Dio… Dimmi che è solo un’allucinazione, una visione…
O, mi va anche bene se sto sclerando! L’importante è che…
QUELLO CHE VEDO DAVANTI A ME NON SIA REALE!!!
Difficile che il desiderio della ragazza potesse
realizzarsi: sette uomini erano piombati, tutto d’un tratto in quella camera,
dopo che quella luce abbagliante aveva invaso tutto, accecandola.
Il problema era fondamentalmente che erano troppo reali per essere soltanto
pura immaginazione.
E tutti, indistintamente, si guardavano tra loro con aria perplessa, anche un
po’ disorientata.
“Hey, ma… dove siamo?” chiese, all’improvviso, un ragazzo che aveva,
apparentemente, circa la sua età. Aveva dei capelli castani, molto lunghi,
raccolti in un’alta coda di cavallo, e degli occhi verde-acqua, molto intensi.
“Questa non è la sala di riunione della base, o sbaglio?”
“Che sia uno dei sogni di Shinpachi?” un altro, ora, con i capelli rossicci, e gli occhi color
oro, aveva parlato. “Onegai, Shinpachi, non trascinarci nei tuoi sogni
assurdi!”
“Baka!” esclamò un uomo dalla corporatura muscolosa, i capelli rossi e gli
occhi azzurri. “Chi mai sognerebbe una cosa del gener…”
“Neh neh, minna-san… Perché non chiediamo a quell’ojou-chan laggiù?” . Un
ragazzo dall’acconciatura a dir poco assurda, i capelli castani e gli occhi
verde-foglia, le si era avvicinato e la guardava con aria quasi divertita, ma,
nel contempo, diffidente.
“Neh, ojou-chan…” esordì, avvicinandosi a lei ancora di più. “Per caso sai
niente di come abbiamo fatto a finire qui?”
Oddio… Oddio, oddio, oddio, perché mi hai
fatto questo?!?
Questo tizio è pericoloso! Ha… Ha… una katana con sé! E vera, per giunta!
“E… E…Ecco… I… Io…”
Un… Un momento! Perché sono loro che
minacciano me? Questa situazione non ha senso!!!
“Che… Che… Che cosa volete che ne sappia io?!” scattò lei, smettendo di
tremare e raccogliendo tutto il coraggio che aveva. “Anzi, dovreste dirmelo voi
com’è che ci siete finiti qui! Cosa ci fate in casa mia? Come siete entrati?
Chi vi ha dato il permesso di farlo, eh?!”
“Mh?” . Il ragazzo che prima le si era avvicinato, la guardò con aria perplessa
e disorientata.
“Ragioniamo con calma…” . Una voce più profonda e pacata, saltò fuori
all’improvviso. Proveniva da un giovane dai lunghi capelli corvini, legati in
un altrettanto interminabile coda di cavallo, e dagli occhi color ametista.
“Eravamo riuniti nella sala riunioni per discutere di alcuni argomenti molto
delicati, circa i nuovi ordini dello Shogunato, quando, ad un tratto, una luce
abbagliante ci ha avvolto tutti, accecandoci.
Quando la luce è scomparsa, ci siamo ritrovati qui, in questa camera, con
questa ragazza. La spiegazione può essere solo una…”
“Demone” .
Arline non riuscì neanche ad udire bene la voce del ragazzo che aveva parlato
che subito si ritrovò la sua katana al collo.
Coooooooooooooosa?!?
Il giovane aveva i capelli neri che i riflessi della luce sembravano
tingere di blu, raccolti in una coda scesa che faceva cadere sulla spalla
destra. Inoltre, aveva degli occhi del colore del mare.
Ma la ragazza non poté concentrarsi molto sulla sua figura, dato che era più
preoccupata della katana che le stava puntando alla gola.
“Si… Si… Si può sapere che diavolo stai facendo?!” esclamò la ragazza, che
stava sudando freddo dal timore che quella lama potesse sfiorarla.
“Elimino il demone” si limitò a rispondere lui.
“De… Demone? Quale demone?” . Ora sì che stava davvero perdendo la pazienza!
Non solo questi tizi si erano intrufolati in casa sua, ma si permettevano anche
di chiamarla “demone” e puntarle una katana contro!
“Sei cieco, o cosa? Non lo vedi che sono un’umana?”
“Devo ammettere che sei bravo a fingere… Più di quel che sembri, demone…”
“Fingere?! Ma… Io non sto fingendo! E ti ho già detto che non sono un demone”
“Saitou-san, credo dovresti ritirare la lama. Ho la sensazione che la ragazza
stia dicendo il vero…” . Un giovane uomo dai capelli castano scuro, gli occhi
nocciola nascosti dietro un paio di occhiali, e l’aria più rassicurante di
tutti, era intervenuto per difenderla (salvarla) dall’altro ragazzo.
Difatti, dopo il suo intervento, l’altro aveva abbassato l’arma, non
rinunciando a guardarla ancora arcignamente.
Arline non trattenne un sospiro di sollievo.
Forse c’era qualcuno di normale in quel branco di pazzoidi armati e vestiti
alla samurai style.
Beh, forse non erano proprio divise da samurai, ma una cosa era certa: erano
dei vestiti vecchi quanto la sua bisnonna!
Eh? Quanto la bisnonna…?
“Sono terribilmente spiacente per il
comportamento dei miei compagni” . L’uomo che prima l’aveva aiutata a scampare
dalle grinfie dell’ ultimo samurai,
si era piegato su un ginocchio, davanti a lei, e le aveva posto la mano per
aiutarla a rimettersi comodamente in ginocchio. “Solo che, deve capirci, sono
alquanto disorientati dal susseguirsi degli ultimi eventi” .
Okay, assodato: quel tipo era il più simpatico di tutti.
O, se non altro, il meno schizzato.
Arline si era fidata dell’uomo e gli aveva afferrato la mano che lui
gentilmente le aveva posto. Tornata, in seguito, ad una posizione quasi
decente, si schiarì la voce e guardò il “branco” di giovani riuniti intorno a
lei.
Oh, mamma… quanti sono! E tutti troppo
vicini, per giunta!
Già non li sopporto più.
“Ehm… Ecco… Io… Graz…” aveva deciso di ringraziarlo, ma fu interrotta da
un’altra voce, più potente che asserì: “Mhhh… Parlando di cose strane… I suoi
vestiti non sono un po’ inusuali?” .
A quell’osservazione fatta dall’uomo muscoloso e con gli occhi azzurri, tutti
la osservarono meglio.
“In effetti Shinpatsu-san ha ragione! Indossa dei vestiti stranissimi! E, poi,
perché indossa un umanori hakama*? Se è una donna, perché non
indossa un kimono, o, quanto meno, un gyōtō
hakama*?” . Il ragazzo più giovane del gruppo, le si fece più vicino per
osservarla meglio. “Inoltre… questo hakama non è un po’ stretto?” .
Il giovane sembrava davvero stranito da
quel tipo di abbigliamento. “Non ti fa male, indossare vestiti del genere?” le
chiese, speditamente, con sguardo anche alquanto preoccupato.
“Perché dovrebbe farmi male? E’ un jeans!”
Starà scherzando, spero.
Spero per loro che abbiano soltanto ricevuto una forte botta in testa e che si
siano rincitrulliti, di conseguenza, altrimenti… questi sono schioppati forte!
Cioè… Non conoscono i jeans?!
“Un che…?!?” avevano esclamato, all’unisono, il ragazzino, il gorilla e il
rosso dagli occhi dorati.
“Ma… Mi state prendendo in giro, vero?”
I sette la guardarono con aria perplessa, per poi guardarsi tra di loro, in
cerca di risposta.
“Non è che, per caso, viene dall’Occidente?”
“Sannan-san, vuole dire che è una straniera?”
L’altro annuì. “Eppure è strano. Parla molto distintamente il giapponese. E non
ha l’aspetto di una straniera”.
“Straniera? Ma che straniera!” . La ragazza aveva sentito il loro discorso in silenzio. Ma
quando era troppo era troppo! “Voi siete tutti matti! Io sono Giapponese! E,
comunque, pretendo una spiegazione! Chi siete voi? E perché siete a casa mia?”
“In effetti, stiamo cercando di capirlo anche noi…” . Il giovane dai capelli
rossastri non trattenne un sospiro. “Beh, almeno possiamo distrarci un po’ dal
lavoro, neh?”
Il ragazzo, suo coetaneo, gli lanciò un’occhiataccia. “Harada-san… la fai
facile tu…” .
Eh? Harada-san?
Dove l’ho già sentito questo nome?
“Sto cercando di sdrammatizzare… Neanche a me piace questa situazione,
sai?”
Harada… Harada…
“Non sappiamo neanche dove ci troviamo. Saremo ancora a Kyoto?”
Una mia compagna di classe si chiama
Harada!
Ah, no… ma c’è qualcun altro che…
“Io mi preoccuperei, piuttosto, di chiedermi se siamo ancora in Giappone” aveva
iniziato a supporre l’uomo dalla corporatura muscolosa, con una bandana verde
che gli circondava la il capo.
Harada… Harada…
Ma… un attimo…
“Shinpachi, certo che sei più idiota di quel che credevo!”
“Eh? Hai detto qualcosa?”
Non sarà mica…?
Possibile…?!?
“Oltre che idiota sei anche sordo. Inizierei a preoccuparmi, se fossi in
te, vecchio mio!”
“Sano… razza di bastardo…”
“Sano, Shinpachi!” li riprese, il corvino dagli occhi ametista. “Futaritomo,
yamet…*”
“Trovato!” lo interruppe, ad un tratto, la giovane, ponendosi al centro della
sala.
Tutti i sette uomini la guardarono con aria decisamente stupita, nonché
perplessa, mentre Arline manteneva il diario della bisnonna tra le mani, con
l’affanno.
“Ho capito tutto!” ripeté, quasi come se desse per scontato che gli altri non
avessero capito ciò che aveva detto precedentemente. “O, almeno, credo…”
“Neh, neh, la tipa dai vestiti strani dice di aver capito che ci è successo!” .
Il giovane, suo coetaneo, dagli occhi verde-acqua, ancora una volta non aveva
perso occasione di mandarla su di giri.
Chi sarebbe la “strana”? Proprio lui mi
va a parlare di stranezza? Si è mai visto allo specchio? Ha dei capelli che
sembrano la coda di uno scoiattolo!
Voleva dirgliene quattro, ma decise di astenersi. Tirò un profondo sospiro
e di voltò, in maniera sicura, verso l’uomo dai capelli rossi e gli occhi color
oro, che l’aveva portata all’uscita di quel tunnel oscuro. “Tu sei…
Harada-san!”
Tutti la guardarono, mentre la ragazza lo indicava con l’indice ed uno sguardo
penetrante.
Silenzio tombale.
“Fin qui, credo ci fossimo arrivati tutti…” commentò Sanosuke, anche un po’
deluso.
“Puoi dirci qualcosa che non sappiamo, ragazzina?” le chiese, quell’uomo che
aveva capito chiamarsi Shinpachi, con aria divertita.
“No, no, voi non capite!” . Arline sembrò disorientata. “Harada-san, tu hai
portato dei dolci alla bisnonna e hai anche regalato dei giocattoli a suo
figlio!”
“Cos’è che avrei fatto, io?” . Il giovane non ci vedeva chiaro. Proprio per
niente. E la sua espressione di puro stupore lo dimostrava.
“Sano” lo chiamò, ad un tratto, l’uomo dai lineamenti gentili e i modi
tranquilli. Forse il più tranquillo, oltre quel Sannan che l’aveva salvata, tra
tutti quanti. “Hai fatto visita a qualcuno di recente? Non mi avevi informato a
riguardo. Pensavo di essere stato chiaro sul fatto che, durante i
pattugliamenti, non devono esserci soste, o distrazioni”
“Distrazioni…? Non posso permettervi di insinuare oltre!” ribatté, l’altro.
“Sapete anche sin troppo bene che non sono tipo da distrarmi con donne, o robe
simili, durante i pattugliamenti, Hijikata-san!”
Eh? Cosa? Arline ebbe un sussulto,
sentito quel nome. Hijikata-san?
“Sono perfettamente consapevole di questo. Ad ogni modo…”
“Lei è… Hijikata-san…?” lo interruppe per la seconda volta, la ragazza.
Non sapeva perché gli aveva dato del lei. Era l’unico con cui l’aveva fatto.
Ma, forse perché era uno dei due che gli ispirava fiducia, forse perché aveva
capito di chi si trattava… ritenne sia la cosa migliore da fare.
Il giovane, nel frattempo, aveva preso a fissare Arline con aria diffidente e
nello stesso tempo perplessa. “Anche se fosse?”
“Quindi… è lei…” . Mentre sillabava quelle parole, Arline gli si avvicinava
sempre di più. “Allora… Allora è lei che…” . Corse tempestivamente verso di
lui, con uno scatto talmente poco rassicurante, che lo shinsengumi preparò la
katana, pronto a difendersi da un ipotetico attacco. Anche tutti gli altri
(specialmente quello dall’acconciatura strana, i capelli castani e gli occhi
verdi, e quello che precedentemente le aveva puntato la katana alla gola – quel
certo Saitou –) misero mani alle loro armi. Ma, vanamente, dato che la ragazza,
non appena gli fu di fronte, si inginocchiò ed affermò: “E’ lei l’amante della
bisnonna!” .
Fatta quest’affermazione, nella stanza regnò il silenzio più totale.
Forse neanche nel vuoto dell’universo ci sarebbe stato un silenzio così
assoluto.
Tutti i giovani – specialmente Hijikata-san – la guardarono increduli ed alcuni
(come Heisuke) anche stupiti.
Solo dopo pochi secondi, si udì un rumoroso sovrapporsi di altrettanto sonore
risate.
“Questa è buona! Hijikata-san l’amante di una donna!”. Harada sembrava non
porsi troppi problemi, anche sparlando (perché sì, stava sparlando di lui) del
proprio superiore.
“Dopo questa rivelazione, posso anche morire felice!” continuò a sbeffeggiarla
Shinpachi. “Perché, ne sono sicuro, potrei anche morire per l’assurdità della
cosa!”
Il corvino, dagli occhi ametista, rivolse un’occhiataccia ad entrambi, si
schiarì la voce, facendo due colpi di tosse che copri con un pugno, per poi
rivolgersi ad Arline con tono serio e distinto: “Ascoltami bene, ragazza. Non
so se il tuo obiettivo è quello di disorientarci, o se stai semplicemente
vaneggiando. Tuttavia, gradirei – e non soltanto io – che cessassi
immediatamente di creare equivoci e, di conseguenza, divergenze tra di noi”
“Ma… è vero! Lei è veramente l’amante della mia bisnonna!” insistette lei,
ostinatamente.
Alla riaffermazione della giovane, Sano e Shinpachi tornarono a ridersela.
“Mh… La nostra ojou-chan è
insistente, eh?” intervenne quel ragazzo dalla capigliatura strana e gli occhi
verdi, con aria quasi divertita, appoggiandosi con un braccio sulla spalla di
Hijikata. “Può essere che… infondo stia dicendo la verità?”
“Souji, sta’ zitto” lo riprese l’altro. “Non ti ci mettere anche tu”
“Su, su, non te la prendere. Sto soltanto esprimendo il mio punto di vista”
“Beh, sappi che il tuo punto di vista non mi sta aiutando affatto”
Se prima quel tizio le era risultato davvero antipatico, adesso stava
riacquistando punti: sembrava l’unico che le credesse.
“Inoltre,” riprese Hijikata, scrutando Arline con aria severa, incrociando le
braccia al petto. “hai affermato che fossi l’amante della tua bisnonna. Non
credi sia un po’ improbabile che un giovane diventi l’amante di una donna
anziana?”
Arline non sapeva come spiegarlo. In effetti ciò che aveva pensato lei non
stava né in cielo, né in terra, ma… Era davvero sicura di aver capito tutto. Ci
era arrivata. Anche se lentamente, ma c’era arrivata.
Beh, ho fatto trenta. Tanto vale fare trentuno.
Tanto già mi credono mezza-schizzata…
oltre che un “demone”…
Peggio di così non può andare.
“Ascoltate, lo so che può sembrarvi strano, a primo impatto, ma dovete
sapere che, con molta probabilità, appartenendo voi al passato e dopo aver recitato
un haiku particolare letto sul diario della bisnonna, siate stati trasportati
qui attraverso gli oggetti che vi appartenevano” cercò di chiarire
frettolosamente, senza neanche fare una sosta per riprendere fiato.
Nuovamente il silenzio.
Tutti la guardarono con perplessità e, nel contempo, stupore.
Gli occhi erano spalancati.
“Eh?” riuscì solamente a sillabare, Heisuke, con aria frastornata.
Arline sospirò nuovamente e, sedutasi sulle ginocchia, inspirò profondamente e
spiegò con chiarezza: “La città dove vi trovate in questo momento è sempre
Kyoto. Ma è diversa dalla Kyoto che conoscete voi.
Lo so che vi sembrerà assurdo, ma… questa è la Kyoto del 2010, non della metà
dell’800!” . Gli sguardi ancora più disorientati dei giovani la fecero
tentennare un po’, ma alla fine si decise a proseguire: “Insomma, quello che
sto cercando di dirvi è che … vi trovate nel futuro! Non so come, esattamente,
abbiate fatto, ma siete riusciti a varcare la soglia del tempo e a raggiungere
quest’epoca”.
In un primo momento, dopo questa rivelazione, tutti la guardarono con aria
sconvolta. Poco dopo, però, Sano batté un colpo sulla spalla dell’amico, non
trattenendo una risata: “Questa ragazza è straordinaria! In mezz’ora è riuscita
a dire più idiozie di quante ne dici tu, Shinpachi, in un giorno intero! Sei
stato superato. Vergognati”
“Ah! Devo ammetterlo. Mi ha battuto” confessò l’altro, ridacchiante. “Non
saprei inventarmi menzogne migliori!”
“Non sono menzogne! Sto dicendo la verità!” scattò Arline, ferita nell’orgoglio.
Non era mica una pazzoide qualunque che se ne andava a raccontar idiozie al
primo che le capitava sott’occhio!
Era davvero agguerrita. “E voi dovete credermi!”
“Ma… ti senti quando parli?” le chiese, spavaldo, Heisuke. “Ti avviso: se non
la smetti di prendere in giro le persone, qualcuno prima o poi ti prenderà
veramente per pazza. E allora sì che sarai nei guai”
“P…Pazza? Io non sono pazza! E non sto prendendo in giro nessuno! Io…”
“Sapete qual è la cosa peggiore?” chiese Shinpachi, generalmente. “Che con
quell’aria rigida e seria, sembra davvero convinta di quel che dice”
“Ma io sono convinta di quel che dico!” insistette, ancora più furiosa, la
giovane. “Siete voi che non capite! Siete soltanto degli idioti!”
“Su, su, ojou-chan” , intervenne il
tipo chiamato Souji, sorridendole comprensivamente. Un sorriso quasi di
biasimo. “Non prendertela così tanto”
Impossibile!
Fu quello che pensò la ragazza, non risparmiandogli un’occhiataccia.
Mi chiedi qualcosa d’impossibile! Come
faccio a non prendermela? Ho a che fare con dei veri citrulli! Te compreso!
“Frena, frena. Vediamo se ho capito bene…” esordì Harada, facendosi, d’un
tratto, tutto serio. “Noi apparteniamo al passato. Tu ad un’epoca futura. Hai
trovato, per caso, un diario che hai scoperto essere quello della tua bisnonna.
Leggendolo hai capito che la tua bisnonna aveva un rapporto con tutti noi e
conosceva tutti i membri della Shinsengumi. Inoltre la tua antenata avrebbe
riunito degli oggetti che ci appartenevano. E sempre questa tua bisnonna ha
scritto un haiku che è stato in grado, assieme agli oggetti che un tempo ci
appartenevano, di riunirci”
“E così saremmo arrivati qui” concluse Hijikata, seguendo il filo logico (se
così poteva definirsi) della questione. “Giusto?”
“S…Sì… Più o meno…” . In realtà non è
andata proprio così. Ma non c’è bisogno che sappiano ogni particolare con
precisione. Sorvoliamo – che è meglio – .
“Non ho mai sentito una sciocchezza più grande!” affermarono all’unisono
Shinpachi ed Heisuke.
Okay, adesso è ufficiale: non li sopporto
più, questi idioti!
Non sapeva quante volte se l’era ripetuto in quell’ultima oretta in cui era
accaduto tutto quel casino.
“Siete davvero odiosi!” . Arline non era soltanto ferita nell’orgoglio, ma
anche delusa. In qualche modo, era davvero delusa. “Non so proprio perché si
sia legata a voi… Non riesco davvero a capire cosa la bisnonna Chizuru ci abbia
trovato di tanto speciale in voi!”.
…
Silenzio.
Una calma che, quasi, le sembrava strana.
A cos’era dovuto, tutto quel silenzio?
Arline non riusciva a capire.
Dopo la sfuriata aveva aperto lentamente gli occhi per guardarli.
Non sapeva perché… Forse per la strigliata, o forse per quello che aveva detto,
i sette giovani erano rimasti interdetti, a fissarla con gli occhi sgranati e
un volto di purissimo stupore.
Heisuke era a dir poco sconvolto.
Ma la cosa che la spaventò di più era l’espressione assunta da quel Saitou e da
quell’altro, Souji.
Mentre il primo – da quando erano piombati lì – lo aveva sempre visto con una
maschera d’indifferenza e inespressività totale, l’altro aveva sempre quel
sorriso malizioso e quello sguardo furbo e astuto. Lo sguardo di uno che era
sempre superiore a tutto e tutti. E, soprattutto, che prendeva tutto non troppo
sul serio.
Vedere questi due con quell’aria sconvolta, non le dette affatto coraggio.
Che stava succedendo?
“Chizuru?” domandò, ad un certo punto, Hijikata, avvicinandosi a lei...
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