Train under water .

di Dominil
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Train Under Water



Il riverbero del sole di mezzogiorno spezzava il finestrino colpendo l'iride del ragazzo seduto a gambe incrociate su un sedile dell'autobus semivuoto. La chitarra che riposava nella custodia al suo fianco era l'unica compagna e amica di quel lungo viaggio che aveva deciso di intraprendere verso la felicita'. Aveva raccolto tutti i suoi averi in uno zaino e provato a mettere a tacere il passato nella speranza che non lo inseguisse. Nella mente le parole di canzoni crude che suo padre non aveva mai approvato, un mondo fatto di note in cui aveva trovato conforto.
Il ragazzo socchiuse gli occhi a causa della luce cercando di vincerla, non voleva assolutamente perdersi nemmeno un particolare del nuovo paesaggio che presto sarebbe diventato la sua nuova casa; Home Sweet Home.

L'America aveva sempre fatto parte dei suoi sogni, il desiderio di poter suonare la propria musica sul palco di un'immensa citta' da cartolina, era il motore propulsore della sua esistenza. E cosi', raccolti i soldi, era salito sul primo aereo nella speranza di un futuro felice.
Solo per pochi istanti le ultimi immagini che avevano preceduto la partenza gli avevano fatto compagnia, poi erano svanite nell'aria come fumo.
C'era sua madre dritta e con le braccia scese lungo i fianchi, arrabbiata e felice, il viso rigato di lacrime. E poi... E poi l'aveva vista, lei, la ragazza che aveva lasciato appena il giorno prima confessando di non amarla affatto, di non aver mai creduto nel loro amore. I capelli biondi le incorniciavano disordinatamente il viso pallido carico di odio ed era contento che appena attraversato il gate avesse potuto distogliere lo sguardo.

Matt Tuck non era più lo stesso ragazzo, non si portava più dietro quei ricordi, Matt Tuck aveva una tela bianca chiamata nuova vita e questa volta era certo di poter dipingere un'opera d'arte.

Il profilo dei grattacieli era ormai nitido nonostante ci fosse ancora un po' di lontananza e presto avrebbe potuto scorgerne gli infiniti dettagli. Presto, molto presto, avrebbe potuto coronare quel sogno chiamato Los Angeles.




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