Alegrìa (le Cirque de la Lune
défunte)
Tanto per fare un po' di
pubblicità a una mia Cross-over con i personaggi di "Sailor
Moon" e non solo, vi invito a dare un'occhiata a "Il
Filo Nero", che magari nella categoria Cross-over
può rimanere un po' in disparte. ^^
La canzone è "Alegrìa"
del Cirque du Soleil
Alegrìa (le
Cirque de la Lune
défunte)
- Caspita, Momo, hai una mira incredibile! -.
- Già, spero di non trovarmi mai sulla tua traietto... ohi!
-.
Kyūsuke si era appena beccato, dritto in testa, il trofeo vinto
dall'amica al tiro a segno. Si trattava in realtà di una
specie
di giocattolo a forma di coppa che si apriva e si illuminava, mettendo
in moto anche una melodia tintinnante. (¹)
- Sembra una di quelle idiozie usate nei manga per ragazze per
sconfiggere il cattivo di tur... ahi! Piantala! -.
- Sei tu che devi piantarla! Sei solo invidioso -.
- Di una chincaglieria del genere?
- Del fatto che ho una mira
migliore della tua – gli ricordò Momo.
- Sai che ci vuole... - stava borbottando il ragazzo, massaggiandosi
piano la testa dolorante sotto i capelli scuri, quando Chibiusa corse
improvvisamente avanti – Ehi, dove vai? -.
- A vedere se... sì! C'è!
- il tono era di gioia e sollievo insieme. Quando si voltò
verso
i due amici, che la stavano raggiungendo facendosi spazio tra la folla
di quel giorno al luna park, propose raggiante: - Facciamo un salto al
circo? -.
Prima di entrare Kyūsuke aveva voluto fare provviste, ingollando prima
un bel po' di takoyaki e prendendo poi dello zucchero filato di
dimensioni extra.
- Guarda che non farai la fame, là dentro – lo
prese in giro Momo.
Ma il ragazzo non la stava ascoltando, impegnato con quella matassa
morbida e appiccicosa che gli stava impiastricciando bocca e guance. Da
dietro la sua nuvola rosata vide qualcos’altro di rosato, e
arrossì un po' nel pensare che quella montagna soffice e
dolce
gli ricordava tanto i codini di qualcuno.
Erano della stessa tonalità, anche se qualcosa gli diceva
che i suoi capelli dovevano essere molto più morbidi.
- Dai, mettiamoci in fila – stava dicendo Momo, e lui
annuì, seguendo una Chibiusa che sembrava non vedere l'ora
di
entrare.
Pagato il biglietto, entrarono nel corridoio dalle pareti di stoffa che
portava alla parte centrale del tendone. Immerso nella penombra, tale
corridoio era animato da diversi personaggi in maschera, travestiti da
animali e infelici Pierrot, che si aggiravano con movenze sinuose per
accogliere i visitatori. Più di un bambino ne era
intimorito, e
ad ogni passo cercava di avvicinarsi maggiormente alle gambe del
genitore che lo teneva per mano. Chibiusa sorrise vedendoli, ricordando
che anche lei aveva avuto la stessa reazione, ormai qualche anno prima.
Tornare ogni anno in quel posto costituiva ormai uno strano rito, un
rito sempre uguale e sempre diverso: perché il tendone e i
suoi
nomadi abitanti non cambiavano mai, mentre lei era di volta in volta
diversa, quasi una persona differente da quella che vi era entrata
l'anno prima. Fu con questa ormai abituale, ma sempre insolita,
sensazione che calpestò il tappeto rosso scuro del
corridoio,
per entrare nel padiglione che costituiva la parte centrale del tendone.
Era illuminato da grandi fari, per permettere al pubblico di prendere
posto prima che lo spettacolo iniziasse. Poi alcune luci si sarebbero
spente, mentre altre avrebbero diretto il loro fascio luminoso verso lo
spiazzo al centro, separato dalle gradinate da una semplice pedana
colorata.
Tra i posti a sedere sarebbe calata la penombra, e in quel momento
sarebbe arrivato.
Alegrìa
Come un lampo di vita
Come un pazzo gridar
Alegrìa
Del delittuoso grido
Bella ruggente pena
Seren
Come la rabbia di amar
Alegrìa
Come un assalto di gioia
Quelle strane note tintinnanti, simili a un suono di campanelli,
l'avevano attratta all'istante, come se qualcuno la stesse chiamando.
Fino a quel momento era rimasta attaccata alla grande e rassicurante
mano del padre, timorosa come un coniglietto spaurito,
perché
quelle maschere inquietanti che le giravano intorno non le sembravano
davvero degne di fiducia. Oltretutto quel corridoio era troppo buio e
troppo ampio per una bambina piccola come lei, mentre suo padre
avanzava dritto e sicuro come sempre, senza paura.
I biglietti per lo spettacolo glieli avevano dati a scuola, tre per
permettere a tutta la sua famiglia di andarci, anche se alla fine uno
l'avevano dovuto regalare. Sua madre era rimasta a casa per il gran
raffreddore che si era presa, dopo che due giorni prima aveva
dimenticato l'ombrello in metropolitana e aveva preso tanta di quella
pioggia da inzuppare ben più di un pulcino.
- Addate
voi
– aveva detto, soffiandosi poi il naso con un suono simile al
barrito di un elefante, gli occhi azzurri che lacrimavano in
continuazione – Io verrò l'addo prossimo... etciù!
-.
Le lunghe code bionde avevano sobbalzato con lo starnuto, e sia
Chibiusa che suo padre si erano prontamente spostati dalla traiettoria
dei germi.
Così ora si trovava lì con lui, e iniziava a
chiedersi se
venire in quel posto fosse stata davvero una buona idea. Ma per fortuna
quell'inquietante corridoio finì, e si ritrovarono presto in
uno
spazio ben più ampio, dove uno spiazzo al centro era
circondato
tutto intorno da diverse gradinate. Le pareti di stoffa, i posti a
sedere, la pista, incastrati gli uni negli altri in un gioco di cerchi
concentrici.
- Vieni, Chibiusa, andiamo a sederci -.
Alegrìa
I see a spark of life
shining
Alegrìa
I hear a young minstrel
sing
Alegrìa
Beautiful roaring scream
Of joy and sorrow,
So extreme
There is a love in me
raging
Alegrìa
A joyous, magical feeling
[Allegria
vedo un lampo di vita
allegria
ascolto il canto di un
giovane menestrello
allegria
bellissimo urlo
di gioia e dolore
così estremo
c'è amore nel
mio cuore
allegria
una gioiosa, magica
sensazione]
La musica era continuata in sottofondo, anche quando tutti gli
spettatori avevano preso posto e le luci si erano spente, lasciando
illuminato soltanto lo spazio centrale. Continuò a sentirla
anche più tardi, sempre più soffusa, come se
fosse stata
parte dell'aria stessa di quel luogo.
La piccola Chibiusa non capì, tuttavia, perché
qualcuno
non si fosse ancora seduto, continuando invece a gironzolare tra il
pubblico, apparentemente senza essere visto. Ed erano personaggi
piuttosto bizzarri, di sicuro artisti del circo, perché non
sembravano avere nulla in comune con i suoi concittadini seduti a
godersi lo spettacolo.
C'era un giovane uomo dai lunghi capelli biondi che faceva la spola da
un gruppo di liceali all'altro, fermandosi ad osservare tutte le
ragazze più carine. Era vestito in modo davvero vistoso, e
anche
se Chibiusa aveva solo cinque anni, beh, non sarebbe mai
andata in giro conciata in quel modo: non con quegli strani fuseaux
tigrati e un paio di mutande nere sopra. Neanche a Carnevale.
Ma non era l'unico: c'era un altro uomo, all'incirca della sua
età, seduto invece accanto ad alcune signore più
mature
che avevano accompagnato i loro figli. Anche costui era a dir poco
bizzarro, con addosso i pezzi di una toga alla greca e quelli che
sembravano davvero dei collant
viola. Per non parlare dei capelli sparati in aria.
C'erano diversi altri individui sparsi per tutto il tendone, ma
Chibiusa non ebbe il tempo di osservarli tutti perché venne
ben
presto rapita dallo spettacolo.
Non aveva mai visto niente del genere: giocolieri, acrobati e clown,
ciascuno più sorprendente dell'altro, in un susseguirsi di
colori magnetici e un vorticare di balzi che non sembravano nemmeno
umani. Cercava di berne ogni singolo particolare, e anche se pensava
che niente
avrebbe potuto eguagliare il numero appena visto, subito il successivo
veniva a scardinare questa sua convinzione.
Era talmente presa che fece a malapena caso all'improvvisa scomparsa
del giovane dai fuseaux arancioni, quando la tigre venne fatta uscire
dalla gabbia e iniziò il suo numero di salti in cerchi di
fuoco.
Chibiusa credeva che niente avrebbe potuto distoglierla dal seguire
quell'incredibile spettacolo, ma si sbagliava: perché ad un
certo punto un ragazzino, di qualche anno più grande, era
venuto
a sedersi di fianco a lei. Un ragazzino dai capelli chiari, che nella
penombra del tendone le erano sembrati quasi bianchi.
Alegrìa
Come un lampo di vita
Come un pazzo gridar
Alegrìa
Del delittuoso grido
Bella ruggente pena
Seren
Come la rabbia di amar
Alegrìa
Come un assalto di gioia
Chibiusa si era sentita subito un po' intimidita, perché non
aveva idea di chi fosse. A giudicare da come era vestito,
però,
doveva far parte anche lui degli artisti del circo, con quei pantaloni
bianchi e quella tunica piuttosto lunga, di foggia straniera, per non
parlare dei pendenti alle orecchie.
Era rimasto seduto accanto a lei per tutti i numeri seguenti,
finché le luci sulla pista non si erano abbassate,
preannunciando l'arrivo di qualcosa di magnifico.
Solo allora si era voltato verso di lei, guardandola come se la
conoscesse.
- Adesso tocca a me – le aveva sussurrato, alzandosi e
salutandola con un sorriso, per poi scendere le gradinate senza che
nessuno si voltasse a guardarlo.
Sulla pista si era fatto avanti un meraviglioso cavallo bianco
accompagnato dalla sua domatrice: aveva dei grandi pennacchi sui due
lati del corpo, che sembravano delle vere e proprie ali, ed era
assolutamente magnifico. Il ragazzo era salito sulla pedana che
separava la pista dal pubblico- senza che nessuno lo sgridasse- e,
nella forte luce dei fari, era scomparso.
Il numero del cavallo era poi incominciato.
Alegrìa
Como la luz de la vida
Alegrìa
Como un payaso que grita
Alegrìa
Del estupendo grito
De la tristeza loca
Serena
Como la rabia de amar
Alegrìa
Como un asalto de
felicidad
[Allegria
come la luce della vita
allegria
come un pagliaccio che
grida
allegria
del grido stupendo
della tristezza pazza
serena
come la rabbia d'amare
allegria
come un assalto di
felicità]
Da quel giorno l'aveva visto ogni anno, perché ogni anno, in
un
modo o nell'altro, era riuscita a convincere qualcuno ad accompagnarla
al circo. Il circo che giungeva puntuale assieme alle giostre e a tutte
le attrazioni della fiera, portando la sua schiera di personaggi
bizzarri e vistosi.
Anche se lei cresceva di volta di volta, il ragazzino che aspettava
dimostrava sempre più anni di lei: era cresciuto anche lui,
di
anno in anno, diventando un bel ragazzo senza però perdere
quel
riflesso dolce e mansueto negli occhi.
Era la prima volta che ci veniva assieme ai suoi amici- ormai era
grande abbastanza- e quando prese posto non riuscì a fare a
meno
di trattenere il respiro, emozionata come sempre. La musica continuava
a suonare in sottofondo, anche se nessuno tranne lei sembrava sentirla.
- Certo che questo posto ha un nome davvero strano –
osservò Momo mentre aspettavano l'inizio dello spettacolo.
- Perché? Cos'ha di così strano? - fece Kyūsuke,
ancora
impegnato col suo zucchero filato, ma soddisfatto di essere riuscito a
prendere posto tra le due ragazze, sedendosi vicino a Chibiusa.
- Se conoscessi un po' di francese, sapresti che "Cirque de la Lune
Défunte" significa "Circo della Luna Spenta", o qualcosa del
genere... è quasi inquietante, non trovate? - gli rispose
Momo.
- È un circo, cos'ha di inquietante? - ribatté il
ragazzo
– Chibiusa, tu ci sei venuta ancora, non è vero?
È
sul serio così strano? -.
Nessuna risposta.
- Chibiusa? Ehi, ci stai ascoltando? -.
Lei si voltò finalmente verso di loro, poggiando un dito
sulle labbra.
- Silenzio. Sta per cominciare -.
Del estupendo grito
De la tristeza loca
Serena
Como la rabia de amar
Alegrìa
Como un asalto de
felicidad
[Del grido stupendo
della tristezza pazza
serena
come la rabbia d'amare
allegria
come un assalto di
felicità]
Era da un po' che Kyūsuke si chiedeva se a Chibiusa piacesse qualcuno,
e dopo averla osservata per diverso tempo stava giungendo alla
conclusione che no, evidentemente non le piaceva nessuno.
Perché
non mostrava nessuno dei sintomi d'innamoramento delle ragazze a
quell'età, con la testa perennemente fra le nuvole e il
diario
pieno di un unico nome scritto a cuoricini. Aveva quindi decretato che
il cuore di Chibiusa fosse tuttora un posto in pieno sole, non ancora
raggiunto da nessuno. E lui sarebbe stato il primo.
Era convinto di tutto ciò, almeno fino a quel momento.
Non poteva dire di essere un tipo particolarmente intuitivo, eppure gli
sembrò che Chibiusa fosse fin troppo emozionata per un
semplice
spettacolo circense, che le sue guance fossero più rosse, il
sorriso più dolce. Forse- pensò, per un folle
istante-
forse c'era qualcuno che le piaceva nel gruppo degli artisti. Che fosse
per quello che aveva insistito tanto per venire allo spettacolo? In
fondo se lo vedeva ogni anno, quasi sempre uguale, un motivo doveva
esserci.
Kyūsuke lasciò perdere quel che rimaneva del suo zucchero
filato, rifilandolo a una Momo piuttosto riluttante, e si mise ad
osservare con attenzione tutti i personaggi che andavano susseguendosi
sulla pista. Era animato dall'ardore dell'innamorato geloso, pronto ad
affrontare ogni avversario, eppure dovette ben presto ammettere che il
suo rivale non poteva essere fra loro. Perché, malgrado il
trucco pesante dei diversi artisti, era perfettamente chiaro che
Chibiusa non poteva essere innamorata di nessuno di loro: non del clown
quarantenne che stava cadendo da una scala, non della ragazzina capace
di camminare in equilibrio su una grande palla. C'era qualche
giovanotto tra i vari giocolieri, questo sì, ma gli
sembravano
un po' troppo in là con gli anni per una ragazzina della sua
età.
No, non era nessuno di loro.
Ma allora perché- si chiese Kyūsuke, mentre la sbirciava con
la
coda dell'occhio- Chibiusa era arrossita così violentemente
durante il numero del trapezista? Un'agile ragazzina stava volteggiando
da un trapezio all'altro con la disinvoltura che la gente normale non
ha nemmeno nello scendere le scale, e Chibiusa sembrava guardarla senza
vederla.
A cosa stava pensando? A chi
stava pensando?
Chibiusa, dal canto suo, non si era nemmeno accorta che il suo amico la
stesse osservando con tanta gelosa attenzione. Non poteva accorgersene
mentre il cuore le batteva forte come l'anno prima, e quello prima
ancora, nel momento in cui vide quel ragazzo avvicinarsi e sedersi
accanto a lei.
E quando, per la prima volta in tutti quegli anni, le prese
silenziosamente una mano, si sentì invasa da un gran calore.
Quel ragazzo le tenne la mano per tutto il numero del trapezista- una
ragazzina poco più grande di lei che in altre circostanze
avrebbe suscitato tutta la sua invidia, ma non in quel momento.
Più tardi non si accorse nemmeno che il tipo strambo dai
fuseaux
arancioni era scomparso dalla sua postazione fra il pubblico, dove
stava appiccicato a un gruppo di liceali. Quando la tigre ammaestrata
venne fatta uscire dalla gabbia, quel ragazzo intrecciò le
dita
alle sue. Chibiusa si sentì arrossire fino alla radice dei
capelli, e fu grata che la penombra nascondesse il suo viso, che doveva
avere assunto una tonalità appena più chiara
delle sue
chiome.
Sul finire del numero della tigre, sapendo perfettamente che poi
sarebbe toccato a lui, Chibiusa si permise di stringere a sua volta
quella mano calda che le stava dando tanti brividi. Lo vide sorridere
nella penombra, poi chinarsi verso di lei e dire:
- Devo andare -.
Lei annuì impercettibilmente, anche se dentro di
sé lo
stava pregando di rimanere lì, e si sentì quasi
sperduta
quando lasciò la sua mano. Lo guardò avanzare
verso la
pista, silenzioso e non visto come tutti gli anni, e salire sulla
pedana. Poco prima di sparire, mentre il cavallo veniva fatto entrare,
si voltò verso di lei e sorrise.
Chibiusa ricambiò il sorriso, col viso ancora di brace,
mentre
Kyūsuke non sapeva più che pesci pigliare nel vederla
così rossa e imbarazzata. Ma che stava succedendo?
- Signore e signori, tocca ora al destriero sceso direttamente dal
cielo per esibirsi su questa pista. Con la sua giovane domatrice, ecco
a voi... Pegasus!
-.
Uno scrosciante applauso accompagnò l'entrata in scena del
maestoso cavallo bianco bardato come se avesse avuto davvero delle ali,
lo stesso sguardo dolce e gentile del ragazzo che era appena scomparso
nella luce dei fari.
- Se mi ci metto, scommetto che in men che non si dica il numero del
trapezista lo imparo anch'io! - esclamò Kyūsuke quando
uscirono,
alla fine dello spettacolo.
- Che fanfarone che sei! - lo prese in giro Momo – Sarai
anche
bravo in ginnastica, ma guarda che il circo è tutta un'altra
storia! -.
- Figurati se non accoglierebbero un atleta acrobata come me! -.
- Non lo so... - Momo sembrava dubbiosa – Sai,
questo circo
è molto famoso, ma a differenza degli altri di fama
internazionale non assume gente da fuori. Non dico che facciano tutti
parte della stessa famiglia, però... ci si nasce,
là
dentro. E non so se si possa uscirne -.
- Tu che dici, Chibiusa? - Kyūsuke si rivolse all'amica, che non aveva
ancora aperto bocca da quando erano usciti.
- Già – fece Momo – Tu conosci questo
posto molto meglio di noi: non si sono mai esibiti artisti esterni? -.
- Come? - fece lei, che non li stava nemmeno ascoltando, persa in
chissà quali pensieri – Non so... non ci ho mai
fatto caso
-.
- E dire che vieni tutti gli anni... - scherzò Kyūsuke
– Ma lo spettacolo lo guardi o cosa? -.
Si pentì della sua battuta non appena vide il modo in cui
Chibiusa arrossì, cuocendosi a puntino.
- Certo che lo guardo! È solo che... solo che... -
ricordò i campanelli, quei campanelli che sembravano
tintinnare
per tutta la durata dello spettacolo - ... ascolto anche la musica -.
I suoi amici strabuzzarono decisamente gli occhi, chiedendosi di che
diavolo stesse parlando.
Ma Chibiusa non li guardava nemmeno più e, voltandosi per
un'ultima volta verso il tendone del circo, propose:
- Venite con me anche l'anno prossimo? -.
There is a love in me raging
Alegrìa
A joyous, magical feeling
[C'è amore
nel mio cuore
allegria
una gioiosa, magica
sensazione]
(¹) Idealmente, la Coppa Lunare
One-shot senza pretese,
scritta più che altro perché avevo una gran
voglia di Helios/Chibiusa. ^^
Con mia grande
soddisfazione si è comunque classificata terza al contest "Parco
Giochi" di Namine22 e Ryku24: ringrazio i giudici e faccio
tanti complimenti alla prima e seconda classificate.
I due ragazzi che
compaiono assieme a
Chibiusa sono due personaggi secondari dell'anime: Momo ha un ruolo
soprattutto nella seconda serie, mentre Kyūsuke viene preso di mira in
una puntata della quarta. So che è una storia dai contorni
un
po' sfumati e indistinti, ma è volutamente così.
Se comunque vi
è piaciuta- o anche no- spero vorrete farmelo sapere. ^^
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