Solo due parole
“Buon Natale, Signore!” un piccolo bambino mostrò un ampio
sorriso.
“Buon.. ehm.. Natale!” rispose lui in tono vago, guardando
da un’altra parte.
Ancora non si era completamente abituato a quella novità del
Natale, la moda del momento per festeggiare il buonenkai*, e da qualche anno si
stava considerando sempre di più . Da
quanto aveva capito era una tradizione arrivata dal vecchio continente, e
consisteva nel essere sempre allegri, fare regali dispendiosi ai conoscenti, e
mangiare così tanto da star male.
Era una fredda sera di dicembre, più precisamente la
cosiddetta Vigilia, e camminava frettolosamente per le vie
commerciali di Tokyo, avvolto da una soffice e calda sciarpa bordeaux, per
trovare dei regali adatti ai suoi amici. Avrebbe dovuto comprare qualcosa anche
per i suoi parenti, ma l’unico ancora in vita era suo fratello, che detestava
cordialmente. Notò una vetrina interessante, e così decise di entrare in una
gioielleria. Nello stesso momento in cui stava varcando la porta, un’altra
persona uscì, finendogli inevitabilmente contro.
“E guarda dove vai!” Disse chi era uscito, a voce alta.
“Che cazzo urli?” Lui gli rispose a tono.
“Sta zitto, mezzosangue che non sei altro…” Il suo
interlocutore se ne andò, e solo ora lui lo guardò meglio: capelli argentei, e
sul capo due spigolose orecchie canine, nere come la pece. Uno youkai-inu,
quasi come lui. Quasi… Perché non aveva replicato alle sue parole? Perché
dicevano la verità… Lui, Inuyasha, era solo uno sporco mezzosangue, un
hanyou-inu. Lo confermava il suo aspetto: i capelli erano sì, argentei e
lunghi, ma in alto facevano capolino due soffici orecchie bianche e rosa, che
lui disgustava con tutto il cuore, considerandole il simbolo della sua vergogna.
Gli artigli che aveva su entrambe le mani erano molto meno taglienti e affilati
di quelli di uno youkai, e i suoi occhi non erano freddi e inespressivi, al
contrario, ma in quel momento sapevano solo descrivere un ambrata malinconia…
“Mi scusi, ma sta facendo entrare freddo…” A parlare fu il
commesso, lievemente accigliato.
“Si.” Inuyasha entrò nel negozio chiudendosi la porta
dietro, ma essendo indeciso sulla scelta, si fece aiutare.
“Dovrei comprare un regalo per la mia ragazza…” Disse
rivolgendosi al commesso di poco prima.
“Non si preoccupi, ci penso io.” Il commesso portava una
targhetta con il nome, Taro Susaki.
“Allora…che tipo è?” chiese poi, avvicinandosi.
“Nani?” Inuyasha si chiedeva perché un gioielliere volesse
sapere che tipo era la sua ragazza… lo guardò sospettoso.
“Ho chiesto che tipo è la sua ragazza perché così posso
farmi un idea sui suoi gusti, non pensi male.” Ridacchiò il commesso, avendo
correttamente interpretato i pensieri del cliente.
“Non so da dove cominciare…” disse Inuyasha, riflettendo.
Possibile che non fosse capace a descrivere una cosa tanto semplice?
Il commesso gli venne in aiuto. “E’ bella?”
Ancora una volta incontrò lo sguardo gelido di Inuyasha, che
però rispose: “Sì.”
“Bene… Allegra? Solare?” Ormai era diventato una specie di
interrogatorio.
“Direi… Direi proprio di no.” Disse Inuyasha grattandosi il
mento, pensieroso.
“Mmm… Gentile? Dolce?” il commesso aveva iniziato a tirare
fuori dagli scaffali qualcosa.
“Ancora no.” Inuyasha era lievemente imbarazzato, possibile
che non ne azzeccasse una?
“Beh… Leale? Sincera?” Taro, il commesso, poggiò la testa
sulle mani, puntellando i gomiti sul bancone del negozio, curioso della
risposta del suo cliente.
“Ehm… no, non ci siamo…” Inuyasha evitò lo sguardo desolato
del commesso Taro, che invece lo
fissava.
“Benissimo. Ho qui il regalo perfetto per la sua ragazza.”
Il gioielliere cominciò ad incartare… un bel niente. Porse ad Inuyasha il
pacchetto vuoto. “Offre la casa.”
“Ma cos’è, uno scherzo?” Chiese Inuyasha sbigottito.
“Mi creda, per come l’ha descritta, una così è meglio
perderla che trovarla.” Disse il commesso con un sorriso sarcastico.
Inuyasha si trattenne da tirargli un pugno sul naso e uscì
da quella stupida gioielleria, imprecando contro i perditempo. Guardò l’ora:
erano le otto passate… i negozi stavano chiudendo rapidamente.
Ormai non aveva altra scelta: si fermò davanti ad un banco
che vendeva bigiotteria di ogni genere, palesemente non originale. Scelse una
collana in simil-argento, con al centro una piccola pietra verde, che faceva da
smeraldo. ‘Non è molto ma… quel che conta è il pensiero, giusto?’ si disse,
sperando ardentemente che la sua ragazza non lo avrebbe guardato storto tutta
la sera. Ripensò alle parole del gioielliere. ‘Ma avrà detto sul serio? cioè…
Kikyou non sarà allegra, dolce e sincera ma… lei è…’ Non riuscì a trovare le
giuste parole per descrivere le qualità della sua fidanzata, ma era solo un
vuoto mentale temporaneo, perché Kikyou ha moltissime qualità…
‘Davvero?’ Disse una vocina in fondo al cervello, che alcuni
avrebbero pigramente chiamato pulce
nell’orecchio.
Immerso dai suoi pensieri, non si era accorto di dove stava
andando, e si ritrovò in una strada abbastanza affollata, davanti ad un bel
ristorante italiano. ‘Devo ricordarmelo questo posto ’ Pensò, prendendo
mentalmente nota del nome del locale, con l’intento di andarci qualche volta,
magari con Kikyou. Proprio in quel momento il suo cellulare prese a squillare,
sulle note di profondo rosso. Infilò
la mano in tasca e lo estrasse, controllando il numero: Kikyou.
‘Ma guarda, parli del diavolo…’ Ridacchiò tra sé e sé,
aprendo il telefonino per rispondere.
“Ciao tesoro.” Disse in un tono che avrebbe dovuto essere
dolce, ma non lo era. Lui non era mai riuscito ad aprirsi completamente nei
confronti di Kikyou, ma gli parlava così perché le faceva piacere.
“Ciao…” il tono di lei era sempre uguale, qualunque cosa
dicesse: freddo e distaccato.
“Allora siamo d’accordo per le nove?” Inuyasha ricordò
l’appuntamento che si erano dati quella mattina, con l’intento di passare
insieme la cena della vigilia.
“Volevo parlarti proprio di questo, purtroppo ho un impegno
improrogabile e devo trattenermi a lavoro, sarà per domani.” Disse lei tutto
d’un fiato.
Inuyasha ci rimase male. “Ma come, mi dai buca il
ventiquattro dicembre?” pronunciò l’hanyou, più arrabbiato che deluso.
“Non posso farci niente…” Disse lei, come se fosse stufa
della conversazione e volesse attaccare in fretta.
“…” Inuyasha alzò gli occhi al cielo, deluso. Poi abbassò di
nuovo lo sguardo, fermandosi un momento ad osservare la vetrina di quel
ristorante. C’era veramente il pienone quella sera, e notò che i presenti erano
quasi tutte coppie, che nell’attesa tra un piatto e un altro, si scambiavano
tenerezze. La sua attenzione venne catturata da una coppia che sedeva vicino al
camino. Lui l’aveva riconosciuto subito, era uno youkai, più precisamente il
tizio che gli andò a sbattere contro, all’entrata della gioielleria dove era
stato. La ragazza davanti allo youkai era molto bella, chioma corvina e
raccolta alla fine con un elegante nastro bianco, e sfoggiava un abito tendente
sul violetto, che le donava molto. Non riuscì a vederla in faccia, perché aveva
il gomito alzato e parlava al telefono.
“Pronto Inu, sei ancora lì?” Domandò Kikyou dal cellulare,
non sentendo più la voce del suo ragazzo.
“Sì…allora… ci vediamo…” Ad Inuyasha stava venendo uno
strano dubbio, assurdo, impossibile…
“Un bacio.” Kikyou
riattaccò… E così fece la ragazza dentro il ristorante, rivelando il suo viso.
Inuyasha sbiancò. Quella che parlava animosamente con lo
yuko nel ristorante, ringraziandolo per la collana d’oro ricevuta come dono,
era la sua Kikyou…
‘Sta calmo, forse è solo una cena di lavoro…’ Si disse,
cercando di non perdere il lume della ragione. Ma in quell’ istante lo yuko
pronunciò qualcosa all’orecchio di Kikyou, e lei rispose con un bacio, un bacio
passionale, che non accennava a spegnersi anche dopo un minuto…due… alla fine
Kikyou si staccò, soddisfatta. Mormorò qualcosa all’uomo davanti a sé, ma
girando gli occhi per chiamare un cameriere, notò che qualcuno la fissava dal
vetro del locale, visibilmente sconvolto.
“Inuyasha!” Urlò Kikyou, alzandosi dal tavolo.
Inuyasha non resistette un secondo di più, entrò nel
ristorante accecato dall’ ira, marciando verso la coppia. Assestò un diretto
destro sulla faccia dello youkai seduto vicino Kikyo, che cadde dalla sedia,
quasi tramortito. Poi fece per andarsene, rivolgendo le sue ultime parole a
colei che aveva amato per quasi due anni.
“Non farti vedere mai più.” Disse ferocemente, a denti
stretti. Lei era rimasta comunque quasi impassibile, guardandolo gelidamente.
Inuyasha aveva visto abbastanza, uscì di fretta dal locale, zigzagando fra le
persone che incredule avevano assistito alla scena. Una volta fuori prese a
correre verso la fine della via… che ingenuo che era stato. A nulla servirono
le grida di Kikyou alla porta del ristorante, i “Non è come credi!” e i “Posso
spiegarti tutto!” a lui non interessavano.
Si ritrovò in uno squallido parco, e si abbandonò su una
panchina.
Nonostante tutto non riusciva ad essere triste. Beh, almeno
non più del solito. Eppure Kikyou era stata l’unica che aveva saputo capirlo,
che aveva saputo amarlo, che aveva saputo accettarlo per quello che era…un
misero e insignificante hanyou…
‘Allora… anche lei alla fine… ha preferito la compagnia di
uno yuko…’ Fin da quando era piccolo aveva sofferto per la sua natura; da
bambino viveva all’ombra di suo fratello, un purosangue…tuttora veniva continuamente battuto, umiliato, deriso
dai quei maledetti youkai…
Perché si era illuso che con Kikyou sarebbe stato diverso?
Lei era uguale a tutti gli altri…
Una lacrima solcò il viso del giovane hanyou, riportando
alla memoria dopo parecchio tempo quell’ amaro sapore, il sapore della
solitudine, e della malinconia… avrebbe
voluto morire. Tanto, a nessuno importava della sua patetica vita… essendo né
uno ne l’altro veniva disprezzato sia dai ningen che dagli youkai…non aveva
senso continuare a soffrire…‘Kamisama…’
Abbassò la testa, poggiandola tra le ginocchia, piangendo
silenziosamente nel buio.
Due mani afferrarono ad un tratto le sue morbidi orecchie
canine, strofinandole delicatamente.
“Hey…!” Disse Inuyasha, alzando la testa. Ci pensò solo un
attimo, per via del tremendo dolore che provava in quel momento, ma quel tenero
contatto… gli era piaciuto.
“Scusa, ma sono irresistibili… dovevo toccarle!” Una ragazza gli si parò davanti. Era la
creatura più splendida che avesse mai visto. Dei soffici capelli color
dell’ebano gli ricadevano sulle spalle e sul collo, esaltando ancora di più
quel volto dolcissimo, e quegli occhi neri meravigliosi, che rapivano i sensi.
“Ma tu… stai piangendo?” aggiunse la ragazza, avvicinandosi agli occhi
dell’hanyou, e notando in essi uno splendido riflesso ambrato, che in qualche
modo però suggeriva un moto di profonda tristezza.
“Ma…Ma… Chi sei tu?” balbettò Inuyasha ritraendo leggermente
la testa indietro. Fu colpito dalla spontaneità di quella ragazza, che,
stranamente, lo metteva in agitazione.
“Sono Kagome Higurashi, piacere!” Disse lei radiosa,
sedendosi vicino all’hanyou. Tirò fuori un fazzoletto minuto dalla borsa, e
prese ad asciugare le lacrime sulle guance di Inuyasha, sbalordito da quel
gesto così semplice, ma al contempo così dolce.
“Perché lo stai facendo? Dopotutto sono solo…”
“…Un hanyou? Lo so. E allora?” Disse lei in anticipo,
sorridendo benevolmente.
Le ultime due parole pronunciate da quella…Kagome…
rimbombarono nella testa di Inuyasha. ‘E allora?’ Erano solo due stupide
parole; perchè per lui erano come… come un soffio di vita? Perché improvvisamente
si sentiva meglio? L’hanyou si voltò, ammirando lo splendido sorriso
rassicurante di lei. “E…Allora…?”
* Letteralmente: ‘la festa per dimenticare l’anno’.