Eccomi :) Il primo capitolo finalmente è terminato ahahahha ci ho messo
un pò per rivederlo e tra tagli e aggiunte varie ammetto di aver perso
più tempo del previsto! hihihihi
Adesso vi lascio al chappy *O* grazie mille per le recensioni,
troverete le risposte nella posta di efp hihihihihi
Kiss
Quando
si vive nel passato ogni giorno non appare che un dilungarsi di
inutili ore in cui ogni pensiero si perde tra i ricordi, in cui ogni
fallimento appare nella sua brutalità e l'eternità si trasforma in
un'angosciante prospettiva difficile da dissimulare.
Per
Edward la vita era questo, lui era questo.
Un’anima
tormentata, un uomo a metà tra passato e futuro, incapace di trarre
dal presente le gratificazioni desiderate. Osservava, come uno
spettatore, il mondo umano e le sue creature avvicendarsi nel tempo
mentre per lui l’immobilità era la sola compagna.
Un
susseguirsi di giorni che non avrebbe rammentato e che si sarebbero
ammassati in un angolo della sua memoria, come insignificanti istanti
che per la loro inutilità gli avrebbero causato solo rabbia.
Rancore.
Frustrazione.
Quella
di chi sa di essere bloccato, quella di una creatura che nella sua
sovraumana potenza è consapevole di non poter aspirare a nulla al di
fuori di ciò che possiede e che lo tormenta.
Il
tutto e il niente.
Anche
quella giornata stava trascorrendo nella solita monotonia e sino a
quel momento, Edward, non aveva notato nulla di strano. Nessuno
stormo di ochette starnazzanti preda di strani deliri, almeno non più
del solito, e nessuno scherzo da parte di Alice.
Tranne
qualche insolito sms giunto sul suo cellulare.
“Baci
e bacetti dalla tua sorellina adorata. Smettila di temere un mio
agguato da un momento all’altro, non posseggo ancora il dono
dell’ubiquità e sono ad Honolulu con gli altri.”
Allegato
al messaggio c’era un foto di lei e Jasper su di una spiaggia
bianca, al chiaro di luna.
Edward
si diede del paranoico ipotizzando che il cattivo presentimento di
quel mattino fosse dovuto esclusivamente al suo pessimo umore, e che
sua sorella per una volta si era limitata ad organizzare una
tranquilla settimana di relax.
Nessun
secondo fine!
Come
poi fosse riuscita a convincere suo padre a lasciare l’ospedale per
ben sette giorni proprio non lo capiva. Era raro che Carlisle si
assentasse per un tempo tanto lungo. Adorava il suo lavoro,
soprattutto perché amava rendersi utile.
Per
lui era una sorta di espiazione. Tra tutti i componenti della
famiglia Cullen, era colui che era più attaccato alla sua umanità.
Nella sua esistenza da immortale non aveva mai compiuto alcun atto
scellerato, né azioni spregevoli di cui tutti si erano macchiati con
l’ingresso nella nuova vita. Anzi, con fatica e devozione era stato
in grado di sviluppare una vera e propria resistenza al richiamo del
sangue umano.
Era
impossibile non provare ammirazione per lui.
Carlisle
Cullen era un esempio oltre che un padre.
Una
di quelle persone per la quale tentava di dissimulare la sua apatia,
perseverando in quella vita senza speranza.
Patetico.
Si
diresse svogliatamente verso l’aula di biologia, tentando di
scacciare quelle elucubrazioni, sino a quando qualcuno non si pose
sul suo cammino, con un’0nda di pensieri melliflui che lo investì
in pieno.
«
Edward! »
la voce svenevole di Jessica lo irritò più del solito, ma tentò di
mascherare il suo disappunto ostentando la consueta indifferenza,
appresa in decenni di pratica.
Le
fece un cenno del capo pronto ad andare oltre, quando un particolare
pensiero della sua mente lo fece irrigidire.
«
Cosa volevi dirmi? »
borbottò trattenendo un ringhio. Sapeva di chi era la colpa, la
responsabile non poteva essere che una: Alice.
I
suoi sospetti come al solito erano più che fondati, il piccolo
mostriciattolo dai capelli corvini aveva architettato qualche nuovo
piano, con l’intento di minare seriamente la sua sanità mentale.
Come
aveva anche solo potuto ipotizzare fosse in buona fede?
Impossibile.
Dal
canto Jessica sobbalzò spaventata della strana reazione del vampiro.
Non era il suo primo tentativo di approccio, ma in passato le uniche
risposte che aveva ottenuto erano stati cenni del capo privi di
interesse.
Bhe,
in quell’istante rimpianse quelle mancate reazioni.
Mai
sfidare la sorte, certa gente dovrebbe stare attenta a ciò che
desidera. Sibilò il mostro
dentro di lui, divertito dalla paura della ragazza, speranzoso di
veder cessare il supplizio dei suoi continui approcci e dei suoi
insignificanti pensieri, costantemente persi in una venerazione mal
riposta su di lui e sui suoi fratelli.
Se
solo avesse saputo a cosa andava incontro.
«
Io, ecco... ho visto che sei iscritto al provino per il corso...
di... teatro. »
balbettò.
La
furia di Edward era palese sul suo viso. Non comprendeva come sua
sorella avesse potuto partorire una simile idea.
Recita
teatrale?
Sarebbe
stato costretto a mischiarsi con un'orda di umani, in continuo
contatto con loro.
La
sua vita non era abbastanza noiosa?
Possibile
che fosse costantemente pronta ad impicciarsi in questioni che non le
competevano?
Dannazione,
si sentiva terribilmente frustrato.
Era
pronto a chiamarla per urlarle tutto il suo sdegno, ma decise di
provvedere prima a cancellare la sua iscrizione, onde evitare fosse
troppo tardi.
Ma
questa volta lei non avrebbe evitato di subire la sua punizione.
No...
si sarebbe vendicato dando fuoco alla miriade di abiti che sostavano
nel suo armadio. Uno ad uno…
Senza
alcun saluto si allontanò da Jessica in direzione dell’aula di
teatro, pronto ad annunciare il disguido in cui era incappato ed a
ritirare la sua candidatura, pregustando l’istante in cui si
sarebbe deliziato del fuoco del camino alimentato dai jeans Armani di
sua sorella.
Stava
per spalancare l’enorme porta in legno massello del teatro quando
notò un insolito particolare. Dall’interno della sala non giungeva
alcun pensiero, solo una voce. Una
splendida voce. Edward rimase
affascinato da quelle dolci note che volteggiavano nell’aria
armoniose,
ed incuriosito aprì la
porta per permettere alla sua vista di svelare il mistero.
Fu
sorpreso di vedere Isabella Swan sul piccolo palchetto intenta a
cantare a pieni polmoni. Poche volte aveva avuto la possibilità di
udire la sua voce e gli era parsa nulla più che un flebile sussurro.
Non avrebbe mai immaginato potesse celare un simile talento.
Era
una ragazza semplice e tranquilla sempre attenta a non attirare gli
sguardi altrui, e lui stesso in fin dei conti non si era mai
soffermato ad osservarla.
Non
che tendesse a prestare volontariamente attenzione agli umani, al
contrario… ma non di rado le loro manie di protagonismo lo
costringevano a fingere di prestare ascolto alle loro richieste.
Soprattutto
quando i loro pensieri lo bombardavano.
Fu
proprio in quell'istante che rammentò l'inquietante dettaglio di
quella mente muta.
Non
avvertiva alcun pensiero.
Non
è possibile.
Scioccato
chiuse gli occhi, scandagliando la moltitudine di voci che si
affollavano attorno a lui, tentando di captare quella flebile e
sommessa della Swan, nel vano tentativo di isolarla.
Nulla.
Inspiegabilmente
percepiva solo il vuoto.
È
assurdo.
Possibile
che non si fosse mai premurato di controllare? Il chiacchiericcio
costante che lo affliggeva doveva aver celato quella inconsueta
realtà. Eppure non riusciva a capacitarsi di ciò. Nessuno era mai
sfuggito al suo potere, vampiro o umano che fosse.
Anche
creature potenti di clan conosciuti non potevano sottrarsi al suo
dono e lo stesso valeva per la sua famiglia. Era un potere molesto,
forse al pari di quello di Alice, e aveva spesso detestato la sua
capacità cogliere i segreti reconditi delle menti attorno a lui, ma
quell'improvvisa scoperta lo destabilizzò.
Chi
era quella ragazza per riuscire dove tutti gli altri avevano fallito?
Lei,
con quello sguardo costantemente spaventato, pallida e smunta.
Lei...
così anonima.
«
Signor Cullen! »
una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare.
La
professoressa Cronford, direttrice delle opere teatrali scolastiche,
gli si era avvicinata cogliendolo di sorpresa; tanto era preso nelle
sue riflessioni da non aver udito i suoi passi.
Assurdo!
Come poteva un vampiro come lui farsi cogliere in fallo?
Alice
ed Emmett lo avrebbero deriso in eterno ed era certo che la sua
sorellina in quel momento era intenta a narrare l’accaduto a tutta
la famiglia.
Piccola
pulce dispettosa.
«
Professoressa! »
salutò rispettoso, distogliendo il suo sguardo dalla ragazza.
«
Ho notato la sua domanda tra gli iscritti e ne sono piacevolmente
sorpresa – affermò immaginando il successo che avrebbe riscosso
grazie alla sua presenza. – Era venuto per chiedere qualche
informazione? »
Lo
sguardo di Edward saettò sulla piccola figura di Isabella che rossa
di vergogna che, notata la presenza degli estranei, aveva prontamente
interrotto il suo canto.
Peccato,
a lui piaceva la sua voce.
«
Nulla, volevo solo confermare la mia presenza! »
mentì allontanandosi senza aspettare alcuna risposta.
Non
seppe il motivo di quel suo comportamento, o almeno non lo comprese
appieno.
Era
seriamente incuriosito da Isabella. Che qualcuno potesse celargli i
pensieri era una novità alquanto interessante ed il fatto che il
soggetto fosse quella ragazza lo intrigava ancora di più.
In
fin dei conti era una delle poche che non lo molestava con pressanti
richieste ed era certo di non averla mai vista importunarlo a San
Valentino, quando il suo banco diveniva un cumulo indistinto di
pacchetti e dolcetti; che oltretutto non avrebbe nemmeno potuto
mangiare.
Che
spreco.
Il
trillo del cellulare attirò la sua attenzione.
“Sarai
bravissimo! Quella parte è perfetta per te!”
«
Alice. »
ringhiò sommessamente, scuotendo il capo contrariato.
Chi
poteva essere se non lei l’artefice di tutto?
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I
provini per le principali parti si svolsero celermente, il giorno
successivo.
Edward,
come previsto, ottenne la parte principale. Le sue doti di attore
erano eccelse, ma anche in caso contrario la professoressa Cronford
non avrebbe esitato ad attribuirgli il ruolo di protagonista. Ciò
che sorprese tutti fu invece il personaggio principale femminile, che
fu assegnato ad Isabella Swan.
I
volti lividi delle ragazze della scuola mostravano il disappunto per
quella scelta da nessuno compresa. Lei, tanto timida ed impacciata,
non sarebbe mai stata considerata per un simile ruolo, eppure la
professoressa non aveva indugiato molto nella selezione. Era
consapevole delle doti canore di Isabella e della sua facoltà di
distaccarsi dalla sua vita una volta sul palco. Lì non era
l’impacciata ragazzina derisa da tutti, in teatro la sua
personalità coincideva con il personaggio che avrebbe interpretato.
Che fosse la spigliata Elisabeth Bennet o la superficiale Catherine
Earnshaw, non importava.
Non
era Isabella Swan.
Edward
stesso si stupì di scoprire il motivo di quella scelta e la
curiosità verso quella ragazza non poté che venir ulteriormente
alimentata. Così silenziosa ed in apparenza fragile, pareva celare
non poche sorprese, e lui ammise a se stesso che forse, quella
piccola umana, sarebbe potuta essere un ottimo diversivo alla sua
perenne indolenza.
Una
novità.
Al
termine delle prove decise di avvicinarsi. In fin dei conti avrebbero
dovuto provare molte scene insieme e sarebbe stato opportuno
presentarsi. Una parte di lui però ancora sperava di riuscire ,con
la vicinanza fisica, a cogliere qualche stralcio di pensiero.
Sperava…
o forse no. Iniziava a sentirsi intrigato da quella inconsueta
situazione.
Volse
lo sguardo alla sala, riponendo nello zaino le ultime cose, e la
individuò immediatamente.
Isabella
era seduta infondo, su una delle poltroncine del teatro, intenta a
sfogliare il copione consegnatole dalla professoressa.
Un
piccolo cipiglio increspava la sua fronte, formando una deliziosa
ruga tra le sopracciglia.
Aveva
un che di buffo. Pensò Edward divertito.
Eppure
era nuovamente sola. Pareva non aver stretto alcun legame con i vari
studenti della scuola. Gran parte di loro la ritenevano piuttosto
strana e soprattutto eccessivamente riservata. Difficilmente
spiccicava parola con qualcuno, se non in caso di necessità. L’unica
ragazza che mostrava verso di lei un comportamento cortese era Angela
Weber, la figlia del pastore di Forks.
Era
una ragazza di buon cuore e come Isabella abbastanza tranquilla,
forse per questo motivo era l’unica in grado di capirla,
rispettando i suoi silenzi.
Eppure
Edward non potè non chiedersi il motivo di quella ritrosia tanto
eccessiva, palese anche nel suo abbigliamento. Non indossava mai
vestiti scollati e succinti, al contrario il suo corpo era sempre
coperto da felpe e maglioni sformati. Abbigliamento tutt'altro che
comune in una ragazza della sua età.
Immaginava
il volto di sua sorella Alice incresparsi in un’espressione di puro
orrore, notando quegli abiti tanto fuori moda.
Decisamente
fuori moda!
Edward
abbandonò quei futili pensieri schiarendosi la voce per attirare
l’attenzione di Isabella.
Il
volto della ragazza si alzò incrociando gli occhi color oro del
vampiro, mentre le sue guance assumevano come di consueto una
colorazione purpurea.
«
Ciao. – mormorò suadente. – Io sono Edward Cullen. » si
presentò porgendole la mano.
Lei,
dal canto suo, lo fissò per qualche istante quasi indecisa. «
Isabella, ma preferisco Bella. » soffiò tornando immediatamente a
fissare il copione e lasciando spiazzato il povero vampiro.
Non
era di certo abituato ad un simile trattamento, al contrario erano le
ragazze che generalmente si avvicinavano a lui con la speranza di
esser notate. Avrebbero fatto carte false pur di vedersi rivolto un
suo sorriso e ben poche potevano vantare di essere state avvicinate
da lui, soprattutto senza alcun secondo fine.
Rimase
impalato per qualche istante, tentando in vano di soppesare la
situazione, almeno fino a quando l'irritazione non prevalse e, zaino
in spalla, si diresse verso l'uscita.
Assurdo.
Mormorò
tra sé.
Il
trillo del cellulare lo avvisò dell’arrivo di un nuovo messaggio.
“ Abituati
fratellino! La nostra Bella ti darà molto da fare.”
Nostra?
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