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SCIENCE-FICTION DA 100
YEN
“Haruka-kun, ti sei incantata?”
La voce quasi tremante e familiare di Mikku richiamò
alla realtà la pilota, che si guardò attorno con aria visibilmente sperduta… Era
nel box della squadra, ma come diavolo c’era arrivata?
“Eh… No..” sussurrò lei, sfregandosi subito dopo gli
occhi, doveva essere stata solo un’allucinazione, un sogno ad occhi
aperti…
Doveva essersi per forza
sbagliata.
“È lo stress.” Si disse lei, sorridendo appena,
sollevata: “Sto bene, mi sono solo distratta un attimo e..” ma la voce gli morì
in gola non appena, portata la mano al viso, ebbe notato una
mancanza.
L’anello! L’anello era sparito!
L’anello suo e di Michiru non era più al suo
posto!
Piena di rabbia, afferrò l’assistente per il
colletto della tuta, fissandolo con rabbia e scuotendolo con violenza: “Dove
cazzo hai messo il mio anello? Perché me lo hai tolto!?” ringhiò arrabbiata lei,
aumentando la stretta; il ragazzo rantolò senza respiro, cercando di
divincolarsi dalla ferrea presa della donna, “L..Lo hai buttato…” rantolò lui,
cercando di liberarsi, ma era troppo forte!
Haruka lo lasciò e Mikku cadde a terra, tossendo
come un disperato e inspirando più aria possibile: “Dopo che quella… carogna…
del tuo ex… L’hai pescato con un’altra.” spiegò confusamente il ragazzo,
massaggiandosi il collo indolenzito.
La ragazza sgranò gli occhi, come fulminata;
febbrilmente, prese a frugarsi nelle tasche.
Le chiavi!
Non c’erano più le chiavi di
casa!
Sconvolta, lasciò di corsa il box, spintonò qualcuno
che stava entrando, l’aveva sicuramente gettato a terra, ma non si fermò a
scusarsi né tantomeno a soccorrerlo, la sua attenzione era totalmente assorbita
da altro. La giovane donna corse sotto il sole cocente d’agosto, era ancora
estate! Come durante il combattimento! La bionda attraversò tutto il palazzetto
e infine raggiunse il parcheggio.
Niente, anche la sua macchina era sparita, al suo
solito posto c’era una moto monoposto da cross.
In quel momento, capì.
Capì come quell’attacco l’aveva
danneggiata.
E la consapevolezza unita alla rabbia per non avere
compreso prima quali fossero davvero le capacità di quel mostro la colpì con la
forza di un pugno nello stomaco.
Quello non era il suo posto!
Lei non poteva stare lì! Quella non era la sua
vita!
Nel vano tentativo di calmarsi, si poggiò al muro,
inspirando profondamente e socchiudendo gli occhi, ma le immagini della
battaglia la tormentavano senza tregua, si rivedeva a terra, in balia del
nemico, ravvisava Setsuna correre
verso di lei con lo scettro pronto ad attaccare, i suoi occhi furono nuovamente
accecati dal duplice lampo scaturito dallo scontro dei due
attacchi.
Sentì il dolore della sua carne che bruciava,
lambita dalle fiamme generate dall’unione dei due flussi di
energia.
E pensare che situazioni del genere erano degne dei
peggiori romanzi di fantascienza da cento yen* o dei filmacci di serie Z! Eppure
lei c’era finita in mezzo!
E non aveva la minima idea di come uscire da un tale
stato di cose.
Le mancò il coraggio, le gambe le
tremavano…
Che fosse condannata a restare lì per
sempre?
Vinta per un attimo dalla disperazione, cadde in
ginocchio sul freddo asfalto del parcheggio coperto, stringendo i pugni sino a
farsi male, le unghie perfette infisse nella carne come tanti
spilli.
“Michiru…”
§§§
Da quel giorno, la scalata della gloria di Haruka
Tenoh fu repentina e quasi spaventosa.
La giovane si era gettata inspiegabilmente anima e
corpo nella corsa, spingendosi ben oltre i propri limiti umani, divorava
chilometri su chilometri di asfalto, bruciava letteralmente le piste, infrangeva
record su record, in poche gare, aveva vinto tutto ciò che poteva
vincere.
Ma c’era qualcosa, qualcosa che nessuno, o quasi,
aveva notato.
Il suo sguardo spento e gelido.
Da quel giorno d’estate, nessuno l’aveva più vista
sorridere e nei suoi occhi si poteva vedere solo rabbia e una sorta di
rassegnazione, che venivano sostituite da un fuoco inestinguibile solo durante
una competizione.
Osannata dalle riviste e dai fans, corteggiata da
uomini di tutte le età, lei rifiutava ogni cosa, ogni attenzione le era
indifferente e a tratti anche disgustosa.
Per lei, non c’era altro che la
corsa.
Solo i motori e nient’altro.
“Haruka-kun..” le chiese debolmente un giorno, al
termine di una gara combattutissima, Mikku: “Perché sei cambiata
così?”.
La sua risposta raggelò il sangue nelle vene al
giovanissimo assistente, malgrado la temperatura esterna fosse tiepida e
piacevole: “Per dimenticarmi chi sono.”.
In questo tornado di emozioni, infatti, lei non era
mai riuscita a lasciarsi alle spalle ciò che aveva vissuto, il ricordo di
Michiru, di Setsuna e delle compagne Sailor la tormentava senza posa, spesso si
sentiva le guance bruciare per le lacrime che scorrevano senza che lei stessa se
ne accorgesse, aveva perfino cominciato a mettere gli occhiali da sole per
coprire il viso e gli occhi ma, pur proteggendola dagli sguardi degli altri, non
erano in grado di celarla agli incubi e ai ricordi.
A casa non tornava più, nemmeno per dormire,
trascorreva la notte a vagabondare in moto senza quasi mai fermarsi; della sua
vita passata, non era rimasto nulla, a parte forse qualche rivista che ogni
tanto trovava il coraggio di leggere, articoli su articoli sul nuovo astro
nascente della musica classica giapponese, Michiru Kaioh; quegli articoli erano
l’unica cosa che ancora la teneva legata al suo passato.
Si, probabilmente si faceva solo che del male a
continuare a pensare a lei, ma non voleva stracciare anche quel flebile legame.
Sperduta in un tempo che non era il suo, nel profondo del cuore, ancora sperava
di poter tornare indietro; era testarda, Haruka, e sperava,
ardentemente.
Perché non aveva tentato di avvicinare la giovane
donna che occupava tutti i suoi pensieri?
Perché non aveva almeno provato?
Le risposte erano molteplici, e si ripetevano di
continuo nella sua mente…
Pettegolezzi di liaison più o meno serie, e anche
una sorta di paura: e se le avesse riso in faccia? Maledizione, era sempre stata
una persona decisa e priva di insicurezze, ma quando si trattava di certe
situazioni… tutta la sua forza d’animo spariva in un lampo.
Così aveva rinunciato, nascondendosi dietro le lenti
oscure degli occhiali, celando i propri pensieri e sigillandoli nel profondo del
suo cuore, dove nessuno li avrebbe
trovati.
In attesa.
§§§
Passarono così le settimane, ma la situazione non
era cambiata per nulla.
Sempre bloccata in quella distorsione temporale,
Haruka aspettava, aspettava continuamente, aspettava disperatamente l’occasione
di ritornare a casa.
Non desiderava altro.
Voleva solo tornare a casa, baciare e abbracciare
Michiru e stare con lei e Setsuna, quello non era il suo
posto!
Erano questi i pensieri della giovane pilota mentre,
seduta a un chiosco, mangiava ramen e beveva sakè.
Aveva scovato quel posto poco tempo prima e non
erano rari i momenti di sconforto per cui vi si rifugiava, il titolare era una
gentilissima persona, discreto e anche un ottimo dispensatore di consigli, non
era passato giorno dal suo arrivo lì senza che Tenoh si fosse recata a fargli
visita e compagnia.
Come quella sera, in cui la malinconia per la
lontananza era più forte che mai.
Ma quella sera, lei ancora non se n’era accorta,
tutto sarebbe stato diverso.
“Scusami, posso sedermi qui?”
A parlare, era stata una voce dolce, conosciuta e
familiare.
Per poco, Haruka non si strozzò con il brodo del
ramen; inghiottì faticosamente il boccone e si voltò di
scatto.
L’espressione affettuosa di Michiru le inondò il
cuore di tenerezza.
“S-Si, certo. Siediti pure.” tossì la bionda,
scostando la propria scodella per farle spazio: “Il tuo assistente mi ha detto
che potevo trovarti qui.” aggiunse la violinista, sistemando l’abito di velluto
di modo da non scoprire eccessivamente le gambe, “Ci ho messo un po’ per trovare
il posto, sarei arrivata prima.”.
Le sue parole emozionarono Haruka così intensamente
che si sentiva quasi come una scolaretta alla sua prima cotta, le tremavano le
ginocchia… Ma quando diavolo era cambiata così??
“Volevo conoscerti.. O meglio, riconoscerti.” le
disse Kaioh con sguardo affettuoso, prendendole le mani; la bionda sussultò
vistosamente, sentiva il viso avvampare e il cuore andare a mille, che stava
succedendo?
“I-Io non capisco…” confessò con un filo di voce la
pilota, senza però divincolarsi dalla presa, le era mancato troppo quel
contatto; a sorpresa, la pianista si chinò su di lei, baciandola castamente
sulle labbra e sfiorandogliele con la lingua: “Tu mi appartieni e non sarà un
avversario qualunque a portarti via. Sappilo.” sussurrò Michiru, ravvivandosi i
lunghi capelli chiari, solo in quel momento Tenoh notò un braccialetto dorato al
polso della ragazza, un braccialetto che, ne era certa, non c’era mai
stato.
Un braccialetto che splendeva di luce propria e che
recava con sé un piccolo pendente col simbolo di Plutone.
Setsuna!
Con un ultimo, dolcissimo bacio, la violinista si
alzò, facendo cenno pure alla compagna di fare altrettanto.
Le due si ritrovarono l’una di fronte all’altra,
mare nell’oro, erano così vicine che potevano sentire una il respiro
dell’altra.
Automaticamente, le loro braccia si mossero e si
strinsero attorno ai loro corpi, le labbra si cercarono, si ritrovarono e si
riunirono, questa volta con la consapevolezza di chi si ama e non si è mai
dimenticato.
Tutto splendeva.
“Torniamo a casa.”.
§§§
Quando finalmente Haruka riaprì gli occhi, rivide
sopra di sé il cielo blu della notte trapunto di stelle, sentì la familiare
sensazione dei guanti alle mani e il piacevole peso del diadema sulla
fronte.
E una voce che la chiamava.
Sollevata piano la testa, rivide le compagne
inginocchiate a terra, ansanti.
Ma vive.
Scattò in piedi per correre loro incontro, ma le
gambe non riuscivano a reggerla e così si ritrovò a terra, confusa e
frastornata.
Solo a casa, finalmente al sicuro e tranquille sotto
le coperte, le due donne poterono finalmente parlare dell’accaduto: “Sei stata
colpita in pieno dall’attacco di quel mostro, Taimu-R, sei caduta. Noi siamo
riuscite a eliminarlo ma tu continuavi a non svegliarti… Per fortuna, prima di
dissolversi, quell’essere ci ha confessato di averti spedito in una sorta di
presente parallelo, per punirti di averlo deriso delle sue capacità. Setsuna mi
ha dato questo bracciale per poter attraversare incolume la barriera del tempo e
recuperarti, ma non è stato facile, esistono tantissime dimensioni temporali e
non mi è stato facile identificare quella giusta.”.
“E come ci sei riuscita?” chiese con una mezza
risata Tenoh, cingendole i fianchi
col braccio fasciato; questa volta, fu il turno di Michiru di ridere: “Era
l’unica dimensione in cui io e te non eravamo assieme, è stato quello a darmi
l’imbeccata.” sghignazzò lei, rannicchiandosi contro il petto della compagna,
“Usagi mi aveva parlato di un romanzetto di fantascienza che aveva letto, la
trama era molto simile alla tua situazione. Diciamo che ho scommesso su
quello.”.
“Uff, questa volta mi tocca anche ringraziare il
coniglietto.” gemette con un sorriso divertito la bionda, allungandosi a
spegnere la luce della lampada sul comodino.
“Mi sei mancata…” mormorò, prima di scivolare
addormentata.
ANGOLO DEL LEMURE:
Aaaallora, seconda fic nel campo dello
yuri/shojo ai/fem-slash e primissima fic nel fandom di Sailor Moon. Adoro i
personaggi di Haruka, Michiru, Setsuna e Hotaru, mi piacciono immensamente *ç*
Sarà che ho preso a suo tempo una sbandata tremenda per Haruka (quando ancora
era Milena ma ero troppo piccola per capire xD) ma non posso farci nulla, la
adoro!
Questa è una fic piccola, molto tenera e senza
pretese, spero che comunque piaccia.
XXX
Shun
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