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Lampi e tuoni, lampi e tuoni.
Luce e oscurità, giorno e notte.
Una saetta apparve
improvvisamente nel cielo, come un luminoso filo di lana annodato su sé stesso,
scomparendo dopo aver dato all’occhio giusto il tempo di imprimere la sua forma
sulla retina dell’osservatore. Il buio tornò padrone appena dopo… ma bastò un
frammento di secondo perché questo venisse nuovamente interrotto da altri
bagliori e altri brontolii. La pioggia scrosciava. Ora era più forte, più
selvaggia; quasi con rabbia si abbatteva sul terreno riarso fino a pochi minuti
prima, inzuppandolo e infiltrandosi sempre più in profondità.
E adesso la grandine! Pezzi di
ghiaccio presero a sostituirsi alle gocce d’acqua, tintinnando e rimbalzando,
mentre un tuono più vicino cadde con un rombo spaventoso, accelerando i battiti
dello spettatore impotente di fronte a una tale furia della natura: cosa si
poteva fare dopotutto in situazioni del genere? Solo nascondersi e aspettare,
nella speranza di rimanere indenni fino alla fine.
Perfino la sagoma di una
pianticella mossa dal vento aveva acquistato un’aura inquietante in quella
penombra rumorosa… la luce bianca che l’illuminò come un flash impietoso, la
rivelò invece in tutta la sua debolezza e precarietà, bagnata e maltrattata
com’era sotto le intemperie. In qualche modo ti faceva sentire grato del minimo
riparo che possedevi in quell’istante; ma i continui rombi graffiavano subito
via anche quella piccola felicità.
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