Titolo:
Memories In The Rain
Fandom: Bleach
Personaggio/Coppia: [nuovo Personaggio (Haine
Jaggerjack) [accenni riguardo Kon ed Ichigo Kurosaki]
Prompt: # 5 Estate, pioggia Estiva
Rating:PG (Per tutti)
Conteggio Parole: 560
Riassunto: [...]“Dicono che pregare sotto la
pioggia porti bene.”
Se le ricordava quelle parole, sussurratele in un lontano passato. Se
le ricordava bene, nonostante allora avesse solo cinque anni. Gliele
aveva mormorate lei, la nonna, quando ancora detestava la pioggia,
quando ancora il ricordo del dolore le lacerava quel piccolo petto,
pronto a spaccarsi in due a causa della sofferenza. Le aveva
registrate, quelle parole. Le aveva registrate tutte, come se fossero
oro colato, tenendole ben salde, accanto a quel povero cuoricino di
bambina che voleva sperare. E così, col passare del tempo, la pioggia
era diventata una cosa buona, non era più cattiva. Perché era vero, che
la pioggia portava bene. [...]
Note: AU; One Shot
Non so da dove sia uscita questa fiction. Ero presa dal momento, dalla
foga del momento. O forse dalla febbre, da quella maledetta linea di
febbre che mi aveva fatto venire il mal di testa. Magari dovrei sperare
di star male più spesso, che ne dite?
E' ambientata nell'universo alternativo di "No Control".
Memories in the rain.
Le mani appoggiate al vetro – come sempre – gli occhi a fissare il
cielo grigio, mentre le gocce di pioggia si susseguivano le une alle
altre, per poi posarsi con un rumore quasi sordo a quella lastra
trasparente che la separava dal mondo esterno. Era bello osservare la
pioggia, ogni tanto. Era bello sentire quel ticchettio lento e
tranquillo. Era bello percepire l’aria diventare improvvisamente
fresca, prendendo il posto di un’afa assolutamente insopportabile.
La pioggia, in quel particolare periodo dell’anno, le riportava alla
mente tanti ricordi, legati ad una serie di giorni tristi e che,
nonostante tutto, erano diventati giorni felici.
Amava la pioggia, Haine. L’amava perché portava via il caldo, l’amava
perché dissetava la terra e, in un certo senso, la costringeva in casa,
a rilassarsi. A riportare alla mente cose e persone che, purtroppo, ora
non poteva vedere perché troppo lontane.
Amava la pioggia, Haine, al contrario di un suo amico da un’assurda
testa arancione. Quando pioveva aggrottava ancora di più le
sopracciglia ed il suo sguardo si faceva improvvisamente cupo. Ed
infastidito. Come quello del suo gemello.
Haine si chiedeva spesso perché dovessero odiare a tutti costi quegli
acquazzoni improvvisi che calavano sulle loro teste ogni santa estate,
durante il periodo dei tifoni. Lo sapevano che non era certamente colpa
di quattro gocce d’acqua se in passato era successo quel che era
successo. Doveva essere semmai lei a detestarla con tutta sé stessa, la
pioggia. Eppure non ci riusciva, non era da lei.
Così si limitava a fissarla per ore ed ore, immobile, mentre il vento
muoveva appena le foglie e quel dolce ticchettio la trasportava in un
mondo tutto suo. Poi, alle volte, si decideva a compiere una piccola
pazzia, lasciandosi andare del tutto, facendo impazzire la povera zia
con quei suoi colpi di testa. Prendeva una giacca e le scarpe, uscendo
sotto la pioggia, per godersela meglio quella sensazione che le
vorticava dentro, lasciandosi investire da quell’acqua che sembrava
lavare via ogni sorta di preoccupazione. Si lasciava sedurre,
in un certo senso. Si lasciava sedurre da quelle emozioni tanto
piacevoli da rincretinirla appena, per poi girare su sé stessa, le
braccia aperte, i capelli ed i vestiti appiccicati addosso.
“Dicono che pregare sotto la pioggia porti bene.”
Se le ricordava quelle parole, sussurratele in un lontano passato. Se
le ricordava bene, nonostante allora avesse solo cinque anni. Gliele
aveva mormorate lei, la nonna, quando ancora detestava la pioggia,
quando ancora il ricordo del dolore le lacerava quel piccolo petto,
pronto a spaccarsi in due a causa della sofferenza. Le aveva
registrate, quelle parole. Le aveva registrate tutte, come se fossero
oro colato, tenendole ben salde, accanto a quel povero cuoricino di
bambina che voleva sperare. E così, col passare del tempo, la pioggia
era diventata una cosa buona, non era più cattiva. Perché era vero, che
la pioggia portava bene. Univa le persone – come dimenticare quel
lontano giorno, dentro il cimitero? – e alle volte le rendeva più
propense ad ascoltare gli altri. Perché il tempo quasi si fermava ed
allora tutti ascoltavano, senza fare nemmeno una grinza.
Per questo amava la pioggia. Ed era anche per questo che pregava sotto
quel cielo fastidiosamente grigio per molti, splendidamente bianco
per lei. Perché le piaceva sperare, in fondo.
Ma soprattutto le piaceva ricordare, ricordare quanto bene le
avesse portato pregare sotto quella fastidiosa pioggia.
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