La
ragazza
vestita di bianco
[Terza Classificata al contest "L'immagine parla di... viali
innevati (1^Edizione)" di AudreyConnell]
A volte i ricordi fanno
male.
Tuttavia ci rimaniamo
attaccati, incuranti delle ferite, perché è l'unica cosa che
abbiamo.
Luglio
Fu un giorno di Luglio
che
Keiji si trovò a passare vicino a quel cimitero, percorrendo il
sentiero che portava al tempio: si potevano udire il fruscio del
vento fra le foglie del bosco che circondava il
sentiero, il canto degli uccelli oppure qualche verso che
il giovane non sapeva riconoscere.
E proprio quel giorno vide
per la prima volta la ragazza vestita di bianco, seduta davanti a
quella tomba sul ciglio del sentiero. Lei, quasi avesse sentito il
suo sguardo posato su di sé, si voltò di scatto e lo fissò con
insistenza: Keiji sobbalzò e si rimise a camminare velocemente,
cercando di allontanarsi il più rapidamente possibile da quello sguardo che sentiva penetrare come una lama nella
schiena.
La seconda volta accadde
pochi giorni dopo.
Non appena rivide quella
sagoma lo colse subito la sensazione di
déjà vu, come se avesse visto quella scena per una vita intera: la
giovane, accucciata accanto alla lapide, sembrava essere lì da
sempre. Ma era solo una sua impressione, si disse, perciò continuò
a camminare verso il tempio ignorando ancora lo sguardo dell'altra
puntato su di lui.
Agosto
Il
terzo incontro fu quello decisivo.
Quando
Keiji raggiunse di nuovo il cimitero la scorse nello stesso identico
punto, come se non si fosse mai mossa da lì, come se stesse facendo
qualcosa che le impediva di andarsene. Di nuovo lei si voltò e i
suoi occhi scuri si fissarono in quelli verdi di lui: il ragazzo si
fermò sostenendo lo sguardo con decisione.
D'un
tratto la maschera di gelida freddezza che sembrava ricoprire il suo
volto si sciolse come neve al sole e sulle sue labbra si
disegnò un sorriso, mentre Keiji le si avvicinava lentamente.
«Buongiorno»
Salutò cordialmente, gettando una veloce occhiata alla lapide
davanti a loro.
Misaki
Fujiwara.
«Lei
era Misaki, mia sorella maggiore» Mormorò la giovane facendolo
sobbalzare, gli occhi fissi sulla fotografia sbiadita incollata sulla
pietra scura: continuava a sorridere dolcemente, ma i suoi occhi
erano puntati su un passato che Keiji non poteva vedere.
E lui
si sentì un estraneo, un intruso in un dolore che non gli
apparteneva: dopotutto non conosceva nemmeno quella persona, non
capiva come avrebbe potuto avere il diritto di stare lì - di
intromettersi nella sua vita.
Fece
per alzarsi, quando qualcosa lo trattenne e gli impedì di muoversi:
le dita della ragazza vestita di bianco stringevano con forza il suo
avambraccio, le iridi scure fisse ancora una volta nelle sue.
E una
parola, quella che lo inchiodò.
«Resta»
Settembre
Il
pallido sole di Settembre sembrava aver portato qualcosa di diverso
sul volto di Ayako, qualcosa che Keiji non sapeva ancora
identificare.
Aveva
osservato i suoi occhi per mesi, sotto la chioma di quegli alberi che
sembravano osservarli, davanti a quella lapide con inciso il nome
di sua sorella: non aveva avuto il coraggio di chiederle di
incontrarsi altrove perché, in qualche maniera, gli sembrava
sbagliato che vi si allontanasse e perché ogni volta che
la vedeva, davanti a quella tomba, gli sembrava che da lì non si
sarebbe mai potuta muovere, causa una forza invisibile ed
indistruttibile che la teneva legata a quel luogo.
Ayako
era ancorata a qualcosa di inesistente, lei stessa ne era
consapevole, ma ormai non ricordava di aver visto altro che quella
fredda pietra, fin da bambina. Veniva spesso in quel viale,
accucciandosi vicino alla fotografia della sorella e parlando per ore
intere, convinta che qualcuno la stesse ascoltando; quando poi iniziò
a vedere Misaki, il suo viso, il suo sorriso... Nessuno potè più
dissuaderla dal passare le sue giornate accanto a lei.
Sentiva
di nuovo la voce della sua amata sorella maggiore, la sua risata
cristallina e i suoi respiri lievi come battiti d'ali: ma non poteva
condividere questa sua gioia, poiché Misaki le aveva detto di non
rivelare a nessuno la sua presenza.
«Non
ti crederebbero» Aveva sussurrato, con aria malinconica «Ti
direbbero che stai solo sognando. Ma io sono qui, vedi? Sono qui
veramente, ma solo tu puoi vedermi!» E Ayako aveva udito una nota di
disperazione e una supplica, quasi feroce, che pareva venirle
scagliata contro.
"Non
dimenticarmi, non lasciarmi!" sembravano urlare gli occhi di
Misaki.
Così,
giorno dopo giorno, notte dopo notte, la ragazza vestita di bianco
tornava davanti a quella pietra senza mai mancare un appuntamento.
Ottobre
Keiji
aveva notato che lo sguardo di Ayako, ogni tanto, si puntava in un
punto preciso senza nessun motivo apparente. Inclinava la testa, come
se fosse in ascolto di qualcosa che Keiji non poteva cogliere: dove
lui udiva il frusciare delle foglie al vento, Ayako pareva ascoltare
qualcosa di molto più che un semplice rumore.
Che
solo lei poteva capire.
Quando
quel giorno di Luglio era avvenuto il primo incontro con Keiji, Ayako
inizialmente non si era nemmeno accorta della presenza del ragazzo:
era stata Misaki ad indicarglielo con un cenno, per spiegare il
perché aveva smesso di parlare così all'improvviso e quando il
giovane si era voltato, non sapeva di essere scrutato da due paia di occhi neri.
Misaki
aveva già dato dimostrazione di non gradire la presenza di quel
giovane più volte da quando Ayako ne era diventata amica: stava
seduta su una lapide poco lontana da loro, gli occhi che scrutavano
truci i due che parlavano tra loro. Covava risentimento, Misaki, ma
Ayako non ne sapeva il motivo: ormai non contava più le volte che,
in quei tre mesi, aveva tentato di spiegare alla sorella quanto fosse
carino e gentile Keiji.
Ma ogni
giorno quando Keiji la raggiungeva, Ayako osservava il volto di
Misaki rabbuiarsi e i suoi occhi diventare cattivi: all'inizio,
forse, poteva essere solo antipatia ma ben presto quello che provava
Misaki nei confronti di Keiji si era evoluto.
Era
diventato odio puro.
Novembre
Da
parte sua, a Keiji piaceva stare con la sua amica: seduti davanti
alla lapide, con lo sguardo di Misaki che dalla foto sembrava
osservarli, parlavano di molte cose. Aveva scoperto che lei aveva
vissuto da sua zia fino alla maggiore età, a causa della prematura
scomparsa dei genitori e della sorella in un incidente d'auto
avvenuto quando era molto piccola. Tutto sommato, però, Ayako
non non si lamentava della vita che aveva condotto fino ad allora:
aveva una zia che la amava e che si era presa cura di lei con tanto
affetto finché, compiuta la maggiore età, aveva deciso
di trasferirsi e vivere da sola.
Aveva
notato che rideva spesso, lei, ma ogni tanto si interrompeva di colpo
e faceva saettare lo sguardo da un'altra parte, l'espressione pentita
come se avesse fatto qualcosa di sbagliato; oppure interrompeva le
frasi a metà, lasciando cadere il silenzio fra di loro e rompendolo
con un'affermazione o una domanda che nulla avevano a che fare con il
discorso che stavano facendo.
I
giorni passavano, e le stranezze aumentavano sempre più.
Misaki
tremava, rabbiosa.
Ayako
la vedeva fremere quando qualche battuta di Keiji la faceva ridere,
quando gli parlava del suo passato, ma anche solo quando discutevano
di argomenti di cui tutte le persone normali parlano - come il tempo,
per esempio. L'espressione di Misaki le faceva paura: allora
interrompeva tutto e puntava gli occhi verso la sorella,
un'espressione colpevole dipinta in volto e lo sguardo di Keiji che,
interrogativo, insisteva nel fissarla.
E
l'impossibilità dello spiegare il suo comportamento che le bloccava
la gola, vedendo le parole che Misaki pronunciava.
Tanto
non ti crederebbe.
Dicembre
Quel
giorno Ayako era arrivata più tardi del solito e, giunta dalla
sorella, fece un inchino profondendosi in mille scuse.
«Ho
dormito troppo e...» Tentò di spiegare, la voce che tremolava
intimorita.
«Silenzio».
Le intimò l'altra. «So cosa stavi facendo, e tu non dovevi farlo.
Preferisci forse quell'estraneo a me, alla tua nee-san?» Era
arrabbiata... No, era furiosa.
Ayako
arretrò di un passo, cadendo nella neve fresca.
«Io...»
«Zitta!»
Misaki le si avvicinò, scrutandola dall'alto: avvicinò i loro
volti, fino a che ad Ayako parve di sentire il suo respiro sulla
pelle. «Sai cosa ti dico?» Sussurrò Misaki, un lampo di odio negli
occhi. «È colpa tua. Tu dovresti essere morta al posto mio».
Ayako
si bloccò di colpo, trattenendo il respiro e sgranando gli occhi.
«N-non...»
Balbettò, le dita che stringevano spasmodicamente la neve
inutilmente in cerca di qualcosa a cui aggrapparsi.
«Tu
dovevi andare con mamma e papà dalla zia, tu dovevi essere su
quell'auto e tu dovevi morire!» Sputò fra i denti Misaki, nel modo
più velenoso possibile.
Poi si
allontanò svanendo come fumo: «Ti tormenterò per il resto della
tua vita, sorellina mia, non avrai un solo secondo di pace... Se io
non ho potuto vivere, nemmeno tu lo farai.»
E Ayako
urlò con quanto fiato aveva in gola, la testa fra le mani e le
lacrime che scorrevano sul suo volto.
Tornò
con sguardo assente poche ore dopo, finite le lacrime da versare.
E si
diede della stupida, perché non aveva capito prima cosa covasse
Misaki.
"Tu
dovevi essere morta al posto mio"
Il
coltello che scintillò alla debole luce dell'ultimo sole invernale
si avvicinava al braccio di Ayako sempre più velocemente: un colpo
secco, e la neve non era più bianca ma del colore rosso del sangue.
Ayako
chiuse le palpebre, e l'ultima cosa che vide fu la macchia vermiglia
che si allargava sul candido manto nevoso.
Nevicava,
quando Keiji salutò per l'ultima volta Ayako.
Sulla
bara di legno chiaro posò una rosa bianca e chiuse gli occhi,
sfiorandola e ricordando il volto sorridente dell'amica. Voleva
cancellare la scena che aveva visto quando era andata a cercarla al
cimitero, il sangue sulla neve... Ma sapeva che non ci sarebbe mai
riuscito, neanche sforzandosi.
Si
allontanò, gli occhi persi nel malinconico ricordo della sua giovane
amica.
«Mi
dispiace, Ayako» Sussurrò, consapevole che quel luogo sarebbe
diventato frequente meta del suo cammino.
Il
vento frusciò fra le foglie, mentre a Keiji sembrava di vedere
ancora seduta lì la figura bianca, gli occhi neri fissi su di lui in
attesa.
«Tornerò»
Disse lui voltandosi e correndo.
E
quella semplice parola aveva il sapore di una promessa.
***
Giudizio
_BlackRose_: Terza Classificata
Punteggio: 83/100
Commento: Ammetto che in principio avevo avuto non pochi
pregiudizi sulla tua storia, avendo un fratello della tua stessa età e
incapace di mettere in successione più di due parole, mi ero aspettata
un agglomerato informe.
Non puoi immaginare il mio stupore nel trovarmi di fronte ad uno stile
fluido e piacevole. Mai pesante e musicale, capace di creare
l’atmosfera perfetta per il realizzarsi della storia.
E’ questo che ho adorato del tuo testo, la capacità inattesa, ma
disarmante e infine estremamente piacevole di animare le descrizioni
con la rotondità della tua scrittura che nella sua semplicità ha molto
da raccontare.
I personaggi, allo stesso modo, sono presentati sin dal principio nella
loro pienezza, dici ciò che è necessario ai fini della storia e questo
ha contribuito all’infondersi di una forte emozione.
Peccato per qualche errorino, sicuramente di distrazione e per la trama
non troppo originale che ti hanno penalizzato nel punteggio finale.
Se non avessi dovuto attenermi ai parametri di giudizio e quindi non mi
fossi ritrovata nella posizione di giudice, sicuramente questa storia
sarebbe stata di mio completo gradimento, perché ha tutto ciò che serve
per poter colpire, per animare un racconto e trasmetterlo.
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