AUTRICE: Akane
TITOLO: Un colpo,
un’opportunità
SERIE: original
TIPO: etero
GENERE: sentimentale,
comico
RATING: verde
PARTI: 4
DISCLAMAIRS: i
personaggi sono miei anche se in realtà Marco è di sé stesso poiché ho
preso spunto da una persona che esiste realmente
NOTE: questa storia è
tratta come sempre dalla mia realtà, è una situazione in cui mi sono
trovata e siccome la trovo originale e molto divertente, ho
sviluppato con l’immaginazione una storia vera e propria. Preparatevi
perché questa sono veramente io (come sempre, lo so…) e questo ragazzo
è un mito che riesce a non scappare dalle mie figuracce! Secondo me
saremmo stati una bella coppia io e lui, solo che questo lui non l'ha
mai capito! Purtroppo le cose non si sviluppato come ho fatto io...
Questa è una versione un pochino rivisitata rispetto all'originale di
anni fa, anche se forse andrebbe rivisitata anche questa versione!
Preparatevi a ridere… e
sappiate che a parte il finale, il resto è tutto successo!
Buona lettura. Baci
Akane
DEDICA: la dedico
ovviamente a Marco! Ma anche alla mia geme Saya che quella sera è morta
dal ridere, fra facce da pesce, ipotesi e prese in giro innocenti verso
i camerieri! Stupenda serata!
UN COLPO,
UN’OPPORTUNITA’
PARTE PRIMA:
BIGLIETTO PER
UN ANGELO
“Per
il cameriere biondo che si chiama Marco:
‘Guarda,
se avessi un colpo, un’opportunità per prendere qualcosa che hai sempre
voluto, un momento, lo cattureresti o lo lasceresti scivolar via?’
…
io vorrei catturare te…
Ciao
Sherikel”
Se lo racconto
non mi credono, quel che mi è capitato è a dir poco assurdo e folle,
qualcosa da film o da manga… certo non da vita reale. Il fatto poi che
la fine sia un incognita anche per me, non so se gioca a favore o no.
Tuttavia
“parlerò” perché merita di essere raccontato.
Tutto iniziò
circa un anno fa, quando io e mia sorella Irene andammo in un pub di
non nostra usanza, dovevamo andare al cinema ed avevamo deciso di
mangiare qualcosa in quel locale vicino.
Non conoscendo
nessuno ci piazzammo in un angolo dove potevamo vedere tutto e tutti,
io ho sempre avuto la mania di arrivare trapelata ovunque e stare anni
a sistemarmi e capire in che punto del mondo sono, così anche in
quell’occasione non ebbi tempo di guardarmi attorno e fare il solito
doveroso punto della situazione.
Ero piuttosto
distratta dal pensiero fisso di cosa chiedere e appena vidi con la coda
dell’occhio il cameriere avvicinarsi, con ancora la giacca addosso mi
immersi nel menù e ordinai qualcosa da mangiare e da bere senza far
veramente caso a quel che leggevo. Alzai i miei occhi verdi solo per un
momento e fu lì che rimasi come bloccata in un ferma immagine e
folgorata mi dimenticai di continuare quel che stavo facendo.
Lo vidi… era il
ragazzo più bello che avessi mai visto fino a quel momento… o quasi.
Cominciai un
analisi veloce.
Biondo, io
avevo un debole per i biondi, poi con quel taglio semplice e
spettinato, non rasati ma nemmeno troppo lunghi, era perfetto. Occhi…
beh, gli occhi non riuscii a vederli bene, col senno di poi posso dire
che sono di un incredibile color dorato. I lineamenti erano semplici, a
dire il vero, carino, certo, ma non bellissimo; era lui che aveva
qualcosa di diverso, che si notava. Un fascino non proprio d’angelo,
più da faccia da schiaffi. Qualcosa mi catturò di quel ragazzo, era
strano perché poi quando lo feci vedere anche agli altri, piacque
perfino a chi normalmente i biondi non piacciono. Attirava.
Quando se ne
andò tornai a calare lo sguardo nel menù per vedere cosa avevo preso
(avevo indicato dei nomi di cibo caso) e senza preoccuparmi
molto dell’angelo appena visto, riferendomi a lui dissi schietta:
- Però, che
figo il cam… -
Mentre rivelavo
che il cameriere mi piaceva tornai a guardare dinanzi a me per trovare
la sua faccia davanti alla mia proprio sulla parola ‘cameriere’.
Inutile elencare i colori che assunsi, mi fermai in tempo non dicendo
tutto però il dubbio che lui avesse capito cosa stavo per dire, mi è
rimasto tutt’ora.
Era tornato per
portare le posate e la tovaglietta, quando se ne andò facendo finta di
nulla io mi sbloccai e aggredii Irene che aveva preso a ridere
divertita per la mezza figuraccia che avevo fatto: proprio un bel modo
di iniziare la serata in un nuovo locale!
Quella sera mi
limitai solo ad osservarlo attentamente nei minimi particolari, come
camminava veloce e deciso, come era allegro e socievole coi clienti,
come il suo sorriso fosse contagioso e disarmante, come lui fosse
effettivamente ed indubbiamente bello, non di una bellezza
convenzionale ma semplicemente da fissare dall’inizio alla fine…
Ero così
sfacciata nel mio osservarlo che non staccavo mai gli occhi dalla sua
persona, persa nel mio mondo fatto di cuoricini e rose tutte per lui,
come se il resto circostante sparisse e vi fosse solo lui.
Ero così, mi
perdevo nelle cose che mi piacevano e non mi rendevo conto di quello
che il mio corpo faceva, in quel caso i miei occhi. Senza staccarmi da
lui che lavorava andando su e giù per il locale, mi trovai distratta e
sognante a rispondere:
- No, nulla… -
Alla sua ovvia
domanda che arrivava durante i miei viaggi sfacciati sul suo bellissimo
corpo:
- Desideri
qualcosa? – Domanda che mi poneva spesso passando dal mio tavolo.
Nemmeno
arrossivo, ero completamente andata.
Fortunatamente
venne per noi il momento di andarcene, poiché se rimanevo lì avrei
combinato qualcos’altro.
Anche se ad
essere sinceri non è servito poi granché, visto quello che ho combinato
la volta successiva che sono tornata al locale.
La settimana
che passai la percorsi tutta ad elencare le doti fisiche di
quell’angelo fantastico che avevo incontrato, me lo sognavo e risognavo
immaginando come potesse chiamarsi, che tipo fosse, quale vita
conducesse e soprattutto se avesse la ragazza.
Ero
straconvinta di non dovermelo lasciar sfuggire, uno come lui quando
ricapitava sul mio cammino?
L’incognita sul
suo carattere però rimaneva, magari in realtà era un grande antipatico…
eppure da come si relazionava con gli altri non poteva che essere un
Dio sceso in terra!
Arrivai al
punto di idolatrarlo creandomi una sua immagine perfetta e alla fine
con mia enorme testardaggine presi la mia decisione: dovevo fare
qualcosa per catturare la sua attenzione.
Oltre a tutto
il resto io come persona sono piuttosto impacciata coi ragazzi, per cui
ogni volta che mi trovavo davanti una persona che mi piaceva molto
tendevo (anche tutt’or) a fare la mossa sbagliata.
In sostanza non
so quanto buono o cattivo fu quello che feci, però sicuramente mi mise
in una luce di folle scatenata e magari anche maniaca!
Ero in macchina
con Irene, ci stavamo dirigendo con mia somma gioia proprio a quel
locale e guarda caso in macchina c’era proprio ma proprio quella
canzone che mi faceva impazzire caricandomi alla grande, quella di
Eminem, Lose Yourself, che dice di non lasciar scivolare via
l’opportunità che ti si presenta per catturare quel che desideri.
Come
un’evocazione dall’alto, un chiaro segno del destino.
Gridai eccitata
al massimo:
- ECCO COSA
DEVO FARE! -
Irene per poco
non mollò una frenata nell’asfalto, le prese un colpo e mi fissò come
se fossi un extraterrstre.
- Mi rendi
partecipe dei tuoi strani e contorti pensieri? -
Mi chiese
ironica. Io non stavo parlando ad alta voce prima di esclamare quella
frase, stavo solo pensando e ripensando a lui. Banale, no?
Eppure era
diventata la mia attività migliore.
Puntai il dito
contro mia sorella e saltellando sul sedile anteriore cominciai
infervorata e felicissima a snocciolare mille parole al secondo:
- SI SI SI!
DAI, E’ FATTA! UN BIGLIETTO! UN SEMPLICE ED INNOCENTE BIGLIETTO PER
LUI! SCOPRO COME SI CHIAMA, POI A FINE SERATA PRIMA DI ANDARMENE GLI
LASCIO IL BIGLIETTO CON UNA FRASE! -
Lei alzò un
sopracciglio e dopo un attimo di silenzio in cui cercò di tradurre le
mie frasi sconnesse con una di senso compiuto, affermò logicamente:
- E cosa ci
scrivi? -
Io aprii subito
la bocca rispondendo ovvia e sicura di me e come la aprii la bloccai in
quella posizione, senza avere, in realtà, la più pallida idea di cosa
dire.
La richiusi
subito, poi mi massaggiai il mento, mi grattai il capo e il panico si
impossessò di me; la mente si mostrava a me in una lavagna nera e
vuota, nemmeno fossi in un interrogazione di inglese!
Ci impiegammo
un po’ a fare qualche proposta, lei molto abilmente, ormai mi conosceva
bene, tirò fuori dal caos della mia testa quel che volevo ottenere con
quel biglietto, il senso di scriverglielo, il significato
dell’ipotetica frase.
Concludemmo,
poi, che il modo migliore per dirgli quel che desideravo, era
attraverso la frase di una canzone.
Ovviamente la
scelta della canzone fu un lampo.
- LOSE
YOURSELF! LOOK, IF YOU HAD ONE SHOT, ONE OPPORTUNITY, TO SEIZE
EVERYTHING YOU EVER WANTED, ONE MOMENT, WOULD YOU CAPTURE IT OR JUST
LET IT SLIP? -
Concludendo con
un:
- YATTA!
GRANDE! -
Entusiasta!
Ricordando ora
quel glorioso momento in cui mi sentivo al settimo cielo, estremamente
orgogliosa di aver trovato la frase adatta, torno in quell’euforico
stato d’animo.
Tormentai mia
sorella per la geniale trovata tutto il tempo e da brava incosciente
quale ero, facevo a dir poco i salti di gioia.
Scoprii
facilmente il suo nome facendo attenzione ai suoi colleghi e a come lo
chiamavano.
Marco era il
suo soave nome.
Non riuscivo a
staccargli gli occhi di dosso e come una calamita, attirò anche quella
sera la mia completa e totale attenzione.
Irene non era
affatto convinta, ma io si.
Sentivo che
dovevo fare qualcosa e con la trovata del biglietto e la frase
illuminante di Eminem, l’idolo della mia vita, mi sentivo sicura e
tranquilla, felice senza spiegarmene il motivo. In fondo non c’era la
sicurezza che l’avrebbe letto solo lui, che soprattutto l’avrebbe
letto, che Marco fosse un tipo dal senso dell’umorismo, che
conosceva la canzone, che, che, che… ma il mio istinto mi diceva di
farlo e mi buttai.
La mia
incoscienza raggiunse picchi altissimi quella sera.
Nel foglio
avevo scritto:
“Per
il cameriere biondo che si chiama Marco:
‘Guarda,
se avessi un colpo, un’opportunità per prendere qualcosa che hai sempre
voluto, un momento, lo cattureresti o lo lasceresti scivolar via?’
…io
vorrei catturare te…
Ciao
Sherikel”
Lo lasciai nel
tavolino per poi fuggire via trascinando la mia amata compagna di
follie.
Quella stessa
sera avevo la sana intenzione di tornare almeno una settimana più tardi
per vedere la reazione, invece, alla fine, tornai al locale ‘appena’ il
giorno dopo!
Ad
accompagnarmi, però, non era solo la solita Irene… bensì anche tutto il
mio gruppo al completo più una mia cara amica, la mia gemella virtuale,
Saya. Io e lei andiamo molto d’accordo, siamo pressoché identiche per
cui gemelle e poi siamo entrambe figlie di Kyo Soma (da Furuba), in
sostanza siamo due gatte terribili!
Lei non abitava
vicino a noi, per cui era venuta per stare una giornata insieme… e che
giornata!
La serata si
concluse degnamente… degnamente è una parola grossa, diciamo che si
concluse in maniera incisiva che tutti ricorderanno ora e sempre, nei
secoli dei secoli.
Feci per prima
la mia entrata trionfale nel pub ormai famoso, impettita e sicurissima
di me per poi inciampare e quasi cadere appena lui, Marco, mi passò
davanti salutandomi come nulla fosse.
Salutandomi.
Ed io poteri
morire se non lo salutai a mia volta… infatti quello che scrive ora è
il mio spirito dal momento che non ho ricambiato il saluto, imbambolata
com’ero a guardarlo e a non cadere del tutto.
Divenni di
molti colori in volto ma mi trattenei e andai dritta al tavolo, sempre
quello in fondo dove potevo avere la completa visuale della sala.
Notando la mia
espressione iniziale mi chiesero cosa mi fosse preso così spiegai
l’accaduto e il commento di Stefania fu:
- Spero che tu
non gli abbia scritto una frase con tremila parolacce, essendo una
frase di Eminem non mi convince! -
Rimasi male
della poca fiducia ma ovviamente fu tutto un continuo scherzo nei miei
confronti.
Le avevo tutte
dalla mia parte ma il problema principale fu: quale sarebbe stata la
mossa successiva?
Ma soprattutto:
avrà letto il messaggio?
Come sapere
quelle cose?
Ci guardammo
incuriositi e quando ancora riflettevamo sul da farsi arrivò proprio
Marco, il mio dolce angelo biondo, per prendere le ordinazioni ed io in
un secondo ferma immagine pietrificai il mio volto dall’espressione
stralunata, non ero preparata!
Con
un’attenzione maniacale mi ripresi solo per osservare ogni minimo
dettaglio del suo volto.
Nessuno sapeva
ancora chi era il misterioso mito fantastico, per cui non fecero
espressioni strane.
Ordinarono
mentre sia io che Irene lo fissavamo sfacciate per capire qualcosa, il
suo volto assumeva arie semplici e simpatiche, sorridente come sempre,
nulla di particolare… eppure giurerei che i suoi occhi dorati
si fossero soffermati maggiormente su di me. Ne ero strasicura. Anche
se effettivamente ‘Sherikel’ poteva essere anche Irene, per quel che
lui ne sapeva e a ripensarci bene, forse, si soffermò di più entrambe.
Io finii così
per chiedere qualcosa a caso, qualcosa, però, della quale non potevo
certo mai fare a meno:
- Una birra! -
Siccome si
tratta di lui, non posso dimenticare nessuna delle parole che lui mi ha
rivolto nel corso di tutta la nostra storia:
- Bionda,
rossa, verde…? -
Io alzai un
sopracciglio… aveva il senso dell’umorismo, un'altra preziosa
informazione: perfetto, esattamente una dote essenziale in un ragazzo.
Se avessi potuto avere i cuoricini al posto degli occhi mi sarebbero
sicuramente apparsi. Mi limitai ad una pronta risposta data senza
riflettere, come mio solito, giusto perché volevo conversare con lui il
più possibile:
- Verde! -
Lui rise
divertito e compiaciuto della risposta, probabilmente anche lui
preferiva chi sapeva stare agli scherzi.
- No, bionda… -
Corressi poi
onde evitare che mi portasse strani intrugli verdastri!
Quando se ne
andò mormorai sotto voce per non farmi sentire:
- Marco è lui… -
Il coretto si
levò dal tavolo urlante:
- DAVVERO? È
LUI? BE’, E’ MOLTO CARINO, HAI RAGIONE! -
Io nascosi la
testa fra le braccia sperando che non avesse sentito, poi alzai le
spalle e sentii i loro pareri.
- Secondo me si
è soffermato di più a guardare sia Irene che te… ma questo perché non
sa che Sherikel sei tu! -
Disse
tecnicamente Giulia, una ragazza dallo stile dark e la forte
personalità.
Questo mi
rincuorò, poteva significare che aveva letto il biglietto.
- Si, ma questo
non assicura che abbia letto il biglietto, può anche essere che un suo
collega l’abbia buttato credendolo uno scherzo e non glielo abbia fatto
leggere… -
Sentenziò
razionale e calma Irene, io le lanciai un’occhiataccia!
- No! Sento che
l’ha letto! -
Borbottai
brusca.
- Si, però
anche se l’ha letto non sa chi delle due è Sherikel e magari non si
pronuncia perché vuole saperlo. -
Concordò Saya,
lei era la mia gemella e quindi era ovvio che mi capisse meglio degli
altri.
- Allora dovete
chiamarmi ad alta voce per nome quando lui è nelle vicinanze! -
Sentenziai io
convinta e subito fui accontentata, Marco non era molto lontano e il
nostro amico impulsivo Cristian gridò a squarciagola:
- Sherikel!
Cosa hai fatto! -
Io lo guardai
come fosse un alieno da ammazzare. Maledetto, mi imbarazzò all’idea che
effettivamente potesse funzionare, in forte contrasto con me stessa gli
diedi un calcione ma poi alzai lo sguardo speranzosa verso Marco per
vedere che reazione aveva avuto. All’apparenza nulla… oddio, il dubbio
mi uccideva e lo espressi subito:
- Ci vuole
qualcuno che glielo chieda, che abbia la faccia tosta di andare là da
lui e dirgli: ‘hai ricevuto un certo biglietto da una certa pazza?’ -
Mi autodefinii
tale da sola; tutti asserirono, effettivamente era la cosa più sensata
da fare, così poi avremmo potuto fare il passo successivo.
Ci guardammo
fra noi chiedendoci chi potesse fare una cosa del genere, normalmente
ero io quella dalla faccia tosta, ma io ero eliminata dal gioco per cui
l’attenzione di ognuno si spostò sulla mia gemella virtuale: Saya!
Lei era
perfetta, il classico tipo da fare queste cose, senza nessun problema.
Nuovamente,
però, il contrasto in me si fece avanti, ero felice di poter venire
finalmente a sapere se aveva o no letto il biglietto, ma al contempo mi
imbarazzava l’idea e mi mandava in tilt.
Saya stava per
alzarsi ma io la fermai al volo, non potevo assolutamente permetterlo,
non ancora:
- No, non sono
pronta psicologicamente! -
Così non andò,
rimanemmo nel buio della nostra ignoranza a crogiolarci sul: lo saprà o
no? L’avrà letto o no?
Mi consolò il
fatto che perfino a Stefania, che non le piacevano mai i biondi,
l’apprezzasse fisicamente.
Marco passava
di lì spesso ed ogni volta lanciava lo sguardo furtivo che io pronta
captavo… peccato che non fossero gli unici sguardi ad essere lanciati!
Dico ‘peccato’
perché questi a cui mi riferisco non erano discreti, anzi: spudorati e
sfacciati. Da farmi vergognare.
Tutti i membri
del mio gruppo, quella sera eravamo in sei me esclusa ovviamente, ogni
volta che lui passava si fermavano di botto dal parlare animatamente,
lo fissavano con facce da pasce lesso puntando quei loro occhi sgranati
e curiosi sul povero ragazzo, infine tornavano a parlare animati come
se nulla fosse… non dopo, però, essere stati sgridati da me. Gli
ordinavo sempre di non fissarlo in quel modo, di essere disinvolti o
per lo meno di non fare espressioni particolari… invece loro
puntualmente ogni santa volta si fermavano e gli regalavano le loro
fisionomie da pesce!
Imbarazzanti.
E imbarazzante
lo era anche il fatto che dopo il suo passaggio, il mio bell’uomo,
svoltato l’angolo, lo si vedeva ridacchiare divertito!
Che momenti
terribili… e l’ilarità era sempre maggiore!
Finché al
nostro tavolo non arrivò un altro cameriere, tale Daniele, conoscente
di Stefania, costui era un amico di suo fratello.
Daniele aveva
riconosciuto la nostra amica ed era venuto a salutarla, parlarono un
po’ del più e del meno poi lui guardò il tavolo e mettendolo a posto
disse di punto in bianco:
- Chi di voi è
Sherikel? -
Tutti zitti, il
gelo calò mentre i miei amici mi fissarono alla velocità della luce
costringendomi a rispondere. Con maestria feci la parte dell’attrice
consumata, una tipa tutta d’un pezzo con nessun problema al mondo, a
parte l’apocalisse che mi si agitava dentro.
Risposi fiera,
come nulla fosse:
- Io! -
Lui fece uno
strano sorrisino che non mi convinse, poi continuò:
- Hai scritto
tu, ieri, un biglietto a Marco? -
Tutti tornarono
a guardarmi con facce comicamente tese, sembrava che assistessero ad un
film di alta suspense, erano molto buffi ma non avevo il tempo di
notarlo allora!
Così con la mia
faccia tostissima asserii:
- Si! -
Nel frattempo
la mia aritmia andò a mille, il cuore mi sembrava dovesse uscire da un
momento all’altro dalla gola, dentro di me ero proprio in crisi, non
sapevo assolutamente cosa fare e il sudore mi colava lungo le guance,
sudore freddo. Penso che se mi avessero solo sfiorata sarei saltata
fino al soffitto.
Ebbene mentre
io immaginavo la morte, lui se ne andò via tranquillo lasciandoci(mi)
in quel modo pietoso!
A quel punto
tutti rimasero in silenzio guardando me e lui che si allontanava,
cercando di capire cosa ciò significasse. Fu Stefania ragionevolmente
arrabbiata a richiamarlo:
- Ma scusa,
cosa ha detto lui? Cosa ne pensa? -
Lui rispose:
- E che ne so?
Mica me l’ha detto! -
Calò di
parecchi punti sulla mia lista di gradimento, nonostante avesse un bel
fondoschiena sembrava un cafone schizzato.
- Vai a
chiederglielo poi diccelo, no? -
Gli ordinò
quindi lei, l’avrei baciata per questo!
Io onestamente
ero sull’orlo del crollo, fra la tensione di tutta la serata,
giustificata, i sorrisini e gli sguardi di Marco… lui stesso che non mi
lasciava pace con la sua bellezza… come potevo rimanere integra?
Daniele così
sparì mollandoci in quello stato per tutto il resto della serata; nel
frattempo feci a pezzi tutti i tovaglioli.
Tornò dopo
molta attesa, io non ce la facevo più anche se facevo impulsivamente le
cose più assurde ma poi la tortura terminò e Daniele mi si avvicinò e
mi disse discreto e fintamente dispiaciuto:
- Ha detto che
ha la ragazza e che non è interessato, mi spiace. -
Non ci fu tempo
di realizzare risposte decenti, tanto meno di elaborare pensieri
coerenti sul fatto di credergli o meno, poteva sempre aver fatto finta.
Dissi solo
tranquilla mantenendo un sangue freddo che in realtà non avevo,
ammirata da tutti per questo:
- Pazienza! -
Come se
all’apparenza me ne importasse poco. Bugiarda: ero definitivamente
venuta a mancare, dentro di me!
Lanciai un
urlo, quando lui si allontanò.
La domanda sul
cosa fare ora mi arrivò mentre volevo piangere e strapparmi i capelli
per le pessime figure fatte per nulla, ma quando Marco passò dal tavolo
e mi guardò a lungo, ora sapeva chi era Sherikel, non ebbi più dubbi.
Sarei tornata e
ritornata mille e mille volte senza mai perdermi d’animo!
Chi ci credeva
alla scusa della fidanzata? Era la classica che si tirava quando non ci
si voleva esporre o mettere in mezzo a cose strane ed impreviste.
Ne ero sicura e
lo fui per sempre!
La serata finì
fra mille risa e battute che non si sprecarono.
Tanto lo
sapevo, la mia sfortuna in campo amoroso mi perseguitava come una mosca
con la cacca!
Tornammo
ovviamente tantissime volte in quel pub ignorando le figuracce che
facevo in continuazione, quella più grande che avevo fatto ed ogni
altro divieto morale che la mia coscienza (ne avevo una anni fa) mi
imponeva.
Una sera Marco
non c’era ed io disperata ero molto depressa e di pessimo umore.
Quella volta
eravamo io, Stefania, Cristian ed Irene.
Quei dannati
antipatici presero a cantare per prendermi in giro la canzone di Laura
Pausini, La Solitudine.
Con quel loro
urlato e stonato:
- MAAARCO SE NE
è ANDATO E NON RITORNA Piùùùùùùùù!!!! E IL TREEEEENO DELLE SEETTE E
TRENTA SENZA LUUUUIIII….-
E via dicendo.
Medesimo
imbarazzo, medesima figura di merda che non fu l’ultima e nemmeno la
migliore; arrabbiata nera per l’assenza del mio cuccioletto e per il
loro canto irrispettoso, mi alzai dal tavolo e mi sedetti in quello
dietro infuriata, girai le spalle al mio posto libero e cacciai il
broncio come una bambina.
Fu lì che
arrivò Daniele per parlare con Stefania e salutarla, si intrufolò
proprio al mio posto dando a me le spalle e il suo bel sedere. Così per
vendicarmi mi sporsi dal suo lato e senza farmi vedere da lui ma solo
dai miei amici, cominciai a fare le boccacce in loro direzione come una
bambina piccola. Loro cercarono di trattenersi ma ad un certo punto si
misero a ridere sganasciati, il povero ragazzo pensando che ridessero
di lui si voltò e mi vide in piena smorfia di scherno… io mi fermai
impreparata in quella posa e Daniele probabilmente pensò che fosse
diretta a lui e che stessimo tutti prendendolo in giro, così prese e se
ne andò seccato.
Ci rimasi male
anche io, un po’, ma non più di tanto, l’importante era che Marco non
mi avesse visto in quello stato!
Fu divertente,
ridemmo a spese di qualcun altro, però ci tenevamo la pancia dal ridere!
Memorabile,
quella volta!
Come anche
memorabile fu un'altra nella quale con noi, sempre e solo noi (c’era
anche Giulia), venne un amico di Stefania conosciuto da poco, lei non
sapeva com’era ed effettivamente fu una sorpresa per tutti constatare
che era brutto, noioso e anonimo.
Ci pentimmo a
lungo di averlo fatto venire… fino ad un certo punto in cui al nostro
tavolo venne il famoso ed amato mio Marco, sorridente e radioso più che
mai salutò da amicone quel tipo. Sembravano conoscersi da molto, come
fossero amici d’infanzia. Parlarono a lungo mentre noi tutti lo
guardavamo scandalizzati: e lui e Marco e Marco e lui… volevo mangiarmi
il mio comportamento ostile nei confronti del poveretto, avrei voluto
essergli folle amica così da poter conoscere anche Marco… ma come
immobilizzata, muta, colpita da un fulmine, rimasi secca a guardare i
due che parlavano in confidenza.
Volevo uccidere
un paio di persone, giusto per sfogare quanto mi tenevo ancora dentro.
Quando il
biondo se ne andò noi assalimmo il ragazzo, lui spaventato ci guardò e
ci spiegò che si conoscevano solo di vista, erano alla stessa scuola
superiore, in classi differenti e anni differenti. Marco era un tipo
famoso a scuola, irrequieto, finiva spesso dal preside e quando si
arrabbiava con un calcio buttava giù una porta. Era un tipo allegro e
simpatico ma veniva bocciato e così l’aveva perso di vista.
In realtà si
erano parlati si e no una o due volte e di sfuggita.
Io ero a dir
poco scandalizzata, mi guardai con gli altri amici e mi ripetevo le
parole appena sentite analizzandole e rielaborandole, poi guardai Irene
e chiesi spiegazioni maggiori, così lei esauriente disse:
- Che senso
aveva che venisse a fare la parte dell’amicone con lui che nemmeno lo
conosceva quasi? -
Qualcuno disse:
- Secondo me
l’ha fatto apposta, quando ha visto che lui era a questo tavolo ne ha
approfittato! -
- Si,
probabilmente voleva godere nel vedere la tua faccia, Sherikel, sei
stata degna da film comico! -
Io fra tutti i
discorsi e le ipotesi compresi che in qualche modo c’ero di mezzo io!
Mai persona fu
più felice di me in quell’istante.
Gioia e gaudio!
Lentamente
stavo scoprendo molte cose interessanti su di lui: era una persona
socievole, allegra e di spirito, stava agli scherzi, aveva il senso
dell’umorismo e sempre la battuta pronta, un sorriso da infarto, un
aspetto meraviglioso, un fascino incredibile ed un temperamento
assolutamente non da principe angelico, tutt’altro; era forte e sicuro,
sapeva combinare i suoi guai ed era meglio non farlo arrabbiare, celava
dietro quella facciata una personalità irrequieta, non si faceva
mettere i piedi in testa da nessuno. Chissà quante altre cose potevo
scoprire!
Ero molto
contenta per la piega che aveva preso la serata e quella notte
rielaborai tutte le informazioni e le teorie fatte insieme.
La storia aveva
preso una piega interessante!
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