Nell’istante
Al
tempo che passa,
al sole che illumina i sentieri,
ai cambiamenti e
alle abitudini.
Astor Piazzolla,
questa sera, suona qualcosa d’insolito.
E’ un tango, sì, ma non è quello di
sempre. E’ una musica di passione e di amore, questa. Una
donna, seduta sul bordo umido di una fontana, aspetta un amore. Aspetta
una chitarra che le canterà
il suo futuro.
Attende la donna, mangia quelle note lussuriose e vivaci,
guarda davanti a sé un cane polveroso sdraiato per terra.
Il futuro di quella donna è vuoto, per adesso, ma presto una
chitarra lo riempirà. Quella chitarra la amerà e
farà
di quel futuro un presente.
Signori, guardate bene, la sua attesa è commovente e
ingenua.
E’ un’attesa spenta e rassegnata. E’
intrisa di un’inquietante
desiderio di vivere la propria vita come fosse una poesia.
Come fosse una rima, un passo cadenzato. Lo sguardo
di quella donna luccica nell’istante di
quell’attesa.
Ella ama, signori, osservatela. Le sue braccia parallele
al corpo seduto, le mani che le ricadono in grembo.
Quante vite ha dentro di sé quella donna? Infinite.
Un passante la guarda diffidente, e in quello sguardo
severo ella riconosce l’ennesima sua vita. Poi una
lacrima inaugura la sua guancia in attesa. Quella
donna sfiora i propri sogni ma si ritrae, per paura
di cadere, per paura di scottarsi, per paura di conoscere
più di quanto ella possa sopportare. Aspetta che una
chitarra arrivi e la riporti all’emotività
naturale di una
donna. Aspetta che quella chitarra arrivi e disincastri
i sentimenti che le si sono arrugginiti dentro. Basterebbe una chitarra
e lei rivivrebbe daccapo. Respirerebbe la sua prima aria sincronizzando
il proprio respiro alla vibrazione delle corde. Basterebbe una chitarra
per poter cantare una vita. Basterebbe una chitarra, e la sua mente
tarlata tornerebbe al mondo.
I capelli neri le ricadono sul volto, ma solo alcune ciocche. Porta un
grosso chignon sulla nuca. Ed è lì che racchiude
le proprie idee.
Il cane che le sta davanti alza improvvisamente il capo e perde il suo
sguardo antico dentro la rossa fantasia di rose allegre che festeggia
sul vestito della donna dal grosso chignon nero. Si alza, il cane, e si
dirige verso di lei per cercare il proprio sguardo
perduto dentro quella fantasia allegra. Ma sente improvvisamente
qualcosa di nuovo, dentro, quel vecchio animale, pensa un attimo a
quanto è già stato. Poi si accascia su quel suolo
di polvere e affanni e muore.
Il cuore di lei si ferma un istante. Poi ricomincia il suo pulsare di
attesa.
Presto arriverà una chitarra, e quella donna non
desidererà altro.
Amerà.
Una bambina, piccola e bionda, le saltella davanti, ma la donna in
attesa appoggia il proprio sguardo mutato in malinconia sulla carcassa
del vecchio cane e ignora la bambina. Ma quella bambina non
è nata per essere ignorata, così, accortasi dello
sfuggente sguardo della signora che aspetta seduta su di una fontana,
inizia il suo pianto.
E’ un pianto straziante e dolcissimo. Invoca una mamma che
è a casa a preparare la cena. Invoca un papà che
guarda attento la tv. Invoca una nonna che si rigira tra le mani un
rosario. Invoca un nonno perduto dentro il fumo di una pipa.
Quel pianto è un richiamo.
E la bambina rimane inginocchiata dentro quel pianto, fra le proprie
lacrime, e sogna, in mezzo ad esse, una notte stellata in cui si
inseguono due farfalle.
Con la sua vocina disperata insegue un orizzonte che scompare e
riappare. Da sempre. La sua vocina acuta si stanca, ma la donna
è ancora ferma dentro la morte di un cane.
La bambina si rimette in piedi, passa le manine sudice sopra quel suo
candido vestitino inamidato. Poi inizia il proprio cammino verso
quell’orizzonte intermittente.
E la donna, seduta sul bordo della fontana, pensa a quante bambine sono
passate dalla sua vita. Pensa a quanto impegno c’è
voluto per imparare ad ignorarle. Pensa che non tutte, poi, sono andate
incontro al loro futuro. Molte si sono arrese prima di cominciare il
cammino. E hanno perso la loro infanzia a mordere gli orli scuciti
delle loro candide gonnelline, a battere i paffuti piedini per terra,
con forza, piangendo, rimpiangendo di non essere andate anche loro.
Poi la donna torna alla sua attesa, si riconcentra e ascolta, in cerca
di una nota che provenga da una chitarra. Ma sente il rumore del mare,
le risa dei bambini, il pianto di un uomo troppo triste e troppo solo,
sente persino il respiro di una mamma giovane che guarda il suo piccolo
neonato, sente una foglia che cade, un’altra che inizia a
crescere, ma il suono della sua nota non arriva, attraverso tutto quel
frastuono.
Le note di un pianoforte, adesso, offuscano quel tramonto
già abbastanza rosso e furente. La donna aspetta, col cuore
spalancato, una chitarra che finalmente suonerà per lei. E
per lei soltanto.
Il passante di prima, quello con lo sguardo severo, tornando davanti la
fontana si sofferma a guardare la donna dai capelli neri. E’
fermo e alquanto distante da quell’immagine in attesa.
Guarda, quell’uomo, la carcassa del cane. Piange una lacrima
per quella vita perduta, poi muove un passo verso la donna. La guarda e
sente una musica nell’animo, si ferma.
Ella lo guarda e rivive una delle sue infinite vite. Muta allora il
proprio sguardo in divertita sorpresa. Lui è bello, fermo
nell’istante di quel sole cangiante, e cammina e va a sedersi
proprio accanto a lei. Le prende le mani e le dice che l’ama.
Allora lei trema, guarda quegli occhi liquidi da uomo buono, sorride,
ma torna alla propria attesa di una chitarra.
Quegli occhi di uomo si ritraggono. Quello sguardo d’amore
muore nell’istante del sorriso di lei. L’uomo si
alza e va via, camminando nella sua bizzarra andatura barcollante e
allegra. Era un uomo speciale. Ma non quanto una chitarra.
Amore. Ma quello non era amore, pensa la donna. Amore è una
chitarra che ti solletica piano il pensiero e ti fa gridare. Amore
è un suono di corde sfiorate con passione e speranza.
E’ assurdo e letale, pensa quella donna, l’amore
è proprio assurdo e letale, poi asciuga una lacrima da
quegli occhi profondi, la guarda, umida, poggiata sul suo dito, e la
dedica a quell’uomo speciale che non sapeva suonare una
chitarra.
Una vecchia donna, adesso, le si fa incontro, ma la donna sulla fontana
è già stanca di interferenze alla propria attesa.
Vuole vivere, quella donna, le proprie ore di stasi, vuole scandire la
sua vita al ritmo di quell’acqua che scorre, vuole ascoltare
quell’acqua sgorgante dalla fontana infrangersi contro il
marmo bianco. La donna dai sogni rossi e dorati vuole vivere nel rumore
di quell’acqua di vetro.
Ma l’anziana signora le arriva accanto e le sorride. Poi le
poggia sulle spalle un vecchio scialle di lana bianca. Ma la donna
dalle ricce ciocche nere lascia cadere il morbido dono
nell’acqua gelida della fontana. Lo scialle galleggia, poi
s’inzuppa e affonda e con esso anche lo sguardo
dell’anziana donna.
Quello sguardo antico di esperienze torna triste, guarda quella testa
nera e impertinente e assolutamente protesa nell’istante di
quell’attesa. La vecchia donna cammina verso la carcassa
del cane abbandonato per terra. Volge le curve spalle alla testolina di
capelli neri e pensa; pensa che, un tempo, una chitarra
arrivò anche per lei. Riscopre, commossa, nel cinematografo
della propria mente, le immagini della propria attesa e della propria
conquista. Poi volge un ultimo sguardo di compassione alla giovane
donna rassegnata all’attesa. E va via.
La piazza è ormai deserta. Il sole è quasi del
tutto tramontato, le botteghe sono ormai tutte chiuse.
L’acqua scorre ancora, fredda, dentro la fontana di marmo,
scorre imperterrita e insolente. E la donna aspetta. Vive, nella
propria attesa, un sentimento di amore e di sicurezza.
Perché arriverà. Ne è certa.
Arriverà una chitarra che suonerà per lei. La
prenderà per mano e la porterà verso il futuro.
Navigheranno verso la verità che risiede nei sogni.
La bocca bruna e socchiusa si inarca. Il suo sorriso somiglia tanto ad
un’assordante illusione. Inganna se stessa, quella donna, e
si riscopre felice nell’istante dell’ennesima
lacrima.
Poi il sole tramonta. Quei capelli neri di corvi vengono sciolti e
ricadono sulle spalle che rimangono erette e ferme.
Nell’istante di quell’attesa.
Poi il buio assorbe tutto il resto.
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