Autore:
Maggie_Lullaby
Rating:
Arancione.
Ambientazione:
è ambientata nella sesta stagione. Benché il secondo
episodio sia già passato JJ non se n'è andata.
Personaggi:
un po' tutti, Spencer Reid, Nuovo Personaggio.
Disclaimer:
i personaggi, ad eccezione di quelli da me creati, non mi
appartengono ma bensì a Jeff Davis. Criminal Minds appartiene
alla CBS. Questa storia non è stata scritta a scopi di lucro.
Somewhere
in my mind.
A
Ornella, perché non doveva finire così.
Ad
Arianna e Sebastiano, perché non hanno più una madre.
A
chiunque ha perso qualcuno, che quel qualcuno abbia scelto o meno di
morire.
Temere
l'amore è temere la vita, e chi teme la vita è già
morto per tre quarti.
{Bertrand
Russell}
Sede
di Quantico; Virginia.
“Reid,
è la decima volta che ti chiamo, per favore, richiamami
appena senti il messaggio. Se
non avrò tue notizie entro mezzogiorno verrò a casa tua
a controllare che vada tutto bene. Ovunque tu sia, accendi questo
dannato telefono!”, ruggì Derek Morgan nella cornetta
del telefono dell'ufficio, riattaccandolo rabbiosamente e passandosi
una mano sul viso, stancamente.
Nella
sede dell'Analisi Comportamentale di Quantico, quel giorno, andava
tutto nel migliore dei modi: non c'erano casi urgenti e gli agenti
del B.A.U. approfittavano di simile situazione per rimettersi in pari
con i rapporti degli ultimi omicidi seguiti e le scartoffie che
riempivano le loro scrivanie.
Tutti
gli agenti, meno che Reid.
Morgan
lanciò un'occhiata al proprio cellulare per controllare se
fosse arrivato qualche messaggio e, non vedendone, si alzò
dalla propria scrivania per raggiungere Emily Prentiss nell'angolo
relax, dove si stava versando un caffè.
“Reid
ti ha detto che oggi non sarebbe venuto?”, domandò più
bruscamente di quanto sarebbe voluto essere.
“Come..?
No. Non mi è arrivato nessun messaggio. Come mai?”,
domandò la donna, alzando un sopracciglio prima di rispondere
per via del tono del collega.
“Non
noti nulla? Lui non c'è. L'ho chiamato almeno una decina di
volta, sia a casa che al cellulare: non risponde. Ho una brutta
sensazione”, spiegò Morgan, lanciando ad intermittenza
un'occhiata al proprio orologio da polso.
“È
deformazione professionale”, disse Emily. “Vedrai che
starà benissimo, non gli sarà suonata la sveglia”.
“Sai
benissimo che tiene sempre il cellulare acceso, Prentiss”,
ringhiò Derek, mentre l'ansia che covava dentro di sé
cresceva.
“Si
sarà scaricato mentre dormiva”, provò la mora,
ora con meno convinzione di prima.
I
due rimasero in silenzio a guardarsi negli occhi, innervositi.
“Perché
deve sempre accadere
qualcosa anche nelle giornate più tranquille in questo
ufficio?!”, sbottò Emily, sbattendo con forza la tazza
di caffè sul ripiano del piccolo bar e camminando a grandi
passi verso l'ufficio del loro capo-sezione, l'Agente Speciale
Supervisore Aaron Hotchner.
Bussò
due volte alla porta chiusa, tamburellando il piede destro sul
pavimento in linoleum scuro mentre Morgan la raggiungeva.
“Avanti”,
disse la voce profonda di Hotch da dietro la porta. Emily la spalancò
ed entrò, piazzandosi davanti alla scrivania del collega
affiancata da Morgan.
“Qualcosa
non va?”, domandò Aaron, confuso dalle espressioni dei
due agenti.
“Reid
ti ha per caso avvertito che oggi non sarebbe venuto?”, domandò
Derek, velocemente.
“No,
ve l'avrei riferito. Non è venuto?”, domandò
Hotch, mentre lasciava cadere sul fascicolo su cui stava lavorando la
propria penna e alzandosi.
“No.
L'ho chiamato e non risponde. Se devo essere sincero, sono un po'
preoccupato”, ammise Morgan, nervosamente. “Non è
da lui non avvertire che non sarebbe venuto, lo sai bene”.
Hotch
gli fece cenno di aspettare, prese in mano la cornetta del telefono e
digitò il numero di casa di Spencer Reid.
Dopo
qualche secondo riattaccò.
“Non
risponde. Cosa vuoi fare, Morgan?”, domandò, una nuova
espressione sul viso.
“Vorrei
andare a controllare a casa sua. Solo accertarmi che vada tutto
bene”, spiegò il nero, gesticolando con le mani. Le
ipotesi di un incidente domestico non erano del tutto da scartare,
dopotutto, Reid viveva solo.
Hotch
meditò qualche secondo.
“Non
abbiamo casi, Hotch, ti prego. Non sono tranquillo”. Derek e
Aaron si guardarono negli occhi per parecchi istanti.
“Se
c'è qualcosa che non va, chiamaci”, gli intimò.
“Lo
farò.”, assicurò Derek. “Torno presto”.
E uscì dallo studio sotto lo sguardo meditabondo del
capo-sezione.
Emily
lo osservò qualche secondo.
“Va
tutto bene?”, domandò.
“Morgan
ha ragione: non è da Reid non dire nulla”.
**
Man
mano che guidava verso la casa di Reid la sensazione di occlusione
che stringeva lo stomaco di Morgan si acuiva sempre di più. I
pensieri dei più improbabili incidenti domestici gli
attraversavano la mente a una velocità allarmante. Provò
a richiamare il giovane amico ancora una volta, sia al numero di casa
che la cellulare, senza ricevere risposta se non quella della
segreteria telefonica.
“Dove
diavolo ti sei cacciato, ragazzino?”, domandò,
sbottando, superando una vecchia auto scura preso dalla foga.
Per
un misero decimo di secondo pensò anche a un S.I. che l'aveva
preso in ostaggio, prima di darsi dello stupido. Emily aveva ragione,
quella era
deformazione professionale.
Parcheggiò
davanti al condominio in cui viveva Spencer, entrando nel piccolo
cortile del palazzo per poi entrare in un piccolo ingresso; salì
le scale sino al quarto piano, lì dove abitava l'amico, e
inizio a bussare alla porta, alternando con delle suonate al
campanello.
“Reid?
Ci sei? Va tutto bene, ragazzino?”, domandò ad alta
voce, senza ricevere alcuna risposta. Si abbassò al livello
della serratura per controllare se riuscisse a vedere quel che
accadeva dentro casa.
L'idea
di buttare giù la porta a calci non lo attraeva
particolarmente, specialmente se in seguito sarebbe venuto a galla
che, tutto sommato, era vero che il cellulare si era scaricato e la
sveglia non squillata e il giovane stava semplicemente dormendo
beatamente.
Aspettò
due minuti davanti alla porta chiusa, sperando di udire i passi di
Reid raggiungere la porta, aprirla, e dirgli che non era suonata la
sveglia e se gli concedeva qualche minuto sarebbero potuti andare al
lavoro insieme.
Speranze
vane.
“Okay,
ragazzino, la responsabilità è la tua”, mormorò
tra sé Morgan, prima di fare un respiro profondo e buttare giù
la porta con un potente calcio. La superficie in legno cadde a terra
rovinosamente, e il rumore che provocò risuonò lungo le
scale per un po'.
Derek
portò istintivamente una mano alla pistola che teneva alla
cinta, per ogni evenienza, ed entrò in casa.
L'appartamento
di Reid era un trilocale che si apriva sul grosso salotto in cui vi
era un divano, una poltrona, un piccolo televisore e le pareti
stracolme di librerie piene di libri. Ovunque, vi erano libri e
collezioni di CD di musica classica. In particolar modo, spiccava il
nome di Beethoven sulle copertine dei dischi.
Seguì
il corridoio e si affacciò sulla cucina. Era intatta, pulita,
l'unica cosa vagamente fuori posto era un cartone di latte ancora
pieno, ma nulla di più.
Morgan
proseguì la strada, controllando tutte le stanza, chiamando
l'amico ad alta voce. Anche
se ormai era sicuro che non si trovasse in casa.
Per
ultima, entrò nella camera di Reid. Il letto era stato
rifatto, nulla lasciava presumere che ci fosse qualcosa che non
andava. Oltre al fatto che il proprietario della casa non si trovava
da nessuna parte.
Morgan
si diede un'occhiata in giro, preda dell'ansia più totale.
Dovette
fare qualche respiro profondo prima di calmarsi.
Prese
il cellulare mentre le gambe gli tremavano per la preoccupazione.
“Hotch.
È scomparso”.
Continua...
Okay.
Ci riprovo, e questa volta finirò questa fanfiction, costi
quel che costi! Anzi, scusatemi se non ho finito la fic precedente ma
mancavo assolutamente di immaginazione e ispirazione.
Con
questa, invece, è tutta un'altra storia. Il secondo capitolo è
già bello che pronto e lo pubblicherò tra qualche
giorno e il terzo capitolo credo lo scriverò 'sta notte. So
già quasi tutto quel che deve accadere, quindi le possibilità
che io non finisca questa storia sono assai poche, per vostra
sfortuna. ;)
Scherzi
a parte, spero che questa storia vi piaccia, mi sono impegnata molto
anche se trovo che sia troppo dialogata. Trovate così anche
voi? Fatemi sapere se questo primo capitolo vi è piaciuto,
oppure se non vi è piaciuto affatto. Le critiche sono sempre
ben apprezzate. :D
Un
bacio, a presto!
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