemmo
insieme per cinque mesi ovvero lungo la durata della sua chemioterapia.
Il tumore sparì ma subito dopo ripartì, rimanendo
ucciso la settimana stessa.
Ebbe un tumore maligno
e guarì, ma il suo stesso lavoro, quello che non accettava
il suo vero io, lo uccise. Lui era il mio vero amore, il mio primo. "
Nate non aveva distolto lo sguardo da Jason nemmeno per un secondo,
assorbito dal suo racconto, dall'amore che traspariva dalle sue parole.
"Nate, lui è stato il mio unico ragazzo. Certo, il sesso
è continuato ad esserci e forse è stato proprio
il modo in cui ho espresso quel dolore, ma ..ma non ho mai avuto
nessun'altro ragazzo perchè dopo la morte di Alec non sono
più riuscito a vivere, ad essere un dottore, ad essere un
uomo."
Nate si alzò
e rovesciò tutta la birra rimanente per terra, nel piccolo
giardino del condominio. Prese quella di Jason e fece lo stesso.
"..Ma? Nate?"
"Uno, se te lo stessi
chiedendo non ho alcun tipo di problema mentale e beh, due, non ti
chiedo di essere il mio ragazzo. In effetti non ti chiedo nemmeno di
essere un uomo, Jase. Ti chiedo solo di vivermi, giorno dopo giorno.
Nessun ragazzo si è mai aperto così con me e
questo significa che hai un anima accessibile e per questo fragile e
meravigliosa. Voglio riuscire a permetterti di lenire quel dolore
lentamente, come le nostre birre rovesciate nel giardino.
Andiamoci piano, ok?
Come volevi tu. Una birra di sera, un caffè di mattina."
"Domani mattina dovrei
andare in ospedale."
Gli occhi castani di
Nathaniel si illuminarono, vivaci e sereni. "Ne sono contento."
Si diedero un ultimo
piccolo bacio poi Jason s'incammino verso casa. Stava facendo dei
passi, anche se erano piccoli.
Missing
Moment {Jason - Alec}
Un
anno prima.
"Non è un addio
questo, sai?" La barba di Alec toccò il viso liscio e
coperto dalle lacrime di Jase.
"E cosa sarebbe allora?"
Le loro mani si sfiorarono, delicatamente e velocemente si lasciarono,
quasi come se fosse stato un errore, un malinteso e non un piccolo
gesto di vita.
"Baciami." La voce di
Alec era pronunciata, diversa dai soliti sussurri a cui Jase era
abituato a causa dell'assurda segretezza della loro storia d'amore.
A volte Jase non
riusciva nemmeno a pensare che fosse una vera storia d'amore dato che
era tutto talmente nascosto da fargli paura.
"Alec, qualcuno potrebbe
vederci."
Gli occhi color smeraldo
di Alec brillarono per un secondo - entusiastato dalla visione sublime
del suo ragazzo. Sapeva che sarebbe venuto in guerra con lui se solo
glielo avesse permesso. Sapeva che dividendosi, sarebbero andati
incontro alla morte interiore perchè l'uno amava altro
pienamente, senza sosta, senza farsi alcuna domanda, solamente
ringraziandosi a vicenda. Per quanto fosse più grande di
Jase, in quel momento Alec si sentì un bambino allontanato
dalla sua casa, dai suoi genitori, dai suoi primi amori.
"Non m'interessa. Ho
bisogno che tu mi baci, Jase."
Jason non
aspettò altro. Forse quella era la prima volta in cui non si
assicuravano di non essere visti e in cui il loro unico tormento era
ricordarsi di quelle sensazioni per l'eternità.
Le labbra di Jase si
incollarono a quelle di Alec, decise e fiere, pronte a lasciare il
segno in quell'ultimo bacio bagnato dalle lacrime, mentre il viso si
Jase veniva ricoperto dal suo tanto amato raspare della barba del suo
uomo.
Lentamente Alec
s'allontanò, pronto a ritornare in quella guerra che non
sentiva sua perchè aveva trovato il vero amore.
"Alec?"
Si girò, un
ultima volta, confondendo il verde dei suoi occhi con il celeste di
quelli di Jase. "Si?"
"Amami." Alec
annuì, senza dire nient'altro. L'avrebbe amato per il resto
dei suoi giorni, anche se sentiva che non sarebbero stati ancora tanti.
Non gli aveva chiesto di
aspettarlo principalmente perchè sapeva che non sarebbe
tornato, che quello sarebbe stato il suo ultimo viaggio.
Alec Furbey , Morto il 7
Marzo 2009 all'età di 34 anni.
Alec Furbey era morto
amando.
....
Note dell'autrice:
Devo ammettere che questo capitolo è stato per me
particolarmente difficile e complicato, anche se mi è molto
caro.
Il Missing Moment
finale è un mio gesto di egoismo probabilmente,
perchè essendomi innamorata di un mio personaggio quale Alec
non potevo non dargli voce, un finale, un vero addio.
Spero che vi sia
piaciuto.
Grazie mille a chi
l'ha messa fra le seguite, a chi ha commentato (risponderò
personalmente) e a chi la legge.
Spero che mi facciate
sapere cosa ne pensate.
Penso che si
concluderà con il prossimo capitolo, al massimo altri due,
non di più.
Lara
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