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La
bacchetta di Ariana.
Tutto ebbe inizio molto tempo fa, ad Hogwarts, la più
celebre
scuola di Magia e Stregoneria del mondo. A quel tempo, il preside era
un certo
Armand Dippet, un uomo vecchio che si avvicinava all'età
della pensione. Gli
alievi, erano forse i più brillanti che si fossero mai
avuti, e tra di loro una
ragazza, di nome Minerva McGranitt, una rispettabile strega della casa
del Grifondoro,
dai capelli neri, il visino a punta e degli occhi castani. Anche se
esprimeva
un'aria del tutto autoritaria, lei faceva sì che andasse a
beneficio dei suoi
amici. Ma daltro canto, anche gli angeli hanno un piccolo capriccio nel
loro io
più profondo, e Minerva era innamorata persa del proprio
insegnante di
Trasfigurazione, che altri non era che Albus Silente, il professore che
pochi
anni prima era diventato il più Grande Mago Del Mondo
“a detta di molti”
secondo lui. Si accorse degli sguardi persi che Minerva gli rivolgeva,
che ogni
volta che lui guardava la ragazza lei arrossiva. I suoi sentimenti
erano così
tangibili e vistosi che anche Albus cominciò ad apprezzarli
e a ricambiarli.
Certo in quanto ruolo di professore doveva imporsi dei limiti, ma
Minerva era
così sincera con lui e così imbarazzata quando
gli parlava che i suoi limiti,
ad un certo punto, furono mandati al diavolo. Questo accadde fino al
quinto
anno della ragazza. Negli ultimi due anni, Albus si lasciò
decisamente andare,
intraprendendo una stretta relazione privata con Minerva McGranitt, che
non fu
mai scoperta. Si conclusero gli anni accademici, e Minerva fu costretta
a
trovare lavoro presso delle filiali temporanee come il negozio di
accessori per
il Quidditch, visto che lei ne andava persa per quello sport magico, e
infine
come cameriera ai Tre Manici Di Scopa, dove conobbe Rosmerta Taylor,
conoscita
poi come Madama Rosmerta. Lì riuscì a stare in
contatto con Albus, che passava
quattro giorni su sette alla taverna, durante i qali teneva gli occhi
fissi su
Minerva. Trascorsero così altri due anni, e nell'ultimo,
Silente non andò
spesso a trovare Minerva al lavoro.
“C'è
un ragazzo che mi incuriosisce e allo stesso tempo mi
spaventa molto!” disse Albus ad una Minerva dispiaciuta delle
carenze delle sue
visite. “Non so perchè, ma dalla prima volta che
l'ho visto mi sono detto -
Questo ragazzo è alquanto pericoloso. Meglio tenerlo
d'occhio prima che faccia
del male ai suoi compagni. -”.
“Deve
aver fatto qualcosa di male per ricevere così tanta
attenzione!” gli rispose Minerva.
“Credo
che tu abbia perfettamente ragione, ma a volte e meglio non
esporsi troppo.” disse Silente in modo pragmatico
“Scusami se non rimango di
più, ma ho molto da fare.”
Certo
che aveva molto da fare. È un professore, non un detective
che aveva appena finito il turno. Si disse tra se Minerva.
Quei
sette anni nel quale Albus vide poco Minerva, furono i più
strani. Nella comunità magica si era cominciata a spargere
la voce di un
giovane mago che adoperava la magia oscura, e che era attorniato da un
piccolo
gruppo che si facevano chiamare Mangiamorte.
Minerva li aveva visti un
paio di volte, e non gli erano mai piaciuti, poi Albus tornò
alle sue consuete
quattro visite ogni sette giorni, e questo per un lato fece rallegrare
la
povera Minerva, mentre dall'altro, quello più canzonatorio,
cercava delle
parole per rimproverare il suo amato professore. Gli anni passarono in
fretta,
durante i quali i Mangiamorte avevano cominciato a mettere sottosopra
la
comunità magica in nome di Lord Voldemort, e accadde che un
giorno il vecchio
Armand Dippet decise di andare finalmente in pensione e lasciare il
posto di
Preside della scuola ad Albus Silente, che si vide costretto come primo
incarico a trovarsi un rimpiazzo per la materia di Trasfigurazione.
Minerva
accettò molto volentieri la proposta che il suo caro Albus
le aveva offerto.
“Non
perchè te ne voglia male Rosmerta” disse Silente a
Rosmerta
che nel frattempo era diventata la proprietaria del Pub “Ma
è l'unica persona
che secondo me è adatta a quel posto”
E
così da allora troscorsero quasi vent'anni, da quella scena
alla
locanda a quella che segue qui sotto. L'amore tra Minerva McGranitt e
Albus
Silente non fu mai spento, come il fuoco eterno che brucia su un tronco
incantato.
Tra
quelle che si possono definire le mille passioni dei due
professori, ci fu anche un meraviglioso evento, durante il quale
Minerva era al
settimo cielo, mentre Albus sembrava particolarmente distaccato, come
se si
fosse accorto di aver fatto uno sbaglio che non ammetteva scuse. Fu una
fortuna
che la gravidanza di Minerva non fu scoperta da nessuno, al di fuori di
qualche
fantasma curioso che sbirciava dai muri, ma fu un colpo quando, dopo la
nascita
della piccola, Minerva se ne dovette separare, per poter salvare almeno
il suo
posto di lavoro e la stimata figura di Albus Silente, che ricevette la
richiesta di diventare Ministro della Magia per ben cinque volte e che
rifiutò
perchè si riteneva inadatto ad un compito così
alto. Fecero solo una cosa per la
bambina. La chiamarono Ariana, nome che scelse Albus personalmente, poi
la
affidarono al fratello del padre di Albus, Teodor, che, pur essendo
sposato,
non aveva avuto la gioia di avere un figlio. Così la piccola
Ariana Silente
crebbe nella famiglia degli zii paterni, prendendoli come genitori,
totalmente
diversa da loro. Nessuno dei due zii aveva un viso come quello di
Ariana,
sottile e dolce; nessuno dei due zii aveva i capelli biondi e ricci;
Nessuno
dei due zii avevano gli occhi celesti di Ariana, che appena ti
fissavano ti
davano la netta sensazione di errere radiografati. Insomma,
più il tempo
passava e più Ariana assomigliava ad Albus, anche nel
carattere. Era una
bambina che non sopportava le ingiustizie. Dalla parte di Minerva
invece aveva
preso una leggera nota di fierezza, che non si notava quasi mai.
Arrivata
all'età di undici anni, una lettera giunse nell'indirizzo di
Haemon Back Street
numero 4. Ariana si era appena svegliata, e stava scendendo le scale
quando
vide Teodor leggere le lettere che gufi e postini babbani avevano messo
davanti
alla porta.
“Buon
Giorno papà!” disse Ariana gioiosa.
“Ben
svegliata Ariana. Tieni questa lettera è per te!”
gli rispose
il padre dandogli una lettera siggillata con della ceralacca rossa sul
quale
era inciso uno stemma.
Ariana
corse in cucina, lasciando che il padre la seguisse
lentamente, si buttò sulla prima sedia, ruppe la ceralacca
ed estrasse una
pergamena piuttosto lunga edun biglietto ferroviario.
Cominciò a leggere la
lettera, e la gioia di quel giorno si quadruplicò.
“Evviva!
Andrò a Hogwarts, andrò a Hogwarts!”
Emily,
la moglie di Teodor lanciò uno sguardo confuso al marito.
“Certo
che ci andrai. Non mi dire che te ne eri già
dimenticata!”
chiese il padre alla figlia che saltava per la gioia.
“Sì
che lo sapevo, ma almeno posso giudicare questa lettera una
conferma!” e così dicendo tornò di
corsa di sopra a cambiarsi.
“Più
cresce e più somiglia a tuo nipote, anche nel modo in cui
parla. Stà diventando enigmatica come Albus. Secondo me
prima o poi se ne accorgeranno
che è sua figlia.” disse Emily
“Meglio
tardi che mai. Ma ora non parliamone davanti a lei. Stà
scendendo tutta di corsa!” rispose Teodor tendendo
un'orecchio. Infatti pochi
minuti dopo, Ariana tornò in cucina vestita di tutto punto e
tirando la manica
del padre disse:“Andiamo a Diagon Alley oggi? Mancano solo
tre giorni
all'inizio della scuola e non voglio essere sempre l'ultima a fare le
cose!”.
Così
Teodor ed Emily si vestirono e andarono a Diagon Alley
assieme ad Ariana, passando per il solito passaggio del Paiolo Magico.
Ad
Ariana piaceva adarci. Adorava i gelati della gelateria Fortebraccio,
così,
sapendo ormai a memoria il posto dove si trovavano i negozi che le
servivano se
li fece uno ad uno. Lasciò per ultimo i negozio di -Olivander
– il
miglior fabbricante di bacchette di tutta l'inghilterra.
Entrò nel negozietto
pieno di scatolette, nere e grigie, ed andò al bancone.
Fortunatamente aveva
lasciato tutta la roba ai suoi, così che fosse libera da
impicci. Sul bancone
c'era un piccolo campanello dorato da bar. Lo suonò, e da
una mensola al piano
di sopra si affacciò un uomo dai capelli di un grigio sporco
e con un accenno
di calvizie in cima alla testa. Sul volto dell'uomo erano cominciate ad
apparire le prime rughe della vecchiaia, anche se tutto sembrava
fuorchè
vecchio.
“Piacere,
mia bella signorinella. Io sono Olivander, il
fabbricante di bacchette. Suppongo che tu ne sia venuta ad acquistare
una!”
disse Olivander con voce mielotica.
“Esattamente
Signore!” rispose Ariana educatamente.
“Bene!”
trillò Olivander afferrando un metro da sarta che stava
sul bancone, e facendo il giro, in modo da trovarsi al fianco della
ragazzina
disse: “Potresti tendere gentilmente il braccio destro in
avanti per favore
cara?”
Ariana
obbedì immediatamente, e Olivander le prese le misure del
braccio con professionalità, poi si diresse verso uno
scaffale, afferrò la
scala con una mano, salì, prese una scatola polverosa e
disse:
“Ecco
prova questa! Biancospino, corda di cuore di drago, rigida,
lunga dodici pollici...”
Ariana
la agitò delicatamente, ma non successe nulla.
“Come
va?”
“Me
la sento un po' pesante. È normale?” chiese Ariana
fissando
Olivander con il suo sguardo intenso.
“Beh,
no. Hai sentito calore dopo averla toccata, perchè vedi
Signorina, è la bacchetta a scegliere il mago!”
“No!
Non ho sentito nulla del genere.”
“Allora
non è quella adatta a voi.” Poi mentre si
rituffava negli
scaffali disse: “Posso chiederti come ti chiami?”
Prese una scatola e tornò al
bancone.
“Mi
chiamo Ariana. Ariana Silente!”
Al
solo udire del cognome, Olivander la guardò attento, poi
mise
da parte la scatola che aveva preso dicendo: “Allora so
qual'è la bacchetta che
fa per lei.” e andò a prendere una scatoletta di
tessuto color panna, ben
tenuta. Forse la teneva in disparte dalle altre. Slacciò il
fiocchetto di raso
e aprì la scatola. Ne estrasse una bacchetta color avorio,
molto elaborata. “È
la migliore opera che ho creato, la più strana, e l'unica a
cui tengo
veramente. Salice lunga undici
pollici e
mezzo, elastica, lavorata a mano fin nei minimi dettagli con uno stile
floreale
e la raffigurazione du una fenice sul manico. Il nucleo è
formato da una piuma
di fenice bianca.” la descrisse Olivander con orgoglio.
“Prego. La provi. Sono
assolutamente certo che questa bacchetta cercava giusto lei.”
Ariana
prese la bacchetta con la solita delicatezza, le fece fare
un giro a mezz'aria dal quale ne apparve un Calice di vetro con le
rifiniture
dorate nei bordi.
“Che
le dicevo?” disse Olivander sorridendo
“È la giusta bacchetta
per voi signorina.”.
“Signore!”
disse Ariana in modo serio “Se questa bacchetta conta
davvero tanto per voi, e che vi dispiace venderla allora...”
“No
signorina mia. Sono le bacchette a scegliere i maghi che la
devono utilizzare. D'altro canto non posso tenermela per sempre. Non
sono io il
padrone scelto dalla bacchetta, ma lei. Cos'ha sentito questa
volta?”
“Una
sensazione che un fiotto di fuoco mi avvolgesse tutto il
braccio. Come se adesso non mancasse nulla, mentre prima era un
pò vuota.”.
“Bene.
Allora sa una cosa? Questa bacchetta gliela regalo.”
“Ma
signore, la tanta pazienza che lei ci spende per ognuna...”
“Niente
ma. Gliela Dono. E poi ne ho ancora di bacchette da
vendere signorinella mia.”
“Allora
grazie mille per il dono!” disse Ariana educatamente.
Rimise la bacchetta nella propria scatola che Olivander le porgeva e
uscì dal
negozio notando il sorriso che increspava il volto del fabbricante.
Ariana
raggiunse immediatamente i genitori, che recuperarono la
roba acquistata e tornarono a casa in attesa del primo Settembre.
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