Dark, creepy and... sweet? di Fiamma Drakon (/viewuser.php?uid=64926)
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1_Halloween Time
1. Halloween Time ♥
«Manca poco! Manca poco!».
Il fermento in città era un qualcosa di palpabile, come un velo
invisibile che tappezzava ogni cosa. Per ogni dove si percepivano
un’eccitazione ed un’euforia strabilianti, molto maggiori
rispetto alle altre ricorrenze dell’anno.
Ragnatele erano state sparse con attenzione ovunque, agli angoli delle
strade, negli anfratti sotto i balconi, attorno alle appariscenti,
complesse e macabre strutture dei lampioni. Il tocco finale era stato
dato cospargendo quest’ultime addirittura con gocce di sangue e
di rugiada, la quale dava ai fili delle tele l’apparenza di
filamenti intessuti con fibre di vero cristallo.
I pipistrelli erano stati liberati dalle loro gabbie e svolazzavano nel
cielo, passando in grossi gruppi davanti alla luna piena.
Gli scheletri più anziani camminavano per strada canticchiando
nenie lugubri, mentre i più piccoli si rincorrevano lungo le
strade, perdendo qualche arto qua e là, ridendo e scherzando.
Tutta la popolazione si stava recando alla piazza centrale di Leverru,
dove si sarebbero tenute le celebrazioni per la festa più
importante di tutto l’anno: Halloween.
Uno zombie dai capelli biondi scarmigliati e la carnagione grigio tenue
correva attraverso la folla, eccitato fuor di maniera: non si sarebbe
perso lo spettacolo principale di suo cugino per niente al mondo.
Quell’anno gli aveva promesso qualcosa di strabiliante, e se Jack
gli aveva dato la sua parola che sarebbe stato così, allora non
aveva alcun dubbio in merito.
Ad un certo punto il ragazzo si fermò e si volse indietro, scuotendo una mano in aria.
«Ada sbrigati! Jack ci aspetta!!!» esclamò, impaziente.
Una ragazzina di circa dodici anni si fece largo timidamente nella folla, raggiungendolo.
«Fratellone, vai piano, per favore: non riesco a tenere il tuo
passo... e Jack non andrà via, di questo puoi star sicuro»
replicò paziente lei, sorridendo dell’eccitazione
tutt’altro che matura del maggiore.
Nonostante la notevole differenza di età - correvano infatti
dieci anni tra loro - sembrava che fosse lei la più matura dei
due, e non il contrario: di solito era Oz a far la parte del bambino.
«Uffa...! Ma se non ci sbrighiamo non...».
Il biondo s’interruppe nello scorgere tra la gente una figura a lui ben familiare.
Senza perdere neppure un attimo, superò sua sorella con uno
scatto fin troppo energico e si diresse verso il suo nuovo obiettivo,
al quale arrivò proprio alle spalle, sulle quali si
appoggiò con forza.
«Ehi...!» esclamò la sua sfortunata vittima,
voltandosi indignato ed esibendo una smagliante dentatura dai canini
acuminati, ma la sua espressione mutò nel notare chi
l’avesse “urtato”.
«Oz?» fece, perplesso.
«Ehilà, Gilbert!» lo salutò cordialmente il
biondino, sorridendogli a sua volta con fare allegro, guardandolo dal
basso.
Gilbert era più alto di lui di una decina di centimetri,
nonostante fosse più giovane di lui di un anno. Per
l’occasione aveva raccolto i capelli in un codino alla base del
capo con un nastrino blu scuro, lasciando fuori solo quei ciuffi
più corti che solitamente gli stavano sopra ed attorno alla
fronte.
Indosso portava il suo consueto, elegante completo nero con tanto di
mantello allacciato attorno al collo con una piccola catenina
d’argento.
I suoi occhi dorati apparivano ancora più sfavillanti nel
crepuscolo che incalzava sempre più, così come i suoi
canini, le cui punte apparivano, timide, sulle sue labbra, diafane come
la sua carnagione.
Be’, come poterlo biasimare per ciò? Certamente i vampiri
non potevano abbronzarsi - a meno che non volessero divenire di un bel
grigio scuro e trasformarsi in cenere.
«Fratellone!».
La voce di Ada raggiunse Oz un momento prima che gli occhi del vampiro,
nel vagare sulla figura di quest’ultimo, si fermassero sulle sue
gambe con cipiglio perplesso, per poi esprimersi in un confuso:
«Oz... la tua gamba...?».
«Eh...?».
Il biondo, nell’abbassare a sua volta gli occhi, notò che
mancava effettivamente di parte della gamba sinistra. Una cosa tutto
sommato comune per uno zombie, o almeno, era quel che aveva sempre
creduto.
«Oh...» mormorò, poi rialzò la testa,
grattandosi la nuca e assumendo un’espressione colpevole
«Mi sarà caduta da qualche parte...» si
giustificò con sufficienza, come se la mancanza di un pezzo del
proprio corpo non fosse qualcosa di rilevante.
«Fratellone!».
Sentì la voce della sorellina, trafelata, arrivargli non da
lontano, bensì da vicino, molto vicino, esattamente da dietro di
sé, come puntualizzò ulteriormente la mano che
sentì posarsi sulla sua spalla.
Al voltarsi incrociò gli occhi di Ada, corrugati in
un’espressione di paziente rimprovero il cui significato in un
primo momento gli sfuggì.
Solo quando le vide sollevare la sua gamba mancante - e comprese il suo
sguardo - il biondo si esibì nella sua miglior espressione da
pentito.
«Mi è caduta per sbaglio...» asserì.
«Fratellone, dovresti prestare più attenzione a come e quanto ti muovi...» sospirò la ragazza.
«Ada ha ragione» intervenne una voce familiare, proveniente
dalla direzione di Gilbert, il quale aveva spostato gli occhi sulla
figura che gli camminava accanto - fino ad un attimo prima in religioso
silenzio.
Suo fratello Vincent pareva essere uscito solo allora dal silenzio in
cui era caduto non appena usciti di casa - subito dopo aver consumato
una lauta cena a base di sangue. Il moro si era astenuto da ciò,
dato che si era già nutrito nel pomeriggio.
«A pensarci bene, Vince è sempre taciturno nei minuti a seguito dei pasti...» commentò tra sé e sé Gilbert «... o forse non aveva niente da dire fino ad ora...»
aggiunse dopo, come se la prima spiegazione che si era dato riguardo il
suo improvviso “risveglio” non lo soddisfacesse fino in
fondo.
«Un giorno o l’altro finirai con il rimanere solo una
misera testa di zombie...» riprese Vincent, sorridendo
all’indirizzo di Oz con fare vagamente inquietante. Tra le sue
parole, il giovane zombie riuscì a carpire un velato desiderio
che quanto ipotizzato avvenisse sul serio, ma non vi badò molto:
in fondo, sapeva bene che Vincent Nightray era fatto così.
Preannunciare disgrazie e godere nell’immaginarle in atto era una
cosa che gli piaceva fare fin da giovane, un diletto che, con il tempo,
gli era divenuto sempre più piacevole e congeniale.
Talvolta, addirittura, le sue “premonizioni” si erano pure avverate, con sommo dispiacere delle sfortunate vittime.
«Uff, non è colpa mia se gambe e braccia sono attaccate in
modo così debole...!» si lamentò Oz, mentre,
saltellando sull’unica gamba rimastagli, si riattaccava
l’altra.
Era una scena buffa e raccapricciante al tempo stesso: il suo cercare
di risistemarsi l’arto senza perciò fermarsi e la sua
espressione concentrata erano qualcosa di tenero e divertente, ma
dall’altra parte c’era il fatto che stava, appunto,
cercando di rincastrare due giunture di una gamba - che, tanto per cominciare, in un essere teoricamente morto ma praticamente “vivo” non avrebbero dovuto separarsi.
I suoi tre compagni lo lasciarono fare: ciascuno di loro sapeva che
cercare di convincerlo ad agevolare la cosa fermandosi sarebbe stato un
tentativo inutile.
«Elliot non è venuto con voi?» chiese Ada,
guardandosi intorno: solo allora aveva notato l’effettiva assenza
del terzo dei fratelli Nightray.
Non che intercorresse un roseo rapporto tra lui e la famiglia
della ragazza, i Bezarius, ma Ada si interessava comunque di sapere
notizie anche su di lui, o meglio ancora vederlo: in fondo, lei
personalmente non aveva alcun tipo di problema col ragazzo,
bensì quest’ultimo con la sua casata - e lei non poteva
farci niente.
«Tsk! Se ne sarà rimasto a casa a strimpellare quel suo
dannato violino» sbottò Oz, poggiando a terra la gamba
appena ricongiunta.
Lui non aveva molta simpatia
per Elliot, ma la cosa era reciproca: fin dal loro primo incontro -
avvenuto anni prima - non si erano mai piaciuti e la situazione era
rimasta tale e quale da allora.
«No, è uscito con noi» obiettò Vincent,
probabilmente per godere dell’espressione contrariata che
balenò per qualche attimo sul viso del suo interlocutore
«Solo che ha preferito avviarsi da solo con Reo».
«Come sempre...» aggiunse tra sé Gilbert: il loro fratellino passava decisamente più tempo con il suo servitore che con loro.
«Tanto meglio» commentò semplicemente Oz «Voi
che dite, come sarà lo spettacolo di Jack?» cambiò
subito argomento l’attimo dopo, assieme al tono.
«Dovresti essere te il più informato, fratellone»
gli fece notare Ada «Hai passato così tanto tempo con lui
dall’inizio dei preparativi...».
«Sì, è vero...» confessò Oz, giungendo
le dita e abbassando su queste gli occhi, l’espressione colpevole
e dispiaciuta a un tempo «... però non sono riuscito a
cavargli di bocca nemmeno una parola!».
Pareva irrimediabilmente frustrato.
«Allora dovrai aspettare» concluse Vincent con
semplicità, sfoggiando uno dei suoi sorrisetti malvagi. Pareva
quasi aver deciso di giocare e divertirsi con le reazioni del ragazzo,
almeno per quella sera.
«Uffa...!» sbuffò il Bezarius, spazientito.
«Guarda, ormai siamo quasi arrivati» intervenne Gilbert,
indicandogli con un dito il fondo della strada: si cominciavano ad
intravedere le luci arancioni delle lanterne appese in piazza.
Com’era prevedibile, Oz iniziò ad entusiasmarsi con nuova forza.
«Sì! Non vedo l’ora!! Jack sarà incredibile, me lo sento!!!».
Il tragitto che li separava dal centro città fu percorso in un
tempo brevissimo, anche grazie ai continui richiami ed incitamenti del
maggiore dei due biondi, ormai completamente assorbito non solo
dall’entusiasmo, ma anche dallo spirito della festa.
Se non avesse avuto i suoi bravi ventidue anni, Ada - e con lei anche
Gilbert - avrebbe scommesso che si sarebbe messo a correre insieme ai
più piccoli, che sfrecciavano per ogni dove come animati da
adrenalina pura.
Quando finalmente giunsero nella piazza, i suoi occhi smeraldini
ardevano d’incontenibile fervore mentre si lasciava alle spalle
il gruppetto per insinuarsi tra la folla.
«Chissà se lo zio è già qui: deve
presenziare la cerimonia d’apertura...» mormorò Ada,
preoccupata.
«Sarà senz’altro arrivato» la rassicurò
il maggiore dei due Nightray, posandole una mano sulla spalla.
«Andiamo più avanti, Gil?» domandò Vincent, con tono stranamente gentile e affabile.
Senza replicare, gli altri due lo seguirono attraverso la folla,
diretti nelle vicinanze del palco che era stato montato al centro della
piazza.
L’impalcatura pareva esser fatta di grosse lastre di marmo nero
posizionate a mo’ di piramide con la sommità ampia e
spianata adornata con veli di ragnatele bagnate di sangue ed una grossa
croce poggiata trasversalmente sui grossi gradini sul lato destro.
Vincent e Gilbert dovettero fermarsi ad una certa distanza da essa: non
avevano niente di male contro quella croce, ma quella ne aveva eccome
contro di loro.
La loro natura non permetteva di avvicinarsi più di tanto a
certi simboli sacri, a maggior ragione se così grandi, a meno
che il vampiro di turno non avesse insani istinti suicidi.
Ada decise di rimanere vicina a loro, non trovando più suo fratello tra la gente.
«Chissà dove sarà andato a cacciarsi...».
Cercando di star tranquilla e pensando che ormai era un adulto che
sapeva badare a sé stesso - benché avesse ancora strani
impulsi fanciulleschi - la zombie rivolse la sua attenzione al palco.
Un dolce sorriso si dipinse sulle sue labbra quando vide la familiare
figura di suo zio guadagnarsi il centro del “palcoscenico”.
La sua famiglia era una delle più importanti di tutto il paese -
assieme a quella di Gilbert e Vincent - e suo zio attualmente ricopriva
la carica di sindaco, fatto che lo portava direttamente là,
sotto gli occhi di tutta la cittadinanza, ad annunciare l’evento
più atteso dell’anno, il cui protagonista, tra
l’altro, sarebbe stato proprio suo nipote.
Perché proprio lui?
La spiegazione era semplice e banale: perché era Jack.
Uno dei figli delle quattro più importanti casate, a turno,
veniva chiamato Jack alla morte del precedente omonimo, e spettava a
lui condurre “i giochi” della festa di Halloween.
Era un’usanza che, in verità, Ada non aveva mai capito, ma
doveva comunque attenercisi: dopotutto, le regole erano quelle.
Ascoltò suo zio mentre, per interi minuti, parlava delle vecchie
tradizioni, delle passate celebrazioni di Halloween e di altri
argomenti affini, finché finalmente...
«... e adesso, che la festa abbia inizio!!!».
Nell’ovazione generale che seguì si udì
distintamente il rumore tipico delle ruote che cigolavano sotto un peso
eccessivo.
L’attenzione di Ada - e non solo la sua - fu attirata da un
grosso cavallo impagliato sul cui dorso era conficcata una croce di
legno alla quale era legato suo cugino.
Nonostante fosse una zombie, per cui per definizione “un cadavere
ambulante”, Ada vantava una discreta vista che le permise di
scorgere, persino da quella gran distanza, le corde avvinghiate attorno
ai polsi e alle caviglie di Jack, il cui capo ciondolava inerte sul
petto, gli occhi chiusi e l’espressione tipica di chi sta
sopportando un gran dolore.
Ovviamente, la ragazza lo comprendeva: essere legato a quella maniera
comportava tutta una serie di complicazioni a livello respiratorio che
rendevano ogni suo sospiro simile ad una coltellata netta ai polmoni.
Man mano che il cavallo avanzava la folla faceva ala per permettergli
il passaggio, osservando intanto il biondo immolato sulla croce.
C’era chi applaudiva, chi lo chiamava a gran voce, chi addirittura sembrava spaventato dalla scena.
Gilbert e Vincent, alle spalle della giovane Bezarius, erano
impalliditi più di quel che già erano alla vista di
quella croce immensa.
Quando si avvicinò al punto dove si trovavano, indietreggiarono
di qualche passo per non finire scaraventati via dall’aura sacra
che la circondava e che percepivano già nell’aria sotto
forma d’intenso calore.
Il carro raggiunse in breve il palco e lì accanto si fermò, in modo che tutti potessero guardare.
Un silenzio a dir poco tombale si fece largo tra la folla, mentre tutti
osservavano col fiato sospeso Oscar mentre appiccava il fuoco al
cavallo impagliato.
Le fiamme iniziarono immediatamente a consumare la paglia del pupazzo, per poi salire a lambire di lontano i piedi di Jack.
Nonostante fosse assolutamente certa che l’incolumità di
suo cugino non sarebbe stata intaccata, Ada non poté fare a meno
di temere che potesse bruciarsi.
Tuttavia, anche se le fiamme salivano, Jack rimaneva immobile.
Quando il fuoco giunse a sfiorargli le punte dei piedi, finalmente si
rianimò all’improvviso, raddrizzandosi - anche se con
difficoltà - sulla croce.
Con un’abile torsione del polso, il biondo estrasse dalla manica
destra un coltellino, con il quale liberò la mano, per poi
tagliare le altre corde.
Libero che fu, Jack s’inerpicò fin sui bracci della croce, gli occhi accesi di un sincero, profondo entusiasmo.
Un’ovazione s’alzò dalla folla mentre il Bezarius si
portava due dita alle labbra e lanciava un lungo, penetrante fischio
che riecheggiò nel cielo, disperdendosi in lontananza.
Dopo appena alcuni istanti la notte fu squarciata dal verso simultaneo
e bestiale di più creature, le cui sagome alate si stagliarono
in breve nella volta celeste, nero liquido contro nero cenere,
disegnando gli innegabili profili di tre grossi pipistrelli provvisti
di ali ampie circa tre metri.
Le creature planarono sulla folla, passando pochi metri sopra di essa, dirette verso il palco.
Il pipistrello al centro del trio si abbassò quando fu sopra il
Bezarius, che si aggrappò alla catena che pendeva dal suo
collare borchiato, lasciandosi trasportare in alto.
Una volta a mezz’aria, il biondo si dondolò sulla catena
cui era appeso finché non riuscì a saltare sul dorso del
pipistrello alla sua destra, che aveva nel frattanto abbassato
l’altezza di volo.
Il giovane rimase in piedi con le gambe leggermente divaricate,
tenendosi ben saldo alla sua catena mentre la bestia si esibiva in
circoli aerei e piroette.
Da dietro gli edifici s’innalzarono i pennacchi luminosi di
fuochi d’artificio rossi, azzurri, verdi e di mille altri colori,
che esplosero nel cielo in una pioggia di schegge colorate.
Grida entusiaste si levarono dal basso, mentre Jack saltava con
acrobazie complesse e particolari da un pipistrello all’altro.
«È bravo...» commentò pacato Vincent, quasi
casualmente, le labbra stirate in un mite sorriso e le sopracciglia
inarcate in un’innocente espressione perplessa.
«Si è esercitato tanto per arrivare a questo giorno»
intervenne timidamente Ada, guardando negli occhi il vampiro,
ricordando con ammirazione l’impegno profuso senza requie dal
cugino nel periodo antecedente quello spettacolo, talvolta perdendo
anche ore ed ore di sonno - ed ovviamente senza rivelare mai per che
sorta di spettacolo stesse lavorando tanto assiduamente.
Il risultato, come poteva ben vedere non solo lei, ma anche tutto il resto della città, era semplicemente stupefacente.
Con l’ultimo fuoco d’artificio - che esplose creando un
magnifico e macabro teschio color del ghiaccio - si concluse
l’esibizione e Jack saltò giù dal suo pipistrello,
che era planato nel frattempo a meno di cinque metri dalla superficie
del palco.
Atterrò senza nemmeno un graffio accanto ad Oscar, un sorriso
smagliante ed entusiasta sul viso, quindi declamò a gran voce:
«Buon Halloween!».
Fu accolto da un disarmonico coro di grida, esulti e sospiri di giovani
spasimanti che smaniavano pur di vederlo anche da lontano - era un
giovanotto molto ambito, Jack Bezarius.
Mentre la folla si disperdeva, diretta verso la hall del municipio, il
biondo si ritirò in un angolo del palco, sedendosi sul bordo
dell’impalcatura, sospirando sollevato: era finita ed era andata
bene.
Lasciò dondolare le gambe nel vuoto per qualche momento, mentre
l’adrenalina e la tensione che l’avevano animato durante
tutto lo spettacolo allentavano la presa sui suoi muscoli, lasciandolo
un po’ a corto d’energie.
Non che si aspettasse di essere fresco come una rosa dopo quel che
aveva appena fatto, tuttavia la stanchezza improvvisa che l’aveva
assalito lo lasciò un momento spiazzato.
Solo un momento, dato che l’attimo successivo fu aggredito alle spalle da qualcosa di ben più piacevole e concreto.
«Jack, sei stato assolutamente fantastico!».
Voltò la testa, sorridendo, guardando dal basso suo cugino Oz,
chino accanto a lui con un’espressione estatica in viso.
«Lieto che ti sia divertito» commentò, allungando
una mano a scompigliargli affettuosamente i capelli, così simili
ai suoi, eccetto per la lunghezza.
Il minore si sedette accanto a lui, dondolando energeticamente le gambe.
«Perché non vai ad unirti agli altri?» chiese,
spostando la propria attenzione dalle sue scarpe per rivolgerla al
cugino.
In quel momento una delle gambe di quest’ultimo si staccò e cadde a terra, ma lui non parve accorgersene.
Jack sospirò, fingendosi esausto - o almeno, manifestando apertamente la stanchezza che sentiva davvero.
«E allora andiamo...!» esclamò, in tono rassegnato ma sereno, alzandosi.
«Fratellone, la tua gamba!!».
I due ragazzi volsero in contemporanea lo sguardo verso il basso,
incrociando l’espressione severa ma dolce tipica di Ada, che
reggeva in una mano la gamba sinistra di Oz. Quest’ultimo
arrossì e si chinò a raccoglierla.
«Uff, queste gambe...!» borbottò, mentre si riagganciava l’arto alla rotula con un piccolo schiocco.
«Ehilà, Gilbert! Vincent!» salutò Jack,
sorridendo all’indirizzo dei due vampiri alle spalle della
ragazza, che ricambiarono il saluto con un cenno del capo.
«Bella performance» si congratulò il maggiore, stirando le labbra, scoprendo appena le zanne.
«Ehi, Gil! Quei denti cominciano ad ingrandirsi un po’
troppo...!» ridacchiò Oz, saltando giù dal palco e
affiancandosi al vampiro, che allungò una mano a toccarsi i
denti, a disagio e perplesso.
«Mmh...? Dii già...?» si chiese ad alta voce: non
era mai un buon segno quando i canini iniziavano ad allungarsi.
Significava che aveva sete e se non avesse risolto in fretta il
problema si sarebbe trovato al cosiddetto “punto di non
ritorno”: la brama di sangue gli avrebbe fatto fare qualche
stupidaggine - e di quelle grosse.
«Gil ha sete...!» esclamò Oz in tono scherzoso, con
l’intenzione quasi ovvia di prenderlo per i fondelli.
«Allora andiamo ad unirci agli altri» decise Jack, scendendo anche lui dal palco.
Si avviarono così lungo la strada principale, diretti al municipio.
Dato che tutti gli altri cittadini erano già andati, non
trovarono alcuna difficoltà nel percorrere la strada ormai
deserta.
Quando giunsero nei pressi del municipio, tuttavia, Vincent rallentò lentamente, fino a fermarsi in mezzo alla strada.
Tutti gli altri si voltarono a guardarlo.
«Che succede Vince?» domandò suo fratello,
incuriosito e preoccupato dall’espressione seria e sospettosa che
si era fatta strada sul suo viso.
Il biondo rimase immobile in silenzio per qualche momento, poi disse:
«Nell’aria c’è una strana tensione...».
«Tensione...?» ripeté Jack, inarcando le sopracciglia.
«Guardate! Sono tutti raggruppati davanti all’edificio!
Sarà... successo qualcosa?» esclamò Ada, incerta.
In effetti, a guardar bene, in fondo al selciato si vedeva il profilo
della folla, anche se nessuno di loro sapeva per quale motivo fossero
là fuori e non all’interno a festeggiare.
L’espressione di tutti si fece più buia tutto d’un
tratto, come se qualcuno avesse premuto un interruttore, spegnendo una
qualche luce.
«Non lo so Ada... ma credo sia meglio andare a controllare» disse Jack, muovendosi e precedendoli.
Angolino autrice
E finalmente, dopo due mesi quasi che lavoro su questa... cosa
- per non usare altri termini XD - riesco a postarla *O* anche se
è completamente fuori tempo, ma l'ho iniziata dopo Halloween e
di aspettare il prossimo non ci penso nemmeno èwé
Altra fanfic misteriosa, ma se io
non ci metto qualcosa del genere ormai non riesco più a scrivere
long XD per cui accettatemi così come sono o sopprimetemi
ùwù
Ah, il "genere" dei personaggi - nel
senso del loro essere mostri - l'ho volutamente scopiazzato dal film
d'animazione di Tim Burton "Nightmare Before Christmas" - perché
m'ispiravano troppo ùwù
Well, sperando di non aver scritto un obbrobrio mi eclisso.
Al prossimo chappy!
F.D.
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