Note:
Scritto in un raro momento di tempo libero questo testo era nato come
sceneggiatura, poi quando l’ho scartato ho deciso di trasformarlo in fan
fiction. Dato che non mi è sembrata totalmente da buttare ho deciso di
pubblicarla. Spero che vi piaccia…
L’eroe della scuola
Quella sera mi trovavo a scuola a riordinare le varie
pratiche della segreteria, Clara, la donna delle pulizie, se ne era andata da
un pezzo ed io ero rimasto lì da solo. Ormai erano un paio d’ore che lavoravo
senza sosta e fuori si era fatto buio, non sentivo più nemmeno una macchina che
passava in strada lì accanto. Alla luce della lampada sulla mia scrivania stavo
finendo di riordinare le pratiche degli studenti, ma mi stavo attardando a
leggere le cartelle con le perizie psicologiche degli studenti; era
interessante conoscere quali fossero le paure ed i sogni dei ragazzi tra i
quindici e i diciotto anni e, considerato che io ne avevo venticinque, mi
sentivo ancora legato a quel mondo. In quel momento mi stavo facendo due risate
sulla cartella di una certa Jenny che annoverava tra le sue paure quella dei
coniglietti rosa, il che mi fece presumere che la ragazza fosse profondamente
disturbata, ma quella non era la cosa più strana. Sotto la voce c’era scritto:
La ragazza in questione aspira ad entrare, finte le
scuole superiori, in un istituto di danza classica…
Al che mi vidi costretto a scoppiare in una grassa risata
poiché, avendo prima controllato i suoi dati personali, avendo notato il suo
consistente peso di centoquattro chili per un altezza approssimativa di un
metro e settanta, la mia mente ha rifiutato l’immagine di una piccola balena in
tutù rosa a coniglietti che cercava di fare una giravolta su se stessa. Essendo
ancora scosso da spasmi di risate e conati di vomito ritenetti giusto o
quantomeno appropriato fare una pausa per calmare gli animi. Uscii dalla segreteria e mi avviai per il lungo
corridoio che portava alle scale, mentre camminavo pensai a quanto poteva essere
deprimente per una ragazza pesare così tanto alla sua età, innanzitutto non
avrebbe mai trovato uno straccio di uomo, non che l’amasse, ma che almeno ne
sopportasse la vista tutti i giorni. In secondo luogo chissà quante umiliazioni
aveva sopportato già allora e quante altre ne avrebbe sopportate in futuro,
aggiungendo poi il periodo trascorso a scuola che sarà forse il più
mortificante della sua vita, dove dovrà ingoiare un numero infinito di bocconi
amari, tanto che potrà essere veramente dannoso per la sua autostima che
potrebbe risentire di danni permanenti anche in futuro. Lasciai perdere questi
discorsi, sarebbe stato lo psicologo della scuola a doversene occupare, non io.
Salite le scale mi ritrovai nella hall degli studenti e andai dritto alla
macchina del caffè, che a quell’ora sembrava sarebbe stata la mia salvezza,
inserii trenta centesimi e osservai la nera bevanda fumante colare nel
bicchiere di carta, quando anche la paletta fu scesa tolsi il caffè ed iniziai
a mescolare lo zucchero. Mentre lo facevo mi avvicinai alla bacheca per vedere
se c’era qualcosa di nuovo e mi ritrovai faccia a faccia con una gigantografia
di un’immagine pornografica omosessuale dove i due protagonisti avevano le
facce sorridenti del preside e del vicepreside. Il mio primo istinto fu quello
di toglierla di lì, l’immagine era talmente grande da coprire tutta la bacheca
e avrebbe certamente fatto un po’ di scompiglio nell’ambiente, ma poi pensai
allo stipendio che quei due mi passavano e lo lasciai dov’era, anzi, con un
pennarello aggiunsi due fumetti ai protagonisti dando voce al loro
compiacimento. Fatto ciò pensai che mi meritavo un po’ di relax e mi sedetti
sulla poltrona appoggiata al muro; da lì potevo vedere i tre tentacoli della
scuola, davanti a me il corridoio che, passando per le prime e per la stanza
dei bidelli (o camera d’asilo) terminava nella tana dei lupi, o meglio nella
sala professori in cui si diceva venivano commessi i più gravi misfatti e gli
intrighi politici e sociali perpetrati negli anni che determinavano il
controllo sulle menti e le azioni degli studenti e del personale, la
macchinazioni dietro le quinte che conformavano e plasmavano il destino di
tutti coloro che osavano posare il piede all’interno dell’istituto. In pratica
lì si decidevano i voti e gli stipendi. Alla mia sinistra si dilungava il
corridoio dedicato alle seconde e alle terze, il luogo più tranquillo della
scuola dove si rassicurava e si preparava il corpo studenti al vero
apprendimento. Questo era un punto di transito tra il traumatico arrivo alla
scuola e ciò che comportava (scherzi, anche pesanti, degli studenti più grandi,
prepotenze dei professori e del personale) e quello che sarebbe poi sto
l’approdo all’ultimo atto. Alla mia destra si estendeva come la mano di Dio il
temuto e rispettato braccio della morte, quello che ospitava le quarte a le
quinte; queste due classi comandavano indiscutibilmente e insindacabilmente
tutte le altre, naturalmente i ragazzi di quarta e alcuni di quinta erano
coloro che si muovevano e facevano la voce grossa, che agivano, protestavano e
si battevano. Dietro a tutto questo c’era però l’organo che manovrava i fili,
il burattinaio che muoveva i suoi pupazzi, il giocatore che spostava le sua
pedine, il direttore d’orchestra, il cosiddetto consiglio supremo: esso era
formato da i rappresentanti delle classi quinte, dal membro della consulta
provinciale e dal rappresentante d’istituto. Quest’ultimo presenziava il
consiglio ed era l’unico autorizzato ad incontrare da solo il preside. Dal
rappresentante d’istituto partivano le direttive sui comportamenti da tenere e
sugli atteggiamenti da evitare, la sua parola doveva essere legge e rispettata
da tutti, benché questa carica passasse normalmente di mano ad ogni anno il suo
controllo sugli studenti doveva essere totale, pena, la disgregazione degli
studenti ed il sopravvento dei professori. Il contrasto tra la tana dei lupi ed
il braccio della morte era sempre vivo e anche quando sembrava che la pace
ragnasse senza problemi, sotto le braci un piccolo fuoco bruciava sempre. In
quel momento mi resi conto di aver mentalmente trasformato una normalissima
situazione scolastica in una faida sanguinaria tra due fazioni molto lontane
politicamente e fisicamente tra di loro. Con un ultimo sorso terminai il mio
caffè, ma quando feci per alzarmi dalla sedia sentii un rumore proveniente
dalla mia destra: il suono era come di un carrello con le ruote che si muoveva
e, incuriosito andai a vedere di che si trattava. Girato l’angolo mi ritrovai
davanti ad un’immagine alquanto particolare, nel corridoio c’era una donna
delle pulizie con un lungo camice azzurro e un paio di pantofole da ospedale ai
piedi; portava i capelli neri legati in una crocchia dietro la testa, da cui
ricadevano alcuni ciuffi e mi dava le spalle mentre passava la cera sul
pavimento. Sarà stata alta all’incirca un metro e settanta, era snella e, senza
vederla in volto non gli avrei dato più di una trentina d’anni. Accanto a lei
c’era un carrellino con un sacco di prodotti per la pulizia, detergenti,
diluenti eccetera. Il tutto era incorniciato dall’opalescenza della luce lunare
che entrava dalla finestra a fianco e che conferiva alla scena un’aria
spettrale. Senza neanche voltarsi la donna mi rivolse la parola:
“Hai bisogno di qualcosa?”
“Credevo che fossero già andati via tutti, di solito Clara
e l’ultima…” risposi spostandomi di lato per cercare di vederle il volto
“Invece ci sono rimasta io” disse lei tranquilla
“E tu chi saresti?” chiesi
“Sono Roana, molto piacere” rispose lei cercando sempre di
evitare il mio sguardo
“Io mi chiamo…” iniziai
“Samuele, lo so” mi interruppe lei, in quel momento la mia
testa scattò all’indietro come se cercasse di riflettere indipendentemente dal
resto del corpo
“Ci conosciamo?”
“Il tuo lavoro non ti piace, perché hai odiato
profondamente la scuola e adesso ti trovi a dover vivere grazie a lei” punto
sul vivo “Che ironia, vero?”
“Già, che ironia…” cercai di girarle intorno per vederla
in volto e forse capire come facesse a sapere queste cose su di me, ma lei
continuava sempre a darmi le spalle
“Dimmi, sei a conoscenza del fatto che ultimamente sono
stati introdotti in questa scuola bevande alcoliche e sostanze stupefacenti?”
mi chiese con leggerezza. Pensai un po’ alla risposta da dare
“Dovrei…?”
“Beh… si, dato che sei tu ad aiutare i ragazzi ad
introdurli nella scuola” a quelle parole rimasi di stucco, come poteva quella
donna, mai vista in vita mia, sapere tante cose su di me
“Anzi, già che ci sono” continuò “vorrei pregarti di
interrompere la relazione che hai con quella ragazza del secondo anno, mi pare
che si chiami Vittoria, no?”
In quel momento il mio cervello cercò di elaborare una
serie di spiegazioni diverse, ma nessuna di esse poteva risultare plausibile,
cominciai a guardarmi intorno come alla disperata ricerca fisica di una
soluzione che mi permettesse di fuggire da quella discussione e, proprio quando
stavo per darmela letteralmente a gambe, lei mi diede una mano
“Accidenti come si è fatto tardi, sarà meglio che tu vada
a finire il lavoro” disse continuando a passare la cera in terra. Dopo qualche
secondo di smarrimento finalmente le mie gambe presero a muoversi, arrivai a
passo svelto fino alle scale che scesi molto velocemente per poi continuare
verso l’ufficio. Spensi la mia luce sulla scrivania, presi il cappotto e mi
avviai verso l’uscita con un’andatura più rapida del normale, appena fuori
chiusi la porta e mi avviai nella notte verso casa ancora scosso.
La mattina dopo mentre percorrevo il corridoi della
segretaria diretto alla reception non mi sentivo molto bene, avevo dormito poco
e mi sentivo gli occhi gonfi. Durante il tragitto pensai che avrei dovuto
parlare con Roana il giorno stesso, chissà forse avrei potuto offrirle dei
soldi per il suo silenzio, o magari una qualche fornitura di droga o alcol
sarebbe stata sufficiente. Nel peggiore dei casi avrei potuto convincere alcuni
degli studenti che mi compravano la roba ad acconsentire a qualche sua avances
in cambio di un paio di foglie di maria. Arrivato al bancone della reception vi
appoggiai i gomiti e salutai la bidella che era di turno quella mattina
“Buongiorno Katia” Katia era sui quaranta e divorziata,
aveva cresciuto da sola la sua unica figlia e credo che avesse un debole per me
“Buongiorno Samu, come va stamattina?” mi salutò alzando
lo sguardo dal computer
“Una meraviglia, ma dimmi quando è di turno Roana?” chiesi
con una certa fretta
“Chi?” mi rispose sorpresa
“Roana, la donna delle pulizie, quando è di turno? Dovrei
parlarle” Katia abbassò lo sguardo sul terminale e cercò il nome Roana tra i
turni del personale
“Mi dispiace, ma qui non lavora nessuna Roana”
“Che cosa? Guarda meglio… deve esserci?!” il mio tono
risultò più duro di quanto non volessi far intendere, ma non potevo essermela
sognata
“Ok Ok… non ti arrabbiare” Katia cercò ancora estendendo i
termini nella sua ricerca “In effetti ho trovato una certa Roana che faceva la
donna delle pulizie, ma…” si fermò alzando lo sguardo verso di me
“Ma…?!” la incalzai spazientito
“…non lavora più qui da sette anni” fu come se una
stalattite di ghiaccio mi avesse passato da parte a parte, tutti i miei muscoli
si contrassero e la mia gola si asciugo nell’arco dei cinque minuti che rimasi
fermo immobile a riflettere.
“Ma che ti prende stamattina?” mi chiese Katia notando il
mio evidente stato di confusione
“No… è solo che ieri ho lavorato fino a tardi e ora non
sono molto in forma?” risposi cercando di riprendermi
“Quanto volte devo dirtelo che lavori troppo, non c’è
bisogno che lavori fino a tardi, e poi cosa mai dovrai fare di così importante
tutti i sabato sera da costringere un ragazzo come te a non uscire con gli
amici?”
“Devo lavorare per tenere tutto in ordine; la contabilità
è importante, soprattutto in questa scuola, dove le entrate e le uscite sono
numerose” dissi cercando di darmi un certo contegno
“Lavori tutti i giorni e il sabato sera sempre fino a
tardi solo perché ti piace il tuo lavoro, tu si che sei un eroe” mi disse
cingendo le mani a mo’ di preghiera e sorridendo a trentadue denti
“Eh già…” constatai con soddisfazione “…un vero eroe”
Fine
Note
finali: Allora, che ne pensate, vi prego recensite e ditemi che ve ne pare… by
by alla prossima