Ho
sempre odiato il Natale.
Non so per quale motivo, ma così, improvvisamente, da un
anno all’altro,
ho iniziato a non sopportare più tutto questo. Non sopporto
la città piena di
luci, non sopporto la gente che gira per strada con un sorriso ebete
stampato
in faccia, non sopporto i sorrisi forzati e gli auguri fatti
perché è così che
va fatto.
Un
tempo invece amavo tutto del Natale, ogni singola cosa, dal fare
l’albero
alle calze appese sul camino, dalla cena della Vigilia al pranzo di
Natale,
dalle carole ai film.
Forse mi è capitato
perché sono cresciuto. Diventando grande ti rendi
conto di quanto tutto questo spirito natalizio sia in realtà
falso, che la
gente usi questa festa come incentivo al consumismo.
Per di più non sono religioso, non credo che il giorno di
Natale si
debba festeggiare la nascita del bambin Gesù.
Ho
potuto constatare inoltre che il Natale rende tutti più
stressati;
corri di là, prepara di qua, compra gli ultimi regali
dall’altra parte. È una
cosa che non sopporto, lo stress. Né il fatto che si debbano
fare gli auguri a
qualcuno che non si conosce e di cui non importa nulla.
Ma
forse provo tutto questo perché sono geloso… sono
geloso marcio.
Sono geloso, invidioso delle altre persone. Invidio la gente che
può
trascorrere il Natale con la persona che ama, che può
mostrarsi felice col
proprio compagno affianco.
Vorrei
che Robert fosse qui.
Vorrei che fosse qui con me.
E invece lui è a Malibu con la sua famiglia, giustamente.
È
vero, anche io ho una famiglia con cui stare ma non sono proprio in
vena di stare con loro. Se già odio il Natale, gli ultimi
due anni sono stati i
peggiori Natali di sempre, a causa di Robert… del fatto che
non fosse qui con me.
Non
chiedo tanto, no? Mi accontenterei di una sua telefonata ora, mi
accontenterei di sentire la sua voce, anche se a chilometri di distanza.
La verità è che voglio che lui mi auguri Buon
Natale, che mi abbracci e
stringa tra le braccia, trasmettendomi il suo calore.
Perché per me Natale significa calore, significa avere
vicino la
persona che ami, molto più di altre serate.
Mi
sdraio sul divano e chiudo gli occhi, cercando di non far caso alle
voci che vengono dalla strada, ai bambini che cantano stupide canzoni
natalizie. Voglio dormire. Voglio passare questi due giorni dormendo,
senza
rendermi conto di nulla.
Scivolo
nel sonno, sognando il mio Natale perfetto: io e Robert, seduti
sul divano, sotto una coperta che ci litighiamo, ridendo guardando un
vecchio
film a cui in realtà non prestiamo poi così tanta
attenzione, troppo presi da
noi stessi per soffermarcisi più del dovuto.
*
Driiin
Driiin
Mi tiro a sedere,
stropicciandomi gli occhi.
Chi è che chiama? Spero tanto non sia qualcuno che voglia
augurarmi
Buon Natale perché giuro che gli sbatto il telefono in
faccia!
Mi alzo dal divano e vado a rispondere.
“Pronto?”
dico, con tono sospettoso.
“Ciao…”
Boccheggio,
gli occhi mi si riempiono di lacrime. Non ci credo, è la
sua voce, è la sua voce!
“Hei…”
sospiro, lasciando che una lacrima solitaria mi scivoli lungo la
guancia.
Ma mi vedo? Sono un bambino che piange per niente.
“Esca
da casa Watson, c’è una sorpresa che
l’aspetta.”
Cosa?
Oddio e se c’è lui?
No, non è possibile, non può aver abbandonato la
sua famiglia per
venire da me!
“Robert,
aspetta cosa…”
Non faccio in tempo a finire di parlare che mi attacca il telefono in
faccia.
Corro
alla porta e la spalanco, sperando che ci sia lui ad attendermi,
fuori dalla porta, col suo sorriso e i suoi grandi occhi scuri, il suo
profumo
inebriante e i suoi capelli spettinati, le sue battute pungenti e le
sue
premurose attenzioni.
Ma fuori non c’è nessuno. O meglio, non
c’è lui.
Robert non c’è.
Mi
si dipinge in volto un’espressione delusa, ma poi trovo un
pacchetto
per terra; lo raccolgo.
È un biglietto. Dentro, scritto con una calligrafia che
conosco bene, c’è
scritto.
Prendi il cappotto, il cellulare
e cammina fino in fondo alla strada.
Rientro in casa,
afferro il cappotto, il cellulare e le chiavi ed esco;
corro verso la fine della strada e mi fermo di botto, sorpreso.
C’è una carrozza che mi aspetta.
Il vetturino mi guarda dall’alto e mi sorride.
“Immagino che lei sia il signor Law. Prego, salga.”
Salgo,
sempre più stupito, non riuscendo a capire quale sia il
gioco di
Rob. Sul sedile trovo un altro biglietto; lo apro alla
velocità della luce.
Il vetturino ti porterà a
Trafalgar Square. Nascosto tra le fauci del secondo leone troverai un
altro
biglietto.
Trafalgar
Square… il secondo leone. Ricordo cosa è successo
in quel
preciso punto. È stato prima che scoprissimo di essere
innamorati, anche se io
lo ero, anche piuttosto palesemente.
In quel punto preciso gli avevo detto che tenevo tanto a lui.
Ovviamente aveva frainteso, o aveva fatto finta.
Arriviamo
in Trafalgar Square, e mi precipito al secondo leone, trovando
il biglietto. Apro anche questo, col sorriso sulle labbra: dentro,
oltre a un
biglietto scritto anch’esso di sua mano,
c’è una foto. Una nostra foto.
Stiamo chiacchierando tranquillamente, seduti su un divano, vestiti da
Holmes e Watson. Non so quando sia stata scattata questa fotografia,
non l’avevo
mai vista prima; ma abbiamo gli occhi che brillano, entrambi.
Resto imbambolato a fissare la foto, poi, con un po’ di
fatica, porto
lo sguardo sul biglietto.
So che odi il Natale, Jude. Ma non
devi…
Ora vai a Baker Street.
C’è bisogno che
ti dica il numero?
Ridacchio
divertito, raggiungo il vetturino e salgo, dicendogli: “221B
di Baker Street, grazie.”
“Il museo, signore?”
“Sì, il museo.”
Arriviamo
lì in circa venti minuti, e riesco a vederlo anche da
lontano. Un biglietto in carta argentata, che brilla al buio, un
po’ più grande
degli altri.
Salto
di nuovo giù dalla carrozza e scarto il pacco. Tra le mani
mi
ritrovo un maglione verde… il suo maglione verde, quello
dell’ intervista*.
Lo stringo addosso a me, inspirando l’odore,
l’odore di Robert, che da
esso proviene. Mi è sempre piaciuto questo maglione.
Apro anche il biglietto che era posato sul pacco.
Questo maglione ti è sempre
piaciuto… te lo regalo, anche se credo ti starà
un po’ grande…
Prima dicevo che non devi odiare
il Natale… non sai mai cosa Babbo Natale potrà
portarti per regalo!
Ora, l’ultima tappa: il London
Eye.
Il London Eye?!
Ma è chiuso la vigilia di Natale!
Non
capisco proprio cosa abbia in mente.
Salgo e do l’indirizzo al vetturino, perso nei miei pensieri.
Una parte di me, una parte che sto cercando di reprimere, spera che lui
sia sotto il London Eye ad attendermi; ma sto cercando di reprimere
questa
idea, perché so che non ci sarà. L’idea
che Robert abbia potuto andar via da
Malibu, da Susan, da Indio solo per passare la Vigilia con me non ha
senso. Mi piacerebbe
tantissimo, davvero, ma… non credo che l’abbia
fatto.
Durante
il percorso sono quasi tentato dal dire al vetturino di tornare
indietro, di riportarmi a casa. Ma sono curioso di sapere cosa mi
attende ora.
Siamo
sotto al London Eye adesso.
Scendo, seguito, questa volta, dal vetturino.
Mi si avvicina con passo felpato, tirando fuori dalla tasca un pezzo di
stoffa nera.
“Hei, cosa ha intenzione di fare?”
Ma con uno scatto, riesce a bendarmi gli occhi.
“Mi scusi signore, ma ho avuto indicazioni ben precise di
bendarla. Mi dia
la mano ora, e si lasci guidare.”
Gli tendo la mano, titubante.
Cominciamo a camminare, sempre più avanti, fino a che mi fa
salire un
gradino abbastanza alto. Molla la presa, mi lascia andare, e io
barcollo, senza
equilibrio.
Sento
una mano sfiorarmi da dietro, accarezzarmi i capelli, sfilandomi
la benda.
Ciò che si presenta davanti ai miei occhi, me li fa
spalancare dalla sorpresa.
Sono in una cabina, e davanti a me c’è un tavolo
coperto da una tovaglia
bianca, una candela accesa al centro tavola e una bottiglia di
champagne; un
vassoio di quelli con le ruote, grandi, che usano i camerieri. Sopra ci
sono
dei piatti, coperti però da coperchi. Degli addobbi natalizi
coprono infine la
ringhiera.
È uno spettacolo meraviglioso.
Ma
mai quanto quello che mi invade ora il campo visivo.
Robert.
Senza
pensarci due volte mi butto tra le sue braccia, un po’
perché sono
felice di vederlo, un po’ perché non voglio che mi
veda piangere. Stringo ancora
il suo maglione tra le braccia.
Lui mi stringe a sé, cominciando ad accarezzarmi i capelli e
a darmi piccoli
baci lungo la tempia. Nascondo il viso nell’incavo del suo
collo, nel posto che
sembra quasi appartenermi, che considero totalmente mio.
Inspiro il suo odore, lo stesso che sento sul maglione, lo stesso che
vorrei sempre sulla mia pelle.
Comincio
a singhiozzare, vergognandomi come un bambino.
Vorrei chiedergli cosa diamine ci fa qui, perché ha deciso
di regalarmi
tutto questo, ma resto in silenzio; ci sarà tempo dopo,
più tardi. Ora voglio
solo concentrarmi sulle sue parole.
“Buon
Natale Jude.” Mi sussurra nell’orecchio. Sembra che
anche lui sia
commosso.
Mi scosto da lui per guardarlo in volto e vedo che ha gli occhi lucidi.
Gli sorrido, predendo il suo volto tra le mani, e lo bacio.
“Buon
Natale Robert.”
NOTE:
Questa one shot è dedicata al mio Holmes personale, a Roberta… sappi che ho aggiunto
l’ultima
parte della foto appena adesso, quando mi ha scritto!! =) Ti voglio
bene cara!
Non ti abbattere… =)
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