itachi kakashi
[Warning]
Questa
storia è un prequel / spin-off della long-fiction (very
long) "Naruto – I Frutti dell'Oblio", e infatti fa parte
della serie "Cristallo di Sale". Per quanto, essendo un prequel, non fa
forte riferimento agli avvenimenti di quella storia, si basa sulla
società in essa descritta, e questo potrebbe portare qualche
difficoltà ai lettori nuovi di questo mondo. Farò
comunque in modo che sia fruibile anche a chi non legge I Frutti
dell'Oblio, però a volte potrei omettere delle cose. In
linea generale consiglio almeno di leggere la prefazione de I
Frutti dell'Oblio, e, alla peggio, potete chiedere delucidazioni via
posta interna o recensione. Ovviamente l'ideale sarebbe leggere la
storia madre, ma dato quanto è lunga, posso capire che
preferiate evitare xD
Capitolo 1
Non era quella la prima volta che lo vedeva, no: qualsiasi Magister
aveva nozione della sua esistenza.
Certo, però, che a osservarlo così da vicino
sembrava tutta un'altra cosa.
Non sapeva bene perché, ma la sua sensazione al riguardo era
di stranezza.
Strano.
Ma dopotutto, se non era strano lui, non era strano nulla.
Nulla poteva
essere strano, al confronto.
Nel paradosso, che fosse anormale era normale.
Altrimenti non si sarebbe spiegato praticamente niente.
Dopo averlo scrutato per qualche istante dalla porta, Kakashi decise di
entrare.
Il bambino rimaneva seduto, senza alcun movimento che non fosse il suo stesso
respiro: guardava in basso. Aveva un volto femminile, la
pelle liscissima e pallida, le labbra sottili e due grandi occhi neri.
Neri in modo inaudito.
E sembrava fragile.
Kakashi si ritrovava con una certa difficoltà a far
coincidere quello che quel bambino era
con quello che appariva.
A vederlo così, veniva in mente una sola
possibilità: Philosophus.
Sembrava troppo esile per essere un futuro Custos.
Sembrava troppo esile anche per il Ludus.
O forse, Kakashi pensava così perché quel bambino
era piccolo:
e lui non aveva avuto spesso a che fare con bambini così
piccoli.
Il Rector sorrise.
"Buon giorno."
Itachi scivolò flemmatico giù dalla sedia e si
volse verso l'uomo – o forse sarebbe stato meglio dire
ragazzo –, portando la mandritta chiusa al petto, in attesa
che quello iniziasse il saluto. Nel compiere il gesto, praticamente
automatico, il bambino si rallentò: c'era qualcosa
che non andava.
Osservò il ragazzo cercando di nascondere la sua
perplessità: ma non riuscì a non sollevare un
minimo le sopracciglia.
Il bambino si sentiva... squilibrato.
E non serviva essere geniali per capire che quella sensazione di
asimmetria derivava dalla benda scura che occultava l'occhio sinistro
dell'altro.
Il Rector continuò a sorridere.
Itachi rimaneva immobile, con il pugno al petto, e in attesa. E
nell'attesa, continuava a osservare il ragazzo: più
osservava quel volto, più la sua parte destra del corpo gli
si faceva sempre più pesante.
Alla fine fece un respiro più profondo degli altri, cercando
di non farsi trascinare verso il basso da quel peso squilibrato che
sembrava materializzarglisi in corpo dal nulla.
Kakashi mise le mani in tasca.
Itachi levò le sopracciglia ancor di più.
"Allora, come ti chiami?"
"Itachi."
"Bene."
Il bambino stava ancora aspettando di poter compiere il saluto, ma
Kakashi perseverava con le mani tuffate nelle tasche dei pantaloni
scuri.
Dopo altri istanti di silenzio, il Rector tornò a parlare.
"Io mi chiamo Kakashi. Sono stato nominato tuo tutore."
Itachi non mosse un muscolo.
Voleva fare il saluto.
Doveva farlo.
Perché quello non lo salutava?
"Io sono un Rector, comunque. Non so se ne hai mai incontrato qualcuno
–– ma tu ormai sei fuori dal sistema, no?"
Il bambino sembrò annuire. Ma non troppo.
"Sei un elemento raro, Itachi. Questo lo sai, vero?"
Annuì con più convinzione.
"Dimmi, quanti anni hai?"
Eppure il suo colletto verde era più che visibile, dal collo
a v del maglioncino scuro.
Itachi rispose lo stesso, ignorando deliberatamente il nonsense di
quella domanda. "Nove."
"E fra quanti giorni ne compirai dieci?" domandò il Rector,
spostando il peso da una gamba all'altra.
Kakashi se ne stava, in piedi, quasi comodo, più che
sciolto: Itachi non aveva ancora rilassato un singolo muscolo del suo
corpo. Teso come una corda di violino, ma affatto tremante, continuava
ad aspettare che l'altro facesse il saluto di rito.
Niente.
Il bambino rimase in silenzio per qualche secondo, facendo due conti:
non era una di quelle cose che aveva perfettamente a memoria, il suo
compleanno. E per lui, in particolar modo, non aveva poi molto
significato: l'età non gli era stata mai e in nessun modo un
limite, se non per l'entrata al Ludus.
"Centottantasette giorni."
"Sei mai stato al fronte, Itachi?"
"Una volta."
"Quanto tempo fa?"
"Novantuno giorni fa."
"Per quanto tempo?"
"Sedici giorni."
"Cosa hai fatto?"
"Ricognizione sul campo e lezione."
"Con chi?"
"Un Custos di nome Ebisu."
"Bene."
Itachi rimase silente e immobile. Nella stessa, immutata, posizione.
Kakashi lo guardava, forte di un solo, unico occhio sottile e
apparentemente stanco. Lasciava che il tempo passasse, che il silenzio
si facesse tanto denso da dare fastidio. Sia a lui che al bambino.
Ma a lui solo spettava il diritto di interrompere quel mutismo: Itachi
se ne sarebbe rimasto in silenzio per giorni interi, se nessuno lo
interpellava.
"Metti giù quel pugno, Itachi. Decido io quando fare il
saluto."
Itachi obbedì, ma con la fastidiosa sensazione di chi si
è lasciato uno sbadiglio a metà.
"Fra un mese esatto – trenta giorni – andrai sul
fronte, per combattere.
Da quanto non frequenti le lezioni ordinarie?"
"Da più di un anno. Trecentottantacinque giorni. L'esame di
fine anno per la mia terza stella."
"Non hai più le stelle, tu, vero?"
"No."
"Lo sai il perché?"
"Perché sono migliore degli altri."
"Di molto."
sottolineò Kakashi. "Quello che voglio, Itachi, è
che tu ti renda conto che sei un vettore di estrema importanza per
questa Regio. Di bambini come te ne nascono molto pochi: ci servi,
Itachi."
Itachi annuì.
"E tu servirai la tua Regio come ti spetta di diritto e di dovere,
vero?"
Itachi annuì di nuovo.
"Parla,
Itachi."
"Sì, Rector. Servo la Regio come tutti, e poiché
posso farlo meglio di molti, lo farò meglio."
Trapelava un certo orgoglio, da quelle parole. L'orgoglio di essere
geniali era una cosa buona, ma poteva anche essere un'arma a doppio
taglio. Bisognava mettere Itachi a suo agio, ma non convincerlo di
essere un dio. Se era migliore degli altri era un puro caso:
ciò che importava era come sfruttava le sue
capacità per la Regio. Ognuno, nella Regio, faceva al meglio
ciò che poteva: lo facevano gli Agricolae, i Mercanti, i
Bellatores e i Custodes; la Regio scremava la popolazione, affidando
compiti adatti a persone adatte. Ognuno aveva il diritto e il dovere di
fare ciò che era stato chiamato a fare. Poco di
più, e, soprattutto, niente di meno.
"Bene. Chiamami Kakashi, per cortesia. Sei fuori dalla didattica
classica."
"Sì, Kakashi."
Itachi era chiamato a fare moltissimo. Kakashi lo sapeva: lo aveva
provato sulla propria pelle, cosa significava essere al di fuori della
didattica classica. E Itachi era ancora più piccolo di
quanto non lo fosse stato lui quando il suo genio era divenuto cosa
ufficiale.
Tsunade non era una sprovveduta, ad affidarglielo.
Decisamente no.
"Allora –" con un respiro profondo, il Rector estrasse le
mani dalle tasche e le portò ai fianchi. "Domani il sesto
anno inizia le lezioni. Cominciano alla prima ora del mattino, al
poligono di tiro, e domani li porto lì per la prima volta,
mentre fanno il solito riscaldamento a cui erano abituati gli altri
anni. Tu hai mai usato un'arma che non sia un'arma bianca, Itachi?"
"No."
"Ne hai mai vista una?"
"Sì."
"Dove?"
"Al fronte. Coi Custodes."
"Di che tipo?"
"Armi da fuoco, principalmente. Ma anche altre. Molto strane, non
saprei dare una buona definizione senza descriverle a fondo."
Kakashi annuì.
"Bene. Domani, alla prima ora del mattino, sarai al mio seguito. Per
'al mio seguito' intendo che dovrai sempre stare in un raggio di
massimo tre metri da me, a meno che io non ti ordini di allontanarti.
Mi seguirai quando guiderò la fila indiana verso il
poligono, e sarai il secondo della fila subito dopo di me. Da
dopodomani in poi dovrai essere lì alla prima ora come tutti
gli altri ragazzini del sesto anno. Hai capito?"
"Ho capito."
"A te si applicano le stesse identiche regole e punizioni che si
applicano alle sei stelle, ma quelle le sentirai domani. In linea
preventiva, non parlare con nessuno di loro di armi, del poligono, e di
qualsiasi altra cosa loro non conoscano. O distruggi il lavoro di un
quinquennio, sappilo."
Itachi annuì. "Non parlerò con nessuno del sesto
anno, Kakashi."
Il Rector storse la bocca, lontanamente perplesso. "Non intendevo
essere così lapidario." precisò, sospirando.
"Ma dato che non so quali informazioni loro conoscono e quali no, per
ridurre al minimo il danno è meglio che io non scambi parola
con loro. Non avevo, comunque, alcuna intenzione di farlo."
Kakashi annuì lievemente. D'altronde, cosa poteva dire un
bambino di nove anni, geniale, alle sei stelle? Non molto. Non avevano
nulla da spartire.
Kakashi se lo ricordava, cosa voleva dire essere al di fuori della
didattica: perdere definitivamente quel poco di contatto con altri
esseri umani che c'era al Ludus. Iniziare a lasciar scivolare via il
concetto di fratellanza.
Essere soli.
Più soli di quanto già non si fosse.
Kakashi tentò di sorridere.
Tsunade era decisamente... Tsunade. Stava dimostrando di gestire quella
situazione estremamente anomala ed unica in un modo eccelso. Non
passava giorno che la stima di Kakashi nei confronti della Philosophus
non si accrescesse.
"Va bene, Itachi. Fai pure come preferisci."
Solo allora Kakashi si decise a portare il pugno destro al petto:
batté, poi aprì la mano, e con il palmo
batté più forte. "Ignis Regionibus."
"Patriae Frates, Fati Frates!" rispose Itachi, a voce alta e ripetendo
il gesto del Rector con forte convinzione.
Kakashi sentì i colpi potenti, e solo allora, nel suono che
il corpo così apparentemente fragile di Itachi produceva
sotto quei colpi alla cassa toracica, si rese realmente conto di quanta
energia compressa contenesse quel bambino.
Nel saluto vedi la persona, aveva sempre pensato Kakashi.
E Itachi gli era presentato in quel saluto: piccolo, potente, un po'
orgoglioso della sua posizione, e decisamente devoto. Devoto sembrava
proprio la parola adatta da usare: Itachi era rispettoso, trapelante
ordine ed educazione – educazione del Ludus.
Devoto ed educato.
E un po' solo.
Come tutti loro.
"Prima di lasciarti andare, Itachi, voglio chiederti una cosa."
Il bambino annuì.
"Cosa vuoi fare da grande?"
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*compare da una nube di fumo* ciao gentaglia :D
non guardatemi così, da bravi. lo so che sono fuori di testa.
Mi mancavano tanto questi personaggi in questo mondo che alla fine non
ho resistito – e dato che l'ideuzza mi è venuta un
po' a caso... perché no? Avverto sin da subito che non
garantisco niente sulle sorti di questa specie di spin-off / prequel.
Non dovrebbe stare oltre i 10 capitoli, e comunque sapete abbastanza
bene come va a finire la storia. Quindi mi diletterò nello
scriverla, e cercherò di finirla, ma non lo prendo come
impegno sacrosanto com'era stato per i Frutti dell'Oblio.
Spero che gradiate.
Ah, per la cronaca, facendo due conti qui Kakashi si aggira sui 20
anni, per quello saltello dall' "uomo" al "ragazzo". Inoltre il titolo
è volutamente ambiguo nei riferimenti, un po' come in "About
a boy" che non si capisce chi è effettivamente il 'boy'. Qui
la cosa è quadrivalente xD
E' molto interessante questa parte della storia. In fin dei conti
è uno dei punti più rilevanti, no? :)
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