MKR
Canto I
Somniorum Speculum
Le pallide dita della luna imbiancavano le mura del castello di Cefiro.
Notte, una dolce notte si
prospettava anche per quella volta. Si erano tutti ritirati presso le
proprie stanze, lasciando che il silenzio prendesse possesso di quegli
ambienti così immensi, i quali, durante il giorno, fungevano da
ritrovo comune.
Solo una persona, ancora vigile e
attenta, avanzava lungo il corridoio ricoperto di alabastro: aveva un
ritmo cadenzato, si fermava ogni tre passi, battendo delicatamente il
possente bastone in terra; al suo comando le porte si chiudevano, su
entrambi i lati, con un tonfo ovattato, come se si stessero esibendo in
un cortese inchino al passaggio dell’illustre visitatore.
Costui, dopo essersi accertato che
ogni battente fosse al suo posto, passava oltre, ripetendo il medesimo
rituale. Ad ogni passo, faceva frusciare il leggero mantello bianco,
scivolando sul pavimento lucido.
Clef, il monaco guida di Cefiro,
stava finendo il suo giro, come ogni sera prima di raggiungere
definitivamente i propri appartamenti.
La chiusura delle porte era
più che altro una vecchia abitudine, piuttosto che
un’autentica necessità. Da quando, per volontà
della nuova Colonna Portante, Hikaru Shidou, era entrata in vigore la
sovranità popolare, non c’erano stati più
disordini, né sommosse. La tranquillità era tornata di
casa e nessuno avrebbe mai osato fare incursione al castello, durante
la notte.
Il monaco finì il suo giro,
assaporando il silenzio di fine giornata: egli era pur sempre un punto
di riferimento per tutti per tanto aveva l’obbligo di rendersi
disponibile con chiunque richiedesse il suo aiuto. Inoltre, aveva anche
ripreso a dare lezioni di magia ai giovani aspiranti stregoni, i quali
si erano rivelati vivaci ed intraprendenti, oltre ogni aspettativa.
“Forse 745 anni sono troppi,
per pretendere di essere ancora efficienti come un tempo.”
pensò tra sé e sé “Ma è anche vero,
che non ho mi avuto tanti allievi prima d’ora. Per fortuna, Ascot
mi dà un grande aiut…”
Il pensiero ebbe il destino di rimanere incompiuto.
Clef era arrivato sulla soglia
dell’ultima porta, quando notò che, all’interno
della stanza, c’era qualcosa che non andava. O meglio,
c’era qualcosa che non sarebbe dovuto esserci.
Il monaco rimase con il braccio
rigido e il bastone a mezz’aria, incerto sul da farsi; con
cautela, varcò la porta aperta e cominciò a dirigersi
verso la cosa che aveva attirato la sua attenzione.
I raggi della luna, entranti dalla
finestra, illuminavano con il loro chiarore le mura, il pavimento e il
misterioso oggetto che rimandava, a sua volta, quell’alone
argenteo.
Si avvicinò di più, fino a che non sovrastò il tavolino che reggeva il motivo di tanto stupore.
-Sembrerebbe uno specchio… eppure sono certo che fino a questa mattina non c’era nulla qui sopra!- mormorò.
Si guardò intorno, ma nulla
tradì qualcosa di insolito: quelle stanze erano di accesso solo
a lui e ai suoi collaboratori più stretti. E per giunta, era
certo che, quell’oggi, nessuno vi era entrato, poiché
c’era stato parecchio da fare giù nel villaggio, per via
della sistemazione di alcune case. La mattina, quando aveva aperto le
porte aveva visto bene: sul tavolo di legno, non vi era posato alcun
che.
Ritornò a fissare il cimelio:
una cornice dorata formata da gradi foglie d’acanto intrecciate,
con al centro un grande cuore vitreo, il quale riproduceva beffardo,
l’immagine accigliata del monaco dalla candida chioma e gli occhi
acuti. Clef si soffermò per guardarlo meglio e notò che,
negli intrecci del metallo, vi erano alloggiate tre sferette colorate,
equidistanti tra loro, ciascuna grande come una grossa noce.
Erano opache, ma vi si poteva comunque indovinarne il colore: una era rossa, una verde e l’ultima blu.
“Che strano.”
riflettè “Lo specchio e la cornice sono tirati a lustro e
sembrano nuovi. Queste pietre, invece, appaiono vecchie e
malconce”.
Spinto dalla curiosità,
tuttavia non senza una certa esitazione, Clef passò un dito
sulla cornice d’acanto, arrivando a sfiorare la sferetta rossa.
Non accadde niente.
Insistette e toccò anche quella verde, per finire con quella blu. Lo specchio non diede alcun cenno.
Il monaco corrugò la fronte e fissò il misterioso oggetto.
-Se non sei solo il frutto della mia
immaginazione, domani mattina dovrò, per forza, ritrovarti
qui!-considerò ad alta voce, riferendosi più a sé
stesso che effettivamente allo specchio.
Non si udì risposta, come prevedibile, solo una leggera eco alla sua voce, prodotta dal vuoto della stanza.
Clef voltò le spalle allo specchio e scavalcò la soglia, battendo il bastone.
Chiuse anche quell’ultima porta, sebbene nella sua mente si fossero aperti tanti altri enigmi.
-Non capisco proprio come ci sia
arrivato e che cosa possa significare,- ammise dubbioso - ma lo
scoprirò. Domattina farò dare un’occhiata anche
agli altri…-
Così dicendo, si avviò verso le sue stanze, rimuginando su quanto accaduto.
La luna aveva ceduto il passo al sole, che sorrideva benevolo sul Regno di Cefiro.
Il castello tornò ad
animarsi, segno della vita che riprendeva il suo corso; Clef aveva
dormito poco e male: il pensiero di quello strano specchio gli aveva
agitato il sonno e reso impossibile il riposo.
-Sembra che tu non dorma da almeno un secolo!-scherzò Ferio, commentando la faccia abbastanza provata del monaco.
-Invece vedo che tu scoppi di energie.- ribattè costui, mentre tentava di reprimere uno sbadiglio.
-Magari Ferio non hai usato le
parole giuste… ma, effettivamente, Clef hai un’espressione
stanca.-affermò Presea, preoccupata.
-Di’ pure che non ha una bella cera!- rincarò la dose Caldina.
Rafaga ed Ascot affondarono entrambi
il proprio viso in una mano: a volte, dubitavano seriamente che la
ballerina di Chiizeta si rendesse conto di quanto diceva…
-A-ehm…- si schiarì la
voce Clef - Per vostra sfortuna, non vi ho fatti chiamare per
deliberare sulle mie condizioni di salute, anche se non posso negare di
non aver affatto riposato, questa notte.-
-E perché?- chiese di nuovo Caldina.
-Fatemici arrivare e lo saprete.
Dunque, non credo che le parole servano a molto, perciò vi prego
di seguirmi.- ordinò il saggio, con tono che non ammetteva
obiezioni.
I presenti si lanciarono l’un
l’altro occhiate interrogative: se avessero voluto saperne di
più, avrebbero dovuto fare solo una cosa, seguire Clef e
scoprire dove li stesse conducendo.
Nel giro di qualche minuto, furono tutti davanti la famosa porta.
Il monaco battè,
puntualmente, in terra il suo bastone e la porta si aprì, sotto
lo sguardo incuriosito degli astanti.
-Un momento! – fermò tutti Ferio – Dov’è Lantis?-
-Ho mandato a chiamare anche lui, ci
raggiungerà a breve.- tagliò corto Clef, dimostrando
ancora una volta di avere tutto sotto controllo. –Comunque hai
fatto bene a ricordarti di lui, Ferio. Avevo intenzione di aspettarlo,
prima di raccontarvi quello che devo.-
Fortunatamente, Lantis fece il suo
ingresso a breve, facendo si che la curiosità degli altri non
dovesse attendere molto per essere soddisfatta.
Il giovane spadaccino era solo,
probabilmente aveva appena finito un turno di guardia e Primera non era
ancora riuscita a raggiungerlo.
-Desideravi vedermi? – chiese
il ragazzo, mettendosi leggermente sull’attenti. –Ho saputo
che mi stavi cercando.- continuò, con la sua voce profonda.
-Si, Lantis. Avrei una cosa da
sottoporre alla tua attenzione, anzi! Da sottoporre
all’attenzione di tutti!- annunciò Clef, aprendo il
braccio sinistro e indicando il suo uditorio.
-E sarebbe?- chiese scettico Rafaga, il quale cominciava ad insospettirsi, dati i numerosi misteri che stava facendo il monaco.
-Un attimo di pazienza, un attimo di pazienza…- rassicurò quest’ultimo.
Entrò per primo nella stanza e quindi lo vide. Proprio quello, lo specchio.
Con passo leggero si avvicinò
al tavolino e squadrò l’oggetto: era esattamente come lo
ricordava dalla sera prima e la luce del sole non fece altro che
confermare le sue impressioni.
Il vetro e la cornice erano lucidi. Le tre sfere erano grezze e opache.
-Venite avanti!- invitò i suoi amici.
In men che non si dica, ciascuno aveva preso il suo posto, intorno a quello che stava loro indicando il monaco.
-E questo cos’è?- chiese Caldina.
-Sembrerebbe uno specchio.- rispose Presea.
-Ci hai fatto venire qui, per uno specchio?- storse il naso Rafaga.
-In effetti…- aggiunse Ferio.
-Ha qualcosa di familiare- commentò Ascot, sovrappensiero.
Lantis si limitò a squadrare a fondo il cimelio.
-Per quanto possa sembrare banale,
si, vi ho convocato qui per questo specchio.- esordì Clef,
mantenendo un tono fermo e sicuro. –Vi prego di prestare la
massima attenzione. E’ apparso dal nulla, dal giorno alla notte,
e la sua fattura non è quella dei mastri di Cefiro.-
-Hai ragione!- esclamò
Presea, avvicinandosi di più. –Conosco a memoria tutti i
metalli che ci sono sul nostro pianeta e su quelli limitrofi. Questo
non l’avevo mai visto.-
-Non mi sembra che emani un aura
malvagia… di’ un po’, Ascot, ti pare che
potrebbe essere uno strumento di magia nera?- gli chiese Caldina.
-Dubito che, se Clef non vi abbia
riscontrato niente di tutto ciò, possa riuscirvi io!- si
schermì l’evocatore.
-Suvvia, Ascot! Sappiamo tutti che hai grandi doti, talmente grandi che, se volessi, potresti benissimo superarmi!-
-Ma Clef, io…-
-Ciononostante, - lo interruppe con
decisione il monaco, alzando una mano – non siamo qui per
discutere di questo. Dimmi piuttosto che cosa stavi per aggiungere
prima, quando hai affermato che lo specchio ti sembrava familiare.-
Ascot si sentì tutti gli
occhi puntati contro e, sebbene avesse imparato a gestire parte della
sua timidezza, si sentì comunque a disagio.
-No, no. Niente…-
-Coraggio, parla pure liberamente.
Questo specchio non dà segni di vita, qualunque osservazione
potrebbe esserci utile.- lo continuò a rassicurare Clef.
Il giovane tornò a fissare lo specchio.
-I colori. Non mi sembrano casuali.-
Tutti si voltarono verso quell’oggetto che aveva creato tanto scompiglio, seppur fosse di dimensioni alquanto ridotte.
Avevano capito che cosa intendeva Ascot: quei colori ricordavano quelli dei Cavalieri Magici.
-Da quanto tempo non riceviamo una
visita di quelle simpatiche ragassuole?-domandò Caldina, dando
voce al quesito che tutti si erano posti in cuor loro.
-Da troppo.-fu la lapidaria risposta
di Ferio. Non aveva detto una parola da quando erano entrati nella
stanza, eppure come d’altra parte aveva fatto Lantis,
anch’egli aveva notato il riferimento cromatico, quella sorta di
legame che univa lo specchio ai Cavalieri.
Clef aveva intuito i sentimenti
dell’ex principe di Cefiro. E non solo: sapeva perfettamente
ciò che passava per la testa sia dello spadaccino, sia
dell’evocatore.
Sapeva quanto costasse loro rimanere tanto lontani da quelle ragazze.
Tuttavia, quello specchio certo non si poneva per risolvere i problemi, semmai, di complicarli…
Il saggio si riscosse dai suoi pensieri, scuotendo la testa.
-Hai provato a toccare le sfere?- chiese Rafaga, che voleva andare per le vie spicce.
-Mio buon comandante -sospirò Clef, sconsolato -è la prima cosa che ho fatto!-
-Ma allora non si sa proprio niente!- esclamò Caldina, esasperata.
-Già, a quanto pare è
così… - confermò Presea, rassegnata –Fin
quando i Cavalieri Magici non torneranno, non potremo scoprire questo
mistero.-
A sentire queste parole, Ferio si rabbuiò.
-Posso provare, Clef?- si fece avanti Lantis.
-Prego, prego.- lo invitò il mago, facendosi da parte.
Il ragazzo studiò attentamente la superficie dello specchio, ispezionando accuratamente centimetro dopo centimetro.
Quale abile stratega e condottiero, non sarebbe stato da lui lasciare al caso nemmeno il più piccolo particolare.
Cacciò fuori dal mantello la mano destra e decise di prendere contatto fisico con quel freddo cimelio.
Sfiorò la sfera blu, non accadde nulla.
Passò a quella verde. Nemmeno.
Infine, sfregò lievemente il
polpastrello dell’indice contro la sfera rossa. Questa era calda
e fu allora che emise un impercettibile bagliore vermiglio.
Anche Clef lo notò. Lantis si tirò su, turbato.
Che significava tutto ciò?
-Ebbene?- ruppe il silenzio Rafaga- Non mi pare sia successo alcun che.-
-No, niente di niente.-considerò pigramente Caldina.
Possibile che nessuno si fosse accorto della luce scarlatta?
-Resterà un mistero.-annuì Presea.
Ma Ascot e Ferio non erano dello stesso avviso, loro avevano visto.
-Posso provare anch’io?-
Senza attendere risposta, l’ex
principe andò dritto sulla sfera verde, passandovi sopra il
dito. La biglia era viva, gli carezzò la pelle ed emise un
bagliore color delle foglie.
-Se non vi spiace, provo
anch’io- affermò Ascot mentre si avvicinava, suscitando lo
stupore generale, in quanto gli altri davvero non riuscivano a vedere.
Lantis e Ferio si fecero da parte.
La sfera blu era davanti al giovane evocatore. Se aveva capito come
stavano le cose sul serio, sperò di cuore che la cosa
funzionasse anche con lui.
Ispirò a fondo e si
preparò a sfiorare la sfera. Lì per lì
sembrò che non accadesse nulla ed Ascot aveva già perso
le speranze, quando all’improvviso, la sfera cedette sotto la sua
pressione, come se fosse diventata fluida. Anche lei emise la sua luce,
cerulea.
Clef non si era perso una virgola di tutto quello che era accaduto.
-Se non vi spiace, noi torniamo alle
nostre occupazioni, abbiamo molto lavoro da sbrigare e i giochetti con
gli specchi non ci riguardano.- sottolineò il comandante.
–Ci vediamo questa sera.- aggiunse, già fuori dalla porta.
–Caldina!- la richiamò.
-Si, si, arrivo!- fece la ballerina
– Be’ tesori, mi piacerbbe rimanere ma non posso... se
scoprite qualcosa di nuovo, mi raccomando, informate la Caldina!-
-Mi associo. Il lavoro non manca, mi
ritiro anch’io.- affermò Presea- Ma vale la stessa cosa:
non fatevi scrupolo di chiamarci, se dovesse sbloccarsi qualcosa!-
-Certamente, grazie lo stesso del tempo che avete dedicato a questa faccenda!-ringraziò cortesemente Clef.
Le due donne oltrepassarono la soglia e la porta si chiuse, lasciando i tre giovani e il mago.
Nessuno aveva i coraggi di parlare, ma Ferio riuscì comunque a dire qualcosa.
Tutto questo ha
dell’incredibile. Non siamo arrivati ad una soluzione definitiva,
ma ci stiamo avvicinando alla risposta. E quella risposta ha un nome:
Cavalieri Magici.-
-Cosa ne pensi tu, Clef?- fece Ascot.
-Non ne ho idea, ragazzi miei, ma ho
visto che c’è del buono in quello specchio. I miei poteri
mi hanno permesso di vedere, ma non di sentire. Solo voi avete la
chiave per scoprire questo mistero.
Una frase alquanto sibillina. Ascot si guardò bene dall’aggiungere altro.
-Vorrei avere l’occasione di
confrontarmi con questo specchio.- Lantis aveva espresso un imperativo
camuffato da desiderio.
Clef non fece una piega.
-E’ qui a disposizione, quando
vuoi.- gli rispose placido, prendendo la via della porta. -Io andrei,
non ho più niente da fare qui… è roba vostra.
Posso solo augurarvi buona fortuna. E darvi un consiglio: affrontate la
prova uno per volta. Sono certo che chiunque abbia mandato questo
specchio, vorrebbe così.-
In un batter d’occhio, Clef era già sparito.
-Scommetto che, come sempre, sa più di quello che lascia intendere.- commentò Ferio, puntando le mani sui fianchi.
-Voglio essere io il primo.- decise
severamente Lantis, tralasciando questa volta l’eufemismo del
condizionale. –Non voglio scavalcarvi, ma penso che sia prudente
seguire l’ordine con il quale ci ha riconosciuto lo specchio.-
aggiunse con tono più benevolo.
-Per me va bene.-disse tranquillamente Ascot.
-Anche per me.- confermò
Ferio –Ragazzi, sono proprio curioso di sapere che cosa ci
aspetta!-esclamò facendo schioccare le dita trepidante.
Fuori dalla stanza, Clef era ritto, appoggiato al suo bastone e sorrideva compiaciuto.
-Mi chiedo che cosa ti sarai
inventato questa volta…- mormorò mentre tornava nei suoi
appartamenti, con espressione divertita.
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