Note
dell'Autrice
– sempre discutibilmente utili:
Prima
che iniziate a
leggere, ci terrei a fare una comunicazione speciale a tutti coloro
che stanno seguendo – o rantolando nel tentativo di seguire,
piuttosto – la long-fic Diario
di un lupo in un branco di lupi.
Prima che qualcuno gridi al massacro, sappiate che non
ho la minima intenzione di lasciarla incompiuta. È la prima
vera
storia con la quale ho iniziato a scrivere ed è proprio
quella
grazie alla quale ho migliorato la mia scrittura amatoriale. Quindi,
no, non ho assolutamente voglia di metterla in un angolino e
dimenticarmene. Purtroppo, però, la mia momentanea
ispirazione
sembra rigurgitare tanto lei quanto tutte le altre storie di genere
drammatico e angst del mio hard-disk. Non so cosa stia capitando al
mio folle e spasmodico amore per il melodramma e il sangue, ma ho il
cervello costantemente in modalità love&fluff
e questo è tutto.
Qualcuno
potrebbe dire: «Eh, no, scusa. Sono anni che porti avanti il Diario.
Prima
di iniziare
qualcos'altro, sei moralmente obbligata a terminarla».
Ma
anche no. Sono una libera scrittrice amatoriale in preda ad una crisi
d'identità che – vergogna – ha voglia di
coccole, et
voilà!
Tutto
questo sproloquio potenzialmente letale e discutibilmente utile mi
è
servito solo a rassicurare i lettori del Diario
che, no, non ho intenzione di morire prima di concluderlo.
Non
ho finito di
tediarvi, quindi tornate qua. Ci sono un paio di cose che devo
aggiungere su questa long-fic qui sotto.
È
una What-If
dalla
prima all'ultima parola. Anzi, no. È il mio
grandissimo
What-If,
quello che strugge e distrugge tutti i cuori delle Wotcher Wolfie
dall'uscita dei Doni della Morte, ovvero “e
se Remus e Tonks fossero sopravvissuti alla Battaglia di
Hogwarts”?
Quindi,
me ne duole,
ma tant'è che questa è la situazione. Io vi ho
avvisati. :)
*
La
Casa Stornella
Prologo
Casa
Stornella era una solida costruzione tipicamente inglese che sorgeva
nell'assoluta tranquillità delle colline del Derbyshire, a
poche
miglia di distanza dal villaggio di Matlock. Nonostante la vicinanza
con il tram-tram della vita cittadina, l'atmosfera che aleggiava
attorno alla proprietà era prodigiosamente disarmante. La si
scorgeva appena, così immersa nella morsa degli alberi e
degli alti
cespugli, solo dopo aver superato una ripida altura incolta.
Possedeva un ampio giardino circondato da alte e verdeggianti siepi,
che abbracciavano il perimetro della casa, alti comignoli di mattoni
rossi e una grande porta di legno antico dai battenti d'ottone a
forma di testa di volpe.
Chi
aveva avuto modo di giudicarla, a Matlock, diceva che sarebbe stata
davvero una gran bella casa, se non fosse stato per quel fastidioso e
continuo odore di uova marce che infestava da anni la zona. Nessuno
era stato in grado di trovare una soluzione a quel disgustoso fetore
– nemmeno i più competenti esperti di edilizia e
idraulica
britannica – così Casa Stornella era rimasta
disabitata per oltre
vent'anni, abbandonata all'edera e alle sterpaglie.
Poi,
improvvisamente, era comparsa quella buffa coppia di stranieri. La
giovane moglie dovette aver lasciato il cuore in quella graziosa
villetta dimenticata, perché il marito – che gli
abitanti
supposero l'avesse sposata ben da poco, vista la rapidità
con la
quale ancora accontentava ogni sua richiesta –
s'affrettò presto a
ultimare l'acquisto. A nulla erano valsi gli avvertimenti sul
nauseante puzzo: quando la moglie aveva scoperto che la casa veniva
chiamata Stornella poiché in primavera il boschetto attorno
si
riempiva di cardellini e usignoli cinguettanti, non aveva
più voluto
sentire ragione.
Da
allora, ben di rado gli abitanti di Matlock li avevano incrociati
passeggiare per le vie della cittadina: il postino disse di non aver
mai recapitato loro una sola lettera, mentre il macellaio e il
fruttivendolo di non aver mai visto la signora fare la spesa nelle
loro botteghe. Assurdamente, poi, tutti erano certi di non averli mai
visti scendere da lassù a bordo di un'automobile.
Come
riuscissero a sopravvivere in quella totale emarginazione era un
mistero tale per cui l'intera cittadina, per timore e per
rassegnazione, smise di parlare di loro e di tutte quelle stramberie.
In
realtà, per Remus e Tonks vivere a Casa Stornella era cosa
più che
semplice.
Potevano
vantare una dimora grande e spaziosa – forse un po' troppo,
si
dicevano a volte – e i loro bambini avevano sconfinate
distese di
erba nella quale correre, rotolare e farsi del male. L'insopportabile
tanfo che tanto faceva storcere il naso ai Babbani di Matlock non era
che un vecchio demone d'acqua che aveva infestato il sistema
fognario. Liberarsene, per Remus, fu un gioco da ragazzi; fu molto
più difficile convincere la moglie a lasciarglielo tenere a
scopo
accademico da qualche parte del giardino. Remus non riuscì a
spuntarla in alcun modo e fu costretto a portare il demone a
Hogwarts, dove aveva ripreso a insegnare Difesa Contro Le Arti Oscure
– e dove convinse Hagrid a nascondere l'orribile creature
dagli
occhi severi della Preside McGranitt.
Con
notevole serenità di Tonks, poi, il piccolo Teddy si era
adattato
rapidamente all'aria fresca del Derbyshire e aveva iniziato a
crescere forte e robusto, inciampando e ruzzolando su ogni radice del
grande giardino. Avevano da poco deciso di prendere un animale
domestico, quando Tonks aveva scoperto di aspettare un secondo
bambino.
Per
non remare contro la neonata tradizione di dare nomi importanti alla
propria discendenza, chiamarono il secondogenito Alastor Kingsley e
rimandarono l'idea di comprare un labrador ai mesi successivi. Poco
più di un anno dopo, in loro si rinnovò
quell'iniziale voglia di
possedere un cucciolo, a cui si unirono i vivaci capricci di Teddy.
Di nuovo, eccoli discutere a tavola se fosse più conveniente
acquistare un Crup o un Diricawl e, di nuovo, ecco la signora Lupin
restare incinta per terza volta.
Pareva
essere una sorta di buffa maledizione – o di un sarcastico
scherzo
del destino, magari – ma ogniqualvolta decidevano di
allargare la
famiglia con un bel gatto o con un Kneazle, ecco spuntare un altro
figlio.
Così,
alle soglie del 2008, i coniugi Lupin potevano ben dire di avere
quattro figli, ma nessun cane.
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