auguri
di buon Natale!
Fall.
La cosa
strana è che non sapevo come ero arrivata lì,
tutto iniziava dal niente.
Il
pavimento nero, era di un legno male andato e scricchiolante; come
soffitto
solo una coltre di nubi che oscurava ogni piccolo pezzo di cielo.
Ero ferma
lì, in mezzo a quell’infinito luogo, non sapendo
nemmeno come ero arrivata a
quel punto.
Intorno a
me c’erano delle porte, tante porte sui lati più
lunghi del pavimento e solo
una… una sola si trovava
di fronte a
me.
Non
sapevo cosa fare, era come se mi trovassi in una sfera di cristallo
dove ogni
suono e odore era ovattato.
Sentivo
un leggero freddo e c’era pura follia, come se stessi
aspettando qualche cosa
di grande e confuso.
Irrazionale.
«Tetro,
non trovi?»
Sentii
sussurrare al mio orecchio, il primo vero suono che sentivo per la
prima volta,
da quando avevo messo piede lì. Mi stupii di quanto quella
voce, seppur fredda
e neutra, mi riscaldasse il cuore più che nella vita reale.
Era come se mi
sentissi tranquilla e allo stesso tempo impaurita.
Lo
guardai per la prima volta e non riuscì, anche se avevo
associato perfettamente
la voce alla persona, a capacitarmi del perché proprio lui,
fosse in quello
strano luogo con me.
«Cosa ci
fai qui?» chiesi stupida, fissandolo per bene.
La
camicia di Hogwarts lasciata fuori, i pantaloni leggermente
più bassi e la
cravatta verde-argento slacciata.
Perfettamente
come nella vita reale, aveva un comportamento orgoglioso, strafottente
nella
sua posa da duro e fottutamente bello.
Sorrideva
appena, con le mani in tasca e mi guardava divertito, come sempre.
«Tu ti
ricordi come ci sei arrivata, Lils?» domandò.
Scossi la
testa e abbozzai quello che doveva essere un sorriso imbarazzato.
Scrollò
le spalle, «Nemmeno io.»
m’informò.
Spostai
lo sguardo da lui per guardarmi un'altra volta intorno, sospirando
affranta. «Ma
cos’è questo posto?» mi trovai a
sussurrare, senza capire nulla.
«Hai mai
provato…» ripresa a parlare Scorpius, mentre
toccava lo strato liscio di una
porta «ad aprire una di queste?»
«Dici che
si aprono?» chiesi.
Sorrise
beffardo, «Prova ad aprire quella che ti piace di
più.»
Lo fissai
e senza domandare oltre, cominciando a guardare ogni porta.
Ce
n’erano di tutti i tipi. C’erano porte di ogni
colore e dimensione: rotonde,
lunghe, larghe, con colori scuri, chiari, variopinti, alcune avevano
decorazioni come lo stemma dei Grifondoro e una addirittura tutta
Serpeverde.
Ma
nessuna delle porte mi attirava sul serio come quella.
Era una
porta normalissima, di quelle classiche. I colori erano belli, rossa
all’interno e di un bianco candido all’esterno. Mi
attirava il colore, la
levigatura, il modo in cui spiccava sulle altre.
«Questa.»
dissi avvicinandomi.
Senza
aspettare una possibile razione di Scorpius, poggiai titubante la mano
sul
pomello ed aprii.
Nulla.
«Scorpius
è allora?»
«Dovresti
entrarci dentro, scema.»
Non
riuscii a replicare che mi spinse dentro con lui e, al posto di quei
nuvoloni e
di quel pavimento terrificante, mi ritrovai in una cantina.
L’avrei
riconosciuta tra mille: con i ripiani ordinati, in base al cibo, agli
oggetti,
al tipo. Era grande quanto la mia camera da letto, ma era normale se si
parlava
della cantina di casa Malfoy.
Sobbalzai
quando sentii dei rumori strani e vidi me, con i miei capelli rossi
sciolti e
lui, che si levava la maglietta e mi spingeva tra i barattoli dei
pelati.
Nemmeno
questa volta riuscii a parlare o a provare un minimo di vergogna,
perché come
mi aveva gettato lì dentro, la stessa mano aveva artigliato
il mio colletto e
mi stava riportando indietro.
Vidi la
porta rossa chiudersi in un tonfo e quel cielo nuvoloso ricomparve
davanti a
me, mentre la mia testa reclamava aiuto.
Scorpius
scoppiò a ridere e io, se possibile, spalancai gli occhi
ancora di più.
«Ha-Hai
visto! M-ma come hai fatto e perché!?» cominciai a
balbettare stupita mentre il
giovane Malfoy si piegava in due dalle risate.
«Avevo
sempre pensato che fossi una pervertita Potter, tra tutte le porte che
potevi
aprire hai aperto proprio quella.»
Arricciai
il naso e misi il broncio, «Se tu mi avessi detto che
lì c’era la nostra prima
volta, avrei fatto a meno di riviverla e ne avrei aperta volentieri
un'altra.»
mentii, evidentemente non riuscendoci perché Scorpius mi
fissò con sguardo
austero e aggiunge: «Faccio finta di crederti.»
Era
assurdo, completamente e indiscutibilmente assurdo! Cos’era
quel posto? Più mi
facevo domande e più non trovavo risposte, era snervante.
Volevo sapere il
come, quando, perché, in che modo ero arrivata in quello
strano limbo e perché
c’era LUI e non un'altra persona.
Sfortunatamente
nessuna delle mie domande meritò risposta, anzi furono
bellamente ignorate
dalle mie labbra che non riuscivano ad aprirsi nemmeno per formulare
una
singola lettera.
«Sai, le
ho aperte tutte.»
«Tutte?»
Annuì.
«E… cosa
hai visto?» domandai.
Scorpius
sorrise, uno di quei soliti sorrisi strani.
«Ho visto
te… e me. Tutte queste porte sono un
nostro ricordo.»
Come una
stupida lo fissai per dei minuti, facendo passare ancora una volta lo
sguardo
tra tutte le porte, finché non mi ritrovai a pensare a quali
ognuna di esse,
racchiudesse; se i colori, le forme, servissero ad identificare
qualcosa.
Chissà
che ricordo conteneva quella verde a pois viola!
Avrei
tanto voluto aprirla… ma non ne ebbi il tempo.
«Sai»,
ricominciò Scorpius, «Le ho aperte tutte, tranne
una.»
Indicò la
porta che strava sull’unico lato piccolo, separata dalle
altre. Non aveva
nessun particolare che la differenziasse da altre porte normali, era
una
semplice porta marrone.
«Non
riesci ad aprirla?»
«No.»
«Vuoi che
provi io?»
Scorpius
annuì e mi prese la mano, «Vediamo se tu ci
riesci.»
Arrivai
davanti a quella porta mano nella mano a Scorpius e come prima avevo
fatto per
la porta rossa, poggia la mano sul pomello e spinsi.
Si
Aprì.
Sentii
la
mano di Scorpius lasciare la mia in modo che andassi avanti, e anche se
sentivo
i piedi stranamente pesanti, feci gli unici due passi che servivano per
superarla. Sospirai quando vidi che non era cambiato niente, ma quando
mi girai
verso il mio ragazzo per guardarlo, tutto si fece nero e il pavimento
crollò.
C’ero
io,
Lily, dall’altra parte della porta con tutto nero intorno e
c’era Scorpius di
fronte a me, con i piedi ben saldi dalla parte opposta alla mia, dove
tutto
sembrava normale.
Urlai ed
allungai la mano, ma non riuscii nemmeno per un secondo a sentire il
tempore
della mano di Scorpius, che caddi.
E sentii
lamenti, pianti, angoscia mentre pian piano sprofondavo nel nero
più intenso.
Sentivo i
miei pianti, una strana sensazione al cuore come se me lo stessero
strappando
dal petto e la bocca dello stomaco chiudersi dopo un senso di estrema
nausea.
Volevo
vomitare tutto. Sentivo, mentre cadevo, un senso di vomito e di
disgusto.
Sentii freddo e tristezza come se ci fossero dei Dissennatori e ancora
pianti,
lamenti, urla. Tutti miei.
Ma non
caddi, mi ritrovai un’altra volta sospesa nel vuoto, con la
mano di Scorpius
che teneva la mia per non farmi andare giù.
Scoppia a
piangere.
«NON
FARMI CADERE!» urlai, «Non farmi cadere, non farlo!
TIENIMI.»
Ero
invasa dal terrore. Terrore di ricadere in quel posto, di sentire
quelle
sensazioni e non cadere mai. Avevo paura, avevo una fottuta paura che
cominciai
a singhiozzare tanta era la mia disperazione.
«Ti
prego, ti prego.»
Volevo che la mia
voce risultasse una
preghiera, una supplica. Lo volevo per la prima volta.
«Lily,
non ti lascio!»
«Tirami
su, tirami su cazzo!»
«Lils,
cosa c’è lì sotto, cosa
c’è?»
Non
capivo il senso della domanda, non capito nemmeno la
tranquillità nella sua
voce, il suo tenermi ancora sospesa tra quel buco nero e la salvezza.
Non
capivo che senso aveva sapere cosa c’era lì,
quando non lo sapevo neanche io.
Poi
risposi, con gli occhi rossi dalle lacrime, la mano destra che faceva
male.
«Non
c’è nulla Scorpius. C’è il niente.»
Lo
guardai, lui ricambio lo sguardo… e vidi il
“niente”.
La mano
si fece come di burro, e io caddi. Ancora.
E questa
volta non solo sentii, non solo provai disgusto e tristezza, ma vidi
scene e
scene di miei ricordi, sgretolarsi, rompersi come un vaso che cade in
mille
pezzi.
Sentii la
mia risata, poi i soliti insulti gratuiti che mi rivolgeva Scorpius, le
mie
risposte acide. Vidi, sentii, vissi tutto, finché non
tornò il n u l l a … e il
vomito.
Questa volta
ero caduta davvero, ma quando aprii gli occhi il senso di nausea non
era
passato e continuava, continuava… come per farmi ricordare
il sapore amaro del
nulla e di qualcosa che non ricordo cos’è.
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