Pensieri
umani per
creature fatate…
I
cerchi concentrici di
fumo che fuoriuscivano dalle sue labbra gli davano una soddisfazione
effimera e
insensata, ma sapeva nascondere anche quell’emozione, per
quanto stupida fosse.
Niall
era diventato un blocco di marmo, capace soltanto di fumare, da quando
Leslie
aveva deciso di abbandonare tutto quello che aveva fatto parte, fino a
poco
tempo fa, della sua vita. A volte la seguiva da lontano e sperava
pensasse a
lui, altre volte invece gli dava fastidio anche solo accennare un
pensiero su
di lei. Era fatto così dopotutto, aveva sempre saputo di
essere pericoloso, di
essere cattivo, egoista. Ed era più deciso che mai a
rimanere un lupo solitario
per la vita.
Il
suo solo interesse sarebbe stato quello di nutrire le creature della
Corte
Oscura. Nient’altro avrebbe scalfito il blocco di marmo che
era diventato.
Dentro
di lui però ancora bruciavano quei pochi baci che le aveva
dato, sapeva che
avrebbe potuto disegnare
con esattezza
incommensurabile i suoi occhi, il profilo del suo viso e la forma delle
sue
spalle, se avesse avuto il coraggio di farlo. Niall avrebbe per sempre
amato
Leisle.
Chissà
che bellezza, per una ragazza, sapere che un blocco di marmo
l’amava.
Aislinn
si cullava da sola, stringendosi
le braccia addosso, come usano fare i bambini quando hanno freddo. Si
sentiva cadere
a pezzi, aveva baciato Keenan sotto quell’albero, poi aveva
scoperto che Seth, rinunciando
alla sua vita umana, era diventato una creatura dell’Alta
Corte. Il suo ragazzo
l’aveva fatto solo per lei. E lei l’aveva
ringraziato baciando il Re Dell’Estate.
Quello
che la faceva più arrabbiare era il suo non sentirsi in
colpa. Non ci riusciva:
Lui era andato via senza avvisarla, era stato via per mesi,
l’aveva fatta
soffrire e vivere nella convinzione che si fosse stufato di quella
situazione
tanto ambigua…
Solo
quando si rese conto di star piangendo pensò, che prima,
stava provando a
convincersi di non sentirsi in colpa.
Così,
stretta tra le sue braccia, seduta ad osservare la sua stanza
variopinta e
calda, il mondo le sembrava grigio ed estremamente freddo.
Tutto
taceva, immerso in un odiosissimo
silenzio ostinato.
Irial
si sentiva vagamente vuoto, ma cercava d’ignorare il
gorgoglio in fondo allo
stomaco, quello che gli ricordava la smania che lo assaliva quando
pensava a
lei, alla sua Ragazza Delle Tenebre.
Afferrò
la bottiglia di birra, che non attendeva altro che lui, e la
portò alle labbra,
bevendo avidamente; pensava che quella stupida mezza bottiglia di birra
sarebbe
stata la sua unica compagna per quella lunga notte. Non sopportava quel
fastidioso gorgoglio, si faceva sentire di più adesso,
voleva sopprimerlo, lo
faceva sentire più umano.
Si
alzò dal divanetto sfondato che occupava e
indirizzò il suo sguardo sulla porta.
La sua bocca si piegò in un mezzo sorriso serafico, che
accentuò notevolmente
la sua estrema bellezza e il suo fascino da cattivo ragazzo: sarebbe
uscito, avrebbe
sedotto qualche sciocca Ragazza Dell’Estate e intinto dalle
sue emozioni, poi
sarebbe andato a comprare della vodka. Allora, e soltanto allora, con
lo
stomaco pieno e la vista annebbiata, il gorgoglio sarebbe scomparso.
Purtroppo
per lei, quella bottiglia di birra non avrebbe avuto
l’immenso piacere di
averlo tutto suo per un’intera notte.
Un
lieve cigolio ridestò Donia dai suoi
pensieri, la fece scattare sull’attenti, poi si
guardò intono, con aria improvvisamente
annoiata. La sala del trono era buia, tutti stavano dormendo. Si
alzò dal trono
e con passo ticchettante arrivò fino alla porta,
intenzionata ad uscire. Sapeva
che non era proprio il massimo uscire in quel preciso periodo
dell’anno per una
come lei, ma non le importava. Voleva farlo e l’avrebbe
fatto, in realtà lo
stava già facendo. Nascosta sotto la sua maschera mortale
ficcò le mani nei
jeans e cominciò a dondolarsi da un piede
all’altro, perdendosi ancora una
volta tra valanghe di pensieri che non le appartenevano. Erano le
riflessioni
di una regina, non le sue. I suoi, di pensieri, non esistevano; nello
spazio
del suo cervello dove venivano smistate le sue emozioni personali
aleggiava il
vuoto. Poco male. Meglio di sicuro il vuoto che il dolore lancinante
che l’assaliva
alla vista di Keenan. Proprio come la prima volta.
Colta
da un brivido si morse il labbro, maledicendosi, sollevò il
viso e chiuse gli
occhi, protendendolo al bagliore pallido della luna, mentre la notte si
faceva
più inoltrata e il buio s’insinuava, espandendosi
a macchia d’olio, nel vuoto
dentro la sua testa.
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Non so di preciso perché ho scelto
questi personaggi, tutto è venuto abbastanza di getto,
perciò altrettanto immotivato.
Non sono ancora pazza, la mia è piuttosto una protesta
contro la scuola: mi uccide l'ispirazione. E questa One-Shot
è una rivincita contro i miei compiti di chimica.
Tutto qui. Vi saluto :)
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