Titolo:
La Neve faceva da testimone
Autrice:
PrincesMonica
Rating:
Verde
Disclaimer:
Shannon Leto, Jared Leto e i Mars non sono di mia proprietà,
purtroppo. Tutto quello che scrivo è frutto della mia mente
momentaneamente romantica. E neanche il personaggio originale non
è poi così originale.
Dedicata
alla mia unica ed inimitabile socia. So che bazzica poco sulle Fan
Fiction, ultimamente, ma spero che farà un'eccezione per
questa. L'ho scritta pensando esclusivamente per lei e spero che le
piaccia. E' solo un piccolo gesto per dimostrarle tutto il mio affetto.
“Quel
vaso non va bene, è troppo classico per il
soggiorno.”
C'era
nettamente qualcosa che non andava se ogni volta che il suo futuro
sposo le chiedeva di comprare un oggetto per la casa, lei diceva di no.
Si
guardò attorno: quel negozio sembrava la casa d'aste di
Christie, sembrava che fosse tornata indietro ai tempi della Regina
Vittoria e a lei non piaceva. Probabilmente se fossero andati a far
spese in uno dei mercatini delle pulci nella parte Hippie della
città, si sarebbe divertita di più. O perlomeno
avrebbe trovato cose più per il suo stile, piuttosto che per
quello di sua nonna.
Scosse
il capo, portando dietro all'orecchio una ciocca di capelli ricci e
biondi. Se li era tagliati da poco, quindi non riusciva ancora a
comprimerli tutti nella piccola coda di cavallo che si faceva quando
voleva sembrare più efficiente.
Non
aveva voglia di fare shopping e il motivo era facilmente spiegabile:
nevicava.
E
lei odiava la neve.
Anzi,
a pensarci bene a lei la neve piaceva, ma da quando lui le aveva
spezzato il cuore, non ce la faceva a vederla senza pensare a lui.
Ovviamente
non era lo stesso lui che avrebbe sposato da lì a meno di un mese.
Alto,
fisico asciutto, portamento da alto diplomatico, o da lord inglese,
capelli biondi e profondi occhi scuri. Insomma, un partito che
più di qualche sua presunta amica avrebbe voluto
accaparrarsi. Invece quella apparente fortuna l'aveva avuta lei.
“E
quindi che vaso vorresti, tesoro?”
La
trattava anche fin troppo bene. Si, in effetti lui le voleva bene,
anche se lei era assolutamente certa che non la amasse. No, loro non si
amavano, perchè anche lei aveva lasciato il suo cuore da un
altra parte, su un marciapiede innevato e calpestato ripetutamente.
“Non
lo so...”, mormorò sopraffatta dai sensi di colpa.
Si
poteva sposare solo per non avere più la famiglia che le
rompeva su quanto stava diventando vecchia e sola?
A
quanto pare poteva.
E
povero, Edward non c'entrava neanche niente. Stava più o
meno nella sua stessa situazione. Forse era per quel motivo che la loro
vita assieme scivolava placida e tranquilla... fin troppo tranquilla.
Sesso banale, coinvolgimento mentale sufficiente.
Non
come con lui...
Ebbe
una fugace visione di quell'unica notte assieme, le sue unghie che
striavano di rosso il tatuaggio dietro la schiena, il segno del morso
sul suo seno, la spossatezza e l'indolenzimento alle cosce il giorno
dopo. L'incredibile amore che aveva provato.
Arrossì
immediatamente, tanto che anche Ed se ne accorse e le
domandò se andava tutto bene.
Tutto
bene? Impossibile, una parte di lei era morta, come faceva a stare bene?
Sicura
sui tacchi, uscì dal negozio a prendere fresco, lasciando
che il suo ragazzo sistemasse i conti.
Si
incamminò verso l'auto, sportiva quanto bastava per farli
entrare nell'elitè della città senza sforzarsi
poi troppo. Del resto lui aveva il nome della famiglia a supportarlo,
lei il suo pseudonimo, lo stesso che usava per firmare i suoi libri.
Erano finiti i tempi del sottoscala, era tempo di Attico. E quale
migliore città di Londra per un attico? Con vista su Hyde
Park, direttamente in centro, con collegamenti per qualsiasi parte
della città.
Era
definitivamente arrivata e con l'imminente matrimonio, strombazzato da
tutti i giornali di gossip del paese, secondo solo alle nozze di
William e Kate, poteva dirsi soddisfatta. In fondo era riuscita a
portare a termine la sua vita come uno dei suoi romanzi rosa.
Sospirò
chiudendo la portiera: peccato che nelle sue storie c'erano l'amore e
la passione, due componenti che nella sua vita mancavano.
“E
tutto perchè tu mi hai gettato via...", mormorò
distratta guardando un piccolo e candido fiocco di neve posarsi sul
vetro del finestrino.
Come
arrivò Edward, chiuse i ricordi nuovamente nel suo cassetto
personale.
Era
giunto il momento di andare avanti, anche se non sapeva come.
La
libreria era quella, addobbata già per Natale.
Come
era arrivato a Londra dopo l'ultima data a Barcellona per il 2010,
aveva deciso che ci sarebbe andato. Non che gli fregasse molto di
leggere, in quel particolare frangente, ma aveva visto sul suo sito
internet che lei che quel
pomeriggio avrebbe fatto una conferenza stampa, leggendo il primo
capitolo del suo nuovo romanzo, e poi avrebbe firmato le copie alle
persone presenti.
Sapeva
di sbagliare, ma doveva rivederla... doveva capire.
Erano
stati amici per anni sotto il sole caldo della California e avevano
condiviso un sacco di cose e momenti anche interessanti. Il sesso fra
di loro era qualcosa che non aveva dimenticato, perchè lei e
solo lei era riuscita a dargli un qualcosa che normalmente non provava
quando stava con le altre donne. Un calore particolare, una stretta al
cuore dolorosa.
Ne
aveva parlottato con Jared, ma, in effetti, il fratello era forse
l'ultima persona che poteva dirgli qualche cosa. I suoi rapporti di
coppia erano sempre stati piuttosto turbolenti e la sua storia con
Monica era nata in maniera così convulsa e fuori dalle
canoniche regole, che neppure il diretto interessato aveva capito come
era finito ad innamorarsi di una così.
No,
in realtà era stata Vicky a cercare di portarlo su quella
che lei chiamava la retta via. Lo aveva ascoltato attentamente,
riuscendo a ricavare dai pochi borbottii imbarazzati, un discorso
coerente. E secondo lei, lui si ritrovava in quel caos di sentimenti,
perchè provava un qualcosa ben più alto della
amicizia. Provava amore.
Solo
che Shannon non ne era completamente sicuro.
Quindi
doveva rivederla.
Possibilmente
prima che si sposasse con quel bamboccio inglese.
Quel
pensiero, poi, lo aveva fatto incazzare non poco e i concerti in giro
per l'Europa e le gallinelle con cui si ritirava a fine serata, non
erano riusciti a fargli distogliere la mente da lei.
Entrò
nella libreria, sentendo immediato sollievo al freddo pungente che
c'era nella capitale inglese. La neve lo aveva schiaffeggiato per tutto
il giorno. Mentre nella sala c'era un dolce tepore che si fondeva
perfettamente con l'odore della carta stampata, un odore che associava
più che altro a Jared.
Chiese
ad una delle commesse che lo guardava distratto, dove poteva trovare la
conferenza e lei lo
accompagnò fino alle scale e lui la lasciò
lì.
Scese
lentamente verso la sala interrata e la sentì prima ancora
di vederla. Stava leggendo con passione autentica la sua creazione. La
fissò da lontano, un po' nell'ombra: era su un palchetto
rialzato, con un paio di occhiali sottili per leggere da vicino.
Indossava una maglia color blu oltremare, leggermente scollata, su cui
poggiava una collana che Shannon conosceva benissimo: era un piccolo
plettro con una libellula, simbolo di una delle sue band preferite.
Glielo aveva regalato lui.
I
capelli erano più corti rispetto a quello che lui ricordava,
ricci modellati le scendevano a lato del viso. Il trucco accentuava gli
occhi verde smeraldo che spesso lo avevano incantato. Era veramente
bella e nonostante gli anni di separazione per lui non era cambiata di
una virgola.
E
la voleva di nuovo come l'aveva avuta quella notte.
Attese
con più pazienza del solito che finisse la lettura e poi le
infinite domande che le venivano poste. Ero tutte inerenti alle sue
eroine, tutte tranne una, che lo incuriosì più di
tutte.
“La
sua storia d'amore è come quelle che descrive?”
“La
vita reale è qualcosa che va oltre a qualsiasi libro. Nei
romanzi ognuno di noi scrive quello che sogna o ha sognato e raramente
le cose che si sognano poi diventano realtà. Restano solo
sogni... indimenticabili sogni.”
Il
pubblico mormorò qualcosa, ma la situazione fu salvata
dall'agente che prese il microfono per dare inizio alla Signin Line.
Shannon
ne aveva di esperienza in materia, quindi sapeva che il momento
migliore per colpire era stando in fondo. Aspettò che le
ultime fedeli lettrici scivolassero via e si mise davanti al tavolino.
Lei stava guardando verso il basso, cercando di far funzionare una
penna che non ne voleva sapere.
“A
chi devo dedicarlo?", la sentì
dire, mentre a bassa voce nascondeva una bestemmia verso la penna.
“A
Shannon Leto, primo fans da sempre.” Lei si bloccò
e alzò la testa così di scatto da sentire un
dolore dietro al collo. “Ciao Shanna.”
“Tu...che...
oh...tu cosa... Los Angeles... Barcellona... tu...”,
Shannon sorrise: ricordava benissimo i discorsi senza senso che spesso
faceva.
“Sono
qui perchè ho un paio di giorni di vacanza prima di tornare
a Los Angeles dopo lo show di Barcellona.” Ora aveva tutto un
senso “E quindi quando ho saputo che eri qui, sono venuto
immediatamente.”
Lei
deglutì: no, non era possibile, non poteva arrivare
lì e distruggerle
l'esistenza nuovamente, non adesso quando era sull'onda del successo
personale e stava per sposarsi. No, dannazione!
“Puoi
anche tornartene a casa da tuo fratello.”
“No, sai che noia. Da
quanto si è messo con Monica mi è diventato tutto
zuccheroso... meglio stargli lontano. E poi preferisco guardate te e
non lui.”
“Io
non voglio vederti, Shan.”
“Ti
aspetto fuori.” Fece lui senza aver dato segno di averla
sentita... esattamente come faceva sempre.
Shanna
scosse il capo e andò a prendere il giubbotto: non aveva
ancora bisogno della scorta armata come la sua collega Rowling e quindi
non aveva neanche un'uscita secondaria per lei. Maledizione, doveva
uscire dalla porta principale dove ci sarebbe stato lui di certo.
E
infatti lo trovò lì, alle prese con
l'accendino e la sigaretta. Come la vide, la mise via e le sorrise come
solo lui sapeva fare. Con le labbra chiuse, maliziose, gli occhi
così simili a quelli di un grosso e placido
gatto. “Dove mi porti?”
“Da
nessuna parte, ho un appuntamento io!", Shanna
aprì l'ombrello nero per ripararsi dalla neve.
La
neve... la stessa che aveva visto il suo rapporto con Shannon
distruggersi. La peggiore delle testimoni era ritornata. Sembrava un
circolo vizioso... era come se il karma volesse dirle qualcosa.
“Maledetto Karma...", mormorò
mentre sentiva i passi dell'uomo vicino a lei. “Ti ho detto
che non voglio vederti...quale parte del discorso non hai afferrato.", le stava
montando una crisi isterica e non andava per niente bene.
“Stai
per sposarti.”
Shanna si
bloccò. Di tutto quello che poteva dire se ne usciva con
quella frase? “Sì,
perchè?”
“Perchè
non è quello giusto per te. Ti conosco, quel baronetto non
è l'uomo giusto. È scialbo, noioso solo a
guardarlo, cosa ci fai con uno così?”
“Non
credo che siano più fatti tuoi con chi esco o con chi decido
di passare la mia vita.”
“Shanna...”
“NO!
Smettila di chiamarmi così. Senti un po', che cosa avrei
dovuto fare eh?", notò
a malapena che la gente intorno a loro si fermava velocemente a
guardarli. Scosse il capo e si addentrò in Hyde Park: per
fortuna che casa sua era vicina.
“Forse
avresti dovuto trovare qualcuno che faceva per te. Almeno qualcuno che
ti portava per concerti! Onestamente non ce lo vedo quello a pogare nel
parterre durante i Coheed and Cambria.”
“Ah
certo, immagino che avrei dovuto aspettare te, giusto?”
Lui
sorrise trionfante. Era arrivato esattamente dove voleva. “Avresti
voluto aspettarmi, Reneè?", la prese per
il braccio attirandola a lei. L'ombrello cadde a terra e la neve fredda
iniziò a toccarle il volto.
“No.
Grazie a te ho smesso di pensare che l'uomo giusto sarebbe arrivato.
Così come l'amore, visto che il mio cuore lo hai preso e
strappato, oltre ad averlo gettato via.” Shan vide nei suoi
occhi le lacrime pronte ad uscire, trattenute a stento dalle lunghe
ciglia scure. Le accarezzò la guancia, ma lei
scacciò la mano come se fosse una mosca molesta. “Non
mi incanti più, Shannon. Vai a fare le tue moine a Kelly o
Alena, di sicuro apprezzeranno di più.”
“Come
è che sai della mia vita sessuale?", Rimarcò
particolarmente la parola sessuale e Shanna arrossì. Si era
tradita da sola.
Poi sospirò
sconfitta. “Conosco ogni cosa di te, dalla tua
carriera alla tua vita privata, sei contento adesso? Te ne puoi
andare?” Domandò nuovamente, stanca con la voce
strascicata, ormai sfinita solo dalla sua presenza.
“No,
se sono qui è per un motivo ben specifico.”
“E
quale sarebbe?”
“Questo.”
La
prese per le guance, attirandola a sé. Non chiese il
permesso, lo fece e basta. Le labbra si incontrarono subito, asciutte e
fredde a causa della neve, eppure morbide e desiderose di lasciarsi
andare come non succedeva da tempo per entrambi. Shannon dettava il
ritmo, voglioso di sentirla sua come era già stata:
insinuò la lingua nella bocca, incurante del timido cenno di
protesta di Shanna che, in un lampo di lucidità, si era
ricordata di essere in procinto di sposarsi e non con lui. Soltanto che
le mani callose di Shannon la stavano spingendo troppo facilmente verso
il pino dietro di loro. Il contatto non fu dolce, ma almeno l'albero
stava dando una certa stabilità che sul selciato con la neve
non avevano.
Le
labbra di Shannon scesero verso il collo e la fecero gemere. Fu il
sentire la propria voce come qualcosa di alieno e l'erezione di lui
sulla coscia che la fecero tornare sulla terra.
“NO!
Adesso basta!” e lo spinse lontano da sé.
“Cosa?”
“E
non guardarmi con quell'aria da cucciolo. Smettila di rovinarmi la vita
ancora! Hai avuto quello che volevi, hai capito che sono ancora
fottutamente innamorata di te, bene, sii soddisfatto e vattene. Devi
smetterla di arrivare da me e rivoltarmi come un calzino.
BASTA!”
L'urlo
si spense nell'oscurità del parco.
I fiocchi
continuavano imperterriti a posarsi a terra coprendo l'erba e loro
stessi.
Shannon
chiuse gli occhi e deglutì a vuoto. Era il momento in cui
doveva tirare le somme. “Se non lo
ami perchè lo sposi? Perchè ti butti via
così?”
“Perchè
l'uomo che voglio è un idiota!”
“L'uomo
che vuoi è qui! E sono tornato apposta.”
“Per
cosa? Per farmi capire che sto sbagliando? Lo so già da me,
ma non posso cambiare le cose. Non posso mandare tutto all'aria per uno
che la mattina dopo mi lascia un biglietto sul cuscino e la sera
è già con un'altra. Posso solo andare avanti
senza di te.”
“E
invece se ti chiedessi di mollare tutto e venire con me?”
Silenzio...
Shanna
non sapeva che cosa dire.
“Perchè?”
“Perchè
mi manchi.”
“Cazzate!”
“Non
sono cazzate. Ti voglio bene. Di certo..." deglutì di
nuovo, mentre Shanna iniziava a piangere quietamente, “...di
certo ho capito che averti lontano mi fa male. Quando ti ho...lasciata
e tu sei scomparsa dalla mia vita, ho iniziato un viaggio verso il
baratro più assoluto. Alcool, parecchio, qualche pasticca.
Solo il registrare il nuovo album mi ha aiutato. E poi la nuova
depressione in Europa, quando ho compiuto quarant'anni e tu non c'eri.
E soprattutto perchè ho letto che ti sposavi. E ho capito,
lavorandoci parecchio con Vicky, che sei tu quella persona che comunque
mi dava un senso, che girava l'ago della mia bussola. Ero uno Shannon
migliore perchè tu eri vicino a me. E voglio tornare ad
esserlo. Voglio tornare a stare vicino a te.”
Shanna
era impietrita: da che ricordava era il discorso più lungo
che aveva mai fatto, soprattutto riguardo ad un qualcosa di serio come
la loro relazione.
Shannon
sospirò mettendosi le mani in tasca del giaccone. Una
nuvoletta di vapore uscì dalla bocca prima che riprendesse a
parlare: “Non posso
prometterti che sarà facile, perchè di certo non
lo sarà; non posso neanche prometterti che sarà
tutto perfetto e rosa e giusto. Sbaglierò e anche tanto, ma
se ci deve essere qualcuno che me lo fa notare, quel qualcuno DEVI
essere tu. Perchè se non sei tu, non sarà nessuna
altra donna. Perchè io voglio te. Io... io...”
“Tu?”
cercò di aiutarlo, ma con scarsi risultati: non credette che
lui fosse riuscito a sentirla, le tremava troppo la voce. L'emozione
che quelle parole le avevano dato era indescrivibile.
“Io
ti amo.”
Voleva
credergli con tutto il cuore, lo voleva sul serio. Aveva bisogno di
credergli, forse, ma come poteva lui aspettarsi che lei lo facesse sul
serio? “Io
non...”
“Non
mi ami o non vuoi stare con me?”
“Ho
paura di stare con te. Ho paura.”
Lui
annuì abbassando la testa e si spostò ancora un
po' da lei.“Io resterò a Londra ancora per un paio
di giorni. Dormo allo Sheraton, in caso tu volessi
cercarmi.”
Shanna
annuì mentre lui si girava e, con le spalle leggermente
curve, si avviava nella notte, sparendo pochi minuti dopo, in un
turbinio di fiocchi bianchi.
Anche
lei si incamminò verso il suo attico.
E non capiva
niente.
Sapeva
che lo voleva come era sempre stato, ma aveva veramente paura che lui
potesse nuovamente abbandonarla. Eppure quelle labbra, quel suo sapore
forte di maschio con il retrogusto di tabacco, quelle mani callose
eppure dolci, quelle sue carezze... le mancavano quasi come l'aria.
Quel bacio era stata l'univa ventata di aria fresca in anni di presenza
in una stanza chiusa a doppia mandata.
Il
bacio di Shannon era stato una ventata di Vita.
Quella
stessa vita che non provava da troppo tempo.
Aprì
la porta dell'attico e trovò Edward intento a parlare al
telefono. La baciò sulla guancia e lei chiuse gli occhi
quasi disperata.
Niente,
non aveva provato nulla. Non un brivido, non una vertigine... niente.
Come se a baciarla fosse stato un amico di cui non le importava nulla.
Come
poteva vivere tutta una vita con lui?
Andò
alla libreria deputata ai CD e ne tirò fuori uno che mise
immediatamente nel lettore.
La
batteria forte, pesante e senza limiti si espanse per la stanza facendo
arrabbiare Edward che proprio non sopportava quel rumore.
“I
want to Fall,
I
want to fall”
Si... voleva cadere
Shanna.
Voleva
cadere e non rialzarsi più.
Doveva
prendere una decisione e guardando la neve, unica ed eterna testimone
della sua storia con Shannon, si disse che non si sarebbe
più guardata indietro.
Un
anno dopo
Camminava
ad Hyde Park. Non c'era molta gente, la neve scoraggiava sempre un
sacco di gente. Guardò la luce nell'attico e sorrise. Quella
quiete domestica era un raro lusso che ad entrambi piaceva concedersi.
Il
nuovo libro l'aveva portata addirittura a fare una turneè in
Asia, dove le giapponesine la veneravano. Sentiva spesso la testa
girarle per la troppa felicità.
E
poi lui... lui che non l'aveva abbandonata nonostante tutte le crisi
isteriche che lei aveva avuto sia verso di lui che per il matrimonio. E
ovviamente per il libro. Ma era rimasto, come un'ancora di salvezza.
Entrando
a casa toccò il suo pletto dei C&C e sorrise.
“Finalmente
sei qui.”
“Ho
camminato lentamente, o sarei scivolata. Continua a nevicare.”
“E
immagino che sarai tutta infreddolita...” Lo sguardo non
prometteva niente di casto.
“Mi
vuoi scaldare?”
Lui
si limitò a sorridere, la prese in braccio e la
portò verso il loro letto londinese.
“Vuoi
che ti scaldi,
Reneè?”
“Come
sempre, Shannon. Come sempre.”
E
fuori, la Neve faceva da testimone.
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