La luce che proveniva dalla finestra mi illuminò il viso
ancora non rasato, costringendomi ad aprire gli occhi…
Dopo un bel respiro, mi tirai su, sedendomi in mezzo al letto e
guardandomi al lungo specchio che mi ritrovavo di fronte che metteva in
risalto la mia aria alquanto sconvolta…
Eh si, era stata una nottataccia, forse la più inquieta
della mia vita… perché dopo tanto tempo avevo
preso una decisione…
Dovevo parlargli, dovevo fare qualcosa…
Seduto comodamente nella poltroncina che stava sul terrazzo del mio
appartamento, sorseggiando quel caffè nero come il mio
umore, guardavo il sole diventare sempre più alto in quel
cielo mattutino.
Trascinando stancamente il mio trolley turchese mi diressi verso la mia
auto, direzione: casa di Gabriel, il mio migliore amico, il mio unico
amore…
Giorno…- esordì un po’ frustato mentre
Gabriel faceva il suo ingresso in auto…
Finalmente una meritata vacanza, un fantastico week-end di luglio in
sua compagnia…
Ciao Chris! – rispose raggiante lui, accomodandosi sul sedile
passeggero mentre io partivo a folle velocità verso
l’aeroporto, cercando di pensare solo alla nostra
meta…
San Francisco.
Il check-in fu interminabile, si vedeva proprio che era il periodo
delle ferie estive…
C’era gente che andava e veniva carica di pacchi, borsoni e
bagagli d’ogni genere, mentre l’altoparlante non
cessava un attimo di annunciare i prossimi voli.
Finalmente dopo tre impossibili ore, fummo sull’aereo, uno
accanto all’altro che sorridevamo increduli della nostra
destinazione.
Tra la stanchezza, il nervosismo e quei maledetti pensieri che mi
martellavano il cervello, finii per addormentarmi sulle note di quella
voce femminile che tanto amavo…
Chris! Chris… svegliati…non ci
crederai… ma siamo arrivati! – sentivo la voce
eccitata di Gabriel ma non riuscivo ad aprire le palpebre…
Poi ad un tratto una gomitata dritta nelle costole mi fece
trasalire…
Ma che caspita fai! – quasi sbraitai addosso al mio migliore
amico che divertito, come se niente fosse si alzò gettandomi
in faccia la mia tracolla – forza! Muoviti! Siamo in America!
Uscimmo all’aria calda della città, che
già al di fuori dell’aeroporto pareva piena di
vita; il sole pomeridiano splendeva alto nel cielo terso di quella
fantastica giornata d’estate.
Prendemmo un taxi, e ci inoltrammo nel cuore della città
dove ci aspettava il nostro hotel…
Tutto intorno a noi era divertimento e moda…
Le elaborate insegne dei locali notturni, i numerosi caffè
che davano sul corso, gli imponenti grattacieli che sembravano
inghiottirci… e poi, beh poi… c’era
quel fantastico ponte che ci accingevamo ad attraversare, il mio amato
Golden Gate.
Ma è favoloso qui! – esclamò Gabriel
gettandosi a bomba sul gigantesco letto della camera che dividevamo
– dobbiamo uscire subito! Fare conoscenza! –
continuò imperterrito… la sua missione era sempre
quella… fare conoscenza!
E che conoscenza! Di solito la sua attenzione si spostava su ragazza
dal fare molto ambiguo, più che altro bellissime oche senza
cervello…
Bellissime oche senza cervello che io invidiavo da morire!
Qui ci dovrebbe essere casa “Halliwell”!
- esclamai eccitato indicando un punto nella cartina
sgualcita che tenevo tra le mani…
Dai per questa volta ti accontento…- disse in risposta il
mio migliore amico fingendo di fare un enorme sforzo, gli diedi una
spinta e poi scherzando ci dirigemmo verso uno dei miei sogni che
diventava realtà.
Carico di pacchetti del Mc Donald’s entrai nella nostra
camera che stranamente sembrava vuota…
El? Ci sei?- domandai al vuoto, e come risposta mi arrivò il
canto quasi sguaiato del mio migliore amico sotto la doccia…
sorrisi tra me e cominciai a sistemare i pacchetti sul grande tavolo in
pietra che si trovava nel balcone della suite, aspettando che Gabriel
uscisse dal bagno.
C’era un mare stupendo, calmo e di un blu così
intenso e profondo da potersi perdere dentro… quello era
l’ultimo giorno che stavamo in quella magnifica
città… e ancora non ero riuscito nel mio
proposito…
Non ero riuscito ad esprimere quello che provavo verso quel ragazzo
alto, moro e così carino e divertente che era il mio
migliore amico…
E io che non riuscivo ad apprezzarmi mai… un semplice
ragazzo, imponente e forse troppo buono e ingenuo da aver preso tante
di quelle batoste dalla vita che avevo paura a mostrare ciò
che sentivo…
Ma appunto, io ero un ragazzo! E nei miei 20 anni di vita mi avevano
insegnato che un ragazzo necessariamente deve amare una
ragazza… e non un'altra persona del suo stesso sesso!
Ma io non ci credevo, non riuscivo ad accettare quelle regole, che mi
costringevano a nascondere ciò che provavo
realmente…
E poi non tutte le persone la pensavano allo stesso modo!
L’eccezione alla regola era rappresentata dalle mie due
più care amiche, che sapevano tutto, anche questa mia parte
che non potevo far venire fuori… e mi accettavano
così com’ero… così il loro
dolce e tenero Chris…
Fui riscosso dai miei pensieri da due mani fredde che mi strinsero il
collo fingendo di strangolarmi, e poi una risata calda e
roca… quella risata che mi faceva venire i
brividi… e non erano proprio brividi dovuti al
freddo…
Fratello, finalmente si mangia! – esclamò Gabriel,
che era solamente fasciato di un asciugamano in vita, fiondandosi sul
cibo… sorrisi e lo guardai abbuffarsi, mentre anche io
cercavo di buttar giù qualcosa…
Era lì, stava fumando all’aria fresca di
quell’ultima serata a San Francisco, guardava distrattamente
il cielo, perso chissà in qual pensieri… mentre
io non mi davo pace, osservandolo da dentro camera, mentre mi ripetevo
di darmi una mossa e fare qualcosa…
Così, con uno scatto improvviso balzai giù dal
letto, spalancai la porta a vetri e percorsi quei pochi metri che ci
distanziavano, mi posi davanti a lui e lo baciai…
così di getto, senza dire niente…
Dapprima lo sentii irrigidirsi, poi pian piano si lasciò
andare, approfondendo quello che risultava essere il bacio
più bello della mia esistenza…
Ci staccammo dopo quella che parve un’eternità,
confusi ed eccitati ci guardammo senza proferire parola…
fino a quando lui ruppe il silenzio…
Cosa? Cosa è successo?- chiese tranquillo accendendosi
un’altra sigaretta e gettando il fumo al vento che sferzava
la notte senza luna e ne stelle – ehm… non
saprei… scusami, dev’essere stata la troppa vodka
di stasera… - cercai di giustificarmi io, ma venni
interrotto dalla sua mano sopra le mie labbra e dal suo dolce sorriso,
quello che mostrava come a dire “tranquillo ho capito
tutto”- non c’è bisogno che ti spieghi
Chris…c’è stato, è non ne
sono pentito…
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