-Lo conosci quello
lì?- chiesi a Kezia la mia più cara amica, con la
quale eravamo capitate a quella festa su invito del nostro agente di
moda. Kezia alzò lo sguardo al di sopra del ponce che stava
sorseggiando lentamente e si fissò su quel giovanotto
dall’aria scherzosa, che con disinvoltura chiacchierava
animatamente con un paio di ragazzi più o meno della sua
età: doveva avere ventidue o ventitré anni al
massimo, capelli folti e spettinati, la barba di qualche giorno, la
camicia slacciata sul collo, assomigliava a uno di quei tipi mezzi
fumati di quella che dai sociologi veniva definita con il nome di beat generation, e
aveva uno stile molto più originale e individuale rispetto
ai compagni della sua età che al contrario sembravano molto
più posati e più vecchi e più
compassati.
Era
buffo Janos, ma anche incredibilmente affascinante. Erano in tre,
vicino al tavolo degli aperitivi: lui era il
“piccoletto” della situazione, scattante, vivace,
spiritoso, loquace, rispetto ai suoi due compagni, molto più
alti e robusti, che però sembravano divertirsi come matti
per qualche battuta sciocca che lui evidentemente stava facendo,
mostrando una mimica da clown, che mi fece sorridere anche senza
sentire ciò che stava dicendo. Attirava inevitabilmente
l’attenzione di chi lo osservava, e pur non essendo bello
centrava dritto al cuore. All’inizio non compresi
immediatamente cosa mi colpì di lui, ma nel preciso istante
in cui si girò dalla mia parte e inconsapevolmente mi
sorrise, capii che sarebbe stato l’amore della mia vita.
Lui
doveva essere mio. E
mio soltanto.
Lasciai
perdere la mia amica senza ascoltare le parole che mi stava dicendo,
perché lei, Janos, lo conosceva, come tutte le tifose di
calcio, o meglio le tifose dei bei giocatori di calcio, e mi diressi
senza che neanche me ne accorgessi verso il suo gruppetto. Non ero mai
stata troppo timida o introversa, ma in circostanze normali non mi
sarebbe mai saltato per la testa di presentarmi così
spontaneamente ad un ragazzo, come se nulla fosse: con Janos lo feci,
semplicemente perché mi sembrava la cosa più
ovvia, e giusta, e naturale.
Volevo
conoscerlo. E volevo saperne di più di quel tipo che aveva
catturato da subito la mia attenzione.
Fu
l’amico che avevo di fronte che si accorse della mia presenza
accanto a loro, e mi rivolse un sorriso a metà tra
l’imbarazzato e il meravigliato.
Janos,
che mi dava il fianco, accorgendosi della nuova presenza, si era
improvvisamente arrestato da qualche battuta che stava facendo, e nello
stesso momento in cui si girò verso di me, smise di parlare,
togliendosi dal volto quell’espressione svagata e a tratti
scanzonata, per rivolgermi un’occhiata vagamente stupita.
-Cerca
qualcosa signorina?- mi domandò educatamente il
più alto e il più grosso dei tre giovani:
effettivamente se non fosse stato per i baffi che lo invecchiavano
almeno di una decina d’anni, si capiva perfettamente che non
doveva averne più di venticinque. Janos invece aveva un
ciuffo che gli ricadeva sulla fronte, e nonostante l’accenno
di barba che gli dava un’aria più vissuta e
virile, non doveva essere poi tanto più grande di me.
Ventuno o ventidue anni al massimo.
-Sì cercavo te-
pensai rivolgendo un’occhiata diretta, limpida, senza paura
al giovane dall’aria sbarazzina.
-Ovvio
che cercava me- mi spiazzò lui improvvisamente, come se mi
avesse letto nel pensiero. In realtà era solamente il suo
modo di fare estroso, diretto e accattivante che gli faceva assumere
quell’atteggiamento, ma quel suo essere così
brillante e simpatico mi piacque da matti. Aveva uno sguardo pulito,
per niente intimidito, quasi sfrontato mentre mi rivolgeva un luminoso
sorriso. –Ha appena trovato il suo cavaliere per la serata, miss…-
esclamò prendendomi la mano con naturalezza e sfiorandola
appena con le labbra, fissandomi dritta con quegli occhi belli e
intensi che in un istante avevano abbattuto tutte le mie difese,
rendendomi vulnerabile e fragile come una bambina. Avevo le ginocchia
molli, e probabilmente credo che in quel momento avrei fatto qualsiasi
cosa lui mi avesse chiesto.
-Signorina,
lo lasci stare è evidente che il nostro amico ha bevuto un
po’ troppo- intervenne l’ultimo del terzetto
dandogli una spallata per scostarlo.
-Mi
presento sono Aurel Csaba - esclamò il tipo con un sorriso
galante. Tutti e tre si ringalluzzirono vedendo due ragazze carine e
sole –Kezia mi aveva raggiunto subito dopo- e si erano subito
prodigati a mostrare il meglio di sé, per richiamare la
nostra attenzione. Sorrisi per quei tentativi ingenui e un
po’ goffi di attirare le mie simpatie: nonostante fossero
tutti e tre, come seppi subito dopo, giocatori professionisti di
calcio, avevano un modo di approcciare con le ragazze tipico della loro
età così buffo, un po’ naif, e di certo
poco seducente. Janos, però fu quello che mi aveva colpito
fin dal primo istante, oltre ad essere del terzetto quello che ci
sapeva fare meglio. Era brillante, spiritoso, persino galante, per
nulla consapevole di avere un fascino tutto suo, particolare.
-Ti va
di ballare?- mi chiese a bruciapelo, quando l’orchestrina
partì con uno scatenato twist, e senza aspettare la mia
risposta, mi tolse delicatamente il bicchiere che avevo tra le mani, e
mi trascinò sulla pista da ballo.
La
musica non era per niente romantica o lenta, ma quello fu il nostro
primo ballo, e lo avrei ricordato per tutta la vita. Dovevo constatare
che Jan era un ottimo ballerino, e aveva un gran senso del ritmo.
-Per
essere uno sportivo ti muovi bene!- esclamai cercando di sovrastare la
musica con la mia voce, sciogliendo piano piano l’imbarazzo
di aver fatto la prima mossa.
Lui mi
sorrise, con quel sorriso così speciale e particolare
–E non sai in quante altre cose sono bravo-
sghignazzò malizioso lasciando sottendere qualcosa, ma non
appena si accorse della mia espressione contrariata, mi
guardò in modo incredibilmente serio, stringendomi con forza
le mani –Intendevo che ho moltissimi hobby in cui me la cavo
egregiamente-
Io mi
tranquillizzai, anche se in cuor mio avevo capito da subito che era un
bravo ragazzo, e non uno di quei dementi che solo perché
sono belli e ricchi pensano di avere qualunque ragazza ai suoi piedi
–Anzi, che ne dici se tagliamo la corda e ce ne andiamo?
Voglio portarti in un posto più carino e tranquillo-
Risi.
Che
pazzo che era. Ci conoscevamo da cinque minuti e già mi
proponeva di squagliarcela. Non sapevamo neanche i nostri nomi, cosa
che lui ricordò un attimo dopo.
–Ah,
e comunque io mi chiamo
Janos-
-Eva
De Boer- risposi io, e tutto fu semplice. Io mi fidavo già
di lui, sentivo che non avevo nulla da temere, nulla di cui
preoccuparmi. Jan aveva uno sguardo talmente irresistibile che fu
praticamente impossibile dirgli di no, così pochi minuti
dopo riuscimmo a svignarcela abbastanza discretamente senza dare troppo
nell’occhio.
Non
era da me accettare un passaggio con il primo che incontravo, difatti
mi stupii profondamente per la fiducia che improvvisamente gli avevo
accordato, eppure mentre eravamo in macchina, diretti chissà
dove, non provavo la minima sensazione negativa, o strano
presentimento, anzi non ero mai stata tanto rilassata e a mio agio come
in quel momento. –Dove mi porti?- gli chiesi dopo un
po’ lanciandogli un’occhiata incuriosita.
Alla
radio passavano un pezzo dei Cristals
che avevo sentito più volte, "He's a rebel". Non
seppi spiegarmene il motivo, ma quella canzone sembrava calzargli a
pennello.
-Hai
fame?- mi domandò senza staccare gli occhi dalla guida.
Sebbene sembrasse a prima vista un pazzerello, al volante era molto
posato e prudente, non era uno spaccone di infima categoria.
-Uhm
direi di sì- risposi sorridendogli di sottecchi.
–Bene, anch’io. In genere a queste noiosissime
feste non si mangia mai nulla, e io sto morendo-
Detto
fatto, mi portò in un posticino tranquillo, una specie di
tavernetta con tanto di tovaglie di carta, buona birra e cibo a
volontà, ma quando fu il momento di ordinare lui mi
guardò con espressione vagamente imbarazzata –Non
è che tu, sì insomma…sei una di quelle
fissate con la dieta? Nel senso che qui non fanno insalate o roba
simile, e tu…cazzo sembri così dannatamente magra-
Risi
per quella sua preoccupazione e per quel mezzo complimento un
po’ rozzo –Prendo quello che scegli tu- gli risposi
con naturalezza, e lui parve rilassarsi immediatamente.
Davanti
ad un piatto fumante di spaghetti e ad un buon bicchiere di vino rosso,
dunque conobbi il mondo di Janos Bajnok. Un tipo tutto matto, strano,
dolce, buffo, incredibilmente sexy con quell’espressione
svagata e al tempo stesso accattivante. -Gioco a calcio la
domenica. Mi tengo in forma, vedi?- sghignazzò da dietro il
bicchiere di vino. Così quella sera scoprii che giocava come
terzino (solo in seguito avrei imparato i vari ruoli di una squadra di
calcio), in una delle formazioni di Serie A del campionato italiano,
che era originario di Budapest come gli altri suoi amici con cui era
alla festa, e che aveva ventidue anni. –Sei molto
carina lo sai?- mi disse ad un certo punto, mentre addentava una
forchettata di spaghetti.
-Idiota
che sono, certo che lo sai benissimo, altrimenti non saresti venuta a
cercarmi- ghignò in un modo che mi fece venir voglia di
tirargli uno schiaffo su quella bella faccia da furbastro, ma che
inspiegabilmente mi fece ridere.
Irrefrenabilmente.
Convulsamente.
Mentre
parlava mi ero accorta che gli era rimasto incastrato un pezzo di
verdura in mezzo ai denti, prezzemolo probabilmente, così,
molto diplomaticamente, senza dare troppo nell’occhio, gli
feci cenno di prendere uno stuzzicadenti, cosa non molto fine, certo,
ma almeno dignitosa. Lui parve non cogliere, visto che continuava a
fissarmi con aria vagamente sorpresa, così gli feci il gesto
esplicito, e solo allora lui parve accorgersene.
-Bella
figura- borbottò arrossendo fino alla radice dei capelli
–Adesso ti guarderai bene dal baciarmi eh?-
Era
stupefacente come quel ragazzo riuscisse a rivoltare qualunque
situazione a proprio favore –Io non bacio al primo
appuntamento signor Bajnok, per quello che può interessarla-
-Eccome
se mi interessa invece!- esclamò lui con l'aria di chi la sa
lunga.
Fu una
serata simpaticissima, Janos era un tipo divertente, spiritoso, sempre
con la battuta pronta, e non mi accorsi neanche del tempo che era
passato.
Uscimmo
fuori dal ristorante ridendo e chiacchierando fitto come due complici.
-Fumi?-
mi chiese porgendomi un pacchetto di Chesterfields e
accendendosene una per sè.
-No, e
se è per questo neanche tu dovresti visto che sei uno
sportivo-
Lui
sembrò pensarci un po’ su, poi sospirò
e gettò la sigaretta appena cominciata, a malincuore per
terra. –Okay, lo ammetto, non ho un comportamento esemplare
da atleta-
-Mi
piace un buon bicchiere di vino, mi piace tirare fino a tardi, mi piace
fumare…-poi si fermò e mi prese con forza tra le
braccia –E mi piacciono le ragazze- mormorò prima
di baciarmi.
Un
secondo dopo si ritrovò con la guancia dolorante per il
ceffone che gli avevo mollato in piena faccia, lasciandogli il segno.
–Per tua informazione, signor
non sono un esempio di atleta, ti avevo già
detto che non bacio al primo appuntamento-
Lui si
toccò la guancia dolorante, guardandomi con
un’espressione da cane bastonato talmente amorevole e
dispiaciuta, che riuscì a sciogliermi in un attimo.
-Ti ho
fatto male?- mormorai sentendomi improvvisamente in colpa.
-Credo
di aver bisogno di…di…un bacio- rispose lui con
un sogghigno astuto –In questo modo dovrei star meglio che ne
dici?-
-Sulla
guancia?-
-E sia-
Mi
avvicinai e feci per sfiorargli il punto dove gli avevo dato lo
schiaffo, ma lui con una mossa improvvisa e repentina, girò
il viso e senza che potessi reagire, mi premette le sue labbra sulle
mie, cingendomi i fianchi con le braccia, in un bacio dolce,
incredibilmente passionale che mi fece girare la testa e mi
lasciò senza respiro. Quando si staccò avevo le
ginocchia molli, ed ero incapace di parlare.
-Okay,
merito un pugno stavolta- mormorò sfiorandomi la guancia con
la punta delle dita, ma l’espressione tenera e amorevole che
mi rivolse, mi lasciò talmente stupefatta e inebetita che
non riuscii a trovare le parole adatte per descrivere le emozioni che
provavo in quell’istante.
–Però è stato bello, scusa-
Il
bacio di Janos.
Avrei
conosciuto altri baci e altre persone, altri uomini e avuto altre
storie ma quel momento e quel bacio, con quel ragazzo così
speciale e pieno di allegria, non lo avrei più dimenticato
per tutta la vita.
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