Prologo
“...Ora sapete la verità,
o almeno, quella che potete conoscere. Rivelandovi in questa lettera
i nostri segreti, non solo ho infranto tutti i voti del silenzio e
della segretezza che avevo giurato di difendere, ma ho messo a
repentaglio la mia stessa esistenza. Non so quanto ancora mi aspetti
da vivere, ma almeno so che il nostro sapere non si perderà
totalmente con la mia scomparsa. Siamo rimasti in pochi a conoscere i
segreti, e so che piccoli innocenti pagheranno per le nostre colpe, e
questo mi addolora. Ma il seme della speranza non morirà, e
grazie a voi non si perderà nella memoria, ma continuerà
a crescere fino a germogliare. Abbiatene cura. La responsabilità
che vi affido è enorme, lo riconosco, ma io mi fido di lei.
Protegga il nostro segreto fino a che l'ora non sarà giunta.
La serva fedele della
Suprema Essenza”
mentre rileggeva quelle
righe, l'uomo non poteva che sospirare tristemente. Sulla scrivania
davanti a lui, il giornale di quella mattina riportava la tragica
notizia della morte misteriosa di una semplice casalinga. “Omicidio
misterioso, movente sconosciuto. Nessun indizio, la polizia brancola
nel buoi, si ipotizza ad una rapina conclusasi tragicamente...”,
ma l'uomo sapeva la verità. Quella lettera gli era stata
consegnata quella mattina stessa assieme al giornale. Per collegare i
due avvenimenti non c'era voluto molto. Ora l'uomo sapeva che non
c'era niente da fare se non aspettare. Sarebbe stata un'attesa molto
lunga, anni sarebbero dovuti passare, prima di mettere in atto il
piano. Avrebbe aspettato, era l'unica soluzione. Si alzò
lentamente dalla scrivania e si avvicinò ad una parete,
davanti ad un quadro. Lo sollevò cautamente dal suo sostegno,
rivelando dietro una cassaforte. Con la lettera ancora in mano,
l'uomo la aprì, e al suo interno affidò quello scritto,
richiudendo poi tutto e riposizionando il quadro.
Ritornò appena in
tempo alla sua scrivania, prima che la sua segretaria entrasse.
Doveva iniziare la sua solita giornata di lavoro, come se niente
fosse. La sua vita doveva scorrere come prima, nessuno doveva sapere.
Anche se non poteva fare a meno di lanciare, appena poteva, uno
sguardo al quadro che custodiva il segreto.
a-b
-mi dispiace signore, non
sono riuscito a recuperalo...-
-INCAPACE-
-mi dispiace signore, o
cercato...-
-Non me ne faccio niente
delle tue patetiche scuse!!!-
-Signore, io...-
-TACI!-
seguirono alcuni minuti di
silenzio. Un uomo si alzò dalla sua poltrona, un bicchiere di
whisky in una mano. Si avvicinò ad una immensa finestra che
dava su un giardino scuro, coperto di alberi altissimi, secolari. Il
cielo plumbeo faceva presagire pioggia. Il cielo esterno rispecchiava
perfettamente il clima all'interno della stanza. L'altro uomo, che
aveva temuto il peggio quando l'altro si era alzato, era in piedi, in
un atteggiamento di profondo pentimento e umiliazione. Aveva portato
a termine solo una parte della missione che gli era stata affidata, e
avevo mancato la parte più importante. Era pronto a ricevere
una punizione seria, ma le parole del suo capo lo sorpresero.
-In fondo non sei una
delusione totale, tu-
-Signore, io, gra...-
-La tua avversaria era
troppo forte e astuta per te-
Il colpo colpì in
pieno l'uomo. Per un attimo si era illuso di ricevere una
gratificazione da quell'uomo a cui aveva giurato fedeltà molti
anni addietro.
-In fondo, mio caro
servitore, non è la prima volta che ti gioca quella donna, o
sbaglio?-
-No-
-Come?-
-No signore-
un sorriso pieno solo di
autocompiacimento e presunzione comparve sul volto del capo.
-Ora vattene, ti richiamerò
se avrò ancora bisogno di te-
-Si, signore-
-Ah, ancora una cosa. Un
altro errore, e non te la caverai così facilmente-
-Si, signore-
E mentre il servitore usciva
silenzioso dalla stanza, dentro di lui ribollendo di rabbia per la
missione non portata a termine e per il rimprovero subito, e con la
paura costante di essere eliminato da un momento all'altro, l'altro
continuava ad osservare il panorama. Quando sentì la porta
chiudersi, si voltò, e si posizionò davanti al camino
acceso, unica fante di calore della stanza. Si risedette sulla sua
poltrona, e iniziò a girare il bicchiere pieno di whisky. Poi,
con uno scatto improvviso, lanciò il bicchiere dentro il
camino, provocando una fiamma improvvisa.
-Maledetta sgualdrina! Non
manderai all'aria i miei piani! Troverà il modo, anche senza
il mezzo primario! Non mi fregherai, dovessi impiegare tutta la mia
vita, io ci riuscirò!!!! Vi ho eliminato tutti voi, Servitori,
e il mio piano procederà! Nessuno mi potrà mai
fermare!-
a-b
In una calda mattinata una
giovane donna osserva silenziosa il telefono di casa. Sa che tra poco
suonerà, sa che tra poco sentirà la voce di una persona
che non sente da tempo, sa anche di cosa parleranno. Il giornale
davanti a lei le dice che tutto quello che temeva si sta avverando.
Del loro gruppo ormai non erano rimasti che in pochi... si potevano
contare sulla dita di una sola mano. Erano rimasti in tre, e il
numero poteva assottigliarsi ancora. Lo squillo del telefono la
ridestò dai suoi pensieri.
-Pronto?-
-Sono io...-
-Sapevo che avresti
chiamato-
-Lo so-
-Siamo rimasti in tre...-
-Due-
-Cosa?-
seguirono alcuni momenti di
silenzio. Delle lacrime si stavano formando negli occhi azzurri della
donna...
-Ti prego, non piangere
amica mia-
-Erano le mie migliori
amiche...-
-E anche le mie-
-Cosa faremo ora?-
-Cosa farai vorrai dire-
-Come? Cosa stai dicendo?-
-Credo che anche la mia ora
sia arrivata-
-NO!-
-Era il nostro destino, lo
sapevamo già-
-Ma lo abbiamo cambiato! Lei
ci ha permesso di cambiarlo!-
-Ed è morta, come gli
altri-
-Allora mi vuoi dire che è
stato tutto inutile?-
-No, questo mai. Ci ha
permesso di dare un mondo migliore ai nostri figli! Abbiamo potuto
avere dei figli, e sai che prima non avremmo potuto-
-Lo so-
-Anche se per poco, siamo
stati felici-
-Ma a quale prezzo? Siamo
rimasti da sole!-
-Ma hai un compito da
portare avanti. Continua la tua ricerca, non interromperti mai. E
proteggi tuo figlio, sempre. Lo sai, lui, come gli altri...-
-Si, lo so. Ma è
giusto lasciare a loro un compito così importante?-
-Giusto o no giusto, amica
mia, è il loro destino. Noi abbiamo compiuto la nostra
missione. Ora devi compierla tu-
-Cosa devo fare?-
-Il tuo compito sarà
quello di non dimenticare, di portare avanti il nostro lavoro, le
nostre ricerche, e di aiutare i nostri figli a compiere il loro
compito di proteggere la Suprema Essenza! Promettimi che lo farai!-
-Io... io...-
-Prometti!-
-Lo prometto-
All'improvviso i passi
veloci di un bambino interruppero il silenzio della casa, e la voce
squillante del piccolo rimbombò per le mura della casa
-MAMMA???? Dove sei???-
-Devi andare ora, il tuo
dovere ti chiama-
-Aspetta....-
-Cosa c'è?-
-Promettimi che non morirai
anche tu... ti prego!-
-Non posso farti questa
promessa... lo sai...-
-Non avresti dovuto sposarti
con lui-
-Lui non c'entra, lo sai!-
-Lo so, ma io...-
-Amica mia, non ti
preoccupare. La nostra amicizia sarà eterna. Chissà,
forse un giorno ci rivedremo tutti insieme, come una volta-
e riagganciò il
telefono.
-Lo spero amica mia... lo
spero-
-MAMMA???-
-Sono qui tesoro!-
un piccolo bambino di cinque
anni, con grandi occhi azzurri e capelli biondi entrò nel
salotto. Corse verso sua madre, e la abbracciò. Poi,
sollevando il suo volto verso quello della donna, il suo sguardo si
incupì un pochino
-Mamma, perché
piangi?-
-Non ti preoccupare tesoro,
ho solo ricevuto una telefonata da una vecchia amica-
-E ti fa piangere questa
cosa?-
Una piccola risata uscì
dalle labbra della donna.
-Sai tesoro, a volte capita
con i vecchi amici. Ricordi cose passate, e ti fai prendere un po'
dall'emozione-
Il bambino non sembrava
avere capito molto, ma rassicurato dal sorriso della sua mamma, non
poté non tornare a sorridere anche lui.
-Allora, piccolo mio, che
ne dici di un bel gelato?-
-SI!!!!-
E mentre il bambino usciva
felice, non vedendo l'ora di mangiare il suo gelato, la sua mamma non
poteva non pensare alle telefonata di poco prima. Aveva accettato un
compito importante, ma lo doveva fare. Era rimasta solo lei ormai,
solo lei. E anche se la responsabilità era tutta sua, sapeva
che lo doveva fare, se non altro per il suo bambino.
-Mamma, ti muovi???-
-Arrivo Max, arrivo...-
Si, lo doveva fare
e lo avrebbe fatto, lo avrebbe fatto per il suo Max.
a-b
In una Tokio illuminata da
un piacevole sole primaverile, in un assolato ufficio al tredicesimo
piano di un grattacielo, nel suo studio privato il presidente
Daitenji, presidente della BBA, osservava impaziente la porta del suo
ufficio. Da un momento all'altro sapeva che sarebbero arrivate, le
aveva convocate lui, ma sapeva che non sarebbe stato facile. Un
leggero colpa alla porta gli fece capire che il momento era arrivato.
Ormai non si poteva tornare indietro.
-Avanti-
La porta si aprì
leggermente, il giusto per permettere ad una ragazzina di entrare.
-Mi aveva fatto chiamare,
presidente Daitenji?-
-Si, esatto, entra pure
cara-
Il sorriso rassicurante del
presidente calmò un poco la giovane ragazza. Era una ragazza
giovane, sui sedici anni, con lunghi capelli marroni che le
scendevano sulle spalle, e occhi marroni come i capelli, con qualche
sfumatura rossa. Appena entrata, l'uomo le fece cenno di sedersi
sulla poltrona posta davanti alla sua scrivania.
-Posso sapere come mai mi ha
fatto chiamare?-
-Oh, non ti preoccupare
cara. Tra poco saprai tutto. Prima dobbiamo aspettare ancora
qualcuno-
la ragazza non fece nemmeno
in tempo a chiedere chi doveva aspettare, che dei colpi alla porta
annunciarono i nuovi arrivati.
-Prego, entrate-
Detto questo, tre ragazze
entrarono dentro l'ufficio. Ad una prima occhiata, sembrava che
nessuno di loro avesse niente in comune. La prima ad entrare aveva
dei capelli rosa, lunghi, fermati da un fiocco altrettanto rosa e dei
grandi occhi marroni. La seconda aveva lunghi capelli blu, con una
fascia rossa che glieli tirava sollevati sul volto, e occhi verdi, e
per ultima, entrò una ragazza con capelli castano chiaro
davanti e sotto castano scuro, e occhi verdi. Anche se non si
assomigliavano, quello che legava le ragazze appena entrare, era una
cosa sola, il bey. Tutte e tre, infatti, erano delle blayder. Appena
le tre ragazze entrarono nell'ufficio, non poterono non notare la
ragazza che era già presente nello studio del presidente
Daitenji, e appena le vide entrare, la ragazza dai capelli marroni
non poté non trattenere un sorriso.
-Mao, Marian, Julia-
gridò verso le
ragazze.
-Hilary!-
Esclamarono tutte e tre
contemporaneamente. Appena Hilary riconobbe le sua amiche non poté
non correrle incontro, abbracciandole di slancio, subito ricambiata
dalle altre. Era dalla fine dell'ultimo torneo di beyblade che non si
vedevano, e cioè dall'anno prima.
-Ragazze, vi prego, un po'
di contegno!-
Appena le ragazze si
ricordarono dove erano e con chi erano, si ricomposero subito, e
cercarono di assumere un atteggiamento quanto meno consono alla
situazione, anche se il sorriso che si era formato sui loro volti non
voleva scomparire.
Appena si furono sedute
tutte sulle poltrono davanti alla scrivania di Daitenji, il
presidente si concesse qualche minuto per osservarle. Erano quattro
ragazze diversissime, provenienti da paesi diversi, ma unite dalla
passione per uno stesso sport, e soprattutto, legate da una profonda
e sincera amicizia. Daitenji aveva avuto modo di osservarle durante
lo scorso campionato. Erano inseparabile, mangiavano insieme, e
avevano anche condiviso insieme spesso la camera nei vari alberghi
dove si era svolto il precedente torneo. Ma ora, quello che voleva
chiedere a quelle quattro ragazze era una cosa molto importante.
-Allora ragazze, vi
chiederete perché vi ho fatto chiamare qui, solo voi, senza il
resto delle vostre squadre. Bene, sono qui per chiedervi un favore-
-Un favore?- chiese Hilary –
a noi? Ne è sicuro?-
-Certo Hilary, proprio a voi
quattro-
Le ragazze osservavano
stupite l'anziano uomo. Cosa aveva in mente di preciso? Era quello
che si chiedevano in quel momento.
-Come voi sapete, il torneo
di beyblade si sta avvicinando. Appena sarà giunta l'estate,
inizieremo-
-Si, lo sappiamo-
-Bene. Quest'anno, vorrei
che una nuova squadra partecipasse al torneo, una squadra nuova, che
possa portare un po' di novità al torneo, e che possa
permettere anche ad altri partecipanti di prendere parte alla
manifestazione-
le ragazze ascoltavano
interessate il discorso dell'uomo.
-E' parecchio tempo che
stavo pensando che mancasse una squadra totalmente femminile. Sarebbe
proprio la novità che stavo cercando, e stavo pensando, perché
non creare una squadra femminile mista, con ragazze provenienti da
varie parti del mondo, così da fare vedere non solo come il
bey possa unire ragazzi di vari paesi attorno ad uno sport, ma anche
che le ragazze possono partecipare attivamente a questo sport.
Sapete, rispetto ai ragazzi, le ragazze sono meno interessate allo
sport vero e proprio...-
-Si, capisco. Ma cosa
c'entriamo noi presidente?- chiede Julia, spazientita del discorso
vago che stava facendo il presidente.
-Ecco ragazze... ho cercato
a lungo ragazze talentuose di vari paesi adatte per formare una
squadra femminile che incarnasse i principi che vi ho spiegato prima,
ma non sono riuscita a trovarla-
-Ci dispiace...-
-Non sono riuscita a
trovarla, cara Mao, perché sapevo che avevo la soluzione
davanti agli occhi, e l'ho avuta per tutto il tempo. Voi ragazze, voi
incarnate perfettamente quello che sto cercando!-
-NOI????-
chiesero in coro le ragazze.
-Ma noi abbiamo già
una squadra...-
-Non abbiamo mai combattuto
a fianco come una squadra...-
-Non credo si possa fare-
protestarono Mao, Mariam e
Julia. Hilary era rimasta silenziosa, lo sguardo abbassato a terra,
gli occhi coperti dai suoi capelli. Daitenji guardava proprio lei.
-Tu non dici niente Hilary?-
-Io...-
iniziò la ragazza,
esitante.
-Su, continua-
-Io non so duellare con un
bey. Non ho mai provato nemmeno a lanciarlo, figuramoci partecipare
al torneo con le squadri migliori del mondo. Sarei buttata fuori
subito. E poi non ho nemmeno un bey...-
Il silenzio scese nello
studio. Hilary aveva ragione. Come potevano esser una squadra, se una
di loro addirittura non aveva mai lanciato un bey?
Ma il sorriso di Daytenji
non si spense, anzi.
-Su questo non ti devi
preoccupare. Ormai conosci lo sport Hilary, quanti anni sono che
segui i bladebreakers?-
-Ma seguirli è un
conto, presidente, combattere...-
-Ma non ti piacerebbe?-
La castana non rispose.
Rimase in silenzio per alcuni minuti prima di rispondere. Certo che
le sarebbe piaciuto, erano anni ormai che Hilary sognava di provare a
lanciare un beyblade, e di potere duellare. Ma un conto erano i
sogni, un'altra era la realtà.
-Ragazze, so che quello che
vi chiedo è una scelta difficile. Ma vi prego, almeno
pensateci. Potreste essere una nuova squadra, tutta al femminile,
forse capace addirittura di eliminare molti di coloro che non credono
in voi. Che ne dite?-
le ragazze si guardarono
negli occhi per un po'. La scelta era difficile, molto, ma tutte e
quattro non potevano non essere pervase dall'eccitazione al solo
pensare ad una squadra formata da loro quattro. Ma dovevano pensarci.
-Vorremmo pensarci,
presidente. Può lasciarci un po' di tempo per valutare
l'idea?-
-Certo!-
e detto questo, dopo i
saluti, le ragazze uscirono. Daitenji poteva sentirle discutere
nonostante la porta chiusa, e poteva capire il loro turbamento.
-Spero solo che
accettino...-
fu il suo pensiero, mentre
si avvicinava alla finestra posta dietro la sua sedia.
-Solo loro possono
farcela...-
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Salve a tutti! Questa è
la prima volta che scrivo una storia sul beyblade, è la mia
prima avventura in questo nuovo mondo. L'idea di questa storia mi
passava per la testa già da tempo, ma non avevo il coraggio
sufficiente per mettermi davanti al computer e scriverla.
Sono qua, pronta al verdetto
su questo capitolo. Sono pronta a qualsiasi critica, positiva e
negativa. Non vi fate scrupoli se volete scrivere male, sono pronta.
Grazie anche a chi ha dedicato un po' del suo tempo a leggere questo
piccolo capitolo, un bacio Juls18
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