Charles
van Pelt stava volando. Era semplicemente meraviglioso librarsi
nell'aria, facendosi sostenere dalla forza delle correnti ascensionali, precipitarsi
a terra in picchiata, scartare a pochi metri dal suolo e poi
sollevarsi sbattendo con forza le ali per vincere, ancora una volta,
quella gravità che lo voleva avvinto a terra. Sentirsi un
tutt'uno con l'aria, quasi come se il corpo non esistesse, quasi che,
per qualche istante, pensieri e preoccupazioni potessero svanire, in un
vuoto privo di coscienza. Anche se non poteva durare a lungo.
Charles non
aveva amato le scope. Sapeva usarle, certo, come si dice che un
uomo che, pur non amando la guida, sa come fare funzionare un auto, ma
non era mai stato un campione, come il suo amico Hac. Proprio per
questo aveva scelto di diventare un Animagus. Per questo e per la sua mania di apprendere ogni cosa, come un vero
erede dello spirito di Rowena Ravenclaw, alla cui casa aveva reso onore
in sette anni di frequenza a Hogwarts.
Molte volte aveva pensato che sarebbe stato
molto opportuno registrarsi al Ministeto della Magia dal momento che
era divenuto Animagus illegalmente, durante la scuola, ma ora c'era
altro a cui pensare: dopo la morte di Dumbledore, l'ascesa al potere di
Voldemort sembrava inarrestabile: mettersi in mostra come Animagus, per
lui che era un Nato Babbano poteva portare qualche rischio di troppo.
Sempre trasformato in falco, Charles planò
dolcemente fino a posarsi dolcemente sul ramo di un vecchio tiglio,
proprio presso la sua casa: l'oscurità della notte di
agosto, ormai calata anche sul Kent, lo nascondeva agli occhi di tutti,
salvandolo dalla possibile curiosità dei Babbani che avrebbero
giudicato piuttosto insolito vedere un falco, in piena notte, in quella
parte dell'inghilerra.
Attese, immobile per qualche minuto, poi finalmente
la vide rientare. Provò un moto di intensa gioia che espresse
con un verso stridulo e immediatamente volle ristrasformarsi,
capì che quello era il momento di dirle, finalmente addio. Di
spiegarle. Lei sapeva già molto. Avrebbe capito. Atterrò
al suolo, piuttosto incerto nella sua forma di falco ma scoprì
con un certo orrore di non essere in grado di ristraformarsi.
"Ma che cavolo succede" pensò. "Perchè diamine non sono
tornato umano?" Un senso di panico lo attanagliò improvviso.
"Se qualcosa è andato storto, dovrò rimanere per
sempre in questo stato?" Eppure si era trasformato tante volte e senza
alcun problema....
CRACK
Il sonoro rumore di una Materializzazione interruppe il corso dei suoi
confusi pensieri. E Charles van Pelt avvertì una sensazione di
gelo innaturale e di un'oscurità più nera della notte: la
luce dei lampioni sembrava come scemata e tutto era come avvolto da
un'oscura nebbia soffocante. Ma Serena era ancora lì. Ferma.
"Perchè diamine non rientri? Torna in casa! Sai quanto è
pericoloso stare fuori!".
Una figura nera, incappucciata camminava a passi decisi verso di lei.
Il viso era celato da un'orribile maschera scura. Il Mangiamorte si
avvicinava a Serena, lento e inesorabile, ma lei sembrava come
pietrificata. Charles voleva intervenire, attaccando il Mangiamorte in
forma di falco, ma scoprì, sempre più terrorizzato, che
ora non riusciva nemmeno a muoversi. Poteva solo fissare la scena,
senza poter intervenire, senza nemmeno poter gridare. Quando
arrivò a pochi mentri da lei, il Mangiamorte, con un rapido
movimento estrasse la bacchetta e la puntà verso la ragazza...
«AVADA KEDAVRA»
Il gridò risuonò tetro nella notte, echeggiando sinistro,
come in una caverna. Il fiotto di luce verde colpì Serena al
cuore. Qualcosa di enorme sembrò aleggiare nell'aria. Serena cadde
morta, come una marionetta senza fili. Charles avrebbe voluto urlare,
piangere, attaccare quel cane che l'aveva uccisa, così, senza
nemmeno una ragione. Nemmeno gli animali si uccidono in questo modo. Ma
non riusciva a fare nulla. Bloccato come da un incantesimo Petrificus
e ancora un forma di Animagus. Poi venne la risata: il Mangiamorte
rideva. Rideva come un pazzo furioso, senza una vera gioia e senza
divertimento e la risata gelava il sangue nelle vene di Charles.
Poi il Mangiamorte, sempre ridendo follemente, accostò la mano
destra al viso, si calò si cappuccio e contemporaneamente si
tolse la maschera. E con profondo orrore, Charles lo potè vedere
in volto: capelli castani corti, ma piuttosto disordinati, occhi scuri,
coperti da spesse lenti e lo sguardo folle e assurdamente sofferente.
Il viso di un assassino. Il SUO viso.
Charles Joseph van Pelt si svegliò all'improvviso urlando, madido si sudore.
Note: Questa storia intende fare parte di una specie di serie dedicata
ad un personaggio "originale", Charles van Pelt appunto. Ho deciso,
di iniziare con questa storia che si colloca verso la fine delle sue
avventure, perchè è, in un certo senso il punto di
partenza delle mie idee sul personaggio. Ovviamente questa storia non
è finita qui e ci sarà presto (lo spero) una storia
più organica di come e quando Charles giunse a Hogwarts, dei
suoi amici e dei suoi compagni.