La
lista.
E’
successo che mentre camminavo lungo la strada si avvicinò una
bambina con un elenco di nomi in mano.
Mi
chiese, sorridendo dolcemente, se potevo aiutarla a rintracciarli.
Avevano
perso tutti la strada per essere felici.
La
guardai attentamente, per vedere se mi stava prendendo in giro.
Era
molto seria, anzi, serissima.
Osservai
di nuovo l’elenco di nomi che aveva in mano: c’erano nomi
femminili e maschili, e accanto ad ognuno di loro c’era un’immagine
disegnata a matita.
Allora
mi inginocchiai accanto a lei e gli dissi di si.
Lei
mi sorrise, luminosa.
Era
sicura che avrei detto di si, glielo lessi nello sguardo e questo mi
turbò profondamente.
Iniziammo
dal primo nome della lista, e qui ebbi la prima sorpresa. Era mio
padre.
Il
mio cuore si fermò un attimo: Che cosa voleva dire questo?
Mio
padre era l’uomo più sicuro di se che io abbia mai conosciuto.
Lei,
senza dire una sola parola, indicò l’immagine disegnata accanto al
suo nome: un paio di jeans.
E
io capii.
Mio
padre non aveva mai voluto che io indossassi un paio di jaens.
Era
un uomo tutto d’un pezzo, di quelli di una volta.
Un
uomo “antico”, sembrava che le rughe, sul suo volto, fossero nate
con lui.
Un
giorno, avevo undici anni, mi regalarono un paio di jeans.
Il
mio primo paio di jeans.
A
lui non piacevano affatto i jeans.
Mai
piaciuti, erano un indumento rozzo per maleducati senza cervello.
Io,
figlio di un generale, non potevo indossare cose del genere.
Li
accettò per educazione troppo radicata in lui, ma appena soli li
butto via, li diede alla Caritas, per i poveracci.
Io
non ne avevo bisogno.
Non
me lo dimenticai più e quel gesto cancellò in me l’immagine che
io mi ero fatto di mio padre.
E
li lui mi perse come amico e confidente.
Ero
diventato solo suo figlio, lontano e irraggiungibile.
Un
gesto banale come quello aveva cambiato così tanto in me.
In
noi.
Appena
pensai a come ero stato sciocco in tutti questi anni…a tutto il
tempo che avevo buttato via e che adesso non sarebbe più ritornato
perché lui non c’era più…i jeans scomparvero, come il suo nome
dalla lista.
Il
cuore fece un salto nel mio petto.
E
la bambina sorrise, prendendomi la mano.
Ci
ritrovammo in un’altra città, quella di mia madre.
Accanto
al suo nome c’era disegnato uno scialle rosa.
E
le lacrime si affacciarono ai miei occhi.
La
vidi seduta davanti allo specchio con quello scialle la sera prima
che morisse.
La
vidi li mentre si pettinava i suoi lunghi capelli ormai candidi, vidi
i suoi occhi sbiaditi dal tempo ancora così pieni d’amore…e
provai l’impulso di entrare nella sua camera e di abbracciarla per
stringerla forte a
me, per dirle quanto le volevo bene e come era
ancora stupenda per me.
Ma
non lo feci.
Perché
mio padre mi aveva insegnato a non rivelare così i miei sentimenti.
Solo
le donniciole lo fanno, e io, invece, ero un uomo.
Così
uscii di casa senza fare quel gesto che sarebbe stato l’ultimo
verso colei che mi aveva messo al mondo.
Appena
sul mio viso comparve una lacrima… il disegno sparì.
Insieme
al suo nome.
La
bambina strinse più forte la mia mano e andammo avanti così.
Per
tutto il giorno.
Nomi
di amici che non vedevo da anni a causa di litigi sciocchi o seri…
o a causa della pigrizia innata nell’essere umano.
E
mentre ricordavo quanto futile fosse il motivo del litigio…quel
nome spariva dalla lista.
E
la pace scendeva in me.
Così
arrivammo all’ultimo nome: il tuo amore mio.
Bè…pensai…
questa volta ha toppato la bambina.
Io
non ho nulla contro di te.
Poi
vidi il disegno… un fiore.
Una
rosa per essere esatti.
E
li mi inginocchiai per terra, senza più forze.
Una
rosa rossa…per tutte le volte che volevo regalartene una ma che poi
non ho fatto perché… non è da uomini essere così romantici.
Una
rosa rossa…per tutte le volte che non ti ho ascoltata, convinto che
avessi ragione io.
Una
rosa rossa…per le volte che mi sono addormentato voltandoti la
schiena, chiuso nel mio rancore.
O
per quando ero così stanco…da non avere la forza di rivolgerti
nemmeno un sorriso.
Una
rosa rossa…per tutte le parole che non ti ho detto, per tutte le
volte che non ti ho amato.
Per
le parole gratuite che ti ferivano.
Una
rosa rossa per tutte le lacrime che ti ho fatto versare.
Io,
che credevo di non averti mai fatto soffrire.
Mi
ritrovai sotto casa mia, con una rosa rossa in mano.
Varcai
quel cancello ed entrai in casa, accolto dalle grida dei nostri
figli.
“Papà
è tornato presto stasera”…con una rosa.
E
davanti al tuo sguardo stupito ed interrogativo risposi con un
“grazie” appena sussurrato.
Grazie
piccolo angelo dai capelli biondi.
Non
dimenticherò mai il tuo sguardo…e la tua lista.
E
non permetterò mai a me stesso di dimenticarmi che sono vivo.
Che
esisto grazie ad un atto d’amore.
E
che è per quello che continuo a vivere.
Come
questa rosa rossa che stringo tra le mani, segno del mio amore per
te.
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