Uno*
Ogni storia che sia
degna di chiamarsi tale comincia dall’inizio. O da
metà, rievocando il passato con un enorme flashback. Questa
seguirà la prima modalità.
L’Agosto del
1966, in Inghilterra, era stato stranamente torrido. Ovunque lo sguardo
si posasse, v’era un campo arido ad imbruttire
l’altrimenti magnifico paesaggio inglese. Fiori secchi, dai
colori spenti, sostavano sulle finestre delle case. Il cielo di un
azzurro stinto aveva dominato la regione per quasi un mese intero,
senza preannunciare l’avvento di una sola nuvola.
E poi, il 1 Settembre,
il diluvio che tutti si aspettavano. Il Tamigi si ingrossava, le strade
si allagavano, i campi si abbeveravano. Tutti erano contenti di quella
pioggia alluvionale. Tutti.
-Ma proprio oggi
doveva venire giù il Diluvio Universale?-
Una normale,
normalissima, famiglia composta da due genitori e una ragazza
adolescente, camminava sotto lo scroscio d’acqua con gli
ombrelli ritti in testa e il capo chino, ad evitare gli schizzi diretti
agli occhi. Madre bassa, magra quanto può esserlo una
cinquantenne, con un corto caschetto di capelli rossicci e una borsa di
pelle di coccodrillo appesa alla spalla. Padre alto, con una calvizie
incipiente, un gilet scuro da cui pendeva un vecchio e consunto
orologio da taschino.
Figlia di media
altezza, con lunghi capelli rosso scuro e un completo formato da una
semplice camicia candida e dei jeans chiari.
-Ringrazia il cielo,
Lily- stava dicendo il padre, voltandosi appena verso la figlia per
lanciarle uno sguardo –Pensa alle petunie di tua madre-
Al nome del fiori, il
viso della rossa si adombrò per un attimo, poi
recuperò la sua indignazione.
-Si, certo.
Però, intanto, sono mezza fradicia-
La madre
ridacchiò allegra, prendendo la figlia a braccetto ed
aiutandola a portare la borsa pesante che stringeva nella mano destra.
-Grey?- chiese,
osservando i passanti.
Lily
sbadigliò, posandosi la mano sulle labbra –Dalla
nonna-
La donna
annuì appena.
Si, poteva dirsi una
famiglia normale, con problemi normali, giornate normali, discussioni
normali.
-Non hai fatto magie
quest’estate, vero?-
Be’,
più o meno.
-Lo sai che se lo
avessi fatto sarebbe arrivata una lettera dal Ministero,
papà- ribatté Lily, già
tranquillizzata dall’ombra che la stazione ferroviaria di
King’s Cross gettava sulla strada affollata.
Lì avrebbe
preso un treno dal binario nove e tre quarti e si sarebbe diretta a
scuola, che si trovava in Scozia. Una pacifica, normale scuola di
magia. Hogwarts.
Al solo pensiero, a
Lily scappò un sorrisetto storto. Che Hogwarts fosse per lei
una seconda casa non sorprendeva nessuno; era così per quasi
tutti gli studenti che la frequentavano. Aveva qualcosa di magico, di
speciale, che conquistava mente e cuore incondizionatamente.
L’amore che si poteva provare per quella scuola era
comparabile a quello verso lo Stato.
Gli studenti di
Hogwarts erano divisi in quattro Case: Grifondoro, Tassorosso,
Serpeverde, Corvonero. I coraggiosi, i buoni, gli intelligenti e..
-I cattivi-
mormorò inconsapevolmente ad alta voce la ragazza, con lo
sguardo lontano.
I genitori la
fissarono per un attimo, ma non dissero nulla. Erano abituati ormai ai
comportamenti strani della figlia, anche se un po’
sovrappensiero poteva esserlo chiunque.
D’altro
canto, Lily fissava nel vuoto con le ciglia appesantite dalle gocce
d’acqua.
Serpeverde voleva
dire, nella sua mente, Severus Piton. Il suo ex migliore amico,
abbandonato per via del suo amore perverso per il male. Che volesse
seguire i piani folli e omicidi di Lord Voldemort era cosa che ancora
riusciva a stupirla. Non era quello il ragazzino che aveva conosciuto
una calda giornata d’estate.
Si riscosse dandosi
della stupida: si era ripromessa di pensarci sempre meno.
Così, più attenta, strinse la presa sul manico
della valigia consunta e varcò insieme ai genitori le porte
di King’s Cross.
I treni avevano sempre
avuto il potere di affascinarla, con i loro suoni striduli che
preannunciavano la partenza, con gli sbuffi di fumo candido, con le
immense ruote alte quasi quanto lei e con i meccanismi complicati che
ne azionavano i movimenti.
Viaggiare. Partire e
non tornare, ecco cosa voleva fare. Ma poi guardava i suoi genitori, i
suoi amici, e si ricordava che non poteva lasciare tutto
così, come niente fosse. C’era gente che si
aspettava di vederla fare la sua parte, e lei non poteva deluderli.
-Lily!-
Senza neanche girarsi,
Lily sorrise contenta. Avrebbe riconosciuto quella voce ovunque!
Fece appena in tempo a
voltarsi che qualcuno si scagliò con la forza di un tir fra
le sue braccia, stringendola tanto da soffocare. Una massa di capelli
castani le offuscò la vista, mentre lei annaspava per
respirare.
Agitò una
mano nel vano tentativo di liberarsi.
-Ma..ry.. mi..
ucci..di- ansimò con un filo di voce roca.
Mary McDonald la
lasciò andare, guardandola con un enorme sorriso che partiva
da un orecchio e arrivava all’altro. Mary era una bella
ragazza alta, con corti capelli castani e occhi azzurri che sprizzavano
allegria. Apparteneva alla Casa di Grifondoro, come lei, e dividevano
anche lo stesso Dormitorio. Si erano conosciute la sera del primo
giorno di entrambe, e non si erano più lasciate.
La ragazza
ruotò su se stessa dedicando un altro dei suoi famosi
sorrisi incantatori ai suoi genitori, che subito cedettero al suo
fascino.
-Ciao, Mary-
salutò la madre di Lily con tono affettuoso.
Anche il padre la
salutò, con una piccola pacca su una spalla. La cosa
meravigliosa di Mary era che non aveva pregiudizi. Sapeva che i suoi
genitori erano Babbani –persone senza poteri magici- e senza
fare una piega aveva insistito per conoscerli.
-Salve signora e
signor Evans- rispose Mary con una piccola riverenza che le
agitò i capelli fini.
-Sei stranamente in
anticipo- disse subito dopo a Lily con una strizzatina
d’occhio.
La suddetta ragazza
sbuffò divertita, alzando gli occhi al cielo. Il fatto che
fosse così abitualmente ritardataria non era così
importante, certo che no.
La madre si
accostò alla ragazza con atteggiamento mafioso.
-Le abbiamo settato la
sveglia un’ora prima senza che lo sapesse- mormorò
all’orecchio dell’amica della figlia, che rise di
gusto.
Lily
incrociò le braccia con le sopracciglia inarcate
–E’ forse il giorno ‘prendiamo in giro
Lily?’-
Mary le si
avvicinò e le circondò la vita con un braccio,
conducendola per la stazione –E’ sempre quel giorno
per me, mia cara-
Il tragitto
dall’entrata della stazione, al binario nove e tre quarti era
un vero e proprio viaggio. Ci misero dieci minuti a percorrerlo,
chiacchierando del più e del meno. Gli adulti discutendo sul
modo migliore di ritornare a casa, le due ragazze ragguagliandosi
riguardo l’estate passata e sparlando delle altre amiche.
-..e abbiamo anche una
nuova compagna di stanza!- stava dicendo Mary tutta soddisfatta.
-Chi?- chiese Lily,
sorpresa.
Sapeva che una delle
loro compagne, Livia McKinnon, aveva lasciato la scuola per le
persecuzioni che lei e la sua famiglia stavano subendo a causa dei
Mangiamorte e di Voldemort, ma non pensava che Silente –il
preside- avrebbe sostituito il suo posto.
-Una certa Alice
Prewett, mi sembra- rispose Mary con tono noncurante, scansando un
passante che rischiava di finirle addosso –Una lontana
parente di Gideon e Fabian-
-Oh- disse solo la
rossa.
Gli stessi Gideon e
Fabian che erano ormai in clandestinità.
-E Andromeda Black
è stata disconosciuta e diseredata dalla famiglia-
buttò lì l’altra, che si era
sicuramente tenuta quest’argomento per ultimo, in quanto
più succoso dei precedenti.
Lily quasi si
fermò di colpo, fissando l’amica con occhi
sbarrati.
-Che cosa?!-
Mary
gongolò –Lo sapevo che avresti reagito
così! Insomma, pare che Andromeda si sia innamorata di un
Nato Babbano e che lui le abbia anche chiesto di sposarlo. In casa sua
erano tutti un ‘se non lo uccidi immediatamente e ti
purifichi, col cavolo che ti rivolgiamo ancora la parola’, e
così è stato.-
-E’ stata
coraggiosa- commentò l’altra, mentre si
avvicinavano sempre di più ai binari nove –E
leale. In un certo senso sapevo che sarebbe finita così, per
lei. E’ sempre stata una ribelle-
Mary
sospirò –E Sirius è dello stesso
stampo, purtroppo! Non mi sorprenderebbe sapere che ha lasciato casa
sua anche lui-
-L’ha fatto-
Era la prima notizia
inedita che Lily fosse stata capace di fornire a Mary, e
quest’ultima la guardò sorpresa. Lily era una Nata
Babbana, e in quanto tale aveva bisogno di proteggersi dai maghi che
volevano solo la sua morte e lo sterminio di quelli come lei. Quindi
niente posta, di alcun genere, che comprendesse amicizie nel Mondo
Magico.
-Qualche mese fa-
spiegò all’amica, prendendola a braccetto e
trascinandola attraverso la folla che affollava il binario otto
–E’ andato a casa di Potter, lo so per certo-
La sorpresa
sparì dal volto di Mary in favore di un sorriso malizioso
–Ah si? E come lo sai?-
La rossa, beccata in
pieno dall’implicita frecciatina, sbottò
–Remus. Me l’ha detto Remus-
-Sicuro-
annuì con falsa convinzione l’altra –E
come avrebbe fatto? Non sei autorizzata a..-
La interruppe
–E’ venuto a casa mia parecchie volte,
quest’estate-
Erano arrivate. Il
binario nove era proprio al loro fianco, mentre quello dieci poco
più avanti. Di fronte a loro, una robusta colonna storta di
solidi mattoni. I genitori di Lily le si affiancarono, guardandola con
affetto.
-Buon viaggio e buon
anno, piccola- la madre le scoccò un bacio sulla fronte
–Ci sentiamo a Natale, eh?-
Lily le sorrise e
sporse le braccia per farsi stringere dal padre, che la
cullò come faceva sempre quand’era piccola. Le
accarezzò i capelli.
-Fatti sentire, mi
raccomando- le mormorò solo, donandole un’ultima
stretta per poi lasciarla andare.
-Sicuro- promise lei
sottraendo dolcemente l’altra valigia dalla stretta della
madre.
Un’ultima
occhiata, un ultimo sorriso, e le due ragazze si avvicinarono alla
colonna. Mentre la prima si guardava intorno per assicurarsi che
nessuno fissasse dalla loro parte, la seconda, Lily, andava incontro ai
mattoni.
Ovvero, li
attraversava.
Dall’altra
parte? Il binario nove e tre quarti, insieme allo sfavillante treno
rosso fuoco che avrebbe condotto gli studenti di Hogwarts nella loro
seconda casa.
Lily chiuse gli occhi,
mentre i capelli le venivano sfiorati da una leggera brezza, e
inspirò a fondo quell’odore familiare,
quell’odore che sapeva di magia. Mary spuntò alle
sue spalle e la superò di corsa.
-Muoviti!- le
urlò ridendo e superando alcuni compagni di scuola.
Sorridendo divertita,
e incurante del peso delle valige, Lily Evans imitò la sua
migliore amica, spiccando una folle corsa per l’enorme
corridoio. Ridevano come bambine, raggiungendosi e superandosi a
vicenda, con i capelli al vento. Alcuni le salutavano mentre passavano
con un ‘Ehy, Mary!’ o un ‘Ciao,
Lily!’, ma loro non avevano neanche il tempo di guardarsi
attorno che le gambe le avevano già portate lontano.
Si fermarono solo
tempo dopo, nell’esatto punto in cui avevano
l’abitudine di incontrarsi. Mary si piegò in due,
con il respiro affannoso e le guance accese.
-Dobbiamo farlo
più spesso- fece ridendo Lily, passandosi una mano fra i
lisci capelli scompigliati.
L’altra le
rispose con un cenno del capo. Le valigie di Mary erano ammassate in
una piccola sporgenza di una delle colonne che disseminavano il
binario. Una volta recuperate, le due si affrettarono a salire sul
treno alla ricerca dei loro soliti posti.
-Scommettiamo che
James ti verrà a trovare durante il viaggio?- chiese Mary,
mentre camminavano per il corridoio quasi deserto.
James Potter. Essere
nato all’unico scopo di rovinare la sua vita in cento modi,
uno più fantasioso dell’altro. Il solo nominarlo
la spinse a sbuffare scontenta, mentre si portava una ciocca di capelli
dietro l’orecchio.
-Se lo fa, sarai la
prima a subirne le conseguenze- minacciò quasi ringhiando,
fermandosi esausta davanti ad uno scompartimento.
Dio, ma cosa diavolo
aveva messo in quelle valige?
Mary scosse la testa
senza dir nulla; era stata da sempre una sostenitrice della causa di
Potter, ovvero di quella che aveva come obiettivo la sua conquista
amorosa. Conquista, appunto. Un trofeo, una vincita.
‘Ma non
è così con tutti?’ ripeteva sempre
l’amica, ma lei la ignorava.
Non era semplice da
capire? Non le piaceva, punto. Quante storie inutili per dei semplici
‘no’.
Raggiunsero il loro
scompartimento mentre il treno iniziava ad affollarsi, e lo riempirono
immediatamente stravaccandosi sulle poltrone color vinaccia.
-Guardatele! Subito ad
accaparrarsi i posti migliori vicino al finestrino!-
Lily e Mary si
voltarono verso la voce e sorrisero contemporaneamente. Due loro
coetanee stavano sulla soglia dello scompartimento, la prima con le
braccia incrociate e l’altra con espressione divertita. Elda
Brown, che si ostinava a farsi chiamare Didi, e Marzia Blackspots.
Didi era alta,
abbastanza da essere portiere della sua Casa, con lunghi capelli biondo
scuro e occhi nocciola. Marzia, invece, era tutto il contrario.
Piccola, con corti capelli ricci e neri e brillanti occhi azzurri,
più chiari e screziati di quelli di Mary.
Marzia condivideva il
Dormitorio con loro, mentre Didi..
Didi era di
Serpeverde. Una babbanofila Serpeverde, a dire il vero. E rischiava
grosso, tutti i giorni, facendosi vedere con loro e parteggiando
apertamente la causa di Albus Silente.
-Sapendolo dovresti
arrivare prima, non ti pare?- la prese in giro Lily alzandosi e
abbracciandola di slancio.
Sentì il
corpo dell’altra irrigidirsi, e mentalmente si
ricordò quanto odiasse i contatti fisici improvvisi.
Dopotutto, c’era un motivo se era stata smistata a
Serpeverde.
Didi dedicò
all’amica una semplice pacca sulla schiena, prima di
districarsi dalle sue braccia e sedersi con un gran sorriso di fronte a
Mary, che le aveva teso il pugno. Li fecero battere e scoppiarono a
ridere.
Sempre sorridendo,
Lily tese il braccio a Marzia, che non esitò a salutarla con
calore. I ricci le rimbalzarono davanti agli occhi.
-Come avete passato le
vacanze, ragazze?- chiese Marzia una volta tutte sedute, mentre il
treno fischiava l’ultima chiamata.
Didi fece una smorfia
–Uno schifo assoluto. Mangiamorte dappertutto, cioè! Vi
pare normale? Uno accenna solo ad avere un’idea diversa e.. cioè!
Questa gente, cioè!-
Le altre tre
trattennero un sorrisetto.
-La mia tranquilla,
come al solito-spiegò Lily con una scrollata di spalle.
Mary si sedette sul
sedile a gambe incrociate –Io ho avuto un paio di incontri
interessanti con dei ragazzoni del posto- scoccò alle amiche
un’occhiata maliziosa sotto le folte ciglia
–E’ stato.. istruttivo-
Marzia e Didi
sgranarono gli occhi, cogliendo il doppio senso, mentre Lily si
limitò a sospirare e lasciarsi andare contro lo schienale
del sediolino. Mary era così: irrefrenabile ed impulsiva.
Mentre la sedicenne si
apprestava a raccontar loro tutti i fatti degli incontri, Lily
appoggiò il viso sulla mano e puntò lo sguardo
fuori il finestrino, verso la stazione ormai in movimento.
Tante facce tese,
tante rughe di preoccupazione, ma quella mano sempre alzata, quel
sorriso sempre tirato, come a ricordarsi di mantenere
un’apparenza fallace. A cosa poteva servire?
Mantenere
un’atmosfera fintamente sollevata e allegra non fermava mica
la guerra. Non impediva ai Mangiamorte di catturare, uccidere. Non
fermava Voldemort.
Lily si sentiva tanto
sul precipizio di un burrone, con una voglia di cadere ed una di
rimanere ferma. Il dubbio su cosa fare le corrodeva la mente, ma non
poteva far altro che rimanere lì a guardare il vuoto.
In attesa di qualcosa.
*
-Ho mangiato come un
Diricawl- sospirò teatralmente Marzia, con le mani posate
sulla pancia gonfia.
A dire il vero non era
la sola. Anche Lily e Mary stavano stravaccate sulla panca, lo sguardo
spento e la testa ciondolante per il sonno. Il discorso di Silente era
stato anticipato, rispetto al solito, a prima della cena, ed ora non
desideravano altro che andare a dormire.
L’immaginazione
di Lily si perse su cuscini piumati, lenzuola pulite, coperte calde..
-Evans!-
..
Lily si sarebbe messa
a piangere se avesse potuto.
-No, ti prego, no, per
favore, giuro che non toccherò mai più un dolce
fino a Natale..- mormorò con le mani strette a preghiera e
gli occhi chiusi a forza.
Sentì
vagamente un risolino femminile e un tonfo ovattato. Come di chi si
siede di schianto al suo fianco.
-Ti sei data alla
preghiera, Evans?- sentì la sua voce maschile
all’orecchio e il suo alito caldo sulla guancia.
Non si sarebbe mai
mossa da quella posizione, le labbra serrate, gli occhi strizzati.
Iniziava a vedere luci nel buio forzato, ma non le importava. Tutto pur
di non vederlo.
-Io..- intervenne la
voce squillante di quella che, una volta, poteva dirsi la sua amica
Mary -..proverei con il solletico. Ne soffre terribilmente.-
Solletico?
No.
Il solletico no!
Prima che potesse fare
qualsiasi cosa, sentì dita birichine superare la barriera
delle braccia alzate ed intrufolarsi per raggiungere pancia e ascelle.
Lily sentì subito un irresistibile impulso che la spingeva a
ridere, ma si trattenne. Rimase ferma.
-Sei sicura?- chiese
nuovamente James, senza fermarsi.
A tradirla fu un
leggero tremore al labbro inferiore. L’attacco si fece
più intenso e serrato, e Lily non potè
più trattenersi. Scoppiò in una risata fragorosa,
mentre si ripiegava su sé stessa per sfuggirgli.
-Potter.. Potter
smettila.. Potter.. ti crucio..!- ma le minacce non sortivano molto
effetto se pronunciate da una lei ridente.
-Ahah.. Potter..
ahah..-
James Potter non
sembrava voler cedere, anzi, si sporse per poter aumentare la forza
dell’assedio. Mary e Marzia se la ridevano in disparte,
contente della scena insolita che non comprendeva urla o scatti di
rabbia.
Lily si
piegò in due, tentando una disperata fuga.
-Che succede?-
intervenne divertita la voce di Somo Alterighi, una sua compagna di
Casa, e amica, di origini italiane.
-Già.
E’ una scena che Jamie sogna da qualcosa come il secondo
anno-
Dannatissimo
Sirius Black.
Lily non si sarebbe
sorpresa se quel pensiero fosse stato condiviso anche con Potter.
-E’ tutta
opera mia, signore e signori. Ringraziate la sottoscritta-
esclamò Mary con tono orgoglioso.
Sentì una
mano calda posarsi sulla sua spalla e delle braccia gentili sottrarla
alla presa ferrea di Potter. Lily tirò un sospiro di
sollievo, mentre la risata si affievoliva e il fastidio scompariva.
-Remus!- esclamarono
quattro voci in coro.
Ma Remus Lupin fissava
solo lei.
-Tutto bene?- chiese,
a metà fra il preoccupato e il divertito.
Lily si
limitò ad annuirgli con aria grata, prima di girarsi verso
gli amici –be’, quasi amici nel caso di Black e
Potter- con quel briciolo di dignità che le era rimasta. Si
sistemò maglione e camicia con espressione indecifrabile.
-Io..- prese un
respiro -..vado-
Si girò
decisa e prese la direzione delle scale insieme a metà della
Sala Grande. Sentì gli altri confabulare alle sue spalle con
un vago tono sorpreso.
Si girò
appena, fissandoli da sopra una spalla.
-Non ci pensare,
Potter. Con te faccio i conti domani- minacciò con voce
inquietante nella sua calma.
Non lo avrebbe mai
–mai!- detto a nessuno, per alcuna ragione al mondo. Ma,
arrivata in Dormitorio, sorrise.
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Si, mi faccio vergogna da sola, scusate.
Per la bassa qualità del capitolo e l'assurda attesa
.______. chiedo venia. La carissima e dolcissima ispirazione era volata
a casa di un amico, e non si è vista per taaanto tempo.
Già.
Be', a parte questo.. niente.
Somo, Marzia, Didi. Siete qui è_é
E Asfe..
*sorriso diabolico*
Tranquilla, che arriverai anche tu.
Pace e amore (Y)
Gin
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