Premessa: come zona temporale siamo nel secondo giorno di
reclusione, dopo la puntata 12.
La seconda persona singolare è usata per Cristiana e, tanto
per non confondere le idee, nella prima scena sono presenti Laura,
Esther, Valerio e Cristiana.
Qualcosa
di non detto
“E se
qualcuno ti chiedesse qual è stato il giorno più
bello della tua vita?”
“Facciamo che non me lo chiede nessuno, così
risolviamo il problema.”
“Manchi solo tu, all’appello, non puoi tirarti
indietro.”
La festa di laurea, la nascita di un figlio, il giorno del matrimonio,
l’incontro di chi non si vedeva da troppo tempo.
Eppure tu ti eri fossilizzata su quel ieri ormai lontano.
Su quel bacio incastrato tra un ricordo e l’incubo di averlo
perduto.
Osservavi Laura che ti fissava attonita, mentre gli occhi della tua
mente tornavano a ieri.
Ieri che era un niente in confronto a quello che avrebbe potuto essere
domani, almeno nella tua immaginazione.
“Dottor Malosti!” sobbalzasti al grido del suo nome
pronunciato dalla dottoressa in vena di pettegolezzi, barcollando sullo
sgabello sin quasi a scivolare.
“Parlo solo con chi mi offre un caffè”
esordì, con la sua caratteristica camminata ondulatoria.
La Costa si alzò e inserì due monete nel
distributore.
Lui le gettò un’occhiataccia, anzi, lo sguardo che
soleva mostrare a chi si permetteva di giocare con la sua pazienza.
“Dovrei supporre che l’avessi detto
scherzando?” tentò la dottoressa bionda.
Malosti mugugnò.
“Buongiorno anche a te” sussurrasti tu,
intervenendo nella discussione con un commento fuori luogo.
Non ti rispose.
Come sempre.
Forse scocciato dal tuo rimprovero per non averti notata, forse
perché tentava di tutto pur di non guardarti,
forse… forse perché andava bene così.
“Il caffè te lo offro un’altra volta,
allora” riferì Laura a Riccardo.
Lui annuì non convinto.
La donna si allontanò, sorridendo per un attimo a te che
guardavi inebetita la scena.
Con lei uscirono di scena anche Esther e Santamaria, amorfi e passivi.
“Me lo offri tu?” azzardò Malosti,
finalmente centrando gli occhi sui tuoi.
“Non voglio rischiare un attacco di crisi nervosa, vista
la…” agitasti una mano indicando il viavai di
infermieri e prigionieri innocenti della struttura,
“… situazione.”
Fece un passo verso di te.
“Dove hai dormito stanotte?” gli chiedesti poi, non
avendo ottenuto risposta.
Lui tamburellò due dita sul tavolino davanti al quale si era
seduto.
“In sala medici. Sul divano. Con i cuscini.”
Sembrava fare apposta ad ostentare la sua fortunata nottata.
“E tu?”
Appunto.
Qualsiasi posto sarebbe stato peggio.
“Non ho dormito” spiegasti, cheta.
“Se lo avessi saputo, ti avrei fatto un po’ di
spazio.”
Ora era anche... carino?!
“Non sarei venuta lo stesso.”
“Perché?”
Sembrava sorpreso e al contempo dispiaciuto.
Inutile ammettere che ti faceva solo piacere.
“Turno di guardia.”
“Ah.”
Spiazzato.
E tu sorridesti, meravigliosamente.
“Sbaglio o pensavi fosse per un altro motivo?”
“Non quello che tu pensi che sia.”
Ti alzasti, sorridendo di nuovo.
“Non importa.”
Era troppo orgoglioso per non fare il solito bugiardo.
“Dove vai?”
“A riposarmi in vista del lungo pomeriggio.”
“Hai anche la notte?”
Annuisti.
“La Costa appare solo quando è il caso di
curiosare nella vita degli altri, per il resto è in ferie.
Ordini dall’alto.”
“Allora, se fossi arrivato prima, ti avrei salvato dalle sue
grinfie.”
“Poi ci sarebbero state le tue.”
Sistemasti lo sgabello accanto al tavolino.
“Che sono molto più accoglienti e
affascinanti.”
“Non ne dubito.”
Inclinasti le labbra in un sorriso.
Tutto era uguale a prima.
La sua voce, le sue parole, il modo con cui ti guardava,
l’espressione superba e l’atteggiamento altezzoso.
Credevi di aver già vissuto il meglio della tua vita.
La tua giovinezza, tua figlia, il tuo matrimonio – che,
almeno sino alla sua sfaldatura, era da considerarsi una
cosa… bella.
Allora perché adoravi quel sorriso che ora Riccardo ti
mostrava?
“Su cosa stavate discutendo, prima, sempre se non sono troppo
invadente sulle vostre futili chiacchiere da femmine?”
“Sul giorno più bello della mia vita”
sbottasti, senza ripensamenti.
“Che sarebbe?”
Si alzò in piedi.
“Credo che debba ancora arrivare.”
Abbassasti lo sguardo, disgustata dalle tue stesse parole.
Saresti stata in grado di sparare un avvenimento a caso,
così, solo per porre fine alla richiesta.
Ma palese era la tua propensione a cacciarti nei guai.
“E… in cosa dovrebbe consistere?”
“In qualcuno che mi dice qualcosa di ancora non
detto.”
Ti allontanasti da quel luogo troppo familiare ma nel quale stranamente
cominciavi a sentirti a disagio.
“Cristiana.”
Una mano si appoggiò sul tuo ventre per attrarti verso chi
ti aggiustò un bacio dietro l’orecchio, che ti
fece rabbrividire.
“E se… se mi stessi innamorando di te?”
la sua voce era calma e infondeva sicurezza, a prescindere
dall’importanza del contenuto delle sue parole.
Ti mordicchiasti il labbro inferiore, mentre ti si appannavano
fastidiosamente gli occhi di qualcosa di umido che avresti definito
lacrime.
Una di esse scivolò via e ti solleticò una
guancia.
Solo perché avresti voluto che Riccardo avesse pronunciato
quella frase senza averglielo chiesto.
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