Premetto che non so come andrà a finire esattamente, ma un
paio di chap li ho in mente, quindi fatemi sapere se vorreste che la continui. Vi
avviso che se non la finirò prima dell'uscita del sesto libro probabilmente
resterà incompiuta, dato che non saprei andare avanti sapendo come vanno le
cose nell'originale. Se però avrà successo vedrò di concluderla… Buona lettura.
Capitolo I
Solo Un Po' Brilli
“Cause I'm in too
deep, and I'm trying to keep,
Up above in my head, instead of going under.
Cause I'm in too deep, and I'm trying to keep,
Up above in my head, instead of going under.
Instead of going under.”
(sum 41 – In too
deep)
Si sentivano solo loro tre. Ridevano spensierati per
una battuta che uno dei due ragazzi aveva appena fatto, ma che in realtà
nessuno ricordava già più. Nemmeno la ragazza sapeva perché stava ridendo,
eppure lo faceva, eccome se rideva, e stranamente, per la prima volta in vita
sua, il fatto di non capire il perché, non faceva che divertirla di più. Non
aveva pensieri. Anzi, uno lo aveva: pensava di non essersi mai sentita meglio
in vita sua. Quel rigido controllo che si imponeva era… Ma perché non l’aveva
capito prima? Perché la sua vita fino a quel momento era sempre stata dominata
da una sorta di contegno che l’aveva privata di quella sensazione di libertà
che invece provava ora?
Camminavano
uno affianco all’altro: verso l’interno, sulla sinistra, c’era il ragazzo alto
che aveva fatto la battuta; al centro barcollava un ragazzo piuttosto minuto
che aveva l’aspetto di chi stesse crescendo tanto in poco tempo, ma che restava
comunque molto magro; la ragazza era sulla destra, verso il margine della
banchina. Camminava più velocemente, portandosi a un paio di passi innanzi agli
altri due. Quando avanzava troppo, si fermava per aspettare gli amici,
dondolando sul posto in modo buffo. Probabilmente proprio questo suo ciondolare
era stato l’oggetto del commento del rosso, che ancora non smetteva di ridere.
Per niente
indispettita, lei aveva ripreso a camminare ridendo e fregandosene delle prese
in giro, anzi divertita come una matta da esse. Aveva infine trovato molto
interessante il testare il proprio stato di lucidità avanzando in linea retta.
Ron si girò e
la vide cercare di camminare diritta sulla striscia gialla che segnava il
limite da non superare. Immancabilmente però lei sbandava da una parte o
dall’altra, avvicinandosi ora a Harry, ora al ciglio. Il ragazzo spostò lo
sguardo divertito su Harry, che era ancora in preda a risate gutturali. Vedendo
Ron, cercò di trattenersi col solo risultato di gonfiare le guance in modo
ridicolo e sbuffare fuori l’aria con una sonora pernacchia non prevista,
sputacchiando un po’ addosso all’amico. Quest’ultimo, indeciso se arrabbiarsi o
schifarsi, prese a ridere ancora più forte, asciugandosi gli occhi per metà
dalla saliva e per metà dalle lacrime che gli uscivano per le troppe risate.
Iniziava ad avvertire un dolorino alla bocca dello stomaco, là dove i muscoli
si contraevano nel ridere. Era un dolore piacevole, che la sua mente era
disposta a provare anche per tutta la vita, ma che il suo corpo rifiutava di
sopportare per troppo tempo. Boccheggiò e si impose di prendere aria… ma non
doveva essere una cosa involontaria? Perché doveva dare lui l’ordine ai suoi
polmoni di respirare?
Si era proprio
rincitrullito, pensò. E a seguire vi fu un’altra risata. Questa volta Harry lo
guardò incuriosito, ma poco dopo fu contagiato dall’allegria dell’amico.
Ripresero a ridere, mentre la minuta ragazza alla loro destra percorreva ancora
la striscia di demarcazione. Si sentì un fischio ovattato in lontananza. Una
donna tutta imbacuccata in una pelliccia, sebbene fosse l’inizio di settembre e
facesse ancora relativamente caldo, li guardò sprezzante. Harry le fece una
smorfia, e quella alzò il mento, altezzosa, andandosene scandalizzata. Ron le
gridò dietro qualcosa che riguardava il mondo della magia e che non avrebbe
dovuto dire in presenza di Babbani, ma nessuno se ne curò. La gente che passava
semplicemente pensò che erano un po’ fuori di testa e non vi badò più di tanto.
Harry però aveva ripreso a ridere per il commento di Ron, qualcosa che riguardava
un molliccio che ha per caso incontrato Neville, e poi una cosa sulle
Pallottole Puzzole ed il naso di quella donna, anche se non ricordava più come
due cose fossero connesse. Hermione, presa com’era dal suo test, non aveva
visto la donna e ora si era girata verso i suoi due amici, curiosa. Non
guardando più la linea, procedeva ancora più a zig zag.
Harry era
troppo preso a ridere per fare altro che non fosse mettere un piede davanti
all’altro. Ron lo guardò con poca concentrazione. Aveva ricominciato a girargli
la testa. Fu un fischio, stavolta più vicino, molto più vicino, che lo fece
risvegliare completamente e sgranare gli occhi. Girò di scatto la testa
all’indietro. Le ossa del collo gli scricchiolarono sonoramente, ma lui non se
ne badò. Velocissimo, riportò lo sguardo su Hermione: eccola là, stava
barcollando e… era terribilmente vicino al ciglio della piattaforma. Tagliò la
strada a Harry, scostandolo senza troppi complimenti con una brusca manata e
facendolo cadere con le chiappe per terra. Ignaro, quello riprese a ridere,
anche se un po’ offeso. Non poteva farne a meno.
Ma Ron non
sentiva più niente intorno a lui, nemmeno l’altoparlante della stazione, che
avvisava i gentili passanti di non superare la linea gialla di demarcazione.
Ora la testa gli vorticava paurosamente, ma non era per lo stesso motivo di
prima. Hermione l’aveva superata quella linea, e, per merlino, stava per
superare anche il margine. Si buttò in avanti e le prese le braccia tra le sue
mani. Lei lo guardò disorientata. Si scambiarono un breve sguardo intensissimo,
che a entrambi sembrò durare una vita e che esprimeva tutto ciò che provavano
in quel momento: Hermione aveva le pupille dilatate dallo spavento e dalla
confusione, Ron uno sguardo di pura angoscia e qualcos’altro di indecifrabile,
come di rimpianto per non aver fatto qualcosa. Poi quell’attimo si spezzò e Ron
sollevò di peso per le spalle l’amica, ancora incapace di reagire. Girò su sé
stesso, portando la ragazza lontano dai binari e rivolgendo la schiena ad essi.
Strizzò forte gli occhi mentre il treno passò dietro di lui, sferragliando così
vicino che lo spostamento d’aria gli sollevò completamente la maglietta bianca
leggera che indossava e gli fece cadere a terra la bacchetta che teneva nella
tasca posteriore dei calzoni. Barcollò, un po’ per l’alcol che aveva in corpo,
un po’ per la ventata, ma soprattutto per lo spavento. Aveva ancora gli occhi
serrati quando si accorse che si stava sbilanciando all’indietro. Poi sentì una
mano nella sua e venne riportato con fatica in avanti. Riacquistò l’equilibrio,
ma non riaprì gli occhi. Il cuore gli batteva all’impazzata, eppure poco prima
sembrava essersi fermato completamente. Ora gli rimbombava nelle orecchie.
Aveva ancora la sua mano nella propria.
«Ron…». Un nome, appena sussurrato, quasi con
timore. Eppure lui l’aveva sentito benissimo nel trambusto della stazione. La
sua bacchetta vibrava, ancora a terra,
per la scossa causata dal passaggio del treno. Poi il convoglio rallentò e si
fermò del tutto. «Ron?», ripeté Hermione. Lui aprì gli occhi, piano. «Stai
bene?», gli chiese lei, non appena vide il suo sguardo. Lui la guardò,
spiazzato e confuso. Aprì la bocca per parlare, ma fu interrotto dal
controllore del treno, che era sceso e sembrava furibondo. Aveva iniziato a
sbraitare contro i due ragazzi.
«Ma dico, siete impazziti?!?», urlò, «Vi è dato di volta il cervello per caso??»
Hermione cercò
di rispondere, ma non seppe cosa dire. E questa volta la nuova sensazione di
essere senza parole non le piaceva affatto. Ora capiva benissimo perché fino ad
allora si era sempre controllata. Lei e Ron avevano appena rischiato la pelle,
e Ron l’aveva rischiata per lei! La consapevolezza di ciò che aveva appena
pensato si abbatté su di lei, e si buttò tra le braccia del ragazzo che aveva
di fronte. Lui barcollò ancora, ma la sostenne, imbarazzato e con le orecchie
rosse e bollenti.
«’rmio’…»,
disse, rauco. Gli era venuto mal di gola. Inspirò profondamente. Riprovò a
parlare. «Herm…». Le mise una mano sulla testa, cauto.
«Allora?»,
asserì il controllore. Ron girò la testa di scatto, Hermione si tirò indietro
sobbalzando. Si erano completamente scordati della presenza dell’uomo, ma
questa volta non era a causa della sbronza. Ron si schiarì la voce.
«Ci scusi», lo
interruppe l’amica, «ci eravamo distratti».
«Sì, certo!»,
fece brusco l’uomo, sentendo odore di vino. Fece finta di nulla, ma scossa la
testa. «Be ’, state più attenti la prossima volta», concluse, lanciando loro
un’occhiata allusiva. Hermione abbassò lo sguardo, e Ron ringraziò il cielo per
questo: era diventato scarlatto. Il controllore risalì sul treno, urlandogli
dietro un ultimo «E levatevi di lì!» e scomparendo nel vagone.
Si guardarono
zittiti per un attimo, poi il silenzio fu interrotto da una sonora risata. Si girarono
entrambi verso la fonte del suono, e si stupirono non poco di vedere Harry
rialzarsi facendo leva sul baule che aveva accanto. Anche Hermione arrossì.
«Dovreste
vedervi, sembrate due culi di babbuino rossi!», asserì ridendo.
Ron lo guardò
cupo, poi la sua espressione mutò. Aggrottò le sopracciglia, perplesso. «Che ci
facevi lì per terra?», chiese, sulla faccia dipinta la più genuina curiosità.
«Boh!», rispose Harry. I tre
si guardarono un attimo, dubbiosi. Poi scoppiarono di nuovo a ridere, e Harry
ricadde a terra. Si rialzò, spazzandosi via la polvere dal retro dei jeans.
Sghignazzarono ancora: dopo quei momenti di lucidità, tutto l’alcol che avevano
in corpo riprese a fare effetto. Si riavviarono, trascinandosi dietro
quell’unico baule di cui Harry si era servito per rialzarsi.
―
Si accorsero di aver superato la colonna tramite la
quale si raggiungeva il binario 9 e ¾. Senza preoccuparsene più di tanto
tornarono indietro e si apprestavano ad oltrepassare il muro, quando sentirono
una voce alle spalle.
«Hermione!».
Era Ginny. Le due ragazze, che non si vedevano dal giugno scorso, si salutarono
calorosamente. L’ultima nata dei Weasley salutò sbrigativamente gli altri due
ragazzi, che aveva visto la mattina del giorno prima alla Tana. Harry vi aveva
soggiornato per quasi tutto agosto: ormai, da quando il suo sangue scorreva in
Voldemort, non aveva più molto senso tornare dai Dursley, ma Silente aveva
insistito affinché passasse almeno un mesetto a casa dei suoi zii. Harry
sospettava che ci fosse sotto qualcosa, ma in fondo non voleva creare troppo
disturbo alla famiglia di Ron e non aveva protestato. Non più di tanto, almeno.
Ginny avvertì
l’odore che aleggiava attorno ai tre ragazzi. «Vi siede dati alla pazza gioia
dai gemelli, vedo», disse, non senza una punta di amarezza. Fred e George
avevano proposto di passare l’ultimo giorno, e soprattutto l’ultima notte di
vacanza a Diagon Alley, dove avevano comprato baracca e burattini, ovvero un
piccolo appartamento ed un grandioso negozio di scherzi che avrebbero
inaugurato di lì a un mese. Harry e Ron avevano accettato subito, e nemmeno
Molly era riuscita ad impedire loro di andare, ma per la più piccola dei suoi
figli non c’era stato niente da fare. La signora Weasley si era imposta, non
volendo che anche la sua bambina venisse traviata da quegli irresponsabili ed
insensati che erano i gemelli, ma non sapeva che ormai Ginny era la loro
complice più fedele. Assomigliava senza dubbio ai due fratelli ed aveva
l’importantissimo compito di presiedere alle vendite dei loro articoli
all’interno di Hogwarts senza farsi beccare da Hermione. Ron non rappresentava
un problema: anche se era prefetto, non avrebbe mai osato mettersi contro ai
gemelli, un po’ per paura, ma anche perché in fondo amava i loro scherzi e non
riusciva ad immaginarsene il castello privo.
Ginny era
rimasta alla Tana, meditando di prendersi la vendetta sulla madre. Hermione,
dal canto suo, li aveva raggiunti a casa dei gemelli solo nel pomeriggio,
poiché era appena tornata dalle vacanza con i suoi. Durante il giorno avevano
visitato il negozio, non ancora ultimato, ed avevano aiutato i gemelli in
alcuni preparativi. Alla sera avevano… festeggiato, ci si può ben immaginare
come, date le condizioni dei tre. Fred e George, abituati a feste in stile Weasley
– i veri Weasley, avevano aggiunto, escludendo dalla definizione Percy e
lanciando un’occhiataccia a Ron, sperando che ben presto si sarebbe dato una
svegliata –, li avevano definiti tre “mocciosi che non reggono l’alcol”, ma in
realtà anche loro erano un po’ allegri. La festa di addio vacanze era andata un
po’ fuori misura, visto che persino Hermione si era lasciata andare – non dopo
insistenti sollecitazioni di tutti.
«Non fatevi
vedere così da mamma!», avvertì Ginny, preoccupata. Molly Weasley si stava
avvicinando, trasportando a fatica un carrello carico di bauli e gabbie di
animali, tutte appartenenti a Harry, Ron e Ginny. Il baule di Hermione era
quello che si era trascinato dietro Harry, non prima di averlo alleggerito con
l’aiuto di Fred – loro non potevano ancora fare magie al di fuori di Hogwarts.
Ginny sfoderò la bacchetta velocemente con l’intenzione di fare qualcosa per
quell’odore.
«Ferma che
fai?», la interruppe Harry, mettendosi a ridere sommessamente. Lei lo guardò
male.
«Come, che
faccio? Ucciderebbe prima voi, poi i gemelli se vi vedesse così!», indicò con
la punta della bacchetta la macchia violacea sulla maglietta di Ron.
«Ti
espelleranno!», spiegò Ron, mettendosi a ridere anche lui. Hermione, con grande
sorpresa di Ginny, li seguì a ruota.
«Oddio!», fece
la ragazza, disperata. «È peggio di quanto sembri!»
Qualcuno però
le venne in aiuto. George stava correndo verso di loro con la gabbietta di
Grattastinchi in mano. Fred si era fermato a distrarre la madre.
«Hai
dimenticato questo», disse sbrigativo il ragazzo, porgendo il gatto alla
proprietaria, che ricominciò a ridere. Grattastinchi le soffiò, come a
ricordarle che non era da lei. Ginny alzò gli occhi al cielo, concordando col
gatto. Era Hermione quella che risolveva questioni come quella, di solito. Lei
non sapeva che fare. Il fratello più grande la soccorse. Con un rapido
incantesimo tolse il puzzo, e diede ai ragazzi delle capsule colorate. I tre le
presero in mano non troppo convinti.
«Forza,
sbrigatevi!», li esortò.
«Mmh», fece Ron. In quel momento sembrava
quasi sobrio. «Che sono, Fred?»
«George»,
corresse Ginny, lanciando uno sguardo preoccupato alla madre. Fred non
l’avrebbe tenuta lontana ancora per molto.
«Ah», disse
semplicemente Ron.
«Cosa sono?»,
ripeté Harry.
«Pastiglie
Dopo-Sbornia. Forza, sbrigatevi!»
Dopo un attimo
di esitazione ingoiarono le pillole. George sorrise soddisfatto, poi trascinò
Ginny da parte, sussurrandole qualcosa. Ron si lasciò cadere sul baule di
Hermione, aspettando la madre. La pastiglia stava facendo effetto, perché ora
non vedeva più di tanto doppio.Si accorse di essersi seduto, ma di non sentire
la bacchetta nella tasca dei calzoni. Ricordò lo spostamento d’aria che c’era
stato quando il treno gli era passato vicino, e scattò in piedi.
«Miseriaccia!»
«Tutto bene?»,
chiese Harry. Anche lui si stava riprendendo.
Ron non
rispose. Corse nel punto dove si erano fermati qualche minuto prima e raccolse
qualcosa da terra. Tornò sconsolato dagli altri, mostrando loro la bacchetta.
Qualcuno doveva esserci passato sopra col carrello, perché era scheggiata verso
la punta. La rimise in fretta nella tasca, questa volta in quella davanti. Non
voleva che sua madre la vedesse.
Poco dopo la
signora Weasley li raggiunse. Harry sbarrò gli occhi notando la chiazza di vino
che spiccava ancora sulla maglia bianca di Ron. Attirò l’attenzione dell’amico
e gliela indicò con un cenno del capo. Ron la coprì con una grossa mano,
sussurrandogli un ringraziamento. Non vedeva l’ora di tornare ad Hogwarts e
poter usale l’incantesimo gratta-e-netta tutte le volte che voleva. Si promise
di non rifiutarsi più di usarlo, lasciando il compito di pulire agli elfi
domestici con grande disappunto di Ron.
Molly li
salutò senza accorgersi di niente. «Allora, Hermione, come sono andate le vacanze?»,
chiese ingenuamente. La ragazza se la cavò piuttosto bene nel risponderle.
―
«E tu adesso me lo dici?», sbraitò Ginny,
rivolta al fratello.
«Ti sto solo
dicendo di tenerli un po’ d’occhio per le ore successive!», si difese George.
«No, tu mi stai
dicendo che saranno più ciuchi di prima
per tutto il giorno, e che io dovrò essere responsabile per loro!»
«Abbassa la
voce!», disse George.
«Abbassa la
voce? Abbassa la voce??», sbraitò
lei in tutta risposta.
«Non capisco
perché ti agiti tanto», s’intromise Fred, che aveva raggiunto i due. «In fondo
non ti sarà difficile controllarli. Sarete sul treno, no?»
«Sul treno?»,
chiese Ginny, sarcastica. «Massì, certo, che stupida! Saremo sul treno… e poi
io posso sempre sdoppiarmi, nessun problema, proprio nessunissimo problema!»
«Sdoppiarti?»,
chiese George. «Non ti capisco…»
«Già, quei tre
sono inseparabili», continuò Fred, «non avrai bisogno di…»
«Farti in
quattro», concluse George.
«In quattro
no, George, ma in due si!», asserì la sorella.
«Vuoi dire che
Hermione e…»
«No, Fred,
voglio dire che Ron e Hermione sono prefetti!», interruppe lei, intuendo
cosa stesse per dire il fratello. «E io non posso seguirli alla riunione»,
concluse, sconfortata.
Fred e George finalmente
capirono, ma non comparve preoccupazione sul loro viso, come invece si era
aspettata Ginny.
«Oh, beh»,
fece Fred sbrigativamente, «poco male».
Ginny rimase
basita.
«Il massimo
che possono fare, se beccano Ron ubriaco, è toglierli il distintivo da
prefetto», sul viso di George comparve un ghigno soddisfatto.
«Esattamente»,
disse Fred. «Non possono togliere punti a Grifondoro, perché tecnicamente
non ha bevuto mentre era a scuola…»
George annuì.
Ginny aprì la bocca per parlare: non gli impostava se Ron avrebbe perso il
posto di prefetto, ma per Hermione sarebbe stata una vera e propria rovina. Poi
però cambiò idea. Loro non avrebbero capito, e se anche l’avessero compreso, se
ne sarebbero fregato. In fondo per loro non era mai contato nulla, anzi, era
quasi un disonore diventare prefetto, e lei in realtà la pensava più o meno
così. Ma per Hermione era una cosa di vitale importanza, faceva parte della sua
natura, mentre per Ron… oddio, per Ron era un modo per distinguersi, per farsi
valere, per essere all’altezza degli altri fratelli Weasley. Beh, come aveva
detto Fred, “poco male”: se avessero perso la carica, sarebbe stato un motivo
per Hermione di cambiare un po’, mentre lei stessa avrebbe aiutato Ron a farsi
valere, nel suo stile, però, o se preferite nello stile dei gemelli.
Richiuse la
bocca e scosse la testa. «Speriamo in bene», disse. Gli altri due annuirono.
Poi fece la fatidica domanda: «Avete dato loro qualcos’altro?», chiese,
rassegnata. Era appena venuta a sapere che Fred e George non solo li avevano
fatti ubriacare, ma avevano anche fatto un incantesimo all’alcol di modo che
l’effetto durasse di più.
Incredibilmente
i gemelli scossero la testa. «Solo le Pastiglie che hanno appena ingoiato,
dovrebbero diminuire per un po’ l’euforia», ribadì Fred.
«A proposito»,
disse George, vedendo Hermione ricominciare a ciondolare, «credo che l’effetto
stia svanendo».
Ginny si girò,
salutò i fratelli con un gesto della mano e raggiunse i tre ragazzi alla
velocità della luce.
Fred e George
la videro salutare sbrigativamente la madre con la scusa che si fosse fatto
tardi, anche se mancavano ancora una decina di minuti alla chiusura del
binario. Molly abbracciò tutti ad uno ad uno, poi li lasciò andare, commossa.
Ginny trascinò i tre ragazzi, che avevano cominciato a deridere la signora
Weasley, verso il muro. Poi sparirono, diretti a Hogwarts.
«Ci mancherà
tutto questo, non è vero?», disse Fred.
George annuì.
«Credi che avremmo dovuto dirgli che erano solo Caramelle Tutti-i-Gusti+1?», chiese,
dopo un attimo di pausa.
Fred scosse la
testa. «No. Assolutamente non era il caso. E poi, ha funzionato, no?»
George sorrise
in risposta, guardando la madre che, ignara, si avvicinava per salutarli.
―
Fine
I Capitolo
―
Spero davvero di non aver fatto casino con l’html,
è la prima volta che lo uso e sinceramente non ci capisco molto. Incrocio le
dita… voi intanto, sempre che siate riusciti a leggere, commentate…