Tu
mi ami, ma io no
26 maggio
2010
“Che ti succede
Gandini?”
E cosa voleva che ti succedesse?
Non credevi che ti potesse accadere di nuovo.
Quella sensazione di disagio mista a fastidioso imbarazzo che ti
perseguitava
quando eri con lui.
“Non lo so.”
Sì, invece, che lo sapevi.
E, forse, sarebbe stato meglio giocare a carte scoperte sin da subito.
Ma certo! Poi la figura della bambina alla prima cotta
l’avresti
impersonificata tu.
Riccardo ti amo.
Ed era proprio amore?
Ed era bisogno incondizionato di averlo sempre accanto?
Ed era quella chiusura allo stomaco quando non c’era o quando
ti trattava come
un quadro appeso al muro?
I sintomi per ora erano quelli.
Chissà se la tua malattia si chiamava davvero amore.
***
Sta al bacio.
Una mano preme sulla tua schiena, lungo la quale un brivido si
propagava a
frequenza costante.
Socchiudi le labbra in un timore sempre crescente che il tuo azzardo
fosse
punito dall’infrangersi del fragile cristallo del sogno.
Il vetro trema, ma non si rompe.
Quant’è difficile prevedere le azioni e le
reazioni della gente.
Immagini che si comportino in un modo: ora cordialmente, ora
arrogantemente, ma
tutto ciò che ottieni è il contrario.
Passi una mano tra i suoi capelli, e ti chiedi se riuscisse a percepire
le
pulsazioni del tuo muscolo cardiaco ora adiacente al suo.
Ma cos’è un bacio inconscio, se non
l’incontro di due bocche che non riescono a
confessare quello che provano?
E quel bacio, che pudico più non era, si affannava in
istanti che sembravano
sempre più corti, sempre più precari,
sull’orlo della fine, che camminavano sul
confine della scomparsa.
Alla fine restava un bacio passato, che s’accumulava sulla
torre dei ricordi da
smaltire.
O forse no.
Ansimavi ancora, quando, con la fronte appoggiata alla sua, rifuggivi i
suoi
occhi.
Avevi lo sguardo fisso sulle sue labbra, che avevi osato toccare, che
avevi
osato violare.
Ma chi sei tu, per esserti permessa di illuderti l’ennesima
volta?
Solo perché aveva abbassato le difese, solo
perché, chissà, era stanco o
indifferente, ti eri appropriata di un breve intervallo di tempo della
sua
vita, ora divenuto anche tuo.
Ma le due strade si sono già divise, nello stesso momento in
cui lo hanno fatto
le vostre labbra.
Senti che alza la testa.
L’incavo tra mento e collo che lascia libero fa subito da
culla al tuo capo,
che si appoggia su di lui in un silenzio carico di qualcosa di nuovo.
Solo ora ti accorgi che ti stringeva ancora a sé.
“Gandini, non voglio illuderti, non devi illuderti.”
Appunto.
Quelle parole un po’ ti spiazzano, un po’ ti fanno
riappoggiare i piedi a
terra, dove però non volevi stare.
Sembrava fosse conscio del cosiddetto momento di debolezza,
del fatto
che anche lui non riuscisse perennemente a vivere nell’apatia
più assoluta.
Ma quel non voglio illuderti dimostrava anche la
sua consapevole
mancanza di legame con te, che l’avevi catturato inutilmente.
Sciogli l’abbraccio: la più banale delle reazioni.
E anche la più prevedibile.
“Tu mi ami, ma io no.”
E invece di compatirti, di capirti, di assicurarti da amico che
prima o
poi saresti stata felice anche tu con un altro uomo, getta la
verità sul campo
di battaglia, ghiacciando ogni prospettiva futura.
Tu mi ami, ma io no.
Tu mi ami, ma io no.
Tu mi ami, ma io no.
Tu mi ami, ma io no.
No.
Non ci sarebbe mai stato un altro uomo.
Ne eri sicura, anche se come certezza valeva ben poco.
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