Il volo del cigno nero

di Schels
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Buona sera a tutti! Quello che state per leggere (se ne avete il coraggio xD) è un esperimento. Ho voluto provarci. Spero non sia un completo fallimento. Fatemi sapere. Un bacio! ^^

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Bella


Mi sciacquo il viso con l'acqua ghiacciata.
Apro gli occhi lentamente, cercando di trovare forza, lucidità, che in questo momento sento di aver perso.
E' la terza mattina che mi sveglio con questa nausea.
Dal giorno del mio primo rapporto sono passate tre settimane.
Ho un ritardo di una settimana.
E oggi pomeriggio comprerò in farmacia un test di gravidanza.

Scendo con passo felpato in cucina, trovando mia sorella intenta a preparare la borsa per l'università.
Amber ha ventitre anni. Ce ne passiamo esattamente cinque.
Ci assomigliamo, ma siamo gli opposti. Non andiamo per niente d'accordo.
Lei è superficiale, ma riesce sempre a far colpo sulla gente.
Io sono chiusa, non riesco a farmi amici facilmente.
Lei ama essere al centro dell'attenzione.
Io vorrei avere il mantello dell'invisibilità nel 99% delle situazioni.
Lei non è credulona, stupida e ingenua.
Io sì.

"Buongiorno" sussurro, avvicinandomi al bancone del cucinotto, ma senza prendere niente.
Ho troppa paura che ritorni il senso di nausea.
Mia sorella non si volta, non risponde.
Faccio un respiro profondo, cercando di mantenere la calma.
"Potresti accompagnarmi a scuola, oggi? Per favore" chiedo, cercando di evidenziare la cordialità nella mia voce.
Stavolta si ferma, bloccando la sua attività e mi guarda.
"Perchè?" sibila scontrosa.
"Non mi sento molto bene" ammetto, abbassando gli occhi sul marmo freddo.
Sento un verso di disapprovazione provenire dalle sue labbra.
"Rimani a casa, allora" ribatte, fissandomi in malo modo.
"Ti prego, Amber" supplico infine, sconfitta dal suo rifiuto.
Sospira debolmente, e poi mi guarda.
"Mi dispiace", afferma, ma io so che è una bugia, "oggi devo andare con Edward".
Edward Masen. Il suo grande amico figo/non fidanzato/ occasionalmente compagno di letto, di cui è innamorata da quando aveva otto anni.
Annuisco lentamente, afferrando la giacca e prendendo la mia borsa a tracolla.
"A oggi", dico, ma penso di averlo detto così piano, che lei non mi abbia sentito. O non mi abbia voluto sentire.
Mi incammino, sotto le leggera pioggerellina di Forks, verso la fermata del bus.
Le goccie mi bagnano il viso, confondendosi con le lacrime, man mano che la consapevolezza scende in me, lasciandomi un buco dentro lo stomaco, una crepa in fondo all'anima: sono sola.

 

 





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