prologo
DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono (tranne quelli da me
inventati), sono della Ikeda. Questa storia non è a scopo di
lucro.
La
cappella di Versailles, nessun luogo più appropriato per le
nozze del Comandante delle Guardie Reali. Le mie labbra si
sollevano in un sorriso ironico, se non fossi la protagonista di questa
farsa mi metterei a ridere, vista l’assurdità della
situazione.
Sento
un brusio sollevarsi appena appaio sulla soglia della navata. Lo sposo
ha accettato di buon grado che io decidessi di non sposarmi con un
abito da donna, ma con l’alta uniforme bianca che
contraddistingue la mia posizione di ufficiale. Almeno questa
concessione mi è stata fatta: niente abito lungo, niente fiori
fra i capelli o bouquet.
Procedo
con passo marziale verso l’altare, dove lo sposo mi attende. I
miei occhi si spostano con studiata indifferenza sui presenti. Per lo
più nobili curiosi di vedere l’ambiguo Comandante Oscar
Françoise de Jarjeyes che si sposa. Vedo la delusioni sul volto
di molti uomini presenti, forse speravano di poter vedere cosa celo
sotto l’uniforme, sono contenta di averli delusi.
Noto
la famiglia reale al completo, un grande onore averli qui in questo
“felice” giorno. I miei occhi incontrano quelli di Maria
Antonietta, che asciuga furtiva una lacrima. Mi chiedo perché
pianga, sappiamo entrambe che questo non cambia nulla. E’ solo
una mera formalità, cui ho dovuto sottostare per ordine di mio
padre.
Il
conte di Fersen mi guarda con malcelata curiosità, si
starà chiedendo cosa io possa pensare in questo momento. Mio
caro conte, rimarreste molto sorpreso di sapere che provo pietà
per la maggior parte delle persone presenti, voi compreso.
Girodel,
il mio secondo in comando, non mi stacca gli occhi di dosso. Il suo
sguardo mi da noia, con quella ammirazione che travalica i confini del
nostro incarico. Sembra sorpreso ed affascinato dalla mia persona che
percorre la navata con passo deciso.
Vicino
all’altare noto la mia famiglia. Mio padre ha un sorriso
soddisfatto sulle labbra. Come potete rimanere lì a fissarmi?
Come avete potuto fare a me ed André una cosa del genere e poi
sembrare così compiaciuto di voi stesso? So che la colpa non
è solo vostra, che quest’idea vi è stata suggerita
da vostra sorella.
Eccola
lì, alla vostra sinistra, la temuta marchesa de Brennon, donna
fredda, arida e calcolatrice. Una stratega come ce ne sono poche, che
gioca con la vita degli altri al solo scopo di ottenere ciò che
vuole. Vi ho sentito ripetere fino alla nausea che questa decisione
è stata presa per il bene del casato. Ed il mio di bene? Quello
che voglio io non conta? I miei sentimenti sono sacrificabili ai vostri
piani? Indubbiamente sì, altrimenti non ci troveremmo in questo
luogo ora.
Mia
madre è alla destra di mio padre, non riesce a trattenere le
lacrime. Spero non siano di gioia, madre, perché io non sono
felice. Specialmente dopo la nostra conversazione di stamani, su quello
che ci si aspetta da me questa sera. Vorrei urlare la mia disperazione,
ma il mio ruolo mi impone il più freddo e distaccato riserbo sui
miei veri sentimenti.
Finalmente,
nel mio frugare, incontro due occhi verdi. L’unico sguardo
veramente amico qui. Leggo malinconia e tristezza in quelle iridi che
conosco fin dall’infanzia. Perché non dici niente,
André? Perché non fermi questa follia con un gesto o una
parola?
La
mia speranza dura solo un attimo, so fin troppo bene che siamo entrambi
costretti ad assistere a tutto questo come se non ci riguardasse.
Promettimi solo che non ti perderò, che rimarrai comunque e
sempre al mio fianco, che sarai il mio migliore amico fino alla fine
delle nostre vite.
Ormai
sono davanti al sacerdote, che comincia la cerimonia senza indugi.
Sembrano tutti molto ansiosi che questa cosa finisca, come temessero un
colpo di testa, una ribellione improvvisa. State tranquilli, nessuno
oserà porre freno a questa follia che mi spezza il cuore,
nessuno verrà a salvarmi. Dovreste esserne tutti sollevati, no?
Mentre
il prete continua a parlare, i miei pensieri vanno lontano. Ripenso ad
Arras, dove io e André passavamo giornate spensierate, ripenso
al mare della Normandia e agli allenamenti con le spade. I miei
pensieri si soffermano sull’odore di biscotti e cioccolata, sulle
lunghe cavalcate, sulle zuffe in riva al lago. Tutto questo è
finito ormai, quei momenti spensierati non torneranno mai più ed
io ho perso mio fratello.
La
rabbia che mi ha accompagnato in quest’ultimo mese ormai mi ha
abbandonata, lasciando dietro di se solo la rassegnazione per qualcosa
che non posso cambiare. Mio padre mi ha ordinato di sposarmi con
l’uomo che lui ha scelto ed io, ancora una volta, ho chinato il
capo. Provo vergogna per la mia mancanza di coraggio
nell’affrontarlo, ma ormai è tardi per i rimpianti. Il
dado è tratto.
E’
stata una giornata lunga e snervante per me. Finalmente ho trovato
rifugio nelle mie stanze, dove Nanny mi raggiunge premurosa. Mi pettina
i capelli e mi porge la camicia da notte. Ritraggo la mano stupita, non
è certo quello che mi aspettavo, non è quello che di
solito indosso.
-
Bambina mia, è un ordine di tuo padre – si
giustifica lei – Sei una donna sposata ora, devi agire di
conseguenza.
Ingoio
ancora una volta la mia delusione per la mancanza di rispetto per me
che dimostrano tutti e prendo l’indumento che mi viene porto. Una
camicia da notte di foggia decisamente femminile, di seta bianca adorna
di pizzi, qualcosa che io non indosserei mai di mia volontà.
Mi
finisco di preparare per la notte, mentre le cameriere preparano il
letto e spengono le candele. Una sola è rimasta accesa e le
donne si ritirano con un inchino, lasciandomi sola e spaesata vicino
alla vetrata. Mi stringo sulle spalle, mentre mi preparo ad affrontare
quest’altra prova.
Do le
spalle alla porta e fisso la notte buia fuori dalla finestra, sento
distintamente una presenza alle mie spalle e chiudo gli occhi. Le sue
mani mi sfiorano appena sulle spalle, le sento tremare come se avesse
paura di toccarmi. Lo sento farsi più vicino, si china sul mio
orecchio e il calore che emana quest’uomo mi lascia tremante.
-
Oscar… non farò nulla che tu non voglia. Non
temere. Possiamo dormire e basta. Quello che succede fra marito e
moglie, all’interno della loro camera da letto, non riguarda
nessun’altro.
Mi
volto con gli occhi pieni di lacrime, lui sa sempre cosa dire per
consolarmi. Lui è il mio punto fermo in questo mare in tempesta
che è la mia vita.
Continua…
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