NARCISO
Narciso aveva imparato a rispondere ai violenti sguardi di desiderio
che riceveva con glaciale indifferenza.
Quando iniziava a sentire la solitudine nei suoi boschi scendeva in
città per concedersi quei piccoli momenti in cui era
orgoglioso di sé stesso.
-Sono disposta...-, venne afferrato per un braccio da una giovane donna
dagli occhi consumati dalla follia, -Sono disposta a rompere il mio
voto, a farmi maledire dagli dei per te...-
Sciocca! Con una smorfia Narciso scacciò la mano della
sacerdotessa e proseguì per la via principale del villaggio.
-Posa per me.-, lo implorò uno scultore chiamandolo dalla
sua bottega, gli attrezzi in mano e lo sguardo già avido
delle carni del giovane, coperto solo da un corto chitone leggero;
-La tua scultura diverrà la mia massima opera d'arte.-
Ma Narciso non si voltò nemmeno per guardarlo: non gli
interessava diventare l'opera d'arte di un tale così
miserabile...
Perso nei suoi pensieri non s'accorse di essere seguito, e quando al
limitare del bosco si voltò per salutare la città
scorse un giovane che lo osservava poco lontano, rapito.
-Qual'è il tuo nome?-, gli chiese il ragazzo avvicinandosi
lentamente.
-Narciso.-, gli rispose questo con sdegno.
-Che bel nome... io sono Aminia.-, si presentò il giovane
dal viso gentile incorniciato dai corti capelli mossi e gli occhi colr
del legno d'olivo.
-Non m'interessa il tuo nome.-, Narciso si voltò pronto ad
andarsene quando sentì Aminia trattenerlo gentilmente per il
braccio.
-Dimmi che tornerai-, ma Narciso non si voltò nemmeno,
-Dimmi che ti potrò rivedere...-
Irritato dall'insistenza di Aminia Narciso gli sfuggì e
corse nel bosco, sotto lo sguardo adorante dell'altro.
-Fammi almeno credere che ti rivedrò...-
Amava il bosco dov'era cresciuto, amava l'austera gentilezza degli
alberi che considerava "casa", i colori ed i profumi che gli
ricordavano la madre.
Come ogni giorno dopo la caccia mattutina si stava concedendo un po' di
riposo al riparo dal sole, con la schiena appoggiata ad un grosso
tronco.
Si stava quasi addormentando quando sentì un fruscio
provenire dai cespugli vicini e subito si drizzò in piedi,
pronto a difendersi.
Era un animale selvatico? Lo voleva attaccare?
Con sua grande sorpresa di trovò innanzi una ninfa, i lunghi
capelli raccolti e la candida veste con uno strappo sulla manica.
Non poteva essere lasciato in pace? Chissà perché
tutti amavano tormentarlo...
-Chi è là?-, chiese sospettoso.
-Chi è là?-, lo imitò la ninfa con
espressione sofferente.
-Mi prendi in giro forse?-, chiese Narciso altezzoso raccogliendo da
terra l'arco, la faretra e la preda catturata la mattina.
"Vorrei solo dirti
quanto ti amo, da
quanto tempo ti ammiro da lontano, ma..."
-Mi prendi in giro forse?-, ripeté la ninfa.
Questa era la maledizione di Eco: imitare le ultime parole ascoltate e
non poter dire altro.
Lui si voltò, iniziando ad allontanarsi da quella ninfa
folle quando sentì i suoi passi veloci dietro lui.
"Se non posso usare le
parole per dirti quanto t'amo forse posso dimostrartelo in un altro modo.
Se t'abbracciassi,
se ti facessi sentire
quanto fremo per te..."
-Fermati! Vattene!-, gridò lui indispettito,
-Perché devo essere sempre toccato da
sconosciuti invadenti? Lasciamo in pace!-
Dopo quell'incontro rimase nella foresta per più del solito,
e quando tornò in città per vendere gli uccellini
che aveva catturato e comprare delle nuove frecce fu accolto da
occhiate furtive diverse dal solito, quasi ostili.
-Avete sentito?-, udì mormorare una vecchia, -Con la sua
crudeltà ha fatto consumare la povera ninfa Eco...-
-Povera creatura!-, aggiunse un'altra donna, -Di lei non è
rimasta che la voce...-
Tutti quei commenti lo infastidivano: non aveva certo chiesto a quella
ninfa d'innamorarsi di lui.
Si era appena appoggiato alla statua nell'agorà per godere
di un po' d'ombra quando sentì una voce conosciuta proprio
dietro alle sue spalle.
-Eccoti.-, Aminia gli sorrideva raggiante, ma Narciso si era
già alzato e con un paio di monete in mano era diretto verso
il mercato.
-Speravo saresti tornato.-, gli confessò Aminia seguendolo,
-Non avrei mai sopportato di non poterti più rivedere.
Aspettami!-
Narciso l'aveva ignorato e con passo veloce aveva raggiunto la sua meta.
Quant'era insistente quel giovane?
-Quelle non fanno per te.-, commentò mentre Narciso
soppesava delle frecce con sguardo critico, -Hai mai pensato che delle
schegge di legno potrebbero rovinare le tue belle mani?-
-Perché tu lo sappia, caccio da quando sono nato.-, lo
informò Narciso vagamente offeso. Lo stava accusando di
essere un incapace?
-Persino nella mia città tutti dicono che il bel Narciso
dagli occhi più scuri della notte ha rifiutato addirittura una
ninfa, è vero?-
Solitamente a Narciso bastava cacciare quelli che lo importunavano una
volta per liberarsene, ma lui era diverso.
-Sì, è vero.-, accarezzò con il dito
il profilo della freccia che teneva in mano, squadrandole la lama.
-Ti sei negato a ninfe, sacerdotesse e governatori, bel Narciso, ma...
perché?-
Decise di dargli una degna risposta: -Se mi sono negato a loro,
perché dovrei concedermi a te?-
Non aveva diritto, il bel Narciso, a vivere come preferiva?
-Sono arrivato da molto lontano per te, attirato dalla tua fama e dalla
tua bellezza ancora maggiore. Non rinuncerò mai.-,
ribadì Aminia chinandosi per osservare meglio una spada.
"Mi ami così
tanto?", pensò Narciso guardando con la coda
dell'occhio il giovane accucciato.
Quando i due tornarono all'agorà la faretra di Narciso era
piena di frecce e tra le sue mani riluceva la bella spada dall'elsa
decorata che Aminia aveva ammirato.
-Dimostrami che m'ami.-, dichiarò il giovane all'improvviso,
porgendo la spada al compagno, -Questa spada è tua.
Trafiggiti con il mio dono, e se sarai così forte da
sopravvivere, sarò tuo.-
Narciso non s'aspettava certo che Aminia accettasse quel patto crudele,
che sfilasse tremante la spada dalle mani di Narciso e, senza dire una
parola ma solo cercando gli occhi dell'amato, se la conficcasse nel
ventre.
Cadde a terra soffocando un urlo, e presto la polvere del terreno di
mischiò al suo sangue.
-Non sopravvivrai.-, la voce di Narciso doveva essere gelida ed invece
gli uscì esitante, mentre Aminia cercava di estrarre la
spada dal corpo, le mani cieche che stringevano la lama e non l'elsa,
la bocca aperta in un tentativo
affannoso di respirare.
Appoggiato al solito albero Narciso guardava in alto, fissava quel
brandello di cielo non coperto dalle fronde degli alberi.
Solo, era sempre solo in quel bosco, la faretra piena appoggiata al
tronco come la spada che aveva donato ad Aminia, ripulita dal sangue e
tornata lucida.
A cosa pensi, Narciso?
* *
-Nemesi!-, Eros entrò furente nella grotta della dea della
vendetta, che l'accolse con un sorriso compiaciuto.
-Eros? Non capita tutti i giorni una tua visita. Accetti dunque la mia
proposta?-, lo salutò infima.
-Narciso dovrà pagare.-, la voce di Eros era alterata, e
Nemesi non aveva mai visto il dio dell'amore così offeso.
Finalmente aveva accettato di disfarsi di quel piccolo impudente...
-Mi ha rifiutato, ha rifiutato l'amore, lui così benedetto
dai miei favori!-, pose alla dea della vendetta una delle sue frecce
dorate, e questa se la passò sulla lingua, ghignando.
-Spero che questa vendetta sarà degna della comunione di
Nemesi ed Eros!-, e restituì la freccia all'originale
proprietario.
-Certo che lo sarà. Pagherà con la morte questo
affronto.-
* *
"Liriope, vedo due strade per questo
fanciullo. Ti
sopravvivrà, ma raggiungerà la
vecchiaia solo se non conoscerà mai sé stesso.",
questo erano state le parole dell'indovino Tiresia alla sua nascita.
Conoscere sé stesso? Non aveva mai compreso quella profezia.
Ma quel giorno, vagando per i boschi con la spada al fianco e il peso
opprimente di un cerbiatto sulle spalle aveva sentito il richiamo della
sete e non appena aveva notato una grande pozza d'acqua si era
avvicinato..
Poggiò a terra le armi e si chinò per bere quando
sbarrò gli occhi. Chi era quel meraviglioso giovane che lo
fissava? Era... lui stesso?
Rapito dalla sua immagine tese un braccio per toccarla, ma con suo
disappunto la superficie dell'acqua s'increspò, non
permettendogli per un po' di riflettersi.
Era questo che provavano gli abitanti della città, era cos'
che si era sentita la ninfa Eco, era per quel motivo che il coraggioso
Aminia si era tolto la vita?
Loro avevano speranze, lui no! Come avrebbe fatto ad amarsi?
Fissò insaziabile la sua immagine per ore, ore che
sembravano minuti, incatenato ai suoi stessi occhi scuri che con le
prime luci del tramonto s'inumidirono, rattristiti.
-No!-, gridò contrariato. Stupide lacrime, perché
dovevano interrompere quella vista divina?
Si accasciò a terra tremante, stancato dalla posizione
scomoda. Cosa poteva fare, cosa?
Lo sguardo gli cadde sulla lama rosseggiante della spada con la quale
Aminia si era ucciso, per lui.
Morire era la via per guarire da quella sofferenza?
Prese la spada in mano, l'alzò con decisione davanti a
sé, pronto a calarla su quel magnifico corpo... no, non
poteva farlo.
Mollò la presa e l'arma cadde a terra con un tonfo attutito
dall'erba alta.
Tornò alla pozza, tornò ad ammirare il suo viso
illuminato dalla scarsa luce.
Un bacio, ecco quello che voleva, solo un bacio.
Chinò piano il viso, gli occhi socchiusi per ammirarsi fino
all'ultimo, trattenendo il respiro...
Quando la freccia di Eros e Nemesi, scoccata dal dio dell'amore si
conficcò nella nuca del giovane, facendolo sbilanciare.
Cadde nella bassa pozza sbattendo la testa sul fondo cosparso di sassi
acuminati, e lottò invano per risollevarsi, intontito:
sembrava avere un masso legato al collo.
Ormai privo di forze si lasciò morire senza un lamento, ed
affogò immobile sotto lo sguardo crudelmente compiaciuto di
Eros e quello divertito di Nemesi.
* *
-Che stai facendo, fanciullo?-, ne aveva visto di morti strani, Caronte
il traghettatore infernale, ma mai insoliti come quel bel giovane. Che
diavolo stava cercando nell'acqua?
-Nulla.-, rispose malinconico Narciso scrutando la superficie piatta
del fiume, che non veniva incrinato dalla barca e che non rifletteva
nulla.
-Assolutamente nulla.-, ripeté sconfitto.
Ciao :) prima storia
a tema mitologico "stretto" che scrivo. Ovviamente Narciso è
uno dei miei personaggi preferiti: borioso, egoista, immaturo e
piuttosto orgoglioso. E stupido.
Ho attinto da varie fonti per scrivere questa storia: dalla versione
ellenica del mito ho preso in prestito il personaggio di Aminia e il
quasi-suicidio di Narciso, che secondo la fonte moriva proprio con la
spada
donata al compagno; dalla versione romana di Ovidio la profezia, il
personaggio di Eco, la presenza di Nemesi e l'ultima scena sullo Stige;
dalla versione di Pausania, che criticava aspramente le altre, solo
la sua attività di cacciatore. Ho puntato molto sulla
fedeltà alla tradizione della sua figura, elaborando assieme
i due filoni principali del mito con l'aggiunta di un terzo "guest
star".
Nonostante tutti i suoi difetti, spero di essere riuscita a non rendere
pesante Narciso. Anche se in effetti era piuttosto pesante come tipo...
Che ne pensate? Mi piacerebbe davvero conoscere le vostre opinioni :)
Nyappy
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