Dunque, prima di tutto ringrazio le persone che hanno commentato, che hanno inserito la ff tra le ricordate, le seguite e le preferite! ^-^ Per quanto riguarda questo capitolo, ho deciso di dividerlo in due parti. Non piace neanche a me farlo, ma onestamente veniva troppo lungo, e dato che sono ancora in viaggio non ho neanche il tempo di finirlo XD Qui la nostra cara Arline è ancora alle prese con l'ottusità del gruppo (anche se penso lo sarà un pò per tutto il corso della ff XD) che ancora non le crede. Però... ha trovato un modo per farsi dare ragione!!
Spero davvero di essere riuscita a mantenere i personaggi IC. Purtroppo non è semplice ^-^" Ma ho cercato comunque di fare del mio meglio! Spero che il capitolo sia di vostro gradimento!
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“Hai
detto… Chizuru?”
Un po’ intimorita dall’improvviso avvicinamento del giovane, Arline
indietreggiò di poco. “S…Sì… La mia bisnonna… Yukimura Chizuru…”
Un nuovo sussulto da parte di tutti.
Ma Arline notò soprattutto quello di Hijikata che la fissava con aria sconvolta
e le labbra leggermente dischiuse.
“Non… Non può essere…” aveva sillabato Heisuke, che continuava a guardarla
shockato.
“Yukimura-san…?” . Anche Sannan-san sembrava davvero scosso dal nome della
donna nominata.
“Ma insomma! Mi spiegate perché siete impalliditi tutti di colpo?!” scattò la
ragazza, che non riusciva a capire il motivo di quella reazione sconsiderata.
Che aveva detto di così osceno? Era solo il nome della bisnonna!
Un momento. Il nome della bisnonna?
Forse ci sarebbe arrivata, se avesse
avuto un po’ più di tempo per rifletterci su.
Ma il tempo le era stato rubato. Anzi, fermato, dato che il corvino dagli occhi
ametista l’aveva praticamente intrappolata contro la parete (come un povero
topolino messo in trappola dal gatto) e la stava fissando con aria rigida.
“Come fai a conoscerla?” le chiese, con tono austero. “Cosa sai di Chizuru?”
Oddio! Per… Perché adesso è arrabbiato?
“Cosa… so…?” sibilò, intimorita, ma con un tono di voce che non lo lasciasse
intendere.
Stava venendo fuori la sua vera indole.
Infondo Arline era il tipo minuto che non vuole farsi notare troppo e quanto
più può stare per i fatti suoi, ci sta.
Fare la spavalda, la coraggiosa, l’aggressiva… erano tutti modi d’essere che
aveva acquisito col tempo (specialmente da quand’era arrivata a Kyoto), ma non
facevano parte della sua vera natura.
Erano tutti modi d’essere creati nel momento in cui aveva bisogno di proteggersi
dal mondo esterno e dalle persone che lo abitavano.
“Prima, hai nominato Yukimura Chizuru. Perché la conosci? Cosa sai di lei? In
che rapporti siete?”
Eh? Ma… perché tutte queste domande? E
perché è ancora più arrabbiato di prima? Io… proprio non li capisco questi
tizi!
“Beh, non è che la conosca proprio alla perfezione, ma… lei è la bisnonna
di cui vi ho parlato” . Detto ciò, gli mostrò il diario della donna, che aveva
tenuto stretto a sé, da un bel po’ di po’.
“E questo è il suo diario. E su questo che ho letto le parole dell’haiku
che suppongo vi abbiano portato in quest’epoca”.
Ancora una volta il silenzio. Un silenzio di riflessione. Un silenzio che non
riusciva a darsi una spiegazione.
“Hijikata-san…” . A sillabare il suo nome, era stato Heisuke, che gli si era
fatto più vicino. Aveva un’aria preoccupata che gli si leggeva perfettamente,
sul volto. “Questo sta a significare che…”
“Menzogne” lo interruppe, il corvino. “Stai mentendo, non è vero?” . Il tono
rigido era rivolto a lei, accompagnato da uno sguardo severo e freddo. “Può
benissimo trattarsi di una spia, che ha raccolto informazioni su di noi e che
ha scoperto tutta la verità circa il conto di Chizuru”
Ancora non le credevano?! Specialmente
Hijikata. Che cos’aveva che non andava? Perché ancora si ostinava a non
crederle?
“Hijikata-san, non sono una spia! So tutte queste informazioni perché si
tratta del passato. Del passato! Vede? E’ scritto tutto in questo diar…” .
Ma prima che potesse concludere la frase, l’uomo le diede uno schiaffo sulla
mano con cui teneva il libro, che fece, di conseguenza, cadere sul tatami.
“Non credere d’ingannarmi ancora” . Adirato. Ecco cos’era. Infuriato. Ma Arline
non riusciva a capire per quale ragione. E forse non l’avrebbe mai compreso. “Dimmi
subito a cos’è che punti. Che cosa speri di ottenere insinuando una cosa del
genere?”
“I…Io…”
“Non m’interessa quale sia il tuo obiettivo e perché continui ad ostentare
questa idiozia, ma… lascia fuori da questa storia Chizuru, mi sono spiegato?”
“Io… Io non sto…”
“O, giuro sul nome della shinsengumi, che non mi farò scrupoli a toglierti di
mezzo”.
Basta. Non ne posso davvero più…
“Io non sto mentendo!” . Il tono di voce di Arline di era fatto burbero.
Non ce la faccio più ad essere
maltrattata in continuazione!
Non bastavano i miei compagni e gli insegnanti… Adesso spuntano questi tizi dal
nulla e ci si mettono anche loro!
Io sono stanca! Non voglio più subire le ingiustizie di nessuno!
“Non ho nessuna ragione per mentire! Non ho nessun tornaconto personale!
Anche se voi non credeste alle mie parole, sapete quanto me ne importerebbe?
Per quel che mi riguarda, avrei potuto sbattervi fuori di casa, dal primo
momento in cui ci avete messo piede! Invece mi sono presa la briga di aiutarvi
a capirci qualcosa!” . Gli occhi erano lucidi. Tutti i membri del gruppo se ne
resero conto, guardandola. Sapevano che stava per piangere. Ma lei non lo fece.
Non pianse. Non voleva mostrarsi debole. Non davanti a tipi del genere. “E la
ricompensa è questa! Posso capire la sorpresa e l’iniziale stupore, ma se
continuo a ripeterlo qualcosa di vero deve pur esserci, no? Invece voi vi fate
beffa di me, mi maltrattate e…”
“Allora daccene una prova” .
Quell’interruzione suonava quasi come un invito, quasi come una sfida.
Arline, tremante per la rabbia e la frustrazione, si voltò verso Souji, che era
intervenuto, all’improvviso, frenando la sua sfuriata.
Tutti lo guardarono, mentre il castano dagli occhi verde-foglia si faceva
avanti, verso di lei, con aria sfrontata e con quel costante sorriso sulle
labbra.
“Una… prova…?” . Arline era rimasta perplessa da quell’affermazione.
Che prova?
Giunto davanti la giovane, il ragazzo si inclinò verso di lei appena il
necessario per far sì che i loro volti fossero l’uno perfettamente di fronte
all’altro. “Dato che sostieni con tale
convinzione questa tua tesi, non avrai problemi a dimostrarcela”
“Dimostrarvi … cosa?” . Ancora non aveva capito. Di che cosa stava parlando?
“Dimostraci che noi apparteniamo al passato e tu, invece, ad un’epoca futura.
Se ci fornirai una valida prova che confermi
tutto ciò, allora ti crederemo”.
Ehhhhhhhhhhhhhhh?!?Dimostrargli che erano
nel passato? Prove?Ma… che cosa…?
Arline era letteralmente sbiancata, davanti la richiesta del giovane.
“Souji, dannata volpe! Ne sai sempre una più del diavolo!” aveva affermato, con
convinzione, Sanosuke, che gli si avvicinò ulteriormente dandogli una bella
pacca sulla spalla, in segno di apprezzamento.
“Già! E’ un’ottima idea! Così noi otterremo una vera risposta e la tizia qui di
fronte si calma un po’”. Il giovane Heisuke era di buon umore. Evidentemente
quella soluzione aveva portato un’ondata di allegria in lui.
Calmarmi un po’? Qui gli unici che devono
calmarsi sono loro!
Arline non vedeva proprio di buon occhio, quel ragazzo. Era uno di quelli
che gli stava dando più fastidio.
Gli altri quattro rimasero in silenzio a fissarla costantemente. Hijikata, in
special modo, la guardava come se non aspettasse altro che un suo errore, per
metterla a tacere una volta per tutte.
La spaventava anche quell’altro tizio, Saitou, che la scrutava con aria indifferente.
Sembrava un robot, incapace di assumere espressioni differenti da quella.
Souji (la causa di tutto quel casino), dal canto suo, aveva incrociato le
braccia al petto, squadrandola con uno sguardo quasi di sfida. Uno sguardo che
voleva quasi lasciar intendere: “Vediamo cosa sai fare. Sorprendimi”.
E sia! Ti sorprenderò, mio caro!
Era troppo arrabbiata e orgogliosa, perché, lanciatole una sfida, potesse
tirarsi indietro. Specialmente quando sapeva che lei era dalla parte della
ragione e quell’ammasso di citrulli da quella del torto!
Arline si mise a riflettere: cosa poteva convincerli che si trattava di
un’epoca futura? I vestiti? No, li avevano già viste e avevano subito pensato
che appartenesse all’occidente. Che fosse una straniera. Magari il modo di
parlare? No, era meglio non rischiare. Potevano pensare che appartenesse a
qualche clan avversario. A quel tempo ce n’erano.
Un momento… Appartenendo loro al passato,
saranno sicuramente morti! Basterà far vedere loro, tramite internet, le
informazioni circa la loro morte e subito mi crederanno! Non potrebbero
affermare il contrario!
Ma subito l’espressione felice si spense sul suo volto.
No… Se usassi queste informazioni,
sicuramente cadrebbero nel panico. E la situazione peggiorerebbe. Ancora…
Sospirò. E poi, sicuramente, vedendo
il computer avrebbero pensato a chissà cosa…
…
Eh…?
Un momento… Ho detto… computer?
Si voltò verso di loro, guardandoli uno per uno.
Giusto… Loro sono vissuti nella seconda metà dell’800. Quindi non conoscono il
computer, né la televisione, né le macchine, né i cellulari…
Niente di niente di ciò che c’è in quest’epoca di innovativo!
Bingo!
“Allora, ojou-chan? Hai trovato
la prova che stavi cercando?” chiese, con un tono quasi ironico, Souji.
Aveva quel maledetto tono irrisorio! Le dava l’impressione che la stesse
continuamente beffeggiando. Ma
gliel’avrebbe fatta vedere lei!
Arline si dipinse sul volto un sorriso smagliante. Facilmente si poteva intuire
che era costruito. Non era un vero sorriso. “Eh sì. Ho trovato una prova
perfetta!”
Ohhh… Eccome se l’ho trovata!
La ragazza si alzò in piedi e fece cenno ai giovani di fare lo stesso. “Prego,
seguitemi”.
Mentre tutto il resto del gruppo, diffidente, tentennava se fare ciò che la
ragazza proponeva, o meno, Okita non ebbe il minimo ripensamento: appena gli fu
detto di seguirla, lo fece.
Sarebbe stato stupido non farlo. D’altronde era lui che aveva posto questa
condizione. Aveva pensato che sarebbe potuta esserci una trappola sotto, ma
dovevano correre il rischio. Altrimenti non ne sarebbero venuti mai fuori.
Accorgendosi che gli altri giovani non accennavano a seguirli, si voltò
parzialmente verso di loro, sorridendo con aria sicura. “Avanti, che c’è?
Credete sia una trappola? Anche se fosse? Vi fate intimorire da qualche
marachella di una mocciosa?”.
Arline fece finta di niente e si voltò verso di lui con aria sorridente.
“Vogliamo andare, o no?” .
Non è che non l’avesse sentito, ma preferì sorvolare. Voleva evitare quanti più
problemi possibili!
“Ma certo!” aveva risposto, sorridente anch’egli, Souji, continuando a
seguirla, silenziosamente e quasi allegramente.
Tutti, ancora un po’ perplessi, si voltarono verso Hijikata che poco dopo
sospirò e cominciò a seguire il sottoposto e la ragazza.
Subito gli andò dietro Saitou, seguito da Harada, Shinpachi, Heisuke e Sannan.
“Neh, Shinptsu-san, non stiamo camminando da troppo tempo?” chiese Heisuke, con
aria leggermente seccata, al compagno.
“Effettivamente la cosa inizia a puzzarmi” . Anche lui si era stancato. E stava
iniziando a sospettare qualcosa.
Sanosuke sorpassò Hajime, per avvicinarsi ulteriormente al vice-capo.
“Hijikata-san, possiamo davvero fidarci di questa ragazza?” gli sussurrò
all’orecchio, coprendosi le labbra con una mano, per rendere ancora meno
percettibile il suo commento. “Abbiamo già salito un piano. E stiamo
percorrendo questo corridoio da un bel po’”
“Non abbiamo altra scelta” si limitò a
rispondere, il corvino. Successivamente prestò attenzione alle spalle di Souji
che camminava proprio davanti a lui, con andamento sicuro e
silenziosamente. “E poi… Sembra che
Souji sia piuttosto consapevole di ciò che fa”.
Non sto preparando nessuna trappola,
idioti!
Anche se cercavano di parlare a bassa voce per non farle udire i loro
discorsi, riusciva lo stesso a sentirli. E le davano non poco fastidio.
Non posso farci niente se la mia casa è
così grande! E, comunque, siete anche troppo lenti! Sarà per la mole… Mah!
Poco le importava. Ciò che contava in quel momento era che riuscisse a
convincerli della verità.
E l’unico modo per fare ciò era…
“Siamo arrivati!” disse, con aria trionfante, voltandosi verso di loro.
E il gruppo giunse finalmente dinnanzi una porta chiusa, confinante con un muro
invalicabile.
“Qui dentro troverete la prova che state cercando”. Indi, indicò la porta con
l’indice.
I sette ragazzi rivolsero tutta la loro attenzione sulla porta.
Lei, schermandosi loro davanti, fece per aprirla. “Questa è la mia camera”
Detto ciò, senza aspettare ancora, aprì quella porta.
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