C'era una volta..
C'era una volta..
Per prima cosa, un ovvio ringraziamento va alla ragazza che mi ha
aiutato a scegliere il titolo, che altrimenti sarebbe stato.. beh,
penso vuoto, o qualcosa del genere.
Grazie, Astrid.
La seconda cosa da dire è che ringrazio in anticipo tutti coloro che
avranno la – pessima – idea di leggere questa introspettiva sul
piccolo Lovino, nonostante il pessimo riassunto che ho fatto.. sono
davvero pessima nel scrivere riassunti, lo ammetto, e me ne scuso in
anticipo..
Avevo in mente di fare una cosa del genere da molto tempo, ma tra una
cosa ed un'altra ho finito per posticipare, posticipare,
posticipare..
Ed infine eccomi qui, pronta ad angustiarvi. xD
Che dire, spero vivamente che questa one-shot riflessiva vi piaccia,
sì?
Ovviamente,
i personaggi appartengono alla serie Axis
Power:
Hetalia
(ヘタリア
),
ideata da Hidekazu Himaruya.
Che
altro dire.. Buona lettura!
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Che significava essere soli?
Che significava essere immersi nel
nulla, nel buio più assoluto, nell’oblio di una solitudine senza
fine alcuna?
Che cosa voleva dire cadere e non
trovare nessuno a sorreggerti, a offrirti un aiuto, un sostegno, una
mano pronta ad aiutarti e ad illuminare quel tetro luogo dai confini
indefiniti?
Cosa voleva dire urlare con tutte le
proprie forze, urlare sin quando le corde vocali non gemevano per lo
sforzo, sin quando la gola non chiedeva una pausa ed i polmoni non
reclamavo a gran voce ossigeno, lasciando che il petto si abbassasse
e rialzasse spasmodicamente riempiendo quel vuoto di ansimi veloci e
sofferti?
Cosa voleva dire “far piangere” un
cuore, vederlo strillare inutilmente e con lentezza corrodersi fino
ad atrofizzarsi e morire nel più assoluto silenzio?
Lovino lo aveva capito presto, così
presto.
Lo sguardo corre attorno a se, alla
ricerca di fantasmi di persone che erano state vicino a lui, e che
poi lentamente erano scomparse, morte, preferendo altre compagnie..
non trovando nulla, niente.
Solo.
E quel faccino va ad abbassarsi, quelle
iridi ambrate si fermano a puntare quella che dovrebbe essere terra,
ma che invece è solo un continuo di quel grande, gigantesco vuoto
che lo ingloba e lo asfissia gentilmente illudendolo con i suoi
limiti che si nascondevano nell’oscurità, che fuggivano dalle
occhiate che Lovino lanciava attorno a se, ma che irrimediabilmente
sentiva invece vicini, sempre più vicini, pronti a soffocarlo in una
morsa senza via di ritorno, alla quale il piccolo italiano voleva ma
non poteva scappare.
Ed allora era inutile farlo, sì.
Inutile provare a fare uscire la
propria voce in un luogo dove i sensi erano inutili, dove il tatto
non poteva sfiorare nessun corpo caldo al suo fianco, in cui la vista
rimaneva occlusa da quel mondo senza definizione, dove l’olfatto
poteva solo provare ad inalare un’aria che non sapeva di alcun
profumo, fredda e secca, in un luogo dove l’udito serviva solo a
contemplare l’immenso silenzio che circondava quel piccolo bambino
che era stato abbandonato da tutti, in un mondo terribile, orribile,
grande.
Vuoto.
E allora era inutile tentare di farsi
notare, inutile cercare di portare un poco di colore in un universo
che gli aveva voltato le spalle.
Perché lo aveva fatto? Aveva fatto
qualcosa di male? La colpa era sua, vero?
Ecco perché tutti preferivano suo
fratello, sì.. Lui.. lui era un esserino superfluo, un pezzettino
innocuo ed inutile di terra che offriva solo foreste e qualche
spiaggia qua e là, debole ed arretrato rispetto alla nazione
gemellata che invece già era capace di compiere i primi passi da
sola, che già era pronta a guardare a quel grande mondo con
felicità, illuminato dalle persone che lo aveva accettato, voluto,
amato.
Già, tutti avevano giustamente
preferito lui, per quanto anche quell’inutile lembo di terra
morisse dalla smania di essere preso in considerazione, il cuore
lacerato dalla continua richiesta di attenzioni, mai accontentato.
E alla fine, consapevole che nessuno
avrebbe mai voltato lo sguardo a rimirare lui, lasciato indietro e
ormai invisibile alla vista di tutti in quel grande buio nero che lo
circondava, anche il piccolo Lovino aveva smesso di provare a
ricercare la luce, chiudendosi in quell’oscurità,
appallottolandosi e circondandosi le ginocchia mentre, accovacciato,
silenziose lacrime scendevano in quegli occhi che mai, se lo giurò
in quel momento, avrebbero mai nuovamente guardato con speranza quel
mondo che non aveva perso tempo ad abbandonarlo ed isolarlo in un
angolino, dimenticato da tutti.
Faceva freddo, tanto freddo.
E lui era.. così solo.
Oh, come erano grandi quei goccioloni
che scendevano da quegli occhietti tristi ed arrossati, ruzzolando
pigramente per le morbide e rotonde guance andandosi a posare su
quelle piccole ed esili ginocchia che nascondevano al piccolo la
vista di quell’universo che tanto a lungo e senza un briciolo di
pietà lo aveva allontanato, calciato da parte e lasciato al suo
giovane ed incerto destino.
Ah, come sono piccole quelle manine che
con tanta veemenza stringono le minute braccia che circondano quelle
gambe magre e corte, seppur tremanti e dalle nocche leggermente
bianche per lo sforzo.
Ed il nasino cola, cola senza venire
toppato in qualche modo, mentre il piccolo si rifiuta di tirare su e
rendere così noto alle sue stesse orecchie un rumore che gli
precluda la contemplazione di quel silenzio angosciante, ma
paradossalmente unico suo compagno in una situazione del genere. Poi,
senza quel silenzio, chi gli rimarrebbe? L’eco di quella mossa
tenderebbe a scomparire, e lui si sentirebbe così perfido ad essere
pronto a lasciare il suo unico amico silenzio e a riprenderlo con
egoismo una volta terminata la sua ipocrita e rumorosa azione, sì.
Almeno lui.. lui non tradirà un suo amico, non lo farà mai. Gli
rimarrà fedele, fino alla fine. Nh-.
Le labbrucce tremule vengono poi morse
con forza, si stringono e lottano contro quei singhiozzi che solo lui
potrebbe sentire, ma che come per il naso gocciolante non può
assolutamente lasciar uscire, no.
E a quel bimbo, lasciato da solo in
quel luogo sperduto da tutti, non resta che provare a capire da solo,
l’utilità di quello che possiede, sì. Può contare solo.. su se
stesso, giusto?
Ecco la funzione di quegli occhi.
Dunque non servono per la vista, ma per piangere..
Ecco la funzione del tatto, per poter
stringere se stessi, aiutarsi a mantenersi in piedi, abbracciarsi per
scaldarsi un poco da quel freddo che permea nelle ossa,
arrampicandosi per la colonna vertebrale stuzzicandola con quei suoi brividi che la percuotono a tempi irregolari.
E quale sarà la funzione di quel
nasino rosso, se non lasciar che il suo pizzicore infastidisca un
poco il piccolo Lovino?
E quell’udito, è davvero nato per
renderlo capace di ascoltare quell’universo privo di suoni?
E la bocca, allora? E’ davvero la sua
parte masochista, quella che si diverte stuzzicarsi coi canini da
latte e fremere un poco mettendo in pericolo l’udito con i suoi
sospiri inutili?
E del suo cuoricino, del suo cuoricino
atrofizzato, chi saprebbe spiegargliene l’utilità?
…
E
poi, nel più completo silenzio, nel buio di un universo infinito ed
infinitivamente vuoto, Lovino sente una mano.
Delle dita delicate che si posano sulla
sua spalla rotonda e piccina, un piccolo calore che pervade il suo
corpicino ancora inutilmente scosso da singhiozzi silenziosi, un
dolce profumo che monopolizza il suo olfatto, prima inutilizzato; ed
ecco che quelle iridi ambrate si alzano un poco, estranee a quel
contatto così a lungo negato con una.. persona, un altro essere,
sembrerebbe.. Mh, sarà vero?
Un sorriso, un sorriso splende in quel
buio, due occhi verdi come lo smeraldo lo fissano, guardano /solo
lui/, lo studiano sereni mentre quella mano bronzea si alza dalla
spalla per posarsi sulla sua testolina, scompigliandosi quella
chiometta mora e riscaldando con quel gesto.. un qualcosa, sì. Un
qualcosa che si trova più in basso, all’altezza del petto, tra i
due polmoni che ancora reclamano un poco d’aria, muovendosi
stancamente ma ricominciando leggermente a riprendere ossigeno, con
più vigore, con più voglia di vivere.
Che sia il suo cuore? È ancora lì il
suo piccolo muscolo ibernato, solo ed inutilizzato per così tanto
tempo?
“Ciao..”
Un sussurro esce da quelle labbra
socchiuse in un sorriso, mentre l’estraneo si abbassa, portandosi
accovacciato come il piccolo e continuando a guardarlo con
un’emozione che il bambino non ricorda più ormai..
Aff-… Aff-… Nh-,
aff..etto? Che sia quella la parolina magica?
Nh-. Non è che si fidi tanto degli
sconosciuti, a dirla tutta..
… Non che si fidi tanto degli altri
in generale, in effetti. Dopo tutto, per lui sono tutti degli
sconosciuti.
“Soy Antonio y represento a España.
D’ora in poi ci penserò io a te, d’accordo?”
Strano, molto strano.
No, non si fida affatto questo
piccoletto dal cuore atrofizzato.. non di un tipo del genere.
Storce il nasetto, si volta dall’altra
parte, ed ecco uno sbuffo uscire da quella bocca piena e rossa,
mentre il labbruccio inferiore si pone avanti all’altro, come a
voler rendere noto alla strana compagnia tutto il suo scetticismo a
riguardo.
Non lo voleva nessuno, perché quello
“Spagna” avrebbe dovuto fare eccezione?
“Mhpf, non ci credo..”
Mormora infine, quasi meravigliato
della sua stessa voce. Oh, da quanto tempo non la sentiva..
Aveva parlato. Lui. Ma prima di tutto
aveva parlato quel tipo strano..! Era… era colpa di quello stupido
ragazzo, aveva allontanato il suo silenzio, lo aveva portato a
tradire l’unico amico che aveva!
Lo avrebbe… odiato per l’eternità,
sì. In quel momento decise che era una promessa solenne quella che
stava facendo, e con quella convinzione tornò a fissare l’altro,
le sopracciglia corrucciate e le guance gonfie per il disaccordo.
Odio. Sì, non poteva permettersi
altro, quel cuoricino così a lungo lasciato al suo destino
solitario, non poteva /sperare/, non più.. e non lo avrebbe fatto.
Ed ecco un’altra risata
ingiustificata, mentre lo spagnolo avvicina lentamente la mani al
piccolo, prendendolo da sotto le ascelle e alzandolo assieme a lui,
prendendolo in braccio.
Oh, calore.. allora poteva darlo anche
un altro corpo, oltre che il suo?
“Ma che-.. lasciami, lasciami!”
Ed ecco, dopo i primi secondi di
smarrimenti in cui Lovino trattiene un poco il fiato nel sentire
tutt’a un tratto la terra sotto i piedi mancare, dei piccoli
calcetti colpiscono infine il corpo dello sconosciuto, mentre questo
lo porta ancora più vicino a se continuando a ridere tranquillo e
iniziando a fare qualche passo verso una luce lontanissima, davvero…
ma non irraggiungibile, probabilmente.
Nh-, si stancherà prima di
raggiungerla, o riuscirà a portare anche il piccolo italiano lontano
da quel buio che ora, avendo capito di avere effettivamente una
scelta a quel nero pece,avendo assaggiato un po’ di quel colore che
il mondo gli potrebbe offrire, gli incute un poco di terrore?
Il terrore di ritrovarsi da solo, di
nuovo, laggiù, dimenticato da tutti dopo aver assaporato un poco di
quella lucentezza di cui ignorava l’esistenza.
“Dai, dai, non fare tante storie,
prima arriviamo a casa e prima potremmo mangiare dei deliziosi
churros, sì? E poi ti farò vedere i miei campi, son realmente
hermosos! Vedrai, ti divertirai, potrai giocare tutto il tempo che
vorrai!”
E Lovino non risponde, abbassando lo
sguardo a fissare il terreno che l’altro si lascia dietro.
Sta diventando un poco più chiaro,
quel mondo prima monocromatico… Ad ogni passo Antonio lascia
qualche colore qua e là, si diletta nel pitturare un ciottolo lì,
uno spruzzo di verde erba là, un pezzettino di cielo più in su.
E mentre il piccolo italiano boforchia
qualcosa contro quello sconosciuto dalle libertà così
ingiustificate, le manine vanno un poco a stringere quella stoffa
insopportabilmente calda, il viso quasi a nascondersi nell’incavo
delle spalle dell’altro, il piccolo petto che si tranquillizza un
poco, lasciando che il suo battito si uniformi con quello lento e
tranquillo di.. come aveva detto di chiamarsi? Antonello?
..Mh-, magari.. magari glielo avrebbe
chiesto dopo, sì.
Prima.. prima gli avrebbe dato una
possibilità, forse.
La possibilità di guidarlo fino a
quella luce così accattivante, lontano da quel tenebroso mondo in
cui qualcuno era finalmente riuscito ad penetrare, per portarlo fuori
di lì.
Ma sì, diamogli pure un’opportunità
a quel ragazzo insopportabilmente allegro.
Tanto, lo odierà per l’eternità in
ogni caso.
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