Capitolo 1. Pain.
Ero confusa, confusa e sola…
Ero stata tradita da tutto e da tutti…
Dal mio ragazzo, dai miei presunti amici…
Dalla vita stessa…
Ero sempre stata la migliore amica possibile, la fidanzata che
perdonava sempre…
Quella che non amava stare al centro dell’attenzione, la
tipica ragazza che stava in disparte…
Quella che la vita la guardava scorrere piuttosto che viverla realmente.
Lexi Hunter, l’ingenua Lexi Hunter.
Ma quella sera non avevo retto più…
Delusione, rabbia, amarezza… tutto si era mischiato dentro
di me, arrivando a raggiungere l’antro più
profondo e nascosto del mio essere…
Diventando parte integrante di me…
Le luci della città erano ormai diventate deboli bagliori
lasciati alle mie spalle mentre percorrevo veloce,alla guida della mia
auto,l’asfalto nero della superstrada senza una meta precisa,
ma solo con la voglia di andare via, allontanarmi da quel posto, da
tutta quella sofferenza…
Continuavo la mia corsa senza mai decelerare mentre lacrime copiose
rigavano il mio viso…
Volevo piangere fino allo stremo delle forze,fino a quando non avrei
avuto più lacrime da versare… fino a quando mi
sarei sentita svuotata…
Volevo rimuovere i sentimenti… non volevo più
provare niente…libera dalle oppressioni che il cuore mi
dava…
Era stato questo il mio ultimo pensiero prima di perdere il controllo
della mia auto e andare a finire dritta contro il guardrail…
poi più niente, solo buio.
Ehi si sta svegliando! – sentivo delle voci pronunciare
agitate la stessa frase… e poi una voce si sovrappose alle
altre – ha bisogno di stare tranquilla… ci penso
io… andate…
Sentivo tutto ma non riuscivo a proferire parola e tantomeno ad aprire
gli occhi; l’unica cosa che accertava il mio stato cosciente
era il fatto che riuscivo a muovere,sebbene con estrema fatica, le dita
delle mani…
Mi sentii accarezzare la mano e una voce estremamente dolce mi
sussurrava che andava tutto bene… mi chiedevo chi fosse
colui che mi stava accanto…
Per quanto ricordi mai nessuno si era preoccupato così per
me, mai nessuno aveva badato a come stavo io, a quello che
provavo…
Con uno sforzo riuscii finalmente ad alzare le palpebre che sembravano
pesare come macigni;
inizialmente tutto mi apparve sfocato, un intruglio confuso di colori
che pian piano creavano un’immagine sbiadita di
ciò che mi circondava…
una stanza bianca, di quel candore così forte da fare male
alla vista… poi un armadio logoro e un grande specchio che
rifletteva l’immagine di me adagiata stancamente su un
piccolo letto collegata a un’innumerevole quantità
di tubicini…
e poi quel viso…
quello sguardo così dolce da sembrare appartenere a una
qualche creatura celestiale, e un sorriso che corredava
un’espressione sollevata, il tutto appartenente a quella
persona che,tenendomi ancora per mano,cercava di
tranquillizzarmi…
quella persona che risultava essere un bellissimo ragazzo moro dagli
occhi azzurro ghiaccio…
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