Anche gli Dei muoiono.
Prologo: Melodia d'autunno.
Empty spaces - what are we living for
Abandoned places - I guess we
know the score
On and on, does anybody know
what we are looking for...
La musica scemò lentamente, lasciando che solo le
ultime note emesse dallo Stradivari riempissero uno dei più
importanti teatri d'Italia. Un silenzio tombale scese lento e leggero
come la neve quando anche quell'ultimo accordo morì, denso
ed acuto, infrangendosi come una bolla di sapone contro le pareti
dell'auditorium. Era una strana sensazione quella che seguiva la fine
di ogni esecuzione. Gli capitava sempre più frequentemente
di sentirsi svuotato, privato di qualunque cosa portasse dentro di
sé. Ascoltò quel silenzio leggendolo
attentamente. Beandosene. Gli occhi ancora chiusi come da programma. Se
avesse continuato ad apparire concentrato, un frammento della sua
immagine sarebbe rimasto impresso nella mente degli spettatori.
Una figura alta. Impeccabile. Curata sotto ogni aspetto, con
quei ricci di un castano chiaro che gli solleticavano sfrontati le
guance creandogli in realtà più fastidio che
piacere, ma che facevano parte della maschera. Risollevò
lentamente le palpebre, svelando lo sguardo del colore di uno smeraldo
opaco, lasciando che un fiume in piena di applausi lo travolgesse in
quello stesso istante, riempiendolo nuovamente di quanto lui poco prima
aveva donato al suo pubblico. Le gambe immobili, seppure lui le
sentisse chiaramente tremare dall'interno. Pronte a scattare verso le
tende che segnavano la linea di demarcazione tra il palco e il
backstage. Stabili impalcature di chi è abituato al
confronto con la platea, seppure ogni volta minacciassero di cedere non
appena fosse arrivato in camerino, dando libero sfogo alla tensione che
si è accumulata nei giorni precedenti e durante la sua
prestazione. Il corpo magrissimo che si traduceva in un'armoniosa massa
di nervi saggiamente foderati da abiti curati. Eleganti: un gessato
nero con una morbida coda a frac che gli si apriva dietro la schiena e
che ondeggiava seguendo i suoi movimenti, ogni volta che li accentuava
appena rendendoli più teatrali.
Sorrise. Sentì le labbra stendersi in
un'espressione sfrontata, di chi sapeva di aver fatto centro,
incantando non solo gli spettatori, ma anche la giuria che sedeva poco
distante, in un angolo dell'amplio palco sul quale era ancora il
protagonista assoluto. Sorrise sciogliendo quella posa ben studiata ed
andando a chinarsi provocando un nuovo scroscio di applausi. Quello era
il suo posto: lo era sempre stato. L'unico che potesse appartenergli
davvero. D'altronde non si fregiava del cognome Stradivari per nulla.
Uno.
Due.
Tre.
Come gli
avevano insegnato da bambino. Inculcandoglielo in testa fino a quando
quel gesto non era divenuto automatico. Tre secondi esatti ed alzarsi
lento ed elegante.
Girarsi verso
la giuria.
Di nuovo
inchinarsi.
Uno.
Due.
Tre.
Ancora su.
Poi un ultimo sguardo al pubblico a dimostrar sicurezza e lasciar
ancora più vivo in questo il ricordo del giovane violinista
che l'aveva appena saputo incantare. Fu con la stessa orgogliosa
sfrontatezza con la quale aveva lasciato l'uditorio, che si diresse
dietro le quinte.
Flessuoso e silenzioso, lasciò che fossero i
tacchi dei mocassini ad essere il solo avvertimento della sua presenza
lì: gli piaceva l'apparenza da ragazzo perfetto che si era
creato attorno dopo anni di lavoro. Era pronto, ben conscio che presto
due braccia sottili e non troppo lunghe gli avrebbero cinto quasi con
fatica il torace non particolarmente largo e sviluppato, ma caldo e
confortevole e che un corpo minuto lo avrebbe stretto a sé,
lasciando spazio solamente ad una vocina acuta che si sarebbe
complimentata con lui per la sua esibizione. Era ordinaria
amministrazione da che era riuscito ad entrare al Monteverdi, uno dei
Conservatori più rinomati, in Inghilterra. Eppure
l'inevitabile non accade. Non ci furono braccia sottili a stringerlo.
Così come nessuna bocca sfiorò la sua e nessuna
vocetta stridula si complimentò con lui per la sua
impeccabile esecuzione. Per qualche istante quel sorriso tronfio con il
quale aveva fatto il suo ingresso nella quinta si spense. Che fosse
deluso?
“Mio Dio! Sei stato bravissimo!”
Squittì una vocina a lui ben nota. Vocina che ebbe il potere
di fargli arricciare le labbra di nuovo, soddisfatto. Complimenti. Ecco
di cos'aveva bisogno. Ecco, ora non avrebbe dovuto far altro che
abbassarsi appena per accogliere l'abbraccio della sua ennesima pseudo
fidanzata e le sue coccole. Sarebbe stato soddisfatto per almeno un
paio d'ore. Poi tutto sarebbe tornato ad essere la solita tiritera
accompagnata dal solito tram tram che si ripeteva incessantemente da un
paio di anni a quella parte e che si sarebbe ripetuto per tutti i
secoli dei secoli. O per lo meno quello era ciò che temeva:
non riuscire ad andare al di là di quella scuola di musica.
Invecchiandoci dentro e divenendo un docente di musica decrepito come
il vecchio Harvey. E sarebbe continuata anche quella dannata sensazione
di... vuoto. Di incompletezza.
Presto probabilmente avrebbe lasciato anche quella graziosa
ragazzina, così come aveva piantato tutte le altre prima di
lei. Era il ragazzo più dotato -non solo musicalmente
parlando- dell'istituto. Se lo poteva permettere. Aveva anche un certo
fascino: avrebbe potuto avere tutte le ragazze che avesse desiderato,
ne era ben conscio. Bastava vedere la fila di gentili donzelle che non
aspettavano altro che poter uscire con lui o che gli sospiravano dietro
ogni volta che passava per i corridoi con quell'aria un po' svogliata e
seria. Altera. Era un miscuglio che alle ragazze, per qualche strana
alchimia, piaceva. Però c'era sempre quella sensazione che
ognuna non fosse quella giusta. C'era da dire che lui comunque non
cercava una storia seria e duratura. Si era steso su tante lenzuola
solo per sfogarsi e tutto sommato la cosa non lo dispiaceva nemmeno
più di tanto. Semplicemente era tutto così
maledettamente freddo, esattamente com'era lui. Ancora nessuna era
riuscita a dargli quello che cercava. Sentimenti che invece sapeva
infondergli la musica cui dava vita. O era la musica che dava vita a
lui? Sinceramente non avrebbe saputo dare una risposta, se qualcuno
glielo avesse chiesto. Non la sapeva dare nemmeno a sé
stesso quando, mentre suonava un pezzo, si poneva quel quesito.
Ecco però, lui si sentiva così:
Come una
canzone Pop senza un ritmo orecchiabile e facilmente fruibile.
Come una
canzone Rock priva di un testo che sapesse lasciare un segno dentro chi
l'ascoltava.
Come un
madrigale privo di una voce.
Lui era il
testo, morbido ed appassionato come una poesia, ma gli mancavano le
note. Quelle note che avrebbero potuto dargli spessore e renderlo
terribilmente suadente.
Aggrottò le sopracciglia in attesa di un abbraccio
che per la seconda volta non arrivò, mentre invece, la voce
di Elisabetta gli giungeva chiara e tonda alle orecchie. Scocciato.
Capriccioso. Scostante. Solo in quel momento decise di dirigersi verso
i camerini per vedere con chi la sua ragazza stesse parlando in modo
tanto concitato. Furono note di un violino prima ed il giovane rimase
impietrito. La medesima sinfonia che aveva suonato lui portata alla
perfetta esaltazione. Non era solo musica. No. V'era un mondo dentro
quelle note che si susseguivano in un bis che l'esecutore aveva
concesso solamente a quella ragazzina petulante che gli stava poco
distante.
“Vic, senti! Senti!” Lo invitò
una giovanetta tutto pepe dai folti boccoli neri, avvicinandosi a lui.
Ma Victor non la sentiva: troppo preso da altro. Stava
fissando attonito il giovane che si stava esibendo con quello quello
stesso brano che poco prima aveva portato tanto consenso da giuria e
pubblico, dopo esser stato eseguito dal suo Stradivari e che, invece,
ora lo faceva sentire solamente un violinista da strada, di quelli alle
prime armi. Lo stesso brano che si troncò bruscamente quando
il direttore di scena fece il suo ingresso nel camerino.
“Violin Mark?- Il ragazzo volse immediatamente lo
sguardo verso l'ometto basso e rotondo che sostava sulla soglia con
alcuni fogli in mano, picchiettandoli distrattamente con una matita. Si
sciolse dalla sua posizione carezzando con le dita lunghe ed affusolate
il suo violino come se fosse la cosa più preziosa
dell'universo. -Oh, signor Stradivari, la sua esecuzione è
stata magistrale. Sono sicuro che la borsa di studio andrà a
lei, quest'anno.” L'uomo si rivolse così al
giovane Stradivari che però non sembrava dargli ascolto,
ancora troppo preso dall'osservare quello che di punto in bianco era
divenuto il suo più terribile avversario. Alto. Altissimo.
Con quei capelli biondissimi e la pelle leggermente olivastra. E poi
quegli occhi colore del ghiaccio che lo avevano trapassato da parte a
parte giusto in quel momento. Nel momento esatto in cui Pancho (come
l'avrebbe rinominato in seguito Lizzy. Si, come quello di Don Quijote)
aveva pronunciato il suo cognome, i loro sguardi si erano incrociati ed
il castano aveva avvertito una stretta allo stomaco: pesante ed
opprimente. Eppure portava con sé una sensazione quasi...
calda?
Senza dire una parola, Violin superò
quell'insolito trio che si era andato a formare alla porta del suo
camerino passandogli accanto senza dire una parola. Aveva un buon
profumo. Victor se lo sarebbe ricordato, ma in quel momento non poteva
sapere quanto a fondo sarebbe penetrato in lui quell'aroma. E poi che
diavolo stava pensando? Che doveva importargli del profumo del suo
avversario più prossimo? Lo seguì per qualche
istante con lo sguardo soffermandosi sulle sue mani. Erano grandi.
Sicuramente calde. Essere toccato da quelle doveva essere un'esperienza
da spezzare il fiato.
E quelle
spalle larghe.
Se poi,
scendendo, tutto andava in proporzione... stop! Stop! Stop!
Tutti sogni e
congetture che poi avrebbero trovato il loro perché, ma che
in quel momento lo fecero rabbrividire. Si ritrovò a
scuotere il capo con veemenza. Lui era un uomo! Ed era pure gran bel
pezzo di figliolo di quasi diciotto anni e soprattutto senza nessuna
strana inclinazione sessuale.
Perché
tutto ad un tratto si ritrovava a fantasticare su... sull'ultimo
arrivato? Che fosse una crisi ormonale? Ma avrebbe dovuto averla
superata da un po', insomma.
Tra l'altro
era oltremodo sciatto. Vestito con Jeans strappati probabilmente presi
al mercatino di quartiere e con una camicia nera che gli fasciava il
torace e le spalle in maniera così tremendamente sexy. Con
un nuovo scossone del capo, Victor andò a rifilare
il violino tra le mani di Elisabetta che ancora era lì a
cinguettare e a tessere le lodi di quanto aveva appena fatto il signor
Violin. Almeno fino a quando la ragazzina non si prese qualche istante
a fissarlo meglio, richiamata da quel gesto così inusuale
per lui che trattava il suo violino come un oggetto sacro.
“Hai una brutta cera, Vic...- Constatò
la ragazzina che accolse tra le braccia lo Stradivari cambiando
completamente espressione, divenendo improvvisamente seria dopo aver
sentito la poca delicatezza con cui glielo aveva praticamente buttato
addosso. Ci mancò poco che l'archetto facesse un pericoloso
incontro di terzo tipo con il pavimento. -Dovresti trattarlo meglio, il
tuo vi...” Ma non ebbe il tempo di finire quella predica
perché il giovane era già uscito di corsa dai
camerini per richiudersi in bagno con la testa infilata nel lavandino e
l'acqua fredda aperta al massimo per cercare di placare
quell'improvvisa vampata di calore che gli era velocemente affluita in
viso. E non solo lì a giudicare da come gli stava tirando il
cavallo dei pantaloni.
La vittoria di Mark fu schiacciante.
Victor era
riuscito a sentire solamente l'ultima parte della sua esibizione, ma
ricordava perfettamente quanto fosse stata da brivido. Avevano proposto
lo stesso brano, eppure la giuria, al suo avversario, aveva assegnato
un punteggio che superava quello del giovane Stradivari di diversi
decimi. Quando si incontrarono di nuovo ed i loro sguardi si
incrociarono ancora, il ragazzo avvertì chiaramente un
brivido lungo la schiena. Aveva un'espressione apatica, Violin. Niente
confronto a quella arroganza sfrontata con cui continuava a fissarlo il
suo antagonista. Un tacito e cordiale disprezzo tra loro, quando
educatamente si complimentarono l'uno con l'altro stringendosi la mano,
intascando l'uno il primo e l'altro il secondo premio in palio.
Ho avuto il coraggio di
pubblicarlo! O___O
Ho davvero
avuto il coraggio di pubblicare questo obrobio?!? O_O
Ebbene
sì, purtroppo per voi Herit ha avuto la geniale idea di
pubblicare questo piccolo parto demente della sua testolina malata.
X°°
Che dire? Che
è stato un lavoraccio, in realtà. Non il
più lungo. Non il primo. Ma è stato davvero un
parto sofferto. Il travaglio della stesura è stato doloroso,
perché avrebbe dovuto stare entro un tot di pagine, e
purtroppo le ho sforate bellamente... :(
Come avrete
potuto intuire dal sottotitolo del racconto, per scriverlo ho preso
spunto dalla canzone dei Queen "The show must go on". Il titolo
è stato poi modificato all'ultimo momento
perché... beh, capirete più avanti.
Questo
piccino ha partecipato a diversi contest.
Il primo,
cioè quello per cui è davvero nato, è
il "Queen contest, il
contest della regina", di cui questo cuccioletto, porta
già il banner XD E nel quale si è classificato IV°
con una meravigliosa recensione da parte della giudice del contest.
Recensione e giudizio che però non voglio ancora riportare
in quanto l'altro contest cui sta partecipando questa storiella non
è ancora concluso.
Il secondo
è lo "Yaoi
Contest -citazioni da Alessandro Baricco" che deve ancora
concludersi. La citazione da me scelta arriverà molto avanti
nella trama, ma assicuro che ha influenzato molto il mio modo di
decifrare i personaggi per buona parte della stesura del racconto :)
In ultima, ma
non per importanza, partecipa anche alla Challenge "dal nome alla
storia" ed è da questo che arriva il nome di uno dei due
protagonisti. Per l'esattezza "Mark, il cui significato è
'Sacro a Marte'". A primo acchito sembra non abbia nulla a che vedere
con la storia, tale lettura del nome. Anche questo si
scoprirà a tempo debito. ^w^
Finalmente sono riuscita ad avere anche il secondo bannerino ed il risultato del contest "Citazioni da Alessandro Baricco", nel quale questa cucciolotta si è classificata seconda, cosa che sinceramente non mi sarei mai aspettata Owò
Il mio grazie alla giudiciA ed i miei complimenti alle altre partecipanti. Le vostre storie sono tutte meravigliose! <3
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